Quaderni bovalinesi

Quaderni bovalinesi/1 – Arciconfraternita Maria SS. Immacolata di Bovalino Superiore

Arciconfraternita Maria SS. Immacolata  di Bovalino Superiore (2009)
PREFAZIONE
Non so se le Confraternite , presenti e attive fin dal XIII sec. per sostenere l’esercizio delle pratiche religiose all’interno della Chiesa (messe, processioni, preghiere speciali) e quello delle opere di pietà (assistenza a confratelli infermi, i suffragi e i funerali ai defunti, i soccorsi ai poveri…), nel mondo di oggi e nella stessa Chiesa, possano rivestire un ruolo serio, in quanto in genere modalità di rapportarsi e ritualità sembrano anacronistici. So per certo però che l’Arciconfraternita, di cui si parla si identifica con Bovalino Superiore e il paese si identifica con la stessa. C’è un rapporto inscindibile, più che altrove insomma, tra l’Arciconfraternita Maria S.S. Immacolata e il Borgo collinare che la ospita, in quanto la stessa gestisce tutte le iniziative sia di carattere religioso che profano, che ivi si svolgono.
Negli ultimi anni sono stati effettuati, da parte di Confraternite illuminate, tentativi di aggiornare il loro modo di rapportarsi col mondo sociale e le loro finalità, privilegiando quelle a carattere assistenziale. La loro presenza comunque è ancora viva e i raduni periodici ne sono la fotografia colorita e vivace. Dall’Osservatorio Romano del 2-3 aprile 1984 in occasione dell’Anno Santo straordinario: <Uno spettacolo straordinario, un colpo d’occhio che sembrava tratto da un programma di un film sul ritorno del passato. Stendardi, bandiere, pesanti crocifissi lignei sorretti a fatica da uomini poderosi. Costumi di ogni colore, adornati da stupende mantelle di velluto, di broccato, oppure di semplice, umile tela. Questo era ieri Piazza San Pietro: il luogo d’incontro del passato e del presente. Una sintesi che si riconosce nell’eterno…si sono incontrati ieri almeno otto secoli di tradizioni cristiane. Otto secoli di impegno meraviglioso incentrato sulla volontà dei cristiani di farsi artefici e partecipi di iniziative di santificazione e di condivisione che costituiscono una delle più straordinarie tradizioni del volontariato cristiano…quello che si è raccolto ieri nella solenne piazza berniana è il più grande raduno mai visto dell’associazionismo cattolico. Un associazionismo che per tanto tempo si è immedesimato ed identificato nella vita e nell’azione delle gloriose, antiche e venerabili Confraternite. Questo Giubileo delle Confraternite ha costituito in effetti la prima occasione nella storia di queste antiche associazioni -le prime risalgono all’XI sec.- di un incontro a carattere universale. Ed è già questo l’indizio di una volontà di ripresa d’azione, di una volontà di presenza in una società che forse considera le Confraternite soltanto come elemento folkloristico, testimonianza di un mondo e di un’età ormai morte e sepolte per sempre…Portavoce delle Confraternite reggine si è fatto il dott. Giuseppe Blefari, Priore dell’Arciconfraternita di Maria Santissima Immacolata di Bovalino S., fondata nel 1594: ‘Abbiamo 350 giovani sotto i 18 anni iscritti al nostro sodalizio e siamo uno dei pochi luoghi di raccolta e di animazione della gioventù nella nostra terra. Assistiamo i nostri confratelli in tutti i modi, fino alla loro sepoltura. Preghiamo, organizziamo la festa patronale e facciamo beneficenza. Quello che abbiamo visto in questi giorni è straordinario… abbiamo imparato più da questi tre giorni che da tanti libri’.>
In virtù di quanto detto sull’importante ruolo della Confraternita nella Comunità in cui opera, mi permetto di suggerire alcune proposte, che a me sembrano migliorative, per un suo rilancio organizzativo e devozionale: 1) Rifondare lo Statuto dell’11 maggio 1975 e riscrivere il testo che risulta fortemente datato, adattandolo, come suggerito anche dalla Curia vescovile con nota del 21 aprile 1984, alle nuove esigenze sociali della Comunità e aggiornandolo secondo lo spirito del Concilio Vaticano II e le norme del nuovo codice di diritto canonico, promulgato da Papa Giovanni Paolo II il 25 gennaio 1983, sulle associazioni pubbliche dei fedeli: Can. 312 – §1.L’autorità competente ad erigere associazioni pubbliche è: 1°la Santa Sede per le associazioni universali e internazionali; 2°la Conferenza Episcopale nell’ambito del proprio territorio per le associazioni nazionali, quelle cioè che sono destinate, mediante l’erezione stessa, ad esercitare la loro attività in tutta una nazione; 3°il Vescovo diocesano nell’ ambito del suo territorio per le associazioni diocesane, non però l’Amministratore diocesano; tuttavia sono eccettuate le associazioni per le quali il diritto di erezione è riservato ad altri per privilegio apostolico. §2.Per erigere validamente nella diocesi una associazione o una sua sezione, anche se ciò avviene in forza di un privilegio apostolico, si richiede il consenso scritto del Vescovo diocesano; tuttavia il consenso del Vescovo diocesano per l’erezione di una casa di un istituto religioso vale anche per l’erezione, presso la stessa casa o presso la chiesa annessa, di una associazione propria di quell’ istituto. Can. 313 – Un’associazione pubblica, come pure una confederazione di associazioni pubbliche, per lo stesso decreto con cui viene eretta dall’autorità ecclesiastica competente a norma del can. 312, è costituita persona giuridica e riceve, per quanto è richiesto, la missione per i fini che essa si propone di conseguire in nome della Chiesa. Can. 314 – Gli statuti di ogni associazione pubblica, la loro revisione e il loro cambiamento necessitano dell’ approvazione dell’ autorità ecclesiastica cui compete erigere l’associazione a norma del can. 312, §1.Can. 315 – Le associazioni pubbliche possono intraprendere spontaneamente quelle iniziative che sono confacenti alla loro indole; tali associazioni sono dirette a norma degli statuti, però sotto la superiore direzione dell’autorità ecclesiastica di cui al can. 312, §1. Can. 316 §1. Non può essere validamente accolto nelle associazioni pubbliche chi ha pubblicamente abbandonato la fede cattolica, chi si è allontanato dalla comunione ecclesiastica e chi è irretito da una scomunica inflitta o dichiarata. §2.Coloro che, dopo essere stati legittimamente associati, vengono a trovarsi nel caso di cui al §1, premessa un’ammonizione, siano dimessi dall’ associazione, osservando gli statuti e salvo il diritto di ricorso all’ autorità ecclesiastica di cui al can. 312, §1. Can. 317 – §1. Se non si prevede altro negli statuti, spetta all’autorità ecclesiastica di cui al can. 312, §1 confermare il moderatore dell’associazione pubblica eletto dalla stessa, istituire colui che è stato presentato, oppure nominarlo secondo il diritto proprio; la stessa autorità ecclesiastica poi nomina il cappellano o l’assistente ecclesiastico, dopo aver sentito, se risulta opportuno, gli officiali maggiori dell’associazione. §2. La norma stabilita al §1 vale anche per le associazioni erette da membri di istituti religiosi in forza di un privilegio apostolico, al di fuori delle proprie chiese o delle proprie case; nelle associazioni poi erette da membri di istituti religiosi presso la propria chiesa o presso la propria casa, la nomina o la conferma del moderatore e del cappellano spetta al superiore dell’ istituto, a norma degli statuti. §3. Nelle associazioni non clericali, i laici possono ricoprire l’incarico di moderatore; il cappellano o l’assistente ecclesiastico non siano assunti a tale compito, a meno che negli statuti non sia disposto diversamente. §4. Nelle associazioni pubbliche di fedeli finalizzate direttamente all’ esercizio dell’apostolato, non siano moderatori coloro che occupano compiti direttivi nei partiti politici. Can 318 – §1.In circostanze speciali, se lo richiedono gravi motivi, l’autorità ecclesiastica di cui al can.312,§1 può designare un commissario che in suo nome diriga temporaneamente l’associa-zione.§2.Il moderatore di un’associazione pubblica può essere rimosso, per giusta causa, da chi lo ha nominato o confermato, tuttavia dopo aver sentito sia il moderatore stesso, sia gli officiali dell’associazione, a norma degli statuti; il cappellano può essere rimosso, a norma dei cann. 192-195, da chi lo ha nominato. Can. 319 – §1. Un’associazione pubblica eretta legittimamente, a meno che non sia disposto in modo diverso, a norma degli statuti amministra i beni che possiede, sotto l’alta direzione dell’autorità ecclesiastica di cui al can. 312, §1, alla quale ogni anno deve rendere conto dell’amministrazione. §2.Deve inoltre presentare alla medesima autorità un fedele rendiconto della distribuzione delle offerte e delle elemosine raccolte. Can. 320 – §1. Le associazioni erette dalla Santa Sede possono essere soppresse solo dalla Santa Sede stessa. §2. Per gravi cause la Conferenza Episcopale può sopprimere le associazioni erette dalla conferenza stessa; il Vescovo diocesano può sopprimere le associazioni che egli stesso ha eretto e anche le associazioni erette, per indulto apostolico, da membri di istituti religiosi col consenso del Vescovo diocesano.§3.Un’associazione pubblica non venga soppressa dall’autorità competente, senza aver prima sentito il suo moderatore e gli altri officiali maggiori. 2) Completare con urgenza la “cosiddetta” casa del Beato Camillo Costanzo e adattarla a sede ed archivio storico della stessa Confraternita, per dare di essa maggiore visibilità spaziale e continuità temporale. Organizzare poi, in occasione dell’inaugurazione della “casa”, un Convegno nazionale sul Beato Camillo Costanzo, che valorizzi la figura del più illustre cittadino bovalinese. 3) Ripristinare la festa e tutto ciò che è previsto di rituale per il famoso Reliquario del 1629, come è indicato nell’atto notarile di Carlo Gliozzi di Ardore del 12 maggio 1720 e nella relazione della visita pastorale del vescovo Cesare Rossi il 30 novembre 1730, per dare maggior risalto allo stesso oggetto prezioso e valore alla tradizione. 4) Ricercare nuove equilibrate modalità di gestione per rivitalizzare e dare nuovo impulso alla vita dell’Arciconfraternita, offrendo agli associati nuovi stimoli per una attiva e convinta partecipazione, e creando nuove figure, tipo soci onorari, per quelle personalità che hanno dato contributi alla valorizzazione e crescita dell’Associazione stessa. 5) Valorizzare il Museo di Arte Sacra. 6) Attivarsi, con tutti i mezzi legali e di piazza, per il recupero della Chiesa dello Zopardo, del Castello e di tutte le “memorie” dell’antico borgo. 7) Continuare a mantenere e riscoprire le vecchie tradizioni laiche e religiose. 8) Partecipare al grande significativo raduno di tutte le confraternite di Europa fissato per il 4, 5 e 6 aprile 2008 a Lourdes. L’incontro è organizzato dalla Confederazione italiana, dalla Confederazione nazionale delle Misericordie d’Italia, dalla Maintenance francese e da diversi enti spagnoli, e prevede un pellegrinaggio alla grotta di Bernadette, la tradizionale processione, la Messa comunitaria, una Via Crucis e la Processione eucaristica.
Questa breve ricerca, iniziata con la Prefazione nel 2005 e completata nel maggio del 2009, vuole essere un modesto contributo di partenza per ulteriori approfondimenti sulla storia e attività dell’Arciconfraternita, nei confronti della quale il sottoscritto ha provato sempre sentimenti di rispetto e ammirazione per il lavoro vivificatore e aggregante che svolge al servizio di una comunità spesso apatica superficiale e distratta.

CAPITOLO PRIMO – CENNI STORICI
1) L’Arciconfraternita Maria Santissima Immacolata, unica sopravissuta a Bovalino Superiore (Motta Bobalina nel ‘500) , fu eretta all’epoca dell’incendio, che distrusse il castello e l’abitato, appiccato dai Turchi guidati dall’avventuriero Sinan Bassà detto Scipione Cicala. Gli incursori, sbarcati l’8 settembre 1594 sulla costa della Marina, si diressero verso l’attuale Bovalino Superiore e dopo aver dato al prelato del posto 19.000 ducati, ebbero aperta la porta della cittadella e appiccarono il fuoco che distrusse tra l’altro l’archivio sistemato nello stesso castello, provocando danni per 140.000 ducati. La gente disperata si raccolse in chiesa a pregare e mentre il paese era invaso dalle fiamme iniziò a piovere “come se l’Immacolata Concezione, che si festeggia quel giorno, si fosse messa a piangere vedendo il paese in rovina”. La Confraternita fu fondata proprio per ricordare il miracolo della Vergine e contemporaneamente fu istituita con speciale indulto o privilegio del Papa Clemente VIII (al secolo Ippolito Aldobrandini, papa dal 1592 al 1605, uomo pio prudente e buon giurista) la festa dell’8 settembre, giorno in cui ricorre la natività della Beata Vergine Maria. Il marchese Sigismondo Loffredo si adoperò molto per ripopolare le terre del suo feudo, chiedendo fra l’altro al re di Napoli l’esenzione trentennale degli oneri fiscali, e per applicare benefici all’Arciconfraternita considerata la principale fra quelle esistenti all’epoca. Il numero degli adepti delle Confraternite s’incrementò notevolmente dopo la gloriosa vittoria dei Cristiani sui Musulmani nella battaglia navale di Lepanto nel 1571, che alimentò di certo un rinnovato fervore religioso.
2) Delle altre Confraternite erette a Bovalino, nel corso della sua storia a dimostra-zione della profonda fede dei suoi abitanti, nessuna è più esistente; ci restano solo nomi e frammentarie notizie: a)Confraternita di San Nicola ad Fratres, eretta nel 1539 durante il vescovato di Planca. b)Confraternita di San Sebastiano. c)Confraternita dei Gentiluomi. d)Confraternita di San Giuseppe, eretta nel 1575. e)Confraternita di San Francesco di Paola. f)Confraternita del Venerabile, cioè di Gesù Eucarestia, fondata da Raimondo Costanzo il 20 agosto 1607, alla quale venne assegnato il beneficio di San Francesco di Paola (poi passato alle famiglie Lemma e Correale). g)Confraternita dell’Annunciazione di Maria, eretta il 20 agosto 1653 con Bolla del Vescovo Vincentini. h)Confraternita del SS.mo Rosario, eretta nell’omonima Chiesa nel 1676, con Bolla dell’Abate Carlo Migliaccio, Vicario Generale del vescovo Sculco. i)Confraternita di Santa Lucia. l)Confraternita di San Nicola ad Fratres, eretta nel 1735. m) Confraternita di Maria SS.ma Immacolata. n)Confraternita del SS.mo Sacramento, eretta a Bovalino Superiore nel 1898. o)Confraternita di San Francesco di Paola, eretta a Bovalino Marina nel 1900; si sciolse nei primi anni ’70. Curava l’Affruntata e la festa patronale di San Francesco. p)Confraternita del Cuore Eucaristico di Gesù, eretta a Bovalino Marina con statuto approvato il 20 aprile 1912 dal vescovo Del Rio. q)Confraternita delle Figlie di Maria Immacolata, compatrona Santa Agnese, istituita il 20 giugno 1916 a Bovalino Marina.
3) L’Arciconfraternita fa parte dell’Associazione Diocesana delle Confraternite , che risulta così composta: Maria S.S. Immacolata di Ardore Superiore; San Cuore di Gesù di Ardore Superiore; San Nicola d’Ardore di San Nicola d’Ardore; Spirito Santo di Bombile; Maria S.S. Immacolata di Bovalino Superiore; Maria S.S. del Rosario di Benestare; San Giuseppe di Benestare; San Vito di Careri; San Rocco di Casignana; Maria S.S. del Carmine di Gerace; Maria S.S. Addolorata di Gerace; San Cuore di Gesù di Gerace; Maria S.S del Rosario di Gioiosa; San Giuseppe di Roccella; Maria S.S. dell’Arco di Siderno Superiore. L’associazione si propone di dare risposte unitarie sul ruolo delle Confraternite e alle loro problematiche organizzative, proponendosi di formulare uno Statuto unitario, valido per tutte le Confraternite della Diocesi. L’attuale Presidente è il dott. Giuseppe Blefari, ex Priore dell’Arciconfraternita Maria S.S. Immacolata di Bovalino Superiore.
4) L’Arciconfraternita ha sempre mantenuto, per l’illuminata sensibilità dei suoi Priori, buoni rapporti con altre Istituzioni similari, ed è sempre presente agli incontri e raduni nazionali. a) Il primo aprile 1984, in occasione di un Giubileo straordinario, ha partecipato, insieme ad altre cinquanta della provincia di Reggio Calabria, al 1° raduno delle Confraternite di tutto il mondo, definito dall’Osservatore Romano il più grande raduno dell’associazionismo cattolico: crocifissi lignei, vessilli, stendardi e lampioni delle Confraternite portati in Piazza San Pietro da quindicimila fratelli. Il priore pro-tempore il dott. Giuseppe Blefari, intervistato dallo stesso Osservatore quale portavoce delle Confraternite reggine, ricchissime di tradizione e di fede, tenne a sottolineare in quell’occasione la loro profonda diversità di esperienze e di vissuti: “Abbiamo 350 giovani sotto i 18 anni, iscritti al nostro sodalizio e siamo uno dei pochi luoghi di raccolta e di animazione della gioventù nella nostra terra. Assistiamo i nostri confratelli in tutti i modi, fino alla loro sepoltura. Preghiamo, organizziamo la festa patronale e facciamo beneficenza. Quello che abbiamo visto in questi giorni è straordinario… abbiamo imparato più da questi tre giorni che da tanti libri. Sarebbe tanto utile che questi incontri ci fossero ancora in modo più organico. Ora che ci siamo ritrovati in occasione di questo Anno Santo straordinario, sarebbe un vero peccato non costituire una organizzazione nazionale e una internazionale che oltre ad affermare alcuni principi fondamentali di comportamento, possano anche facilitare lo scambio di esperienze e con ciò anche la nostra crescita. Lo meritano i nostri giovani, lo merita la nostra tradizione”. b) Il 13 e 14 maggio 1989 ha partecipato a Roma al Primo Convegno Nazionale delle Confraternite delle Diocesi d’Italia. In tale occasione nella Basilica di Santa Maria Maggiore è stato svolto il seguente rito di benedizione dell’abito e della vestizione dei neofiti: “Il Priore della Confraternita (o l’Assistente ecclesiastico, se è il Vescovo a presiedere il rito), presenta al Celebrante e all’ assemblea i Confratelli che oggi ricevono l’abito benedetto. Reverendissimo (ed Eccellentissimo) Padre: questi sono i nomi dei fratelli che, oggi, ricevono l’abito benedetto:(seguono i nomi). Il Celebrante: L’abito, fratelli carissimi nel Signore, è solo un segno esteriore che deve manifestare e rendere visibili la nostra fede e la nostra carità. Per questo vi invito a rinnovare l’impegno di fede assunto nel Battesimo e ad esprimere davanti alla Chiesa la vostra volontà di esercitare le opere di misericordia spirituale e corporale per il bene dei fratelli. Il celebrante riceve ora da tutti i presenti la rinuncia al peccato, la professione di fede e la promessa a testimoniare la carità cristiana secondo lo spirito della propria Confraternita. C. Rinunziate al peccato, per vivere nella libertà dei figli di Dio? F. Rinunzio. C. Rinunziate alle seduzioni del male, per non lasciarvi dominare dal peccato? F. Rinunzio. C. Rinunziate a Satana, origine e causa di ogni peccato? F. Rinunzio. C. Credete in Dio, Padre onnipotente creatore del cielo e della terra? F. Credo. C. Credete in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, che nacque da Maria Vergine, morì e fu sepolto, è risuscitato dai morti e siede alla destra del Padre? F. Credo. C. Credete nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica, la comunione dei Santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne e la vita eterna? F. Credo. C. Volete rendere operosa la vostra adesione alla fede del santo Battesimo che avete rinnovato consapevolmente con l’impegno alla preghiera al decoro del culto pubblico della Chiesa e all’esercizio della carità generosa e operosa? F. Lo voglio. C. Volete tendere con generosità e fermezza al perfetto amore verso Dio e verso il prossimo, seguendo fedelmente il Vangelo, per il rispetto e l’elevazione dei valori dell’ uomo e osservando le Costituzioni della vostra Confraternita? F. Lo voglio. C. Volete dare pronta adesione al Magistero del Sommo Pontefice e dei Pastori della Chiesa e attiva disponibilità di partecipazione agli impegni di evangelizzazione e alla collaborazione generosa per la crescita della vostra Chiesa locale, in filiale comunione con i vostri Vescovi? F. Lo voglio. C. Volete onorare con rettitudine umana e pietà cristiana il nome e la veste della Confraternita S. Maria del Rosario impegnandovi nelle sue finalità con partecipazione attiva e operosa? F. Lo voglio. C. Il Signore vi conceda, rivestiti dell’abito e secondo lo spirito della Confraternita di S. Maria del Rosario di dedicarvi sempre più alla lode del suo nome al servizio e alla salvezza dei fratelli. F. Amen. C. Preghiamo. O Dio, che ispiri e compi ogni santo proposito in coloro che sono rinati per la grazia del Battesimo, guarda con bontà questi tuoi figli che si apprestano a rivestire devotamente l’ abito segno del loro impegno nella testimonianza della fede e nel servizio di carità, rendili sempre più conformi all’ immagine del tuo dilettissimo Figlio e concedi che, seguendo fedelmente il proprio cammino, giungano a contemplare il tuo volto nella gloria del tuo regno. Per Cristo nostro Signore. F. Amen. Il Celebrante asperge con l’acqua benedetta gli abiti che i nuovi confratelli presentano. Quindi prosegue: Rivestitevi dell’ abito con il quale diventate membri effettivi della Confraternita…, e sforzatevi, ogni giorno, con l’aiuto di Maria, Madre di Dio, di seguire più da vicino Cristo Signore e dedicarvi con generosità al bene dei fratelli. F. Amen.” Ogni candidato, aiutato da un fratello più anziano, riveste l’ abito della Confraternita. Segue la preghiera dei fedeli. c) L’11 e 12 novembre 1989 ha partecipato, tramite il suo delegato, all’incontro dei delegati diocesani per le Confraternite delle Diocesi d’Italia svoltosi a Roma nella Basilica di Santa Cecilia, come corollario al Primo Convegno Nazionale del 13 e 14 maggio dello stesso anno. L’incontro ha avuto notevole importanza per le ripercussioni organizzative e gestionali delle singole Confraternite e le sottoindicate conclusioni, indicate da Mons. Antonio Massone delegato del Cardinale Vicario per le Confraternite e i Sodalizi,rappresentano punto di riferimento continuo per tutte le attività delle stesse associazioni. “I Delegati Diocesani per le Confraternite delle Diocesi d’Italia, riunitisi in Roma per la prima volta, nei giorni 11 e 12 novembre 1989, per invito di Sua Eminenza il Signor Cardinale Ugo Poletti, Vicario Generale di Sua Santità, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, con lettera del Suo Delegato per le Confraternite e i Sodalizi della Diocesi di Roma, Mons. Antonio Massone, del 10 corrente anno, hanno proseguito lo studio della problematica relativa alle Confraternite d’Italia, del ruolo e della loro collocazione nella realtà ecclesiale nonché del loro specifico servizio nelle Chiese locali, già avviato nel Convegno Nazionale delle Confraternite delle Diocesi d’ Italia, tenutosi a Roma nei giorni 13-14 maggio u.s. Accolte con Filiale devozione le parole che il Santo Padre, ha loro rivolto nel corso dell’udienza, che ha avuto luogo nel Cortile di San Damaso in Vaticano, sabato 11 novembre corrente: «Auspico che da tale assemblea, impegnata nel valutare le vie nuove della partecipazione attiva alla missione della Chiesa nel servizio della Carità, secondo il programma pastorale della Conferenza Episcopale Italiana, sorgano valide iniziative e spunti di aggiornata testimonianza», hanno votato all’unanimità le seguenti conclusioni: 1.Alla luce dell’Esortazione Apostolica del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II “Christi fideles laici” si intende confermare la volontà di accogliere e trasmettere nella vita delle Confraternite il «Codice dell’ecclesialità», che è stato presentato alle Confraternite nella Basilica di Santa Maria Maggiore, in occasione del Convegno Nazionale delle Confraternite delle Diocesi d’Italia; 2.si rileva la necessità di una formazione cristiana dei confratelli, spirituale e dottrinale, e si invitano i Confratelli a sostenere i Centri di teologia e di preparazione all’apostolato e a coltivare la loro vita spirituale e la personale santificazione approfondendo il valore della preghiera e della vita sacramentale, e riproponendo, in continuità con le antiche tradizioni delle Confraternite, lo spirito della penitenza e del sacrificio, presupposti indispensabili di ogni incisiva azione per «l’animazione dell’ordine temporale mediante lo spirito cristiano»; 3.la partecipazione attiva alla missione della Chiesa esige dai Confratelli un costante impegno di testimoniare il Vangelo nella famiglia, nel lavoro, nel mondo sociale, politico ed economico, nella cultura; 4.«l’incremento del culto pubblico» della Chiesa costituisce tradizionalmente la specifica espressione della vita delle Confraternite che nell’ordinamento canonico sono associazioni pubbliche di fedeli, pertanto la formazione alla Liturgia e alla Pietà popolare sarà fondamentalmente impegno e dovrà essere proposta secondo le linee del rinnovamento liturgico promosse dal Concilio Ecumenico Vaticano II. In particolare si darà attenzione ai luoghi di culto, alla loro valorizzazione liturgica e pastorale e alla loro tutela e conservazione; 5.l’impegno di partecipazione alla evangelizzazione e all’Apostolato esige che ogni Confraternita sia luogo di comunione, di annuncio, di proposta della fede, di educazione ad essa nel suo integrale contenuto. Sarà opportuno offrire disponibilità ed attiva partecipazione ai Consigli Pastorali Diocesani e Parrocchiali ed alle Consulte per l’Apostolato dei laici per una organica partecipazione alla vita pastorale diocesana e allo svolgimento dei piani pastorali della Conferenza Episcopale Italiana; 6.il carisma peculiare delle Confraternite espresso anche con la testimonianza della carità, che le ha distinte per secoli, va oggi riscoperto con una nuova consapevolezza e con rinnovato dinamismo per rispondere alle nuove povertà,con le opere di misericordia, stimolando lo sviluppo del volontariato cristiano; 7.tenuto conto che lo sviluppo del volontariato cristiano è esperienza originale e creativa dell’amore che si ispira al Vangelo, e che, all’interno di esso, trovano piena collocazione le esperienze delle Confraternite e dei Sodalizi; considerando inoltre che la possibilità di rivalutare il ruolo e la valenza privatistica delle istituzioni volontarie di assistenza -alla luce della recente giurisprudenza costituzionale e di cassazione- apre la strada ad una più ampia valutazione delle potenzialità delle realtà assistenziali locali, si evidenzia un rinnovato ruolo delle Confrafernite attraverso la ricerca di nuove occasioni di servizio, da rendere sia in forma libera, sia, ove possibile, attraverso rapporti stabili con le realtà istituzionali del territorio; 8.l’impegno cristiano nel servizio delle attività sociali e caritative esige adeguata preparazione per una migliore efficienza e qualificazione. Sarà necessario, pertanto, istituire o frequentare corsi di preparazione specifica all’esercizio delle attività proprie del volontariato; 9.un incontro annuale in una città ogni anno avrà il carattere di “Cammino di fraternità”, nel quale le Confraternite, rinnovando la loro antica tradizione, in «cammino» potranno sviluppare la reciproca conoscenza, testimoniare la fede, realizzare opere di servizio e di carità; 10.viene posta in risalto l’esigenza per le Confraternite di un coordinamento delle diverse esperienze a livello nazionale. E’ quindi proposta la realizzazione di una struttura stabile organizzativa ed operativa da definire, che costituisca un riferimento permanente per tutte le Diocesi d’Italia. A tale scopo verrà composta una commissione di esperti nei campi pastorale, formativo, storico, giuridico, sociale, caritativo ed organizzativo che elabori in tempi brevi uno schema idoneo per la realizzazione della struttura richiesta. La Commissione sarà presieduta dal Delegato per le Confraternite della Diocesi di Roma.”
5) Tra le finalità della Confraternita c’è quella di assistere i fratelli anche nel momento della dipartita. A tal proposito nell’Archivio diocesano sono presenti alcuni documenti che afferiscono alla richiesta da parte della Confraternita di poter seppellire i fratelli nell’Oratorio dell’Immacolata di Bovalino. Sull’argomento in particolare si trascrive il testo di una lettera spedita il 19 settembre 1865 dagli Uffici della Prefettura Circondariale di Gerace al Sig. Prefetto della Provincia di Reggio Calabria avente per oggetto: Seppellimento di cadaveri nell’oratorio dell’Immacolata in Bovalino. “Dal Priore della Confraternita della Congregazione di Maria Vergine nel Comune di Bovalino mi venne sporta una domanda con la quale s’implora il permesso di potersi valere nelle circostanze di morte dei fratelli della Congregazione medesima dei sepolcri costruiti nell’Oratorio per il loro seppellimento. Invitai la Giunta municipale di Bovalino ad emettere il suo parere al riguardo, e la medesima con deliberazione del 13 stante in considerazione che ilseppellimento dei cadaveri in quell’oratorio non porterebbe alcun nocumento alla pubblica igiene, si pronunciò favorevolmente. Risultandomi che nel Comune di Bovalino non avvi cimitero e che i cadaveri si seppelliscono nel convento di Santa Maria del Gesù, non ho perciò ragioni ad eccepire contrariamente all’implorato permesso. Rassegno pertanto alla S.V. Ill.ma la succitata deliberazione della Giunta per i provvedimenti a Lei riservati dall’art. 14 del Decreto 9 ottobre 1861”.
6) Come in ogni Istituzione, anche tra i fratelli della Confraternita la convivenza non sempre è facile; i malumori e le incompatibilità talvolta sfociano in contenziosi lunghi eincontrollabili e per ripristinare l’equilibrio perduto, spesso è il Priore a rassegnare le dimissioni e rinviare l’assemblea a nuove elezioni, sotto il controllo dell’autorità ecclesiastica. Su tale problematica si trascrive il contenuto di una lettera dell’arciprete Saverio Pelle a Sua Eccellenza Mons. Domenico Giovanni Battista Chiappe vescovo di Gerace, con la quale comunica in data 29 aprile 1946 il commissariamento straordinario della Confraternita, per le dimissioni del Priore, in attesa di nuove elezioni, e in aggiunta il nome del commissario straordinario per la gestione provvisoria: “A Sua Eccellenza Monsignore Domenico Giovanni Battista Chiappe vescovo di Gerace. Eccellenza, dipochè il vecchio priore Sig. Pipicelli Francesco si è dimesso ed il nuovo eletto Sig. Procopio Rosario non può rivestire la carica, per non avere osservato l’assemblea le prescrizioni del diritto canonico, prego V.E. Rev.ma voler nominare a commissario straordinario della Confraternita il sig. D. Bruno Sculli con tutte le facoltà annesse a questo delicato ufficio, e ciò fino a quando non si sarà provveduto con le forme consentite dalla Chiesa alla nomina del nuovo Priore. Con ogni osservanza. Bovalino Superiore 29 aprile 1946. Con la presenti nominiamo Commissario Straordinario della Confraternita di Maria S.S. Immacolata in Bovalino Superiore, il Sig. Domenico Bruno Sculli, fino a quando sarà eletto…il nuovo Priore. A presiedere l’adunanza dei Confratelli della detta Confraternita, per la nomina del nuovo Priore e delle altre cariche, nominiamo come nostro delegato il M. R. D. Domenico Polifroni, arciprete a Careri, il quale ci darà relazione scritta. San Nicola d’Ardore 5 maggio 1946”.
7) La Confraternita è mista; la presenza femminile arricchisce l’attività all’interno della Chiesa, con fattiva e appassionata partecipazione. Il ruolo importante delle donne all’interno della Confraternita è sottolineato dalla presenza, nella storia della Istituzione, di una donna-priore, Rosina Raco, dal 1932 al 1935, che potrebbe avere il significato di una sorta di femminismo ante-litteram. Il loro abbigliamento di ricono-scimento è ridotto all’essenziale: un foulard celeste con l’immagine dell’Immacolata.

CAPITOLO SECONDO – I DOCUMENTI E GLI ARCHIVI
Non è facile reperire documentazione che dia un quadro storico, chiaro e continuo, della vita della Congrega, in quanto non esiste un archivio ragionato, curato con criterio dalla Confraternita. Per l’incuria e la superficialità, nel passaggio di consegne, dei Governi che si sono succeduti nella gestione della Confraternita, molti documenti sono stati smarriti, compreso l’importantissimo Statuto di erezione. Solo presso l’Archivio diocesano di Gerace e gli Archivi di Stato di Reggio Calabria e di Napoli è reperibile materiale interessante, ma non sempre facile da consultare; i sottoindicati sono i documenti messi nella disponibilità del sottoscritto e consultati.

Archivio della Confraternita:
1)Verbale di nomina nuove cariche – 8 maggio 1938 (n.2 fogli);
2)Decreto di commissariamento straordinario della Confraternita – 29 aprile 1946 (n.1 foglio);
3)Statuto Confraternita – 11 maggio 1975 (n.4 fogli);
4)Relazione tecnica restauro statua Immacolata – giugno 1980 (n.6 fogli);
5)Verbale assemblea generale ordinaria dell’Arciconfraternita – 21 aprile 1984 (n.6 fogli);
6)Approvazione della Curia vescovile del verbale dell’assemblea del 21 aprile 1984 (n.2 fogli);
7)Attestato di partecipazione della Confraternita al Primo Convegno Nazionale delle Confraternite delle Diocesi d’Italia – Roma 13,14 maggio 1989;
8)Bozza manifesto per la festa dell’Immacolata dell’8 settembre 1996 (n.3 fogli);
9)Registro di Contabilità della Confraternita dal 1921 al 1928;
10)Registro di Contabilità della Confraternita dal 1929 al 1942;
11)Registro di Contabilità della Confraternita dal 1937 al 1943;
12)Registro di Contabilità della Confraternita dal 1944 al 1950;
13)Registro di Contabilità della Confraternita dal 1953 al 1960;
14)Registro di Contabilità della Confraternita dal 1961 al 1971.
Archivio vescovile di Gerace-Locri:
1)Atto costitutivo, approvazione regole Confraternita S.S. Immacolata – 1752 (n.1 foglio);
2)Richiesta autorizzazione processione vespertina Confraternita + concessione Intendenza Calabria Ulteriore – agosto 1842 (n.4 fogli);
3)Richiesta autorizzazione della Confraternita “di seppellimento di cadaveri nell’Oratorio dell’Immacolata in Bovalino” – 1865 (n.4 fogli);
4)Verbale di nomina cariche Confraternita datato 8 maggio 1938 con visto di approvazione del vescovo Chiappe (n.2 fogli).
5)Stato dell’Arcipretura di Santa Caterina in Bovalino Superiore, redatto dall’Arciprete Saverio Pelle di Natale in data 12 dicembre 1929 (n.8 fogli).
6)Petizione dell’Arciprete Saverio Pelle, indirizzata per via gerarchica a Sua Santità Pio XII, per acquisto suppellettili, datata 26 settembre 1950 (n.2 fogli ).
7)Inventario suppellettili esistenti nella Chiesa Matrice e Santa Caterina V. e M. di Bovalino Superiore, redatto dall’Arciprete Saverio Pelle in data 24 novembre 1954 (n.2 fogli).
8)Verbale di Riconsegna dei Beni dell’Arcipretura di Santa Caterina V. e M. di Bovalino Superiore, con allegati, datato 14 aprile 1955 (n.10 fogli).
9)Verbale di Riconsegna delle Temporalità Beneficiarie dell’Arcipretura S. Caterina V. e M. di Bovalino Superiore, datato 5 maggio 1980 (n.8 fogli).
10)Stato della Parrocchia di “San Nicola di Bari” di Bovalino Marina, redatto dall’Arciprete Antonio Rocca, Cameriere d’onore extraurbana di S.S., datato 18 novembre 1916 (6 fogli).
11)Elenco dei Sacri arredi e suppellettili, datato 18 novembre 1916 (n.2 fogli).
12)Stato della Chiesa parrocchiale di “San Nicola di Bari” di Bovalino Marina, redatto dall’Arciprete Giovanni Riccio in data 15 dicembre 1929 (n.4 fogli).
13)Inventario redatto dall’Arciprete Giovanni Riccio in data 15 dicembre 1929 (n.3 fogli).
Presso la Curia Vescovile sono depositati libri registri e documenti di proprietà dell’Arciconfraternita e della Chiesa di Bovalino, trasferiti in quella sede negli anni ’70 per l’insofferenza e la superficialità del parroco dell’epoca Rosario Zinghinì, e che la stessa Curia ancora non ha restituito ai legittimi proprietari, nonostante le richieste del priore e del parroco.
Archivio di Stato di Reggio Calabria:
1)Decreto reale del re Ferdinando IV: assenso sulla Fondazione e sulle Regole – 26 novembre 1779 (n.10 fogli);
2)Fascicolo intestato a “Comune di Bovalino: I bisogni dell’Oratorio della Congrega dell’Immacolata” – 1850 (n.27 fogli);
3)Fascicolo intestato a “Consiglio Generale degli Ospizi. Comune di Bovalino. Congrega sotto il titolo dell’Immacolata. Oggetto: Progetto per ottenere il Regio Assenso sulla fondazione e sulle regole” – 1857 (n.10 fogli).

A margine c’è da raccontare una storia, che sembra inverosimile ma è vera, della serie “la realtà supera a volte qualsiasi fantasia o finzione artistica”. I discendenti del vescovo Morisciano, evidentemente non all’altezza dell’illustre predecessore, dovendo procedere a lavori di ristrutturazione del palazzo avito, hanno pensato di disfarsi della ricca biblioteca ivi custodita, buttando i preziosi libri in una fiumara. L’opera-zione non è sfuggita per fortuna allo storico locale Antonio Ardore, che ha segnalato il fatto al responsabile della biblioteca comunale, il quale si è attivato per recuperare qualcosa del ricco materiale oggi custodito nella stessa struttura comunale. I libri, come si dirà in altro capitolo, sono stati richiesti all’Ente comunale dal parroco di Bovalino Superiore, per arricchire la dotazione del Museo d’arte sacra allocato nella cripta della Chiesa Matrice.

CAPITOLO TERZO – LO STATUTO
Alla luce del nuovo Codice di Diritto Canonico, promulgato dal Papa Giovanni Paolo II il 25 gennaio 1983, le Confraternite in quanto Associazioni pubbliche di fedeli… possono intraprendere spontaneamente quelle iniziative che sono confacenti alla loro indole; tali associazioni sono dirette a norma degli Statuti, però sotto la superiore direzione dell’autorità ecclesiastica competente (can. 315)… gli Statuti di ogni associazione pubblica, la loro revisione e il loro cambiamento necessitano dell’appro-vazione dell’autorità ecclesiastica cui compete erigere l’associazione (can. 314)… le Autorità competenti ad erigere associazioni pubbliche sono la Santa Sede… la Conferenza Episcopale… il Vescovo diocesano nell’ambito del suo territorio per le associazioni diocesane, non però l’Amministratore diocesano… eccettuate le associazioni per le quali il diritto di erezione è riservato ad altri per privilegio apostolico (can. 312)… il tutto formulato in uno Statuto, di cui si riporta lo schema proposto dalle Autorità religiose: Art.1) La Confraternita…, avente sede in…, è un’associazione pubblica di fedeli eretta con decreto del Vescovo… in data… Essa è un ente ecclesiastico civilmente riconosciuto in quanto ha fine di culto riconosciuto con decreto del… in data… ed è iscritta al n… nel registro delle persone giuridiche del Tribunale di…Art.2) La Confraternita ha come fini principali la santificazione dei confratelli, l’esercizio del culto pubblico e la promozione di opere di carità fraterna. Per realizzare tali fini la Confraternita si propone in particolare di: a)vivere come aggregazione ecclesiale che aiuta i confratelli a realizzare pienamente la propria vocazione cristiana mediante un’intensa vita spirituale e un’efficace attività apostolica; b)promuovere iniziative per la formazione permanente dei soci in campo religioso; c)dare incremento alle manifestazioni del culto pubblico e della pietà popolare, soprattutto nelle feste tradizionali; d)favorire l’unione fraterna di persone aventi un vincolo di comune origine, di categoria o di lavoro, in modo di poter assumere un impegno nell’apostolato di ambiente; e)promuovere iniziative di carattere educativo, culturale, di assistenza e dì accoglienza in forme varie, sempre in spirito di carità fraterna e tenendo conto delle necessità locali e del progetto pastorale diocesano. La Confraternita può svolgere attività diverse da quelle di religione o di culto, a norma dell’art. 15 delle norme approvate con il Protocollo del 15 novembre 1984 tra l’Italia e la Santa Sede. Art.3) La Confraternita è sottoposta, a norma del diritto canonico, alla giurisdizione dell’Ordinario della diocesi di… Essa promuove rapporti di fraternità e collaborazione con le altre associazioni di fedeli e con gli organismi ecclesiali della diocesi. Art.4) Possono far parte della Confraternita come confratelli i fedeli di maggiore età che si propongono di perseguire i fini della medesima e si impegnano a rispettarne lo statuto. Sono soci aggregati coloro che in qualsiasi modo partecipano alle attività della confraternita. Art.5) L’ammissione dei soci effettivi è deliberata dal Consiglio Direttivo, previa domanda dell’interessato con la commendatizia di un confratello, dopo un periodo di prova stabilito dallo stesso Consiglio Direttivo. L’ammissione dei soci aggregati è deliberata dal Priore. Art.6) I confratelli hanno il dovere di condurre esemplare vita cristiana, di partecipare alle attività apostoliche della Confraternita, di pagare la quota annuale di iscrizione e di tenere un comportamento corretto sotto ogni aspetto che non contrasti con le finalità della Confraternita. La vita cristiana e l’impegno apostolico sono alimentati dalla lettura della Sacra Scrittura, dalla celebrazione della Liturgia delle Ore o dalla recita del Rosario, dalla partecipazione frequente ai sacramenti dell’Eucarestia e della Riconciliazione. Art.7) I soci cessano di apparte-nere alla Confraternita: a)per dimissione volontaria. I confratelli si considerano implicitamente dimissionari in caso di assenza continuata per un anno e mancato pagamento della quota annuale; b)per dimissione deliberata dal Consiglio Direttivo. Il socio dimesso può ricorrere contro la delibera di dimissione all’Ordinario diocesano. Art.8) Gli organi della Confraternita sono: l’Assemblea, il Consiglio Direttivo, il Priore. Gli officiali della Confraternita sono: il Vice Priore, il Segretario, il Provveditore, il Camerlengo. Art.9) L’Assemblea, composta di tutti i confratelli soci effettivi, è il supremo organo deliberativo della Confraternita. Essa è convocata ordinariamente dal Priore una volta l’anno per verificare l’andamento della vita della Confraternita, approvare la relazione del Priore e il rendiconto economico, esaminare le linee direttive proposte dal Consiglio e approvare le norme regolamentari. L’Assemblea può essere convocata in seduta straordinaria su richiesta del Consiglio Direttivo, di un decimo dei confratelli o dell’Ordinario diocesano. La convocazione deve essere fatta a mezzo avviso con indicazione dell’ordine del giorno affisso nella sede almeno dieci giorni prima della data fissata. Ogni confratello può essere latore di non più di due deleghe di altri confratelli. L’Assemblea è valida, in prima convocazione, con la presenza di persona o per delega di almeno la metà dei confratelli; in seconda convocazione, qualunque sia il numero dei confratelli presenti o rappresentati. Art.10) Il Consiglio Direttivo è composto dal Priore e dai quattro officiali della Confraternita, tutti eletti dall’Assemblea per un triennio. Venendo a mancare uno degli officiali, il Consiglio stesso elegge un supplente che resta in carica fino al termine del triennio. Art.11) Il Priore dirige la Confraternita nel rispetto dello statuto, ne ha la rappresentanza legale e provvede all’ordinaria amministrazione. Il Priore eletto inizia l’esercizio del suo ufficio dopo la conferma dall’Ordinario diocesano. Il Priore può essere rimosso dall’ufficio con decreto dell’Ordinario diocesano in presenza delle cause previste dalle disposizioni canoniche. Art.12) Il Vice Priore collabora con il Priore e lo sostituisce in caso di assenza. Venendo a mancare per qualsiasi causa il Priore, il Vice Priore assume le sue funzioni fino al termine del triennio. Il Segretario redige i verbali dell’Assemblea e del Consiglio e conserva il libro dei soci e dei verbali. Il Provveditore cura la sede e i beni della Confraternita. Il Camerlengo ha l’amministrazione contabile e prepara il rendiconto annuale. Art.13) Il Consiglio Direttivo si riunisce ordinariamente ogni tre mesi per deliberare su qualsiasi punto relativo alla vita della Confraternita che non sia di competenza dell’Assemblea. Il Consiglio Direttivo delibera gli atti di straordinaria amministrazione. Gli atti di straordinaria amministrazione previsti dal codice di diritto canonico, integrato dalle delibere della Conferenza Episcopale Italiana e dal decreto dato dal Vescovo diocesano ai sensi del can. 1281, devono essere autorizzati dalla competente autorità ecclesiastica. Occorre inoltre la licenza della Santa Sede per gli atti il cui valore superi la somma massima fissata dalla C.E.I. o aventi per oggetto beni di valore storico o artistico o donati alla chiesa ex voto. Art.14) Il Cappellano, nominato dall’Ordinario diocesano a sua discrezione, ha la cura pastorale dei confratelli ed è responsabile delle celebrazioni liturgiche. Egli partecipa con voto consultivo al Consiglio Direttivo e all’Assemblea. Art15) Il patrimonio della Confraternita è costituito dalle quote annuali dei soci, dal ricavato di eventuali attività associative e da eventuali oblazioni o contributi di soci o di terzi. L’Amministrazione del patrimonio è regolata dai canoni del libro quinto del codice di diritto Canonico. La Confraternita non ha fine di lucro. Tutte le prestazioni dei confratelli nei confronti della Confraternita sono gratuite. E’ vietato distribuire ai confratelli anche in modo indiretto utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita della Confraternita. Il rendiconto economico e finanziario deve essere approvato ogni anno dall’Assemblea e presentato all’Ordinario diocesano. La quota o contributo associativo è intrasmissibile e non rivalutabile. Art.16) La Confraternita si estingue se viene legittimamente soppressa dal Vescovo diocesano o se ha cessato di agire per lo spazio di cento anni. In caso di estinzione della Confraternita il suo patrimonio sarà devoluto ad altro ente ecclesiastico civilmente riconosciuto indicato dal Vescovo diocesano, seguendo la procedura prevista dall’art. 20 delle norme approvate con il Protocollo del 15 novembre 1984 tra l’Italia e la Santa Sede. Art.17) In presenza di speciali circostanze, ove gravi ragioni lo richiedano, il Vescovo della diocesi di… può nominare, ai sensi del can. 318, § 1 del codice di diritto canonico, un Commissario che in suo nome diriga e rappresenti temporaneamente la Confraternita, in sostituzione degli organi statutari, con tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione. Art.18)Per quanto non previsto nel presente statuto valgono le norme del diritto canonico e le leggi italiane in quanto applicabili agli enti ecclesiastici.

L’Arciconfraternita fu eretta nel 1594 all’epoca in cui fu incendiato Bovalino; il decreto di erezione purtroppo è andato smarrito per l’incuria dei Priori che si sono succeduti nella carica. L’attuale Priore comunque non dispera nella possibilità di trovare una copia e per questo ricerca dappertutto, presso Archivi pubblici e privati, come dimostra la seguente lettera: Arciconfraternita “Maria ss.Immacolata” / Anno di fondazione 1594 / Ente morale Regio Decreto 11/07/1752 / 89034 – Bovalino Superiore (RC) / Al Dirigente dell’Archivio di Stato, piazzetta Grande Archivio 5, 80138 — Napoli / Oggetto: Richiesta copia statuti Arciconfraternita. / Il sottoscritto dott. Antonio Blefari, in qua1ità di Priore dell’Arciconfraternita “Maria SS. Immacolata” di Bovalino Superiore (RC), C H I E D E alla S.V.I. di sapere se nell’Archivio di Stato di Napoli da Lei diretto esiste lo statuto istitutivo relativo alla suddetta Arciconfraternita e i successivi statuti stilati nei secoli successivi, e se è possibile avere una copia degli stessi spediti per posta con tassa a carico del destinatario all’indirizzo sotto segnato, pagando anche il costo delle relative fotocopie. Le faccio presente che l’Arciconfraternita intitolata all’Immacolata Concezione di Maria è stata creata dopo l’8 settembre 1594, giorno del miracolo dell’Immacolata a Bovalino Superiore (RC). In attesa di risposta Le invio i migliori auguri di un Santo Natale 2003 e un Felice Anno 2004. / Bovalino (RC), li 13 dicembre 2003 / Distinti saluti / (Antonio Blefari)
Lo Statuto, che regola il governo della Congrega e le regole di comportamento e i vari obblighi di presenza dei confratelli ad alcune attività, fu riconfermato e approvato dal vescovo Mons. Cesare Rossi il 10 luglio 1752.

Lo stesso fu riconosciuto e approvato (“Assenso sulla Fondazione e sulle Regole”), con gli opportuni adeguamenti, con Decreto reale del 26 novembre 1779 dal re Ferdinando IV, che negli anni precedenti aveva proibito la formazione e l’attività della Confraternita (testo in Allegati). Nello Statuto sono indicati gli scopi e gli obiettivi dell’attività dell’Arciconfraternita: il principale è il culto dell’Immacolata Concezione, seguono l’assistenza, la celebrazione della messa per i Confratelli defunti, la comunione dei fedeli fatta il giovedì santo e l’8 settembre, la nomina del Padre spirituale, la testimonianza di solidarietà e di “servizio” da rendere ai Confratelli. Le Regole seguono le stesse tracce e condizioni: 1) I nuovi iscritti sono accolti come novizi per 6 mesi, poi se positivi inseriti nella Tabella dei Fratelli. 2) I Fratelli devono recitare l’ufficio della Beata Vergine Maria tutte le Domeniche e le Feste della Madonna; frequentare i Sacramenti della Penitenza e dell’Eucarestia nella prima e terza domenica del mese e in tutte le Feste del Signore e della Beata Vergine. 3) I Fratelli devono provvedere a proprie spese alla confezione dell’abito (il sacco) e pagare dieci grana all’anno. 4) I Fratelli devono partecipare ufficialmente ai riti funebri dei Fratelli defunti. 5) Il Governo della Confraternita si compone di quattro persone: Priore, primo e secondo Assistente, Tesoriere o Procuratore. 6) La Congrega nominerà, su proposta del Priore, il Padre spirituale, che curerà solo gli aspetti religiosi, senza ingerenza negli affari della Confraternita. Il Decreto reale evidenzia in modo chiaro l’interferenza dell’autorità civile, attraverso concessioni e autorizzazioni, nella nomina e nella gestione di Associazioni e Gruppi che hanno finalità e metodolo-gie religiose. In alcuni casi l’autorizzazione si riferisce anche ad aspetti marginali e minime della vita e dell’attività di tali Associazioni. In merito nell’Archivio della Confraternita esiste un carteggio, di richieste ed autorizzazioni, di autorità civili e religiose. In una lettera dell’agosto 1842, dovendo la Confraternita effettuare la processione dell’8 settembre di sera per motivi climatici e di maggiore solennità, il Priore chiede, attraverso gli uffici della Diocesi, all’Intendente della Calabria Ulteriore l’autorizzazione, che viene concessa, a conclusione di un fitto scambio epistolare, dal Ministero e Real Segreteria di Stato della Polizia Generale: Il Priore della Confraternita di Maria Santissima Immacolata del Comune di Bovalino Le umilia che ricorrendo la festività che si celebra nel giorno 8 del mese di settembre, a riuscire più solenne e ad evitare il massimo calore che impedisce la pompa e lo splendore della processione, desiderebbesi per le sette ore vespertine… L’Ordinario dà il nulla-osta:Signor Intendente, questo Ordinario Diocesano annuisce che si celebrasse in Bovalino la festività di Maria Santissima Immacolata, che ricorre l’8 dell’entrante settembre con la processione vespertina, non avendo opposizione e fare in contrario, come né anche io ho alcuna a farne. Tanto Le devo in riscontro del pregiatissimo figlio del 20 corrente mese. Dall’Intendente al Ministro: Li 24 agosto 1842. Polizia di Stato. Eccellenza, il Priore della Confraternita Santissima Immacolata in Bovalino ha chiesto il permesso di celebrarsi una tale festività colla processione nelle ore vespertine. Non essendovi delle opposizioni in contrario anche dall’Ordinario diocesano inteso nell’oggetto, prego V.E. degnarsi permettere siffatta processione… L’autorizzazione finale: Napoli 30 agosto 1842. Ministero e Real Segreteria di Stato della Polizia Generale. Oggetto: Processione vespertina in Bovalino. Si è ricevuto in questo Ministero il rapporto dell’oggetto di cui è al margine segnato, portante la data del 24 agosto..autorizzo e se ne dia comunicazione al Sottointendente di Gerace…

In altri casi l’interferenza è salutare in quanto serve per operare i restauri necessari per le opere e le strutture degradate. Un esempio è dato da un carteggio, presente nell’Archivio di Stato di Reggio Calabria, tra gli Uffici del 3° Ripartimento Beneficienza del Ministero e Real Segreteria di Stato dell’Interno e quelli dell’Intendenza di Reggio Calabria e il Sindaco di Bovalino, nel periodo dal 13 luglio al 12 dicembre 1851, relativo ai bisogni dell’Oratorio della Congrega dell’Immacolata, sito nella Chiesa parrocchiale di San Nicola di Bari in Bovalino…La lunga corrispondenza, formata da 27 fogli, è servita a quantificare i fondi necessari per il restauro degli interni della Chiesa, la ripartizione di spesa tra le diverse Istituzioni interessate e gli inevitabili solleciti a fare doverosamente presto con accuse di omissioni e di superficialità. Ad un certo punto del discorso si inserisce la necessità di lavori nel Camposanto e i relativi tentativi di variazioni di bilancio e di storni, esattamente come succede oggi.

Nel 1857 viene presentato all’Intendente di Reggio Calabria un progetto per ottenere il regio assenso sulla fondazione e sulle regole. Il Sindaco, su richiesta della documenta-zione originale da parte dell’Intendente, risponde di non poterlo fare perché dispersi da più anni. L’Intendente rispedisce allora il progetto perché sia redatto conforme al regolamento stabilito dalla Congrega nel 1824.

Nel 1922 lo statuto fu modificato in alcune sue parti e approvato dal vescovo Galati, amministratore apostolico di Gerace.

In data 11 maggio 1975 infine è stato stilato e approvato il Testo attualmente in vigore sotto il priorato del Sig. Vito Cavallo (testo in Allegati). Il testo è stilato in forma essenziale, consta di appena quattro fogli uso bollo e risponde evidentemente alle nuove esigenze gestionali del periodo indicato. Lo Statuto risulta incompleto in alcune parti, per cui andrebbe integrato e meglio articolato e riformulato; in altre si differenzia da quello del 1779: 1) Il Priore eletto dura in carica due anni (precedente-mente 1 anno); 2) L’elezione avviene il sabato santo (prec. Prima domenica di gen-naio); 3) E’ previsto un Vice priore (prec. era il 1° Assistente a sostituire il Priore); 4) Gli Assistenti passano da due a quattro; 5) Figure nuove il Cassiere e due Maestri di cerimonia;6) Non si fa cenno più al Padre spirituale e alle sue funzioni. La necessità di aggiornare lo Statuto è indicata anche dalla Curia vescovile che, nell’approvare il verbale della riunione ordinaria annuale dell’Arciconfraternita del 21 aprile 1984, relativa a diversi punti all’odg (1.Presentazione del resoconto annuale sino al 21 aprile 1984 relativo alle entrate e alle uscite; 2.Elezioni nuovo Priore, Procuratore, Cassiere, Assistenti; 3.Varie ed eventuali), avanzava le seguenti osservazioni: 1) Aggiornare lo Statuto dell’Arciconfraternita Maria Santissima Immacolata in Bovalino Superiore, di questa diocesi di Gerace-Locri, secondo lo spirito del Concilio Vaticano II, le norme del nuovo codice di diritto canonico e le altre disposizioni ecclesiastiche in materia; 2) Prima della sua entrata in vigore, sottoporre il nuovo Statuto all’approvazione della competente Autorità ecclesiastica; 3) Tenere presente che le cariche elettive dell’Arci-confraternita devono essere sempre convalidate dall’Ordinario diocesano. Fino alla conferma, il Consiglio direttivo e il Consiglio di amministrazione uscenti continueran-no interinalmente nella Direzione e nell’Amministrazione ordinaria dell’Arciconfrate-rnita; 4) Le riunioni in cui avvengono le elezioni delle cariche dell’Arciconfraternita devono essere presiedute da un delegato dell’Ordinario diocesano; 5) Tutti i soci, regolarmente iscritti e non sospesi, di età superiore al 18° anno di età, hanno diritto di voto attivo e passivo; 6) Le votazioni elettive devono essere espresse per voto segreto degli aventi diritto; 7) E’ norma che chi è eletto per due volte consecutive ad una carica, non può essere rieletto una terza volta alla medesima; 8) Inviare alla Curia vescovile, per la debita approvazione e conferma, i verbali delle riunioni elettive, in copia conforme; 9) Inviare alla Curia vescovile, ogni anno, entro il mese di marzo, copia dei bilanci consuntivi e preventivi, assieme alla relazione sulla situazione religiosa e morale dell’Arciconfraternita, ai sensi del can. 319 CIC, par. 1° e 2°. Locri 14 settembre 1984 – Il Vicario generale Sac. Antonio Sgrò.

Per quanto riguarda le modalità di elezione del priore, è prassi consolidata che il priore uscente proponga due nominativi e l’Assemblea uno, sui quali far convergere i voti. Il priore eletto poi, dopo l’accettazione, indica i vari collaboratori, le cui nomine debbono essere ratificate dalla stessa Assemblea. Nella riunione del sabato santo del 2006, l’Assemblea dei soci ha approvato una modifica allo Statuto attualmente in uso, relativa alla data di convocazione dell’Arciconfraternita per il rinnovo delle cariche: la stessa viene anticipata alla prima domenica di febbraio, per dare la possibilità ai governi con serenità di relazionare a consuntivo sulle attività svolte nell’anno trascorso e a preventivo su quelle da programmare nel mandato successivo.

CAPITOLO QUARTO – IL GOVERNO DELLA CONGREGA
Lo Statuto del 2 luglio 1752 prevede al Cap. 4° che il governo si compone di quattro persone: Priore, Primo e Secondo Assistente, Tesoriere ossia Procuratore… L’elezione degli officiali si farà ogni anno nella prima Domenica di gennaio… a voti segreti…; quello dell’11 maggio 1975 indica che la Confraternita è rappresentata come autorità superiore dal Priore che sarà eletto dall’assemblea e durerà in carica per anni due con scadenza al sabato santo… e sarà coadiuvato dal Procuratore che sarà un fratello di sua fiducia e deve essere approvato pure dalla Confraternita… Il Priore ed il Procuratore sono altresì coadiuvati da 4 Assistenti, più un Cassiere e da due Maestri di cerimonia…

Nell’ultimo statuto viene allargata la base partecipativa al governo della Confraternita con l’aggiunta di altre figure rappresentative, vengono inserite altre modifiche e aumentato il periodo di carica, ma nella sostanza è il Priore che ha la responsabilità diretta e autorevole dell’Istituzione in quanto deve vigilare alla esatta osservanza delle Regole e alla concordia e alla quiete tra i Confratelli, i quali dovranno riconoscerlo e rispettarlo come capo e moderatore.

L’elenco dei Priori, che si sono succeduti alla guida della Confraternita è incompleto e lacunoso per la dispersione di molti documenti e per la mancanza di un ordinato archivio storico: -Procopio Giovambattista, Procuratore Zappia Bruno, 1924/1927; -Romeo Bruno, Procuratore Blefari Filippo, 1928/1931; -Raco Rosina(unica donna P.), Procuratore Chiarantano Paolo, 1932/1935; -Procopio Giovambattista, Procuratore Chiarantano Arcangelo, 1936/1937; -Pipicelli Giuseppe, Procuratore Sculli Bruno, 1938/1939; -Bailon Pasquale, Procuratore Ceravolo Vincenzo, 1946/1947; -Audino Giovanni, Procuratore Pedullà Francesco, 1948/1950; -Audino Giovanni, Procuratore Ceravolo Vincenzo, 1951/1953; -Morabito Pasquale, Procuratore Ceravolo Vincenzo, 1954/1955; -Morabito Pasquale, Procuratore Zinghinì Domenico, 1956/1959; -Caminiti Antonio, Procuratore Ceravolo Vincenzo, 1960/1970; -Carpentieri Francesco, Procuratore Ceravolo Vincenzo, 1971/1974; -Cavallo Vito, Procuratore Zinghinì Domenico, 1975; -Cavallo Vito, Procuratore Monteleone Giuseppe, 1976; -Clemente Francesco, Procuratore Filippone Vincenzo, 1977; -Blefari Giuseppe, Procuratore Clemente Antonio, 1978; -Caminiti Carlo, Procuratore Signati Antonio, 1979; -Sacco Vincenzo, Procuratore Zappia Paolo, 1980; -Cavallo Vito, Procuratore Cristarella Antonio, 1981; -Cavallo Vito, Procuratore Signati Antonio, 1982/1984; -Blefari Giuseppe, Procuratore Signati Antonio, 1985/1995; -Cavallo Vito, Procuratore Signati Mario, 1996/1998; – Cavallo Vito, Procuratore Clemente Francesco, 1999/2000; -Blefari Antonio, Procuratore Bailon Pasquale, 2001/2002; -Blefari Antonio, Procuratore Macrì Francesco, 2003/2004. ·La nomina a priore della Signora Raco, a detta dei Fratelli anziani, si è resa necessaria per superare i contrasti tra due gruppi intransigenti, che impedivano di fatto l’elezione di un nuovo priore. ·Durante la guerra non c’è stato rinnovo di cariche e l’ordinaria amministrazione fu gestita da Pipicelli Francesco succeduto al padre morto nel periodo; la ripresa nel 1946 non fu facile, in quanto il rinnovo delle cariche, per la presenza di liste contrapposte, risultò travagliato, rendendosi necessario finanche l’intervento della forza pubblica. ·L’unica deroga alla data di rinnovo delle cariche, stabilito al sabato santo di ogni anno (in epoca più antica al venerdì santo), si ebbe il 1975, quando fu convocata un’Assemblea straordinaria il 7 settembre per le nuove nomine.

Per l’anno 1977/1978 il Governo di Loggia, a seguito delle rituali elezioni, risulta così composto: -sig. Francesco CLEMENTE, Priore; -sig. Vincenzo FILIPPONE, Procuratore; -sig. Giuseppe BLEFARI, 1° Assistente; -sig. Antonio SIGNATI, 2° Assistente; -sig. Vito CAVALLO, 3° Assistente (Priore uscente); -sig. Vincenzo MARANDO, 4° Assistente; -sig. Domenico MILIANO’, 5° Assistente; -sig. Giuseppe MONTELEONE, 6° Assistente; -sig. Vincenzo CERAVOLO, 7° Assistente; -sig. Vincenzo SACCO, 8° Assistente; -sig. Giuseppe STRANGIO, 9° Assistente; -sig. Luigi FRASCA’, 10°Assistente; -sig. Giuseppe SAVICA, 1° Maestro di cerimonia; -sig. Giuseppe BOVA, 2° Maestro di cerimonia.

Il sabato santo del 2004, precisamente il 10 aprile, come previsto dallo Statuto dell’11 maggio 1975, si è svolta la riunione per il rinnovo delle cariche del Governo dell’Arciconfraternita, per l’anno 2004/2005. Sono risultati eletti i seguenti Confratelli: -dott. Antonio BLEFARI, Priore riconfermato; -sig. Francesco MACRI’, Procuratore; -sig. Francesco MARANDO, Cassiere; -sig. Domenico A. CLEMENTE, 1° Assistente; -sig. Francesco CLEMENTE, Maestro di cerimonia maschile; -sig.ra Francesca ZAPPIA, Maestro di cerimonia femminile; don Giuseppe PITTARELLO, Padre spirituale.

Per l’anno 2005/2006 è stato riconfermato il Governo di Loggia dell’anno precedente.

Per l’anno 2006/2007 il Governo di Loggia, eletto la 1^ domenica di febbraio, a seguito delle modifiche apportate per motivi organizzativi allo Statuto, che prevedeva le elezioni il sabato santo durante l’annuale sessione ordinaria dell’Arciconfraternita, risulta così composto: -dott. Antonio BLEFARI , Priore riconfermato; -sig. Francesco CLEMENTE, Procuratore; -sig. Francesco MARANDO, Cassiere; -sig. Domenico A. CLEMENTE, 1° Assistente; – sig.ra Francesca ZAPPIA, Maestro di cerimonia femminile; -sig. Francesco CLEMENTE, Responsabile Cassa iscritti; don Giuseppe PITTARELLO, Padre spirituale. Il sig. Francesco MACRI’ prima della scadenza del suo mandato ha rassegnato le dimissioni da Procuratore, per motivi personali e di famiglia. Il posto di Maestro di cerimonia maschile è vacante. Per la prima volta è stato nominato un Priore Onorario nella figura del prof. Giuseppe BLEFARI, che nel passato ha ricoperto per diversi anni la carica di Priore della stessa Arciconfraternita.
La riunione per il rinnovo delle cariche ha espresso anche un Gruppo di lavoro femminile, che risulta composto da Elisa ANDRIZZI, Aurelia GARREFFA, Rosa Maria LONGO, Filomena ZAPPIA, Carmela TRIMBOLI, Caterina SIGNATI.

CAPITOLO QUINTO – I CONFRATELLI

Dai frammenti documentali emergono situazioni, eventi, notizie ma anche il piedilista con i nomi dei protagonisti e degli iscritti; solo attraverso tale documentazione è possibile ricostruire un quadro storico seppure parziale e lacunoso.

A) Nel 1779 risultavano iscritti i seguenti Fratelli, con l’indicazione del ruolo ricoperto all’interno della Confraternita: 1) Salvatore Agostino – parroco 2) D. Vincenzo De Tomeis – sacerdote 3) Dom. Antonio Spagnolo – sacerdote 4) D. Vincenzo De Romeis – sacerdote 5) Giov. Battista Procopio – sacerdote 6) Antonio Callà – sacerdote 7) D. Vincenzo Morisciano – cantore 8) D. Tommaso Allio – fratello 9) Pasquale Procopio – cantore 10) D. Francesco Ruffo – fratello 11) Dom. De Romeis – fratello 12) D. Vincenzo Procopio – Procuratore 13) Francesco Antonio Callà – Segretario 14) Francesco Antonio Callà – Maestro delle Cerimonie 15) Giov. Battista Armeni – fratello 16) Gennaro Melchi – fratello 17) Antonio Procopio – fratello 18) Francesco Fraina – fratello 19) Giov. Battista Fraina – fratello 20) Pietro Campiti – fratello 21) Ant. Maria- fratello 22) Domenico Zappavigna – fratello 23) Filippo Sgroi – fratello 24) Domenico Colacrisi – fratello 25) Felice Callà – fratello 26) Piernicola Zappia – fratello 27) Ermengildo Sacco – fratello 28) Pasquale Sacco – fratello 29) Francesco Giandro – fratello 30) Francesco Zinghinì – fratello 31) Domenico Rao – fratello 32) Domenico Romeo – fratello 33) Antonio Ligato – fratello 34) Francesco Sanso – fratello 35) Francesco Macrì – sagrestano

B) In un registro di Nota e Contabilità della Congregazione dell’Immacolata di Bovalino Superiore – 1921 (nell’Archivio della Confraternita ci sono altri cinque registri di questo genere relativi ai periodi 1929/42, 1937/43, 1944/50, 1953/60, 1961/71, ma ridotti tutti in pessime condizioni) sono elencati in ordine alfabetico e per sesso i sottoindicati Fratelli iscritti (più di 700), con l’indicazione delle singole quote associative annuali, versate nel periodo 1921/1928: Agresta Vincenzo fu Maria (morto nel periodo); Amato Gaetano fu Francesco; Agresta Giuseppe fu Vincenzo; Arcuri Filippo fu Giuseppe; Agresta Vincenzo fu Vincenzo (Barone); Agresta Raffaele fu Giuseppe; Agostini Romeo Agostino fu Domenico (avv.); Agui Rosario di Giuseppe (morto il 12/04/1925); Audino Antonio di Giuseppe; Audino Pasquale di Raffaele; Armeni Francesco di Luigi; Audino Antonio di Giuseppe (risulta cancellato); Agostini Agostino di Domenico; Ardore Francesco fu Bruno; Agreste Giuseppe di Vincenzo (figlio del Barone); Ardore Saverio fu Antonio; Armeni Saverio di Domenico; Alvaro Francesco di Giuseppe; Alvaro Giuseppe di Francesco; Armeni Luigi di Bruno; Armeni Domenico di Giuseppe; Armeni Giuseppe fu Gioacchino; Audino Giuseppe fu Pasquale (1^ Entrata); Arena; Domenico d’Ignoti; Argirò Nicola; Agresta Maria Concetta fu Vincenzo; Agostini Rosaria fu Sebastiano; Agresta Rosaria fu Vincenzo; Antonucci Giuseppa di Antonio; Arnone Caterina di Luigi; Agresta Serafina di Giuseppe; Armeni Teresa di Ignoti; Agresta Maria vedova Zinghinì; Ammendolia Catuzza sposata Triveri; Agostini Giuseppina fu Vincenzo (1^ Entrata); Bartone Giuseppe fu Francesco (morto nel periodo); Blefari Giuseppe fu Domenico (morto nel periodo); Blefari Giuseppe fu Domenico e di Ardore Maria; Bova Domenico fu Giovanni; Blefari Domenico fu Giuseppe; Blefari Antonio fu Filippo; Blefari Vincenzo fu Pasquale; Blefari Saverio fu Giuseppe; Blefari Francesco di Domenico; Blefari Filippo di Antonio; Blefari Nicola di Domenico; Blefari Francesco fu Giuseppe; Bova Vincenzo fu Francesco; Blefari Vincenzo di Domenico; Bandiera Basilio (morto nel periodo); Bova Giovanni di Giuseppe; Bailon Pasquale; Battista Giuseppe di Felice; Blefari Giuseppe fu Domenico (morto nel periodo); Battista Domenico di Felice; Bailon Francesco di Pasquale; Bailon Giuseppe di Pasquale (minorenne); Blefari Giuseppe Antonio di Domenico (1^ Entrata); Blefari Ferdinando di Domenico (1^ Entrata); Blefari Giuseppe Domenico (1^ Entrata); Blefari Adelina di Rosario (minorenne); Blefari Giuseppina di Rosario (minorenne); Baracalli Serafina; Blefari Francesca fu Giuseppe; Bova Teresa fu Bruno; Bova Rosaria di Domenico (1^ Entrata); Bova Serafina di Domenico (1^ Entrata); Bandiera Maria Concetta (1^ Entrata); Bailon Carmeluzza di Pasquale (1^Entrata); Bova Giuseppina di Rosario (1^ Entrata); Blefari Carmela fu Pasquale (1^ Entrata); Barreca Maria (asserisce di essere iscritta); Bevilacqua Filomena (monaca); Ceravolo Pasquale fu Francesco; Crisafi Vincenzo fu Pasquale; Corigliano Domenico fu Maria; Ceravolo Francesco fu Ferdinando; Codispoti Domenico; Cara Francesco (morto nel periodo); Cicciarello Francesco fu Giuseppe; Capogreco Bruno fu Giuseppe; Cucuzza Antonio di Francesco; Carpentieri Antonio di Giovanni (morto nel periodo); Ceravolo Vincenzo (morto nel periodo); Crisafi Antonio fu Domenico (morto nel periodo); Chiarantano Michele fu Domenico; Ceravolo Rosario fu Rocco; Cicciarello Rosario fu Antonio; Carpentieri Domenico di Giuseppe; Ceravolo Pasquale fu Rosa; Capogreco Fortunato fu Giuseppe; Carpentiere Francesco fu Francesco; Cicciarello Pasquale fu Saverio; Camarda Vincenzo fu Domenico; Chiarantano Paolo fu Vincenzo; Chiarantano Arcangelo fu Vincenzo; Codispoti Domenico di Giuseppe; Carpentieri Domenico fu Francesco (america); Caminiti Domenico di Antonio (morto nel periodo); Capogreco Antonio fu Vincenzo; Carpentieri Domenico di Domenico; Ceravolo Pasquale fu Giuseppe (morto nel periodo); Camarda Giov. Battista fu Giuseppe; Capogreco Vincenzo fu Antonio; Camera Vincenzo fu Sebastiano (morto nel periodo); Caminiti Carlo fu Vincenzo; Ceravolo Bruno fu Ferdinando; Cristarella Francesco fu Vincenzo; Commis Saverio di Felice; Camera Giov. Battista fu Giuseppe; Camarda Giuseppe di Francesco; Cicciarello Giuseppe di Francesco; Chiarantano Domenico fu Annunziato; Cocciolo Giuseppe di Bruno; Cicciarello Antonio di Giuseppe; Calabria Francesco fu Vincenzo; Camarda Domenico di Francesco; Capogreco Antonio di Giuseppe; Cara Vincenzo fu Paolo; Capogreco Giuseppe di Fortunato; Capogreco Antonio fu Domenico; Camarda Vincenzo di Domenico; Crisafi Rosario fu Francesco; Cara Diego di Luigi; Cicciarello Antonio di Giovanni; Cara Francesco di Vincenzo; Ceravolo Giovanni fu Pasquale; Ceravolo Carlo fu Ferdinando; Carpentieri Domenico di Francesco; Caminiti Vincenzo di Carlo; Codispoti Giuseppe di Domenico; Cicciarello Domenico di Francesco; Cicciarello Francesco di Domenico; Carpentieri Francesco fu Vincenzo; Cara Giuseppe di Luigi; Capogreco Rosario di Fortunato; Ceravolo Domenico fu Ferdinando; Ceravolo Vincenzo fu Rosario; Carpentieri Domenico fu Giovanni; Codespoti Francesco di Domenico (1^ Entrata); Clemente Francesco fu Francesco (1^ Entrata); Ceravolo Antonio di Giovanni; Celona Antonio di Giov. Battista (pagò per 10 anni £.20); Cuva Francesco di Rocco (1^ Entrata); Carpentieri Giovanni fu Antonio (1^ Entrata); Carpentieri Francesco fu Antonio (1^ Entrata); Camera Giuseppe di Francesco (1^ Entrata); Cicciarello Francesco di Giovanni (1^ Entrata); Celona Pietro di Giov. Battista (minorenne); Capogreco Tommaso fu Antonio; Carpentieri Giovanni fu Francesco (morto nel periodo); Carpentieri Giuseppe fu Francesco; Ceravolo Ferdinando fu Francesco (morto nel periodo); Ceravolo Domenico fu Francesco (morto nel periodo); Cicciarello Giovanni fu Antonio; Crisafi Francesco fu Domenico; Crisafi Rosario fu Domenico (morto nel periodo); Codispoti Giuseppe fu Rosario; Cutrì Antonio fu Giuseppe; Chiarantano Arcangelo fu Francesco (morto nel periodo); Capogreco Giov. Battista fu Bruno; Carpentieri Francesco fu Giovanni; Carpentieri Agata di Giuseppe; Ceravolo Carmela nata Panuzzo; Chiarantano Rosa fu Annunziato; Crisafi Rachela fu Pasquale; Crisafi Mariantonia fu Domenico; Crisafi Mariantonia fu Michele; Cicciarello Concetta fu Francesco (morta nel periodo); Ceravolo Giuseppa fu Nicola; Calfapetra Vittoria (morta nel periodo); Carpentieri Rosa di Giuseppe (morta il 16-4-1925); Ceravolo Giuseppa nata Triveri; Cara Maria di Vincenzo; Carpenteri Carmela fu Caterina; Calfapetra Maria nata Lentini (morta nel periodo); Crisafi Carmela fu Domenico; Cara Concetta fu Saverio nata Strangio; Cicciarello Filomena di Francesco; Crisafi Serafina fu Domenico; Cristarella Maria Antonia fu Vincenzo; Cristarella Rosa fu Vincenzo(morta nel periodo); Catanese Carmela di Antonio (1^ Entrata); Cicciarello Giuseppe fu Francesco (1^ Entrata); Carpentieri Antonia fu Antonio (1^ Entrata); Carpentieri Giuseppa fu Antonia (1^ Entrata); Chiarantano Maria Antonia fu Vincenzo (1^ Entrata); Carpentieri Teresina di Maria; Chiarantano Cristina fu Vincenzo (1^ Entrata); Ceravolo Maria fu Rosario (1^ Entrata); Carpentieri Rosa fu Pasquale (1^ Entrata); Chiarantano Rosina di Domenico (1^ Entrata); Carpentieri Rosaria di Maria (1^ Entrata); Celona Sofia Rosaria di Giov. Battista; Chiarantona Nicolina nata Giorgianni (1^ Entrata); Demaria Domenico fu Giovanni; De Domenico Francesco fu Pietro; Dattilo Francesco fu Pietro; De Cesare Nicola di Luigi; Dattilo Bruno di Luigi; Demaria Filippo di Domenico (Notile); De Domenico Rosario di Francesco; De Domenico Giovanni fu Filippo; De Domenico Giuseppe di Vincenzo; De Cesare Vincenzino di Nicola (morto il 31-3-1925); Dattilo Bruno di Nicola; De Domenico Vincenzo fu Pietro; De Domenico Giuseppe fu Filippo; De Domenico Pietro fu Filippo (1^ Entrata); De Domenico Antonio(1^ Entrata); De Cesare Rosaria nata Chiarantano; De Domenico Rosaria Zinghinì; De Domenico Triveri Mariantonia fu Giovanni; Dattilo Serafina di Francesco; De Domenico Cristina fu Rosario; Dattolo Maria Giuseppa di Luigi (1^ Entrata); Decesari Fortunata di Nicola (1^ Entrata); Decesari Maria di Nicola (1^ Entrata); Dattilo Rosa vedova Monteleone (1^Entrata); De Domenico Bova Giuseppina fu Rosario (1^ Entrata); De Domenico Concetta di Vincenzo (1^ Entrata); De Domenico Attilia di Vincenzo (1^ Entrata); Gelonesi Nunziato fu Domenico; Guarneri Paolo; Gallo Domenico fu Mario Garreffa Francesco di Antonio; Garreffa Vincenzo di Ignoti; Gelonesi Domenico di Tommaso; Graziano Antonio di Raffaele; Graziano Vincenzo fu Domenico; Gaglioti Giuseppe fu Antonio; Garreffa Bruno di Francesco; Gallo Domenico di Giuseppe; Graziano Raffaele di Giuseppe; Graziano Francesco di Giuseppe; Gallipari Vincenzo di Luigi (minore); Gaglioti Domenico di Annibale; Gazzi Michele fu Domenico; Gaglioti Rosina fu Domenico; Graziano Rosa fu Raffaele; Graziano Teresa fu Raffaele; Gaglioti Giovanna fu Antonio; Gelonese Rosa fu Luigi; Gallo Maria di Domenico; Gaglioti Macrì Carmela fu Domenico (1^ Entrata); Ientile Agostino fu Giuseppe; Ientile Domenico di Agostino; Ientile Pasquale fu Francesco; Indrizzi Francesco fu Agostini; Ielasi Domenico (1^ Entrata); Indrizzi Antonio Agostino di Francesco (minore); Ilario Maria di Domenico (1^ Entrata); Indrizzi Rosaria fu Agostino (1^ Entrata); Indrizzi Rosaria; Ligato Domenico fu Pasquale; Lentini Francesco fu Giuseppe; Ligato Francesco fu Giuseppe; Landro Giuseppe fu Bruno; Lentini Giuseppe fu Vincenzo; Lentini Vincenzo fu Giuseppe; Leonardo Gennaro fu Giuseppe; La Cava Antonio fu Domenico (morto nel periodo); La Cava Rocco fu Domenico (morto nel periodo); Landro Antonio di Giuseppe; Lentini Antonio fu Vincenzo; La Cava Domenico fu Rocco; Lentinoi Tommaso fu Francesco; Ligato Vincenzo fu Francesco; Ligato Giuseppe fu Francesco; Leuzzo Domenico di Giovanni; Ligato Francesco di Bruno; Lentini Giuseppe fu Vincenzo; La Paglia Antonio d’Ignoti (1^ Entrata); Liò Giuseppe fu Vincenzo (1^Entrata); Ligato Bruno fu Francesco (1^ Entrata); Liò Bruno fu Vincenzo (1^Entrata); Landro Rocco di Antonio (minorenne); La Cava Squillaci Rosaria (morta il 16-5-1925); La Cava Teresa nata Barletta; La Cava Giuseppina fu Rocco; Landro Mariantonia di Giuseppe; La Cava Maria fu Rocco; La Cava Rosina fu Rocco; Ligato Mariantonia fu Francesco; La Paglia Maria di Antonio; Leonardo Filomena di Domenicantonio; Ligato Rosario di Francesco; Ligato Mariantonia fu Giuseppe; Lentini Vittoria di Vincenzo (1^Entrata); Lamonoglia Signorina Adelaide (1^ Entrata); Ligato Anna di Francesco (minorenne); Longo Caterina (1^ Entrata); Ligato Piromalli Francesca di Francesco (1^ Entrata); Lentini Girolama fu Vincenzo (1^ Entrata); Liò Francesca fu Vincenzo (1^ Entrata); Macrì Domenico Antonio; Macrì Vincenzo fu Giuseppe (contante); Morisciano Giuseppe fu Vincenzo; Moscatello Domenico Antonio fu Pasquale; Muscatello Domenico Antonio fu Giuseppe; Marzano Luigi fu Vincenzo; Muscari Rosario fu Antonio (morto nel periodo); Marzano Giuseppe fu Vincenzo; Macrì Domenico Antonio di Francesco; Marrapodi Giuseppe fu Giovanni; Mileto Comm. Eugenio fu Guglielmo; Mallamo Vincenzo fu Giuseppe (morto nel periodo); Muscatello Giovanni fu Pasquale (morto nel periodo); Marando Carlo fu Giuseppe; Musitano Giovanni fu Rocco; Macrì Rosario fu Giuseppe; Macrì Giuseppe fu Rosario; Marrapodi Eugenio fu Giuseppe; Morisciano Gregorio di Giuseppe; Morisciano Raffaele di Giuseppe; Morabito Bruno fu Antonio; Morabito Pasquale fu Pasquale; Marrapodi Vincenzo di Giuseppe; Macrì Tommaso di Domenico; Mittiga Francesco di Filippo; Monteleone Domenico fu Giuseppe; Mullica Domenico fu Luigi; Mittiga Tommaso di Filippo; Milianò Giuseppe fu Antonio; Macrì Vincenzo fu Giuseppe; Marzano Vincenzo di Giuseppe; Mittiga Domenico Antonio di Francesco; Macrì Francesco fu Polsia; Mittiga Filippo di Francesco; Muscatello Giovanni di Domenico Antonio; Mittiga Domenico di Luigi; Mittiga Francesco fu Rosario; Morabito Paolo fu Pasquale; Mittiga Paolo Giuseppe di Francesco; Musitano Domenico di Salvatore; Monteleone Antonio fu Bruno; Macrì Giuseppe di Vincenzo; Marrapodi Rocco di Vincenzo; Muscari Antonio di Rosario; Morandi Bruno di Giuseppe; Muscatello Giuseppe fu Maria; Macrì Vincenzo fu Rosario; Macrì Vincenzo fu Antonio (morto nel periodo); Macrì Fortunato fu Giuseppe; Milianò Giuseppe fu Domenico; Marzano Luigi di Vincenzo (1^ Entrata); Macrì Domenico di Vincenzo; Milianò Domenico di Giuseppe (minorenne); Marrapodi Giuseppe fu Domenico (1^ Entrata); Milianò Francesco di Giuseppe (minorenne); Marvelli Giuseppe di Domenico (1^Entrata); Marrapodi Giuseppe di Vincenzo (1^ Entrata); Macrì Vincenzo di Domenico; Monteleone Giuseppe fu Antonio; Morabito Giuseppe di Francesco; Musitano Domenico di Salvatore; Macrì Antonio di Domenicantonio; Morabito Pasquale di Paolo (1^ Entrata); Mezzatesta Grazietta fu Fortunato; Marrapodi Raco Rosina; Macrì Carmela fu Giuseppe; Muscatello Maria Antonia di Giovanni; Macrì Caterina fu Antonio; Morabito Maria; Marrapodi Misiano Pasqualina; Muscatello Francesca di Domenico Antonio; Muscatello Mara Concetta di Domenico Antonio; Marvelli Maria; Marrapodi Filippone Teresa di Giuseppe; Muscatello Vincenza fu Giuseppe; Macrì Rosa nata Marrapodi; Macrì Rosaria fu Antonio; Macrì Rachela di Domenicantonio; Macrì Concetta di Vincenzo; Musitano Rosa fu Domenico (1^ Entrata; Macrì Girolama di Domenicantonio (1^ Entrata); Marzano Filomena nata Ricciarello (1^ Entrata); Musitano Maria fu Domenico (1^ Entrata); Moscatello Cristina di Domenicantonio; Musolino Mariateresa di Bruno (minore); Monteleone Concetta fu Bruno (1^ Entrata); Marrapodi Antonia di Vincenzo (minorenne); Marrapodi Serafina di Vincenzo (1^ Entrata); Marzano Carmela di Luigi (1^Entrata); Marzano Maria di Luigi (1^ Entrata); Marrapodi Maria di Vincenzo (1^ Entrata); Marvelli Bettina di Giuseppe (1^ Entrata); Napoli Giuseppe fu Vincenzo; Nastasi Rosario fu Vincenzo; Nicoletta Girolamo fu Francesco; Nastasi Giovanni di Bruno; Nastasi Giuseppe fu Vincenzo; Nastasi Francesco di Pasquale; Nastasi Vincenzo di Francesco; Nastasi Vincenzo fu Sebastiano; Nastasi Giuseppe fu Sebastiano; Nastasi Pasquale fu Francesco; Nastasi Domenico fu Francesco; Nastasi Rosario fu Sebastiano; Nastasi Giuseppe fu Bruno; Nastasi Francesco di Giuseppe; Nastasi Giuseppe di Domenico; Nobile Nicola di Giuseppe; Naso Pasquale fu Domenico; Nastasi Bruno di Giovanni (1^ Entrata); Nastasi Giovanni di Bruno (minorenne); Nastasi Antonio di Leonardo (1^ Entrata); Naso Caterina; Napoli Paola; Nicoletta Filomena fu Giovanni; Nastasi Carmela fu Teresa; Nobile Concetta fu Giuseppe; Nastasi Concetta fu Vincenzo; Nastasi Carmela fu Francesco (1^ Entrata); Nicoletta Lina di Francesco (minorenne); Pizzata Giuseppe fu Rosa; Polito Antonino fu Rosa (morto nel periodo); Piromalli Francesco fu Domenicantonio; Pollifrone Francesco fu Giuseppe; Pulitanò Domenico fu Giuseppe; Panuccio Domenico di Teresa; Pelle Francesco fu Giuseppe; Pedullà Giuseppe fu Francesco; Parisi Achille fu Omenico; Procopio Francesco fu Rosario; Pipicelli Giuseppe fu Emanuele; Pelle Giuseppe fu Giuseppe; Panuzzo Francesco; Procopio Giov. Battista fu Rosario; Polito Domenico fu Francesco; Pelle Antonio di Francesco; Pelle Pasquale fu Rocco (morto nel periodo); Pelle Giuseppe fu Saverio; Pelle Vincenzo fu Domenico; Polito Antonio di Antonio; Parisi Domenico fu Eugenio; Pisciuneri Giovanni di Angelo; Pulito Francesco di Domenico; Pedullà Vincenzo fu Francesco; Procopio Salvatore fu Agostino; Procopio Rosario di Giov. Battista; Politanò Giovanni (1^ Entrata); Politanò Antonio di Giovanni (minorenne); Pelle Arciprete Saverio (1^ Entrata); Parisi Giuseppe fu Vincenzo; Pedullà Francesco di Giuseppe (minorenne); Piromalli Giovanni di Francesco (1^ Entrata); Panuzzo Raffaele di Giuseppe; Puglia Lentini Carmela (morta nel periodo); Puglialongo Maria Antonia; Puglialongo Maria; Perre Giuseppa fu Agostino; Pedullà Teresa fu Giuseppe; Procopio Maria Francesca di G. Battista; Polito Maria Ligato di Bruno; Primerano Giuditta fu Vincenzo; Procopio Maria Carmela di G. Battista; Pedullà Cristina nata Amato; Pedullà Macrì Mariuzza fu Francesco; Pipicelli Rosina fu Emanuele; Parisi Caterina fu Saverio; Pedullà Maria di Giuseppe; Pelle Filomena fu Giuseppe (1^ Entrata); Pelle Maria fu Giuseppe (1^ Entrata); Piromalli Carmeluzza di Francesco (1^ Entrata); Polito Teresina fu Antonio (1^ Entrata); Piromalli Teresina di Francesco (1^ Entrata); Piromalli De Domenico Serafina (1^ Entrata); Piromalli Moscatello Rosario; Piromalli Rosaria di Giovanni(minorenne); Romeo Rocco fu Antonio; Ruffo Francesco fu Bruno Ruffo Giuseppe fu Bruno; Rocca Ferdinando fu Domenico; Romeo Domenico fu Pasquale; Romeo Francesco fu Pasquale; Romeo Domenico di Agostino; Romeo Bruno di Agostino; Romeo Pasquale di Domenico; Rocca Saverio fu Domenico; Ruffo Bruno Giuseppe; Ruffo Giuseppe Domenico (morto nel periodo); Romeo Giuseppe Pasquale; Rodà Antonio fu Filippo (1^ Entrata); Romeo Antonio di Rocco; Romeo Carlo fu Luigi (1^ Entrata); Rocca Domenico Antonio di Francesco (minorenne); Rocca Rodolfo di Saverio (1^ Entrata); Ruffo Rosaria di Vincenzo; Ruffo Peppina fu Vincenzo; Ruffo Maria Concetta fu Michele; Ruffo Girolama fu Michele; Romeo Giuseppina di Agostino; Romeo Luisetta di Agostino; Romeo aterina di Agostino; Romeo Marietta di Agostino; Romeo Cristina di Agostino; Romeo Carmela nata Ligata (1^ Entrata); Romeo Carmela fu Pasquale; Romeo Carmela di Domenico (1^ Entrata); Romeo Caterina di Domenico (1^ Entrata); Romeo Crisafi Rosina fu Rosario (1^ Entrata); Rocca Giuseppina di Saverio(minorenne); Sollazzo Giuseppe fu Bruno; Scarfone Antonio di Carlo; Spagnuolo Francesco fu Antonino; Spagnuolo Girolamo fu Antonino; Sacco Filippo di Rosario; Sacco Rocco fu Pasquale; Sollazzo Francesco fu Bruno; Sacco Domenico di Giov. Battista; Sacco Giuseppe fu Giovanni; Sacco Domenico di Rosario; Scorda Giov. Battista di Francesco; Sculli Bruno fu Domenico; Stranges Giuseppe di Domenico; Sacco Giuseppe di Rosario; Sollazzo Salvatore fu Bruno; Spagnuolo Filippo fu Antonio; Schirripa Paolo di Giuseppe; Sculli Bruno di Antonio; Scordino Domenico di Francesco; Sacco Bruno fu Francesco; Schirripa Domenico di Giuseppe; Sacco Giuseppe fu Domenico Antonio; Spagnuolo Giuseppe fu Nicola; Sacco Rosario fu Antonio; Spagnuolo Antonio fu Girolamo (morto nel periodo); Sacco Vincenzo fu Domenico; Sacco Domenico Antonio fu Nicola; Sculli Francesco fu Antonio; Scordino Francesco fu Giov. Battista; Stranges Domenico fu Pasquale; Stranges Stefano di Carlo; Sacco Angelo fu Domenico Antonio; Spanò Giuseppe di Domenico; Spanò Domenico; Sacco Domenico fu Pasquale; Stranges Cav. Domenico (1^ Entrata); Spagnolo dott. Vittorioa di Antonio (1^ Entrata); Spagnuolo Ettore di Antonio (1^ Entrata); Sacco Nicola di Domenico (1^Entrata); Sacco di Giovambattista fu Francesco (1^ Entrata); Sacco Domenico di Giuseppe (1^ Entrata); Savica Filippo d’Ignoti (1^ Entrata); Sergio Nicola (1^Entrata); Spagnuolo Teresina fu Girolamo (ass.); Spagnuolo Peppina fu Girolamo; Squillace Spagnuolo Carmela (morta nel periodo); Spagnuolo Rosario fu Nicola; Sacco Maria fu Vincenzo; Spagnuolo Marietta fu Francesco; Scorda Maria fu Giglio; Scorda Maria fu Giuseppe; Squillaci Teresa fu Vincenzo; Scordo Zappia Maria fu Giuseppe; Spagnuolo Oliva Maria; Spagnuolo Maria Carmela fu Antonio; Spagnuolo Luisa fu Antonio; Sculli Girolamo di Giovanni (morta nel periodo); Sacco Francesca fu Domenico; Stranges Alfonsina di Domenico; Seminara Filomena in Carpentieri; Stranieri Giuditta fu Vincenzo; Spagnuolo Emma fu Antonia; Sacco Cristina fu Giuseppe; Sculli Rosa di Giovanni; Sculli Carmela di Bruno; Sacco Filomena fu Domenico Antonio; Sculli Giuseppa fu Girolamo; Spagnuolo Rosaria fu Antonio; Spagnuolo Margherita fu Antonio; Sacco Concetta nata Rulli fu Giuseppe; Sculli Nastasi Antonina fu Francesco; Sacco Concetta fu Domenico; Spanò Serafina di Domenico; Sacco Maria fu Nicola; Sacco Cristina fu Vincenzo; Sacco Rosa fu Giovanni (1^ Entrata); Sacco Maria fu Domenico; Sculli Teresina nata Parisi (1^ Entrata); Seminara Carmela nata Decesare; Seminara Elisabetta di Domenico (minorenne); Sacco Carpentieri Maria di Rosario (1^ Entrata); Sbarreca Maria di Vincenzo (1^ Entrata); Stranges Maria di Domenico (1^Entrata); Sacco maritata Dattilo Paola fu Nicola (1^ Entrata); Trimboli Rosario fu Carlo; Triveri Antonio fu Pietro; Trimboli Ferdinando fu Giuseppe; Tallura Antonio fu Rosario; Tallura Giuseppe fu Rosario; Trimboli Giuseppe di Domenico; Triveri Domenico fu Pietro; Talladira Bruno di Michele; Trimboli Antonio di Rosario; Timpani Francesco di Giuseppe; Trimboli Ferdinando di Domenico; Triveri Domenico fu Giuseppe; Todarello Vittorio fu Francesco (1^Entrata); Tigano Antonino di Francesco (1^Entrata); Triveri Domenico di Pietro (1^ Entrata); Tigano Ciccillo di Antonino (1^Entrata; Todarello Salvatore di Vittorio (1^ Entrata); Tallarida Teresa; Tigani Floccari Maria (morta nel periodo); Tigani Marietta di Antonino; Trimboli Giuseppa di Domenico; Tigano Francesca fu Antonio (1^ Entrata); Todarello Giuseppa di Vittoria (1^ Entrata); Triveri De Domenico Rosa fu Giovanni (1^ Entrata); Triveri Concettina di Pietro; (1^ Entrata); Triveri Rosina di Pietro (1^ Entrata); Valana Giuseppe fu Francesco (morto nel periodo); Vadalà Alfredo di Domenico; Versace Carmelo fu Vincenzo; Vilardi Andrea di Giuseppe; Versace Domenico Antonio fu Vincenzo; Versace Domenico fu Vincenzo (1^ Entrata); Versace Vincenzo di Tommaso (1^ Entrata – morto nel maggio del 1926); Versace Giuseppe di Tommaso (1^ Entrata); Vottari Giuseppina di Sebastiano; Versace Cristina nata Piromalli; Vivacqua Filomena; Versace Teresina fu Vincenzo (1^ Entrata); Versace Cristina di Domenicantonio (minorenne); Varacalli Serafina sposata Agresta; Zinghinì Vincenzo fu Francesco; Zito Bruno fu Giuseppe; Zinghinì Vincenzo fu Giuseppe; Zappia Francesco fu Giuseppe (morto nel periodo); Zappia Giuseppe fu Francesco; Zappia Francesco fu Antonio; Zappia Franceco fu Rosario; Zito Giuseppe fu Rosario; Zappia Pietro fu Francesco; Zito Bruno di Vincenzo; Zappia Domenico Antonio fu Francesco; Zito Domenico fu Giuseppe; Zappia Giuseppe fu Rosario; Zappia Giuseppe fu Antonio; Zappavigna Bruno di Domenico; Zappia Antonio di Francesco; Zinghinì Luigi fu Rosario; Zinghinì Luigi fu Giuseppe; Zinghinì Bruno fu Giuseppe; Zito Rosario fu Vincenzo; Zinghinì Giuseppe di Rosario; Zappia Francesco di Domenicantonio; Zappavigna Vincenzo di Domenico; Zappavigna Domenico di Vincenzo; Zappia Girolamo; Zinghinì Nicola Francesco fu Giuseppe; Zinghinì Rosario fu Antonio; Zappia Antonio di Giuseppe; Zito Vincenzo di Bruno; Zappia Carlo fu Antonio; Zito Giuseppe fu Vincenzo; Zinghinì Nicola fu Rosario; Zappia Giovanni fu Rosario; Zito Carmelo di Giuseppe; Zappia Rosario di Giuseppe; Zito Giuseppe di Saverio; Zappia Francesco di Giuseppe; Zappia Franceco di Antonio (1^Entrata); Zappia Giovanni di Antonio (1^Entrata); Zappia Giuseppe di Domenicantonio (1^ Entrata); Zito Vincenzo fu Giuseppe (1^ Entrata); Zinghinì Giuseppe di Luigi (1^ Entrata); Zappia Francesco di Giuseppe (1^ Entrata); Zinghinì Giuseppe fu Giuseppe (1^Entrata); Zinghinì Rosa fu Francesco; Zito Concetta fu Giuseppe (morta nel periodo); Zinghinì Concetta fu Rosario; Zinghinì Girolama fu Rosario; Zappia Maria Cristina nata De Domenico; Zappia Giuseppa fu Antonio; Zappia Carmela fu Antonio; Zappia Rosa nata Pedullà; Zinghinì Francesca fu Rosario; Zito Maria di Bruno; Zappia Filomena di Francesco; Zappia Mariantonia in Pedullà (1^ Entrata); Zappia Mariantonia vedova Romeo (1^ Entrata); Zappia Filomena fu Domenico (1^ Entrata); Zurzolo Rosaria di Domenico Antonio (1^Entrata); Zappia Rosa fu Antonio (1^ Entrata); Zinghinì Rosaria Filippa fu Giuseppe (1^ Entrata); Zinghinì Filippa di Luigi (minorenne); Zinghinì Filippa di Francesco (1^ Entrata); Zinghinì Teresina di Vincenzo nata De Domenico (1^Entrata); Zappia Giuseppa di Antonio (1^ Entrata); Zappia Rosa di Antonio (1^Entrata); Zinghinì Raffaele Teresina fu Vincenzo (1^ Entrata); Zappia Cristina di Domenico (1^ Entrata); Zappia Francesca fu Francesco(minore); Zappia Maria di Girolamo (1^ Entrata); Zappavigna Elisabetta di Leonardo (minorenne); Zinghinì Rosa di Domenico (1^ Entrata); Zinghinì Concetta di Rosario (1^ Entrata).

C) Nel 1929 risultavano iscritti 350 fratelli e 180 sorelle, con i sottoindicati eletti alle cariche, a norma dello Statuto e confermati dall’Ordinario diocesano (parroco Arciprete Saverio Pelle di Natale): Procopio Giovanni Battista – priore / Parise Achille – 2° priore / Ceravolo Bruno – procuratore / Ielasi Domenico – 1° assistente

D) Da un verbale di una riunione, presieduta dal delegato vescovile arciprete Don Saverio Pelle, indetta per la nomina delle cariche della Confraternita, l’8 maggio 1938 risultavano iscritti i seguenti fratelli: 1) Procopio Giovanni Battista – Priore uscente 2) Chiarantano Arcangelo 3) Romeo Bruno 4) De Domenico Giovanni 5) Indrizzi Francesco 6) Sollazzo Giuseppe 7) Sculli Bruno fu Domenico – nominato Procuratore 8) Macrì Vincenzo 9) Ceravolo Carlo 10) Milanò Giuseppe 11) Monteleone Domenico 12) Blefari Francesco 13) Zappia Francesco fu Giuseppe 14) Marando Carlo 15) Macrì Giuseppe fu Rosario – nominato 1° Assistente 16) Caminiti Vincenzo 17) Ceravolo Francesco 18) Ceravolo Bruno – Segretario della riunione e verbalizzante 19) Bailon Pasquale – nominato 2° Assistente 20) Zappia Paolo 21) Milianò Domenico 22) Sacco Giuseppe 23) Zinghinì Giuseppe fu Rosario – 1° Maestro delle Cerimonia 24) Dattilo Bruno 25) Filippone Bruno 26) Romeo Rocco 27) Filippone Giuseppe 28) Zappia Francesco fu Rosario 29) Zappia Antonio 30) Filippone Vincenzo 31) Sacco Domenico fu Nicola 32) Zappia Giovanni 33) Zito Vincenzo 34) Pipicelli Peppino fu Emmanuele – eletto Priore 35) Bova Giovanni di Giuseppe – 2° Maestro di Cerimonia

E) Nel Registro di Contabilità della Confraternita, dal 1937 al 1943, risulta iscritto nell’anno 1941 come Fratello Onorario il vescovo di Gerace Mons. G. Battista Chiappe, segno dell’alta considerazione e dell’attenzione in cui nel passato era tenuta la Confraternita.

F) Dal verbale del 21 aprile 1984 risultavano iscritti a quella data tra gli altri i seguenti fratelli: 1)Sac.Don Emanuele Pipicelli -Parroco e Padre spirituale 2)Cavallo Vito -Priore uscente e riconfermato 3)Blefari Giuseppe Antonio -Segretario della seduta e 2° Assistente eletto 4)Tallarida Michele -Cassiere uscente e riconfermato 5)Clemente Domenico Antonio -Scrutatore dell’assemblea e 6° Assistente 6)Milianò Giuseppe -Scrutatore dell’assemblea e 17° Assistente 7)Signati Antonio -Procuratore eletto 8)Dama Tommaso -4° Assistente eletto 9)Bailon Pasquale -3° Assistente eletto 10)Audino Giuseppe -1° Assistente eletto 11)Clemente Francesco -5° Assistente eletto 12) Landro Antonio -7° Assistente 13)Caminiti Antonio -8°Assistente 14)Bai-lon Francesco -9° Assistente 15)Zappia Girolamo -10° Assistente 16)Monteleone Bruno -11° Assistente 17)Violi Domenico -12° Assistente 18)Giordano Francesco -13° Assistente 19)Codispoti Giuseppe -14° Assistente 20)Mazzone Vincenzo -15° Assistente 21)Zappia Paolo -16° Assistente 22)Monteleone Giuseppe -18° Assistente 23)Dama Vincenzo -19° Assistente

TASSA D’ISCRIZIONE. La tassa di iscrizione attualmente è fissata in £.10.000 per i bambini da 0 a 10 anni; £.25.000 per i Fratelli da 10 a 20 anni; £.35.000 da 20 a 30 anni; £.55.000 da 30 a 40 anni; £.70.000 da 40 a 50 anni; £.80.000 da 50 a 60 anni; £.90.000 da 60 anni in poi. La quota annuale è di euro 1,05.
FUNERALE. Le spese del rito religioso (la celebrazione eucaristica) sono per statuto a carico della Confraternita. Quando si ha notizia della morte di un Fratello, viene suonata con una sola campana -la media- la cosiddetta fratellanza, un suono-richiamo particolare che dà l’avviso a tutti i Confratelli. La salma viene portata a spalla dai Confratelli, dall’abitazione alla Chiesa Matrice (dal Calvario se proveniente da fuori paese); il rito viene celebrato nella cappella dell’Immacolata e i Fratelli tutti indossano la tonaca senza mantellina azzurra e il cappuccio a metà sulla testa, in gergo vavalucco o babalucco. Al termine la salma viene accompagnata in piazza per l’estremo saluto.La Confraternita dà inoltre ai familiari assistenza morale, con la vicinanza del Priore e di tutti i Fratelli.
L’alto numero degli iscritti è legato al fatto che i Fratelli provenivano e provengono dall’intero territorio di Bovalino, e a volte anche oltre. In alcuni elenchi relativi a Fratelli e Sorelle morosi oppure a Fratelli di turno trimestrale(?), sono annotate accanto al nome le diverse contrade o paesi di provenienza: Prato, Biviera, Pozzo, Belloro, Malena, Convento, Filicia, Bosco, Benestare.

CAPITOLO SESTO – IL RITO DELLA VESTIZIONE
L’abito, diverso per forma e colore, rappresenta il segno distintivo e apparente dell’appartenenza alla singola Confraternita. Esso va indossato con decoro e dignità durante lo svolgimento del culto e dei riti, ai quali conferisce solennità. E’ formato dal “sacco”, una sorta di lunga tunica bianca; dalla “mozzetta”, una mantellina cele-ste; il cordone detto “cingolo celeste” e il medaglione della Madonna. Il Priore e le altre cariche (procuratore, 1° e 2° assistente, maestro di cerimonia) completano l’ab-bigliamento con un bastone indicante il ruolo. La “divisa” a lutto è composta dalla tunica bianca, dal cingolo e dal vavaluccu (un cappuccio ripiegato indietro) bianco.

Per le donne l’abbigliamento è ridotto all’essenziale: un foulard celeste con l’immagine dell’Immacolata.

Il rito di vestizione, con la presentazione dei nuovi fratelli, avviene due volte all’anno: il giovedì santo con diritto degli iniziati a partecipare alla cena e il 6 settembre in occasione della Messa in suffragio dei Fratelli defunti, e segue un rituale ben preciso e codificato a livello nazionale: “Riti di benedizione / Il Priore della Confraternita (o l’assistente ecclesiastico, se è il Vescovo a presiedere il rito), presenta al Celebrante e all’assemblea i Confratelli che oggi ricevono l’abito benedetto: Reverendissimo (ed Eccellentissimo) Padre, questi sono i nomi dei fratelli che, oggi, ricevono l’abito benedetto: (seguono i nomi). Il Celebrante: L’abito, fratelli carissimi nel Signore, e solo un segno esteriore che deve manifestare e rendere visibili la nostra fede e la nostra carità. Per questo vi invito a rinnovare l’impegno di fede assunto nel Battesimo e ad esprimere davanti alla Chiesa la vostra volontà di esercitare le opere di misericordia spirituali e corporali per il bene dei fratelli. Rinunzia – Professione di fede – Promesse / Il Celebrante riceve ora da tutti i presenti la rinuncia al peccato, la professione di fede e la promessa a testimoniare la carità cristiana secondo lo spirito della propria Confraternita. C. Rinunziate al peccato, per vivere nella libertà dei figli di Dio? F. Rinunzio. C. Rinunziate alle seduzioni del male per non lasciarvi dominare dal peccato? F. Rinunzio. C. Rinunziate a Satana, origine e causa di ogni peccato? F. Rinunzio. C. Credete in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra? F. Credo. C. Credete in Gesù Cristo suo unico figlio nostro Signore, che nacque da Maria Vergine, morì e fu sepolto, e resuscitato dai morti e siede alla destra del Padre? F. Credo. C. Credete nello Spirito Santo, la Santa Chiesa Cattolica, la comunione dei Santi, la remissione dei peccati, la resurrezione della carne e la vita eterna? F. Credo. C. Volete rendere operosa la vostra adesione alla fede del santo Battesimo che avete rinnovato consapevolmente con l’impegno alla preghiera, al decoro del culto pubblico della Chiesa e all’esercizio della carità generosa e operosa? F. Lo voglio. C. Volete tendere con generosità e fermezza al perfetto amore verso Dio e verso il prossimo, seguendo fedelmente il Vangelo, per il rispetto e l’elevazione dei valori dell’uomo e osservando le Costituzioni della vostra Confraternita? F. Lo voglio. C. Volete dare pronta adesione al Magistero del Sommo Pontefice e dei Pastori della Chiesa e attiva disponibilità di partecipazione agli impegni di evangelizzazione e alla collaborazione generosa per la crescita dalla vostra Chiesa locale, in filiale comunione con i vostri Vescovi? F. Lo voglio. C. Volete onorare con rettitudine umana e pietà cristiana il nome e la veste della Confraternita di Maria SS. Immacolata impegnandovi nelle sue finalità con partecipazione e operosa? F. Lo voglio. C. Il Signore vi conceda, rivestiti dell’abito secondo lo spirito della Confraternita di Maria SS. Immacolata, di dedicarvi sempre più alla lode del suo nome al servizio e a1la salvezza dei fratelli. F. Amen. Preghiera di benedizione / Il Celebrante: Preghiamo. O Dio, che ispiri e compi ogni santo proposito in coloro che sono rinati per la grazia del Battesimo, guarda con bontà questi tuoi figli che si apprestano a rivestire devotamente l’abito segno del loro impegno nella testimonianza della fede e nel servizio di carità, rendili sempre più conformi all’immagine del tuo dilettissimo Figlio e concedi che, seguendo fedelmente il proprio cammino, giungano a contemplare il tuo volto nella gloria del tuo regno. Per Cristo nostro Signore. Fratello: Amen. Il Celebrante asperge con l’acqua benedetta gli abili che i nuovi confratelli presentano. Quindi prosegue: Rivestitevi dell’abito con il quale diventate membri effettivi della Confraternita di Maria SS. Immacolata, e sforzatevi, ogni giorno, con l’aiuto di Maria, Madre di Dio, di seguire più da vicino Cristo Signore e di dedicarvi con generosità. F. Amen Ogni candidato, aiutato da un fratello più anziano, riveste l’abito della Confraternita. Segue la preghiera dei fedeli.
Ai Fratelli è fatto obbligo partecipare, con l’abito distintivo della Confraternita, alle seguenti feste o ricorrenze: 1) Festa del Carmine – ultima domenica di luglio. E’ l’occasione per far conoscere anche visivamente la Confraternita ai numerosi turisti che affollano d’estate la Locride. 2) Festa del Corpus Domini. 3) La Settimana Santa. 4) Festa dell’Immacolata del 6/7/8 settembre. 5) In occasione del rito funebre dei Fratelli defunti.

CAPITOLO SETTIMO – I RITI DELLA SETTIMA SANTA
I riti della Settimana Santa, che culminano con la sacra rappresentazione dell’Affruntata; vengono svolti a cura esclusiva dell’Arciconfraternita. Sono notevoli espressioni di religiosità popolare, sentitissime manifestazioni di fede profonda, le quali catalizzano l’interesse aggregativo della Comunità del Borgo e dei paesi vicini. Esse affondano le loro radici in tempi in cui l’esempio visivo e la rappresentazione servivano per far comprendere alla gente comune i misteri religiosi. Seguono regole non scritte, che il tempo per fortuna non è riusciuto a scalfire, e che vengono tramandate attraverso l’attività della Confraternita.

Il programma-tipo della Settimana Santa , che si svolge presso la Chiesa Matrice ed organizzata dall’Arciconfraternita, è il seguente: 1) Domenica delle Palme – ore 11.00 Benedizione delle Palme e S.Messa. 2) Giovedì Santo – ore 18.00 Istituzione della Eucarestia, confessione, S. Messa in Caena Domini officiata da “predicatori” di chiara fama, lavanda dei piedi ed agape fraterna. Cerimonia di vestizione dei confratelli novizi. Adorazione del Santissimo nel Cenacolo. 3) Venerdì Santo – ore 17.00 Incontro del gruppo di preghiera “Carlo sei con noi” – ore 18.00 Funzione liturgica con adorazione e bacio della Croce e Comunione. – ore 21.00 Predica di Passione e Chiamata della Madonna e Cristo Morte / Incanto delle statue. – ore 23.00 Processione al Calvario con la Madonna Addolorata. 4) Sabato Santo – ore 7.30 Processione con Cristo morto e la Vergine Addolorata e predica al calvario. – ore 10.30 Assemblea generale dell’Arciconfraternita. (Nella riunione del 2006, con il consenso di tutti i presenti, si è stabilito che l’Assemblea annuale si svolgerà sempre la prima domenica di febbraio) – ore 22.00 Veglia Pasquale. 5) Domenica di Pasqua – ore 11.30 Inizio della S. Messa. Al termine Processione con Cristo Risorto, la Vergine S.S. del Rosario e S. Giovanni. Tradizionale Affruntata o Confrontata in Piazza Gaetano Ruffo. Al rientro in chiesa sorteggio pasquale. (Negli ultimi anni l’Arciconfraternita ha cercato di coinvolgere in modo fattivo tutte le frazioni, che fanno capo alla Parrocchia di Bovalino Superiore, decentrando alcune funzioni. Infatti la sera del venerdì della 3^ settimana di Quaresima la Celebrazione Eucaristica viene effettuata nella Chiesa della Madonna del Carmine di contrada Biviera, seguita dalla Via Crucis con partenza dalla stessa Chiesa ed arrivo al Calvario di Bovalino Superiore. Le stesse funzioni vengono ripetute i venerdì successivi, quarta e quinta settimana di Quaresima, nella Chiesa della Madonna delle Grazie di contrada Pozzo e nella Chiesa Matrice di Bovalino Superiore. In quest’ultima chiesa la giornata è dedicata alla Vergine Addolorata. La Domenica delle Palme l’incontro è presso la Chiesa di S. Caterina, dove si svolge la distribuzione e la benedizione delle Palme e da dove si snoda la processione verso la Chiesa Matrice, nella quale si svolge la celebrazione eucaristica per tutta la comunità parrocchiale.)

S’inizia il giovedì santo con la Messa in Caena Domini, seguendo il tradizionale rituale della lavanda dei piedi, al quale partecipano i Fratelli indicati dal Procuratore in carica secondo criteri di avvicendamento e rotazione, come si evince dal sottoindicato elenco del 1980: Pasqua Anno 1980 / Elenco partecipanti alla cena di giovedì santo: 1)Patera Donato; 2)Codispoti Rocco; 3)Codispoti Giuseppe; 4)SavicaGiuseppe; 5)Codispoti Antonio; 6)Mazzone Vincenzo; 7)Virgara Francesco; 8)Zinghinì Domenico; 9) Codispoti Vincenzo; 10)Virgara Rosario; 11)Trimboli Antonio; 12)Capogreco Antonio. N.B. Per l’anno 1981 il cofratello Zappavigna Domenico della contrada Biviera deve essere incluso nell’elenco di diritto, in quanto ha ceduto il posto a Savica Giuseppe che quest’ultimo ha asserito di non avere partecipato mai alla cena. Da accertamenti fatti ci risulta che il Savica ha partecipato nell’anno 1979. Pertanto si spera che il procuratore entrante voglia prendere in debita considerazione questa mia giusta osservazione atta a garantire il rispetto legittimo della fila morale di noi tutti e principalmente del sopraindicato Zappavigna Domenico. Il Procuratore Antonio Clemente.

I tre momenti, che vengono rappresentati in modo scenografico, sono la Passione predicata, la Morte con la Via Crucis e l’Ascesa al cielo di Gesù Cristo. La “buona riuscita” della Passione è legata alla bravura del predicatore, che con sapiente “recitazione” deve coinvolgere e toccare le corde del sentimento religioso dei fedeli. Toccanti sono le due processioni al calvario di Cristo Morto e la Madonna Addolorata, che si svolgono la sera di venerdì (con la sola statua dell’Addolorata) e il mattino di sabato (con tutte le due statue). Centinaia di persone sfilano, lungo la strada principale, in religioso silenzio a dimostrazione di partecipazione e immedesimazione di tutti al dolore della madre di Cristo, la quale porta i segni, i simboli e i colori del lutto. Negli ultimi anni, in aggiunta ai riti che si svolgono nelle chiese periferiche, si è affermata la Via Crucis Comunitaria, che nel periodo di Quaresima coinvolge in modo unitario le frazioni della zona: un venerdì dalla Chieda della Biviera al Calvario, un altro da quella del Pozzo e nel terzo venerdì, Via Crucis conclusiva, nell’abitato di Bovalino Superiore con conclusione naturale al Calvario. Le varie fasi sono accompagnate da canti inerenti, che si tramandano da generazioni e “raccontano”, con la condivisione dei fedeli, l’immane sofferenza del Cristo: “Per la Via Crucis / Introduzione / a) Teco vorrei, Signore,/ oggi portar la croce,/ nella tua doglia atroce/io ti vorrei seguir. / b) Ma sono infermo e lasso,/ donami Tu coraggio,/acciò nel gran viaggio/non abbiami a smarrir. / c) Tu col divin tuo sangue /vammi segnando i passi,/ch’io laverò quei sassi/col mesto lacrimar. / d) Né temerò smarrirmi/pel monte del dolore,/quando il tuo santo amore/m’insegni a camminar./ 1) Se il mio Signor diletto/a morte hai condannato,/spiegami almen, Pilato,/qual fosse il suo fallir. / Che, se poi l’innocenza/colpa da te si appella,/ per colpa così bella/potessi. anch’io morir. / 2) Chi porta il suo supplizio/so che appar ben degno:/so che la pena è segno/del già commesso error. / Ma se Gesù si vede/di croce caricato,/paga l’altrui peccato/ sol per l’immenso amor. / 3) Chi porta in pugno il mondo/ a terra è già caduto,/ nè gli si porge aiuto…/ Oh ciel, che crudeltà! / Se cade l’uomo ingrato/ tosto Gesù il conforta;/ sol per Gesù è morta/ al mondo ogni pietà. / 4) Sento l’amaro pianto/ della dolente madre,/ che gira tra le squadre/ in traccia del suo Ben. / Sente l’amato figlio,/ che dice: Madre addio;/ più fier del dolor mio,/ il tuo mi passa il sen. / 5) Se di tue crude pene,/ son io, Signor, il reo,/ non deve il Cireneo/ la croce tua portar. / Se già potei per tutti/di Croce… / 6) Sì vago è il tuo tormento,/ bel volto del mio Bene,/ che quasi a te diviene/ amabile il dolor. / In cielo che farai,/ se in rozzo velo impresso,/da tante pene oppresso,/spiri sì dolce amor? / 7) Sotto i pesanti colpi/ della ribalda scorta,/ un nuovo inciampo porta/ a terra il mio Signor. / Più teneri dei cuori/ siate voi, duri sassi,/ non più ingombrate i passi/ al vostro Creator. / 8) Figlie, non più su queste/ piaghe che porto impresse,/ ma sopra di voi stesse/ vi prego a lacrimar. / Serbate il vostro pianto… / 9) L’ispido monte mira/il Redentor languente:/Ei sa che inutilmente/per molti ha da salir. / Quest’orrido pensiero/sì al vivo il cor gli tocca,/che languido trabocca,/e sentesi morir. / 10)L’Arca di Dio non mai/del vel si vide scarca:/e ignudo il Dio dell’arca/vedrassi e senza vel? / Se dell’Uom-Dio le membra/or ricoprir non sanno,/dite, mio Dio, che fanno/i Serafin in ciel? / 11)Vedo sul duro tronco/disteso il mio Diletto,/e il primo colpo aspetto/dell’empia crudeltà. / Quelle divine mani/così leggiadre e intatte,/ah! Che il martel le batte,/senz’ombra di pietà. /12)Veder l’orrenda morte/del suo Signor non vuole,/onde si copre il sole/in segno di dolor. / Trema commosso il mondo,/il sacro vel si spezza,/piangon per tenerezza/i duri marmi ancor! / 13)Tolto di croce il Figlio/l’avide braccia stende/l’afflitta Madre e prende/in grembo il morto Ben. / Versa per gli occhi il core/in lacrime disciolto:/bacia quel freddo volto/e se lo stringe al sen. / 14)Tomba che chiudi in seno/il mio Signor già morto,/finch’Ei non sia risorto/non partirò da te. / Alla spietata morte/allor dirò con gloria:/dov’è la tua vittoria,/il tuo poter dov’è?” – “A Gesù paziente / Gesù mio con tante pene,/chi crudel vi maltrattò? / Ritornello: Sono stato io, l’ingrato,/Gesù mio, perdon e pietà. / Gesù mio, la gran tristezza,/chi nell’orto vi causò? / Ritornello: Sono stato io, l’ingrato,/Gesù mio, perdon e pietà. …” – .”Al sepolcro di Gesù / 1) Crocefisso Mio Signore/dolce speme del mio core,/sia mercé del tuo patir/il perdono al mio fallir. / Ritornello: Perdono, mio Dio,/mio Dio, perdono,/perdono,mio Dio,/perdono e pietà. / 2) A placar l’acceso sdegno/ecco il pianto d’un indegno,/d’un indegno traditore/che ritorna al suo Signore. / Ritornello: Perdono, mio Dio,/mio Dio, perdono, / perdono, mio Dio,/perdono e pietà….” – “Canto per la passione / 1) Deh! Mirate il Redentore / genuflesso sul terreno, / suda sangue e viene meno / per l’ingrato peccator. / 2) Quel celeste Messaggero / sceso a vol dell’alte sfere / ha nel calice il volere / dell’Eterno Genitore. 3) Quei discepoli immersi / già nel sonno neghittosi, / siamo noi che sonnacchiosi / trascuriamo di pregar. / 4) Oh portento! O grande amore / di quel Dio che ci ha creati! / Da noi pigri figli ingrati / si disprezza un tanto amore. / 5) Peccatore, rimira intanto / quell’Agnello immacolato, / vilipeso e flagellato / come fosse un malfattor. / 6) A colonna fu legato / per amor del peccatore, / che indurito nell’errore / ha un cuor di marmo gel. / 7) Tu, Signor che sei pietoso, / l’esemplar tu sei d’amore; / col tuo sangue e il tuo dolore / deh! Distruggi il nostro cuor. / 8) Ecco l’uomo dei dolori, / gridò il preside Pilato; / e il popolo tanto ingrato / gridò: morte al seduttore! / 9) Fu proposto ad un Barabba, / uomo tristo ed assassino. / E Gesù col capo chino / Fa del Padre il gran voler. / 10) Finalmente quell’infame / è già sciolto e liberato; / e l’agnello immacolato / corre a morte per amor. / 11) Quanta strage, quanto sangue / sparso al suol da un innocente / che assembra un delinquente; / pur lo sparse un Dio d’amor. / 12) Ma già roca è la mia voce / per cantar cotante stragi, / ed oppresso in mille oltraggi / soccorretemi, o Signor. / 13) Pien di piaghe e lividure, / deh! Contempla, o peccatore, / spasimante pel dolore, / il mio Dio che in croce sta. / 14) Inchiodato sopra un tronco, / qual volgare delinquente. / Deh! Ammira umana gente, / il mio Dio che in croce sta. / 15) Sudò sangue e bevve il fiele, / fu insultato e vilipeso; / or vedetelo disteso, / il mio Dio che in croce sta. / 16) Non di gemme è la corona / ma di acute e dure spine, / che recinge il biondo crine / del mio Dio che in croce sta. / 17) Qual è mai e sì orrendo, / vergognoso e smisurato, / qual è il mio peccato? / Paga Iddio che in croce sta. / 18) Inumana e senza cuore, / plebe volle condannato / per la bocca di Pilato / il mio Dio in croce sta. / 19) Oh! Qual orrore, quel delirio / spinge un popolo furente; / ha voluto delinquente / Il mio Dio che in croce sta. / 20) Dura lancia squarcia il petto / palpitante ancor d’amore, / per l’ingrato peccatore, / del mio Dio che in croce sta. / 21) Deh! Vedete, o figli ingrati, / il dolor di quella Madre, / che respinta d’empie squadre, / cerca Dio che in croce sta. / 22) Ah! Piang’Ella e pel dolore / ha impietrato il cuore in petto, / nel veder il suo Diletto: / E’ il mio Dio che in croce sta. / 23) Deh! Ci ottieni o Madre pia, / il perdono dei peccati. / Non ci lasci abbandonati / Quel gran Dio che in croce sta. (recuperato dal giovane Pasquale, figlio del priore Antonio Blefari)” – “A Maria Addolorata / 1)Teco diletta Madre/mi fermo a piè del legno,/acciò mi renda degno/di teco lacrimar. / 2)Vinto da tante pene/mi trema in petto il core;/dal duolo e dall’amore/mi sento lacerar. / 3)E se di più potessi/di più penar vorrei;/che maggior merto avrei/pel grande mio dolor. / 4)Ma col fermarmi teco/spero che il tuo dolore/insegnerà al mio core/di più patir ancor.” – “Canto alla croce / 1)Beato quel cuore/che sempre sta fisso/a quel Dio Crocefisso/che tanto l’amò. Ritornello: Evviva la croce/la croce evviva,/evviva la croce/e chi la portò… / 2)O croce sacrata/io ti amo e ti adoro,/a null’altro tesoro/sospira il mio cuore. / Ritornello: Evviva la croce/la croce evviva,/evviva la croce/e chi la portò…” – “O fieri flagelli / O fieri flagelli che al mio buon Signore/le carni squarciate con grande dolore,/non date più pene al caro mio bene,/non più tormentate l’amato Gesù:/ferite, ferite,ferite quest’alma,/ferite quest’alma che causa ne fu. / O spine crudeli che al mio buon Signore/la testa pungete con tanto dolore, / non date più pene al caro mio bene,/non più tormentate l’amato Gesù:/ ferite, ferite,ferite quest’alma,/ferite quest’alma che causa ne fu. / O chiodi spietati che al mio buon Signore/le mani passate con tanto dolore,/non date più pene al caro mio bene, non più tormentate l’amato Gesù:/ ferite, ferite, ferite quest’alma,/ferite quest’alma che causa ne fu. / O lancia tiranna che al mio buon Signore/il fianco trafiggi con tanto furore,/ti bastin le pene già date al mio bene:/non più straziare l’amato Gesù:/trafiggi quest’alma che causa ne fu,/trafiggi quest’alma che causa ne fu.” – “A Maria Addolorata / 1)Vieni a pianger sul Calvario/i tuoi falli, anima mia,/vieni a pianger con Maria/per la morte di Gesù. / 2)O Maria, diletta Madre,/mesta in volto, mesta in cuore,/compatisco il tuo dolore,/grande e immenso come il mare. / 3)Sotto gli occhi tuoi materni/Gesù pende sulla croce./Vedi il sangue, odi la voce;/ah! Lo vedi al fin spirar. / 4)Qui mi fermo a piè del legno,/or il figlio, or te mirando./Ti presento a quando a quando,/una lacrima, un sospir. / 5)Deh! mi valga il tuo martirio/e la morte del tu Bene,/nelle stesse acerbe pene./Ah! Potessi anch’io morir” – “Salve Regina / 1)Salve del ciel Regina / o Madre addolorata / afflitta e desolata/fonte d’amore. / 2)La spada del dolore / il cuor ti trapassava / mentre Gesù penava / trafitto in croce…”

Ma il culmine dell’attività rituale della Settimana Santa si raggiunge con la rappresentazione dell’incontro fra Cristo Risorto e la madre Immacolata, avvisata da S. Giovanni che per tre volte fa la spola tra le due statue con ritmi e velocità gradua-lmente crescenti. L’incredula madre, ancora vestita a lutto, si avvia verso il centro della piazza dove si incontrerà con San Giovanni e Gesù: è il momento di massima emozione, il Figlio incontra la Madre che lascia cadere i suoi abiti neri, rimanendo vestita con i colori della gioia e della rinascita… La Madre esce dalla Chiesa ancora vestita a lutto, quasi incredula di tanta notizia. Cerca Gesù. Cerca la Vita. Cerca anch’ella, in un itinerario di fede che la vede sorella nostra. Una peregrinazione della fede che ce la rende ancor più vicina, come ci è stata vicina nelle lacrime, la sera del Venerdì Santo…al momento dell’incontro con il Cristo Risorto, quell’abito di lutto, lungo, nero, triste, si stacca di getto dalle spalle di Maria e cade per terra, dimenticato, per far apparire in tutta la sua bellezza un lunghissimo e radioso manto…è realmente la Pasqua…(GC. Bregantini, vescovo di Locri).

Per trasportare le tre statue è necessaria non solo forza ma anche un abile gioco di squadra. Basta sbagliare un passo per compromettere il buon esito della manifestazione. Pertanto i portantini devono avere non solo qualità atletiche, ma anche mentali e morali. Occorrono quattro portantini per statua, che vengono selezionati e preparati tra coloro che hanno la medesima altezza, per ovvi motivi di opportunità, e spesso in relazione a chi ha più esperienza. La selezione per il diritto e l’onore di portare le statue di Cristo Morto e di Cristo Risorto con le 4 candele e la statua della Madonna con 2 candele avviene attraverso un’asta (u ‘ncantu) che si svolge venerdì sera davanti alla Chiesa in un tempo determinato dalla durata di una candela accesa: in effetti l’incanto si chiude al penultimo “piede” prima della chiamata di Cristo morto, per dare la possibilità agli aventi diritto di prepararsi per la conclusione del rito. La squadra, che offre la cifra più alta si assume la responsabilità e l’onore di portare le statue durante i vari riti. Un compito particolare spetta al confratello che fa da battistrada ai portantini della statua di S. Giovanni. Per assicurare una corsa senza intralci, il battistrada corre innanzi a sgomberare la via, brandendo un sottile bastone cavo, di ottone lungo un metro e settanta centimetri circa (?), con l’impugnatura d’argento sormontata da una scultura (?) o un tondino (?) rappresentante l’Immacolata Concezione.

I cronisti dicono che è del 1850 che si svolge tale rito. In quell’anno il signor Blefari Giuseppe, abitante nella contrada Pozzo, comprò a sue spese a Napoli le statue di San Giovanni e quella di Cristo Risorto per completare il trittico statuale necessario per lo svolgimento dell’Affruntata, che lo stesso aveva ammirato a Siderno Superiore. Le statue rimasero per un mese nella sua dimora del Pozzo e poi, benedette dall’arciprete, vennero portate in processione a Bovalino S. dall’Arciconfraternita dell’Immacolata. Fino a qualche tempo erano gli eredi del signor Blefari che per consuetudine portavano la statua di S. Giovanni durante l’Affruntata. Le statue vennero restaurate nel 1975.

Tale rito stimola i sentimenti e la fantasia, e rimane come dolce ricordo in chi l’ha vissuto fin da bambino. Ecco come lo scrittore Giovanni Ruffo descrive l’Affruntata nell’ultima sua opera Al tempo dei canonici di legno, Rubbettino, 2003 (pag, 92 e segg.): …Alla processione di Venerdì Santo Le ho già accennato. Desidero ora dirLe dell’Affruntata, evento del giorno di Pasqua attesissirno dai concittadini d’ogni condizione.La domenica di Pasqua, durante la messa, era fatta rivivere al popolo dei fedeli la resurrezione del Cristo.Il sacerdote (di solito fatto venire da lontano appunto per le prediche pasquali) preparava i fedeli alla scena della Resurrezione con una accalorata e coinvolgente predica. Quando, arrivato al culmine del sermone, faceva con mossa repentina cadere il drappo che aveva tenuto nascosta la piccola statua del Cristo Cristo, che era stata posta alla sommità centrale dell’altare, il fervore delle preghiere diventava frenetico e le invocazioni di pietà e di perdono riempivano la chiesa e, ai miei occhi stupefatti, facevano apparire come reale l’evento della Resurrezione. Dalla chiesa uscivo, ricordo, con una sensazione strana fatta di esaltazione e desiderio di fare non sapevo bene che cosa. Seguiva la processione durante la quale il Cristo risorto alla fine incontrava sua madre vestita a lutto, mediante l’intermediazione di San Giovanni. Le processioni erano in realtà due e percorrevano due diverse strade che convergevano nella stessa piazza.La prima, seguita dal festoso suono della banda paesana, accompagnava la statua del Cristo risorto. I fedeli che componevano quel corteo erano in massima parte festanti giovani di entrambi i sessi.La seconda, senza musica, accompagnava in silenzio la Madonna in lutto ed era costituita dai signori e dalla gente del paese di un certo livello non soltanto sociale.Tre erano i viaggi, andando dall’Uno all’Altra, che Giovanni faceva per annunziare, non creduto, alla madre dolente la resurrezione del Figlio suo. Alla fine, «appariva alla vista» della Madonna la statua di suo figlio in tutta la «gloria» della resurrezione, che lo scultore aveva saputo immaginare. Un signore del paese, ogni anno lo stesso con delega dei compaesani, tirava in quel momento la cordicella che faceva cadere il nero manto di lutto e la statua della Madre appariva altrettanto «gloriosa» che quella del figlio. Si ripetevano le invocazioni di perdono dei fedeli e tutti si stringevano la mano in un segno di pace. In me è rimasto un bellissimo ricordo delle Pasque della mia prima fanciullezza ed in quel ricordo trovo qualche volta rifugio quando le piatte Pasque milanesi mi rendono nostalgico dei tempi antichi. Il desiderio di partecipare a quelle processioni — come Lei può bene immaginare — è tanto e chissà che non trovi la forza di vincere pigrizia ed incertezza e partire, magari pressato dal pensiero che il tempo stringe. Quelle processioni le fanno ancora, mi ha assicurato il mio amico Giacomino, ed a svelare la Madonna è sempre il “giovane” Annibale, che lo fa con la maestria che gli deriva da tanti lustri di specifica esperienza…

Il forte interesse della Confraternita nei Confronti dei riti della Settimana santa (e del Natale) si manifesta anche sul piano culturale, con l’approfondimento e la riflessione su tematiche inerenti, come si evince da un Convegno tenuto a Bovalino Superiore sul tema “Dalla natività alla Pasqua”, oggetto di un servizio giornalistico di Giovanni Lucà, pubblicato dal “Quotidiano della Calabria” del 5 marzo 2000: “La settecentesca chiesa Matrice di Bovalino Superiore, da poco restaurata, ha ospitato un convegno dal tema: “Dalla natività alla Pasqua. Fede, cultura e tradizione”. Voluto dall’Arciconfraternita “Maria Santissima Immacolata”, guidata dal priore Vito Cavallo, e dal circolo di proposte artistico-culturali “Ellade”, il convegno è servito a ripercorrere le tappe che portano dalla nascita di Gesù fino alla passione, alla morte e alla resurrezione, esaminate non solo dal punto di vista teologico, ma anche da quello delle tradizioni (calabresi e bovalinesi in particolare).Una lettura in chiave squisitamente artistica è stata data da Antonio Anzani, sovrintendente scolastico regionale per la Calabria, che ha fatto un excursus sull’influenza che questi avvenimenti, descritti dai Vangeli, hanno avuto sui maggiori pittori e scultori. Uno sguardo particolare è stato dato al Rinascimento italiano, periodo in cui sono state prodotte le opere più importanti a riguardo. L’aspetto teologico è stato trattato da don Ercole Lacava, parroco reggino, che ha dato una lettura appassionata dei fatti che vanno dall’annunciazione dell’Angelo a Maria, fino alla resurrezione di Gesù Cristo. La profondità dell’argomento ha preso corpo nell’intervento di Bruna Filippone, poetessa e scrittrice bovalinese, che ha chiuso la propria relazione con una lirica dagli intensi ed intimi accenti religiosi. Nella chiesa, per l’occasione, è stato lasciato in funzione il maestoso presepe che annualmente viene realizzato da Francesco Clemente.Un presepe di centoventi metri quadrati, con personaggi, costruito e animato meccanicamente, che ha la particolarità di ricreare, grazie ad uno spettacolare gioco di luci, le fasi della notte, dell’aurora, dell’alba col graduale sorgere del sole, del giorno e del tramonto con il passaggio delle nuvole in cielo. I partecipanti al convegno hanno potuto ammirare tutto ciò, dopo di che il presepe è stato smantellato, non senza tristezza, con il preciso intento, però, di farne uno ancora più bello il prossimo Natale. E proprio dell’importanza che rivestono i presepi nella tradizione locale ha parlato il parroco di Caulonia, don Domenico Lamberto, il quale ha avuto parole di elogio per quanto si sta facendo annualmente a Bovalino Superiore ed ha, inoltre, raccontato la sua personale esperienza in questo campo, che lo vede impegnato ormai da tanti anni nella sua parrocchia nella realizzazione di un presepe meccanizzato fatto oggetto di tantissime visite. Al dibattito sono intervenuti anche Pasquino Crupi, il parroco di Bovalino Superiore don Emanuele Pipicelli, il presidente dell’associazione “Amici del presepe” di Reggio Calabria Ninì Sapone, il delegato diocesano per le confraternite don Giuseppe Barbaro e il consigliere regionale Domenico Crea. Ha fatto da moderatore Domenico Savica”.

Anche la stampa annualmente, in occasione della Pasqua, dedica ampi spazi ai riti della Settimana Santa, cercando di coglierne gli aspetti della tradizione e i significati più profondi, come evidenziato ad esempio dall’articolo “L’Affruntata, introdotta nel 1850 da Giuseppe Blefari, segno di una fede grandiosa” della giornalista Antonella Italiano, pubblicato sulla “Gazzetta del Sud” del 5 aprile 2007: “Bovalino Superiore o “frazione madre”. Perché tutta la storia della Bovalino jonica parte da qui, in questa culla naturale ai piedi dell’Aspromonte. Perché conserva, tra i tanti tesori,la casa natale del beato Camillo Costanzo. Perché, oltre alle tracce storiche, nel piccolo borgo sono ancora vive le tradizioni, incredibilmente suggestive in questa settimana santa. ‘I nostri riti –spiega il procuratore dell’Arciconfraternita Maria Ss. Immacolata Francesco Clemente- risalgono ai tempi in cui l’esempio visivo e la rappresentazione servivano alla gente comune per comprendere i misteri religiosi. I momenti importanti della vita di Gesù erano per questo rammentati in modo scenografico. Ma il culmine si raggiungeva con l’Affruntata, che rappresentava l’incontro fra il Cristo Risorto e Maria Santissima del Rosario’. In questa sorta di processione tre statue corrono per le vie principali del borgo. E, come in ogni Pasqua che si rispetti, il momento dell’incontro fa piangere i reggini di tutte le età. Il velo luttuoso di Maria cade davanti a Gesù Risorto, e si veste di un manto radioso. L’Affruntata fu portata a Bovalino nel 1850 da Giuseppe Blefari, che comprò le statue di San Giovanni e del Cristo Risorto. Del ‘700, invece, quella della Madonna del Rosario, oggi conservata nella Chiesa Matrice, per tanti anni il suo posto fu, invece, la cappella della Chiesa del Rosario. Alla data di costruzione di quest’ultima si riferisce, infatti, l’incisione ‘1851’, ancora visibile su uno dei mattoni esterni. Regole né scritte, né scalfite dal tempo,e tramandate dal 1594 dall’Arciconfraternita. Instancabili uomini coordinati, oggi, dal Priore Antonio Blefari, dal Parroco Giuseppe Pittarello e dal procuratore Clemente.”

In tutto il Meridione , a volte con modalità e sfaccettature diverse, si svolgono caratteristici Riti pasquali, che ricordano il passaggio dalle tenebre alla luce, estendendo il significato ebraico di passare oltre (pesah), di passaggio degli Israeliti dall’Egitto. Sono espressioni forti di religiosità popolare, che a volte sconfinano nel profano, ma vissuti come momenti di riflessione. La maggior parte sono di origine spagnola, portati nell’Italia Meridionale durante il relativo lungo dominio(1559-1748). In particolare in Calabria le stradine dei paesi diventano le stradine di Gerusalemme; la fede connaturata nell’animo dei calabresi porta la gente a vivere i riti con grande partecipazione, e sono emozioni che si ripetono con uguale intensità ogni anno, variamente interpretati secondo il sentire locale. I riti vengono organizzati dalle antiche Confraternite religiose e laicali, ancora presenti in molti paesi e sono finalizzati a perpetuare il culto della morte e del dolore, intesi come temi centrali presenti nella vita degli uomini; affondano le loro radici nell’esigenza sentita di rafforzare l’identità calabrese attraverso elementi che si legano al proprio passato e trovare in essi risposte certe alle nuove paure della modernità. Ogni manifestazione viene accuratamente e per tempo preparata anche nei particolari tenendo presente le caratteristiche e le tradizioni di ciascun luogo. Alcuni di questi riti, in più riprese, si è tentato anche di abolirli con decreto di autorità civili ed ecclesiastiche; ma la risposta della gente è stata un muro di fermezza e a volte di vera ostilità, in nome di una religiosità fortemente sentita e di consuetudini che resistono all’evoluzione dei tempi. Anche i dolci, che vengono preparati in questo periodo e chiamati con nomi diversi cuzzupe sgute ecc., hanno il significato della sottolineatura della festa, pertanto vanno mangiati dopo l’annuncio che Cristo è risorto, attraverso il “tocco” o suono della Gloria, che in alcuni paesi avviene anche in modo rumoroso. A Cutro, e fino agli ’60 anche a Crotone, i ragazzi trascinano, in segno di gioia per la lieta notizia, una quantità enorme di barattoli legati tra di loro. La Domenica delle Palme, che rievoca l’ingresso di Cristo in Gerusalemme, vengono benedetti in tutti i paesi i ramoscelli di ulivo, che però non debbono essere regalati, per non essere di cattivo augurio, prima del sabato santo. A Bova-Chora, in provincia di Reggio Calabria, gli abitanti di origine e di lingua grecanica celebrano un rito unico e spettacolare, sconosciuto nel resto della Regione. L’usanza si manifesta come un momento di collettiva sacralità popolare, e consiste nel portare in processione, fino al Santuario di San Leo, principale chiesa di Bova, delle grandi “statue” femminili, dette “pupazze”, “scolpite” con foglie di ulivo, il cui significato richiama figure quaresimali diffuse in varia forma in Grecia. Al termine di un laborioso procedimento di assemblaggio, le “figure”,differenziabili per dimensioni in madri e figlie, sono “vestite” cioè, abbellite ed adornate con fantasia con fiori freschi di campo, arricchite ed ingioiellate con frutta fresca e primizie. Dopo la loro benedizione, le sculture, portate fuori dalla chiesa, sono avvicinate dalla gente ed in parte smembrate delle loro componenti, le “steddhi,”che vengono distribuite tra gli astanti. Alcuni collocano almeno una “steddha” benedetta su un albero di ogni singolo podere, dove vi rimarrà per tutto l’anno a testimoniare l’intimo rapporto sacro che unisce uomo e creato. Altri fissano le trecce di ulivo sulla parete della camera da letto, altri sull’anta della cristalliera assieme ad immagini sante e alle foto dei propri familiari. Infine, c’è chi utilizza le foglie benedette per “sfumicari” (togliere il malocchio) alla casa, compresi i suoi abitanti. Non si conosce l’origine del rito che probabilmente risale al culto delle popolazioni preistoriche che usavano evocare la “Madre Terra” (“Mana Ji” nel greco di Bova) con riti propiziatori delle messi e della fertilità: in tutta la cultura contadina del Sud Italia, ancora affiorano tracce di simili culti ancestrali. Ma il rito che si ripete ciclicamente a Bova è speciale perchè le figure femminili, spesso giunoniche, ci ricordano il mito greco di Persephone e di sua madre Demetra, dee che presiedevano all’ agricoltura. Il Giovedì Santo, in cui la Chiesa rievoca l’Ultima Cena di Gesù, è il giorno dedicato al rito della lavanda dei piedi. Considerato unanimemente un atto di umiltà, in Palestina assumeva il significato di accoglienza in casa dell’ospite; fino a poco tempo fa l’officiante lavava i piedi di dodici poveri del paese, ai quali veniva dato un grosso pane: oggi sono stati sostituiti da ragazzi. Nello stesso giorno nelle Chiese vengono allestiti i cosiddetti “Sepolcri”, meta della visita serale dei fedeli, adornati dai “Grasti”, vasi con chicchi di grano fatti germogliare al buio. Nel campo delle rappresentazioni della Passione (La Pigghiata), famose quelle di Laino Borgo, di Luzzi, Tiriolo e Caccuri. Il Venerdì è il giorno sacro per eccellenza in Calabria: è il giorno della morte di Gesù, il giorno del digiuno, il giorno dei divieti, il giorno in cui non ci si pettina…E’ anche il giorno delle tristi processioni: caratteristiche quelle dei Misteri di Sambiase; del Cristo morto con l’Addolorata a Nicastro; della “Schiovazione” a Serra San Bruno; dei “flagellanti” di Verbicaro, che con grossi funi si battono il petto in segno di ringraziamento per grazie ricevute;degli “incappucciati” di Stilo, membri di una confraternita che distribuisce lungo la via pani benedetti. Altri riti il Sabato santo: a Gioiosa Ionica e a Serra San Bruno la processione degli “spinati” , che hanno in testa corone di spine e accompagnano fino al calvario la “Naca” col Cristo adagiato su un letto adornato di centinaia di fiori ed angeli di pregevole fattura assieme all’Addolorata, alla Maddalena e a San Giovanni; a Caulonia il “Caracolo” che ricorda un evento del 1640 legato alla dominazione spagnola: infatti in castigliano significa “cullare” ed è lo stesso passo che si effettua nelle processioni della “Semana Santa” di Siviglia (a mezzanotte poi nella chiesa del Carmine il rito della “svelata”, l’Immacolata che perde il manto nero e risplende nella sua veste azzurro cielo, simbolo di felicità per la Resurrezione di Cristo); a Luzzi “l’incanto” dell’Addolorata; a Nocera Terinese la processione dell’Addolorata con il Cristo morto, che s’incrocia con la rappresentazione dei “Vattienti” flagellanti e sanguinanti (con l’utilizzo del “cardo”, una tavoletta di sughero in cui sono infisse tredici scaglie di vetro, tredici quanti erano i presenti all’Ultima Cena); a Cutro quella della “Naca” che richiama la sofferenza, la passione e il sorriso del famosissimo Crocifisso seicentesco di Fra’ Umile da Petraia; a Petilia Policastro quella del “Calvario”, lunga e tortuosa processione che dal centro abitato perviene al Santuario della Spina. Tutta la ritualità della Settimana Santa è di preparazione alla festa della Domenica: di prima mattina ci si lavava con l’acqua attinta la notte della veglia pasquale, “l’acqua nova” conservata anche per combattere le “magarie”. Dopo il culto della morte quindi la riaffermazione della vita, il bisogno di resurrezione che si manifesta attraverso le “Affruntate” o “Confrunte”, diffuse soprattutto nel Vibonese e nel Reggino (Vibo, Arena, Dasà, Soriano, Mileto, Bovalino): il Cristo risorto dopo una corsa veloce si “incontra” con la Madre che viene “svelata dal dolore”. Dall’andamento della “Affruntata” si traggono auspici per l’anno in corso: se la statua della Madonna durante la sua corsa ha qualche inclinazione è cattivo presagio.

CAPITOLO OTTAVO – IL CULTO DELL’IMMACOLATA
La festa ecclesiale dell’Immacolata Concezione, che è la patrona di Bovalino S., si celebra l’8 dicembre, ma i festeggiamenti si svolgono l’8 settembre, giorno in cui ricorre la natività della Beata Vergine Maria, per il privilegio concesso da papa Cle-mente VIII a seguito del miracolo che la Vergine fece l’8 settembre 1594, salvando il paese e i suoi abitanti dall’incendio appiccato dai Turchi. I festeggiamenti religiosi prevedono il novenario, la messa e la processione; quelli civili gli inevitabili acces-sori di luminarie, di musica varia e di fuochi d’artificio. L’Arciconfraternita ogni anno impegna notevoli risorse umane e materiali per organizzare al meglio i festeg-giamenti in onore dell’Immacolata con momenti religiosi e civili significativi, come si evince ad esempio dai programmi sottoindicati trascritti dalle rispettive locandine del 1954, del 1974, del 1996, del 2003, del 2004, del 2005, del 2006 e del 2007.

Festività in onore di Maria ss. Immacolata in Bovalino Superiore nei giorni 7-8-9 e 10 settembre 1954 / “Fedeli, ricorre quest’anno, e celebra l’immenso palpito del culto Mariano che tutto il mondo pervade di luce divina, il primo centenario della proclamazione del Dogma dell’Immacolata Concezione. Tutto l’orbe cattolico, che effonde aneliti di purissima Fede dagli eterni ghiacciai polari alle palafitte delle foreste tropicali, dalle sterminate pianure del nuovo mondo alle corrose e gloriose vestigia della Terra di GESU’, delle babeliche metropoli di questo nostro congestionato e ossessionato emisfero occidentale alle torbide rive infocate ove brulicano le genti di colore; dovunque il segno della Croce rifulge come fiaccola ardente: o al culmine dei Templi fastosi e famosi che serrano per fluire di secoli i tesori inestimabili del genio dell’arte della di tutti i tempi, o nella mano del missionario che fende con la punta del cuore sanguinante la jungla misteriosa per guadagnare un’anima ignara al culto di DIO, se pur non raccoglie nei foschi labirinti delle “jungle dorate”, gli ultimi conati blasfemi di un’umanità decadente e peccaminosa, per farne un grido di allarme che susciti la rinascita e la vittoria della Fede e dell’Amore; dovunque, su tutto e su tutti, un Nome Santo campeggia maestoso e radioso: Maria Immacolata! Bovalino, nella sua “Rocca” onusta di storia, che il tempo dissolve nelle antiche mura e negli orti opimi, ma la poesia dei ricordi perpetua nelle menti e nei cuori dei suoi figli vicini e lontani, si raccoglie attorno al paradisiaco sorriso della Madonna dalle chiome d’oro, per rinnovarLe la sua consapevole sudditanza, per chiederLe perdono e pietà, per prometterLe di ritrovare, in fervore d’intendimenti cristiani e di opere sagge, le smarrite Vie del Signore. Bovalino, al cui civico onore è legata, fin dall’epica Battaglia di Lepanto, una particolare devozione alla Vergine santissima, vi chiama a dolce convegno o fedeli, per un rito di devozione permeato di sincero pentimento e di leale promessa, tra le nobili mura che accolsero i primi vagiti del Martire Santo Camillo Costanzo. Tra questi superstiti frammenti di quello che fu uno dei centri più cospicui della Calabria, su questa ormai spoglia e stanca terrazza dalla quale lo sguardo dilaga per monti e per valli e per mare, tra questa gente che custodisce il mito armonioso della fedeltà alla madre terra, risposando la tradizionale vicenda agreste con umiltà patriarcale, vedrete la rifulgente Immagine consolarvi del Suo ineffabile splendore, mentre al sommo delle Chiome d’Oro vi parrà di scorgere, tra la gemmata corona, una goccia del vostro pianto fatta perla d’amore, e il sospiro della vostra preghiera vi parrà così possente da scuotere quel fluttuante Manto di cielo trapunto di stelle!” (Bovalino Superiore, 20 agosto 1954 – Pietro De Domenico, Priore onorario della Confraternita) – Programma dei Festeggiamenti: Manifestazioni religiose. 31 agosto 1954 / Ore 16.00-Apertura della festa annunciata con diversi colpi di mortaio. 7 Settembre 1954 / Ore 8.00-Esposizione del Santissimo Sacramento per le Quarantore Circolanti. Ore 11.00-Seconda messa cantata per propiziare salute ai devoti offerenti residenti fuori paese. Ore 18.00-Discorso Eucaristico Mariano tenuto dal Rev. Padre Apollonio da Ponza O.F.M. 8 Settembre 1954 / Ore 10.30-Messa cantata con panegirico del sullodato Padre Predicatore e Comunione Generale. Ore 18.00-Discorso Eucaristico tenuto dal Molto Reverendo Arciprete D. Saverio Pelle. Ore 19.00-Chiusura delle Quarantore Circolanti. 9 Settembre / Ore 9.00-Apertura solenne del Congresso Mariano. Vi parteciperanno eminenti personalità che con la loro presenza daranno lustro alla celebrazione dell’anno Mariano. Durante il Congresso parleranno il Signor Colonnello in congedo Comm. Emilio Francillo, il Prof. Dott. Rev. D. Giuseppe Marrapodi, la Signora Mesiti ed il Rev. Arc. D. Saverio Pelle. 10 Settembre / Ore 8.00-Arrivo dell’amatissimo Presule S. E. Mons. Pacifico M. Perantoni Vescovo della nostra Diocesi. S. E.,assunti gli abiti Pontificali, preceduto dal Clero, dalle Autorità Civili , Militari, dai Fedeli e dalla Musica, si dirigerà verso la Chiesa Matrice dove il Sindaco porterà il saluto della Cittadinanza di Bovalino. Ore 9.00-Riapertura del Congresso Mariano. Parleranno l’assessore Provinciale del Collegio Avv. Giov. Battista Ghiozzi ed il Rev. Mons. Giuseppe Macrì. Chiuderà questa commovente cerimonia Mariana il Rev.mo Monsignore Vescovo S.E. Perantoni. Ore 11.00-Messa cantata con omelia. Le lodi alla Madonna SS. Saranno dette dal valoroso Predicatore Padre Apollonio da Ponza. Ore 17.00-A conclusione delle celebrazioni in onore della Madonna, sarà trionfalmente portata in processione per le vie principali del paese. All’arrivo in piazza della Sacra Vergine, dove sarà eretto un apposito Palco, S. E. il Vescovo porrà sulla testa della Regina di tutto l’Universo una Corona di oro con pietre preziose, offerta dal devoto popolo di Bovalino. Dopo l’avvenuta incoronazione, il Sindaco leggerà l’atto di consacrazione del paese alla Madonna. / Manifestazioni varie. Il grande e rinomato Concerto Bandistico Città di Specchia(Lecce) allieterà i giorni 9 e 10 settembre i festeggiamenti con servizio scelto in piazza e per le vie del paese. La Piazza e le vie del paese saranno artisticamente e sfarzosamente illuminate da una rinomata Ditta della Provincia. La Chiesa Matrice sarà addobbata con arte e gusto dalla Ditta Montagnose da Ardore. Uno dei migliori pirotecnici della Provincia darà prova della sua valentia in un tripudio di colori nel corso della grandiosa processione. N. B. Appositi servizi speciali di Autopulman saranno predisposti per congiungere Bovalino Sup. con tutti i paesi viciniori. (La Confraternita della SS. Immacolata).
Festa in onore di Maria SS. Immacolata nei giorni 7 e 8 settembre 1974 in Bovalino S. (R.C.) / Programma dei Festeggiamenti: 29 Agosto / Ore 19.00-Inizio della novena annunciata con diversi colpi di mortaretti e rullo del tamburo. 7 Settembre / Ore 16.00-Arrivo del Concerto Bandistico “Città di Varapodio”. Ore 18.30-Vespri solenni. Ore 21.00-In piazza G. Ruffo, si esibirà il complesso di musica leggera con la partecipazione di 4 cantanti. 8 Settembre / L’alba festiva sarà salutata dallo sparo di mortaretti e dal tradizionale mattutino. Ore 8.00-S. Messa propiziatrice per gli emigrati. Ore 10.30-Solenne Messa Cantata Ore 18.00-Solenne funzione religiosa con orazione panegirica. Ore 18.30-Processione dell’artistica Immagine per le vie cittadine. Ore 21.00-In Piazza G. Ruffo si esibirà il complesso di musica leggera La Tromba del Sud con la partecipazione di Rody Guez. La Chiesa sarà addobbata con arte e gusto dalla ditta F.lli Gallo da Gioiosa Jonica. La Piazza e le vie principali del paese saranno artisticamente e sfarzosamente illuminate dalla rinomata ditta Schiavone da Reggio Calabria. (La Procura)
Arciconfraternita Maria ss. Immacolata-Bovalino / Festeggiamenti patronali-Chiesa matrice 6,7, 8 sett.1996 / Fedeli, l’otto Settembre è prossimo ormai. Prepariamoci con i cuori ricolmi di amore a venerare l’Immacolata che in questo giorno si festeggia.PreghiamoLa a voler intercedere per 1’Umanità tutta, a vincere il male che giornalmente ci tenta e ci circonda. Illuminiamoci del suo sguardo di Mamma, clemente e purificatrice e copriamoci del suo manto caritatevole e misericordioso: Ella non ci disdegna. Se veramente convinti di ciò, se sicuri del suo immancabile perdono per ogni colpa commessa, se dolcemente ci lasciamo accarezzare dall’ebbrezza divina che il suo sorriso sprigiona, allora si che sapremo allontanarci dagli affanni terreni, dagli odi, dalle guerre e dalle sofferenze che ne derivano. Con questo spirito di. religiosità, con questi intendimenti di fede, 1’Arciconfraternita M. SS Immacolata di Bovalino S. esorta tutti ad essere sempre più umili ed indulgenti, unico modo per meritare l’amore della “Regina Pacis” Maria Immacolata. / Programma: giovedì 29 agosto / Ore 20.00-Esposizione dell’antico Simulacro della Vergine Immacolata per l’inizio della novena, annunciata dal rullo dei tamburi e dai fuochi d’artificio. Giovedì 5 settembre / ore19.00-Santa Messa propiziatrice e di ringraziamento per gli emigrati. Venerdì 6 settembre / Giornata dedicata a tutti i confratelli defunti. Ore 19.00-Santa Messa solenne celebrata dal Rev.mo Don E. Pipicelli. Ore 21.00- Grande serata con il complesso musicale “I Nuovi eroi” con la partecipazione del cantautore “Franco Strangio” e del balletto formata dalla coppia Bruno Rossi e Claudio Ferraro del gruppo danze sportive-rapsodia di Reggio Calabria premiati campioni regionali, interregionali e semifinalisti ai campionati italiani anno 1996 di danze standard latino—americane. Conclude la serata con un’esibizione di assolo di tromba il maestro “Ilario Lamberto”. Sabato 7 settembre / Ore 08.00-Santa Messa. Ore17.00-Il concerto bandistico Città di Bovalino Sup. allieterà le vie principali del paese. Ore19.00-Santa Messa,inizio vespri con solenne conferenza. Ore 21.00-Presentazione inaugurale alla cittadinanza del Concerto Bandistico “Maria ss. Immacolata” che in-tratterrà tutta la serata con musiche scelte diretto dal Maestro Direttore e Concertatore “Ilario Lamberto”. Domenica 8 settembre / Ore 08.00-Santa Messa. Ore 08.30-Arrivo del grande Concerto Bandistico “Città di Falerna” che percorrerà le principali vie di Bovalino M.. Ore 11.00-Santa Messa con omelia. Ore 18.30-Santa Messa cantata; successivamente sfilerà per le vie del paese la solenne processione ravvivata da una suggestiva fiaccolata e da uno spettacolo pirotecnico acceso dalla rinomata Ditta La Rosa da Bagheria (PA); in piazza il saluto del Priore e una orazione panegirica tenuta da Don Bruno Sculli completeranno la suddetta funzione. Ore 21.00-Grande serata di opere scelte di musica operistica. Ore 23.30-Fantasioso festival di fuochi d’artificio; interverranno le rinomate maestranze Cav. Pasquale Nasta da Marcianise (CE); Cav. Lorenzo La Rosa da Bagheria (PA); Cav. Gabriele Vallefuoco da Mugnano (NA). La festa si concluderà con la riffa e con la trionfale cerimonia del vincitore dello spettacolo pirotecnico. La Piazza e le vie del paese saranno illuminate dalla Ditta Luminaria Jonica da Benestare. L’Arciconfraternita ringrazia il Commissario prefettizio del Comune di Bovalino, le autorità civili, religiose, militari, tutta la cittadinanza, i paesi viciniori e i devoti dall’Italia e dall’Estero.
L’Arciconfraternita Maria ss.Immacolata con il patrocinio dell’Amministrazione comunale di Bovalino presenta i festeggiamenti patronali in onore di Maria ss. Immacolata Bovalino Superiore – Chiesa matrice 6,7,8 settembre 2003 – Festa di miracolo / Fedeli, dopo una novena trascorsa nella preghiera e nella meditazione, l’8 settembre si avvicina atteso con trepidazione e tanto sentimento di religiosità. Viviamolo allora con fede e gioia, pregando Colei che intercede per noi presso Dio: Maria SS. Immacolata. Illuminiamoci del Suo sorriso, copriamoci sotto il suo manto stellato, guardiamo in Lei con fiducia, affinchè il cuore di tutti noi non conosca mai l’odio, ma l’amore per il prossimo. Prepariamoci a vivere questo giorno, con serenità, spirito di fratellanza, allontanando da noi il peccato e implorando la Madonna perché ci aiuti a saper sopportare e comprendere, amare e perdonare. / PROGRAMMA Religioso: VENERDI’ 29 AGOSTO / Ore 18.00–Esposizione dell’antico simulacro della Vergine Immacolata per l’inizio della novena, annunciato dal rullo dei tamburi e dalla batteria di colpi oscuri. Ore 19.00–Celebrazione Eucaristica. DA SABATO 30 AGOSTO A GIOVEDI’ 4 SETTEMBRE / Ore 18.15–Recita del Santo Rosario Ore 19.00-Celebrazione Eucaristica VENERDI’ 5 SETTEMBRE / (Primo venerdì del mese) Ore 18.15-Recita del Santo Rosario con la partecipazione del gruppo di preghiera Carlo sei con noi. Ore 19.00–Celebrazione Eucaristica propiziatrice e di ringraziamento per gli emigrati. Durante la Santa Messa si svolgerà il rito della vestizione per nuovi aderenti Confratelli e sarà espresso un messaggio di fede alla devozione Mariana. SABATO 6 SETTEMBRE / (Giornata dedicata ai Confratelli defunti) Ore 18.15–Recita del Santo Rosario Ore 19.00–Celebrazione Eucaristica DOMENICA 7 SETTEMBRE / Ore 18.15–Recita del Santo Rosario Ore 19.00-Celebrazione Eucaristica. LUNEDI’ 8 SETTEMBRE / Ore 9.00–Celebrazione Eucaristica. Ore 18.15–Recita del Santo Rosario. Ore 19.00–Santa Messa con omelia. Successivamente sfilerà per le vie del paese la solenne processione ravvivata da una suggestiva fiaccolata e da uno spettacolo pirotecnico acceso dalla rinomata ditta Cav. Di Candia da Sassano (SA). / PROGRAMMA Civile: VENERDI’ 29 AGOSTO / Ore 17.30–Il concerto bandistico Maria SS. Immacolata allieterà le vie del paese. Ore 20.00–Giochi popolari in piazza. Ore 20.30–In piazza G. Ruffo Sagra della zeppola, allietata dal suono folkloristico degli organetti e tamburelli suonati da giovanissimi. Ore 21.00–Proiezione del documentario L’Immacolata e Bovalino. Ore 22.00–Uno spettacolo pirotecnico concluderà la serata. SABATO 6 SETTEMBRE / Ore 20.00–Visita del paese da parte dei presenti e delle Autorità competenti e della Commissione del concorso Borgo in fiore, patrocinato dall’assessorato al turismo del Comune di Bovalino. La serata sarà allietata dal gruppo folkloristico Leucopetra di Lazzaro. DOMENICA 7 SETTEMBRE / Ore 16.00–Il concerto bandistico Maria SS. Immacolata di Bovalino Superiore percorrerà le principali vie di Bovalino Marina allietandole con allegre marce. Ore 18.00–Giro per le viuzze dell’antico borgo di Bovalino Superiore da parte del concerto bandistico dello stesso paese. Ore 21.30–Presso l’antico castello normanno, il Centro Teatrale Meridionale presenta Il procuratore di matrimoni di Mario La Cava con Domenico Pantano e Diego Ghiglia. LUNEDI’ 8 SETTEMBRE / Ore 8.30–Il concerto bandistico Maria SS. Immacolata sfilerà per le vie del paese. Ore 10.30–Esibizione in piazza del concerto bandistico Maria SS. Immacolata in un repertorio scelto di musica sinfonica. Ore 17.00–Giro del paese della stessa banda. Ore 21.30–Fantastico show di musica leggera con il Gruppo Italian band con la partecipazione della cantante Valentina Cavagnani di San Remo Giovani. Ore 23.00–Inizio spettacolo di fuochi d’artificio eseguito da: Cav. Di Candia da Sassano(Sa); Cav. Padovano da Genzano di Lucania(Pz). La festa si concluderà con la riffa e la trionfale cerimonia di premiazione ai pirotecnici ed altri interventi. Le principali vie del paese saranno illuminate dalla Ditta L’Arte dell’Illuminaria di Guidace e Parpiglia di Benestare (RC). L’Arciconfraternita ringrazia l’Amministrazione Comunale, le autorità Civili, Religiose, Militari, tutta la Cittadinanza, i Paesi viciniori e i Devoti dall’Italia e dall’Estero. (Il Parroco Giuseppe Pittarello – Il Priore dell’Arciconfraternita Antonio dott. Blefari)
L’Arciconfraternita Maria ss.Immacolata con il patrocinio dell’Amministrazione comunale di Bovalino presenta i festeggiamenti patronali in onore di Maria ss. Immacolata Bovalino superiore – Chiesa matrice 6,7,8 settembre 2004 – Festa di miracolo / Fedeli, dopo una novena trascorsa nella preghiera e nella meditazione, l’8 settembre si avvicina atteso con trepidazione e tanto sentimento di religiosità. Viviamolo allora con fede e gioia, pregando Colei che intercede per noi presso Dio: Maria SS. Immacolata. Illuminiamoci del Suo sorriso, copriamoci sotto il suo manto stellato, guardiamo in Lei con fiducia, affinchè il cuore di tutti noi non conosca mai l’odio, ma l’amore per il prossimo. Prepariamoci a vivere questo giorno, con serenità, spirito di fratellanza, allontanando da noi il peccato e implorando la Madonna perché ci aiuti a saper sopportare e comprendere, amare e perdonare. / PROGRAMMA Religioso: VENERDI’ 29 AGOSTO / Ore 18.00–Esposizione dell’antico simulacro della Vergine Immacolata per l’inizio della novena, annunciato dal rullo dei tamburi e dalla batteria di colpi oscuri. Ore 19.00–Celebrazione Eucaristica. DA LUNEDI’ 30 AGOSTO A GIOVEDI’ 2 SETTEMBRE / Ore 18.30–Santo Rosario Ore 19.00–Celebrazione Eucaristica VENERDI’ 3 SETTEMBRE / (Primo venerdì del mese) Ore 18.15–Santo Rosario con la partecipazione del gruppo di preghiera Carlo sei con noi. Ore 19.00–Celebrazione Eucaristica SABATO 4 SETTEMBRE / Ore 18,30–Santo Rosario Ore 19,00–Celebrazione Eucaristica DOMENICA 5 SETTEMBRE / Ore 18,30–Santo Rosario Ore 19.00-Celebrazione Eucaristica propiziatrice e di ringraziamento per gli emigrati. Durante la Santa Messa si svolgerà il rito della vestizione per nuovi aderenti Confratelli e sarà espresso un messaggio di fede mariano. LUNEDI’ 6 SETTEMBRE / (Giornata dedicata ai Confratelli defunti) Ore 18.30–Santo Rosario Ore 19.00–Celebrazione Eucaristica MARTEDI’ 7 SETTEMBRE / Ore 18.30–Santo Rosario Ore 19.00–Celebrazione Eucaristica. MERCOLEDI’ 8 SETTEMBRE / Ore 9.00–Celebrazione Eucaristica. Ore 18.00–Santo Rosario. Ore 18.30–Celebrazione Eucaristica con omelia. Successivamente sfilerà per le vie del paese la solenne processione ravvivata da una suggestiva fiaccolata e da uno spettacolo pirotecnico acceso dalla rinomata ditta Cav. Di Candia da Sassano (SA). / PROGRAMMA Civile: DOMENICA 29 AGOSTO / Ore 17.00–Il concerto bandistico Maria SS. Immacolata allieterà le vie del paese. Ore 21.00–Nei pressi del Borgo Castello serata gastronomica con degustazione di prodotti tipici locali, allietata dal Gruppo di Musica leggera “I Blu Seta”. Ore 23.00–Uno spettacolo pirotecnico concluderà la serata. DOMENICA 5 SETTEMBRE / Ore 20.00–Visita del paese da parte dei presenti e delle Autorità competenti e della Commissione del concorso Borgo in fiore, patrocinato dall’assessorato al turismo del Comune di Bovalino. La serata sarà allietata dal Gruppo Storico “Mirabilia” di Catanzaro, che rievocherà un evento storico bovalinese del 1600: “Le Feluche dell’Abate Spinelli e la pirateria Cristiana del 1600” LUNEDI’ 6 SETTEMBRE / Ore 21.00–Serata del folklore con il Gruppo “I Calabrisella” e delle tradizioni popolari gastronomiche. MARTEDI’ 7 SETTEMBRE / Ore 8.30–Il concerto bandistico Maria SS. Immacolata percorrerà le vie dell’antico Borgo. Ore 10.00–Giro del suddetto Concerto Bandistico per le vie principali di Bovalino Marina. Ore 17.00–Giro del Concerto Bandistico Maria SS. Immacolata per le vie del paese. Ore 21.00–In Piazza Gaetano Ruffo Recital del Tenore Aldo Iacopino “Profumo di Napoli” con la partecipazione del Maestro Michele Macrì. Presenta la serata Mary Fulco. MERCOLEDI’ 8 SETTEMBRE / Ore 8.30–Arrivo del Concerto Bandistico “Città di S. Giorgio Jonico” che sfilerà per le vie del paese. Ore 10.00–Esibizione in Piazza del Concerto Bandistico “Città di S. Giorgio Jonico” in un repertorio scelto di Musica Sinfonica. Ore 17.00-Giro del Concerto Bandistico “Città di S. Giorgio Jonico” per le vie del paese. Ore 17.30-Esibizione in Piazza del Concerto Bandistico “Città di S. Giorgio Jonico” diretto dal Maestro e Direttore Concertatore Paola Vizzi. Ore 23.00–Fantasioso Festival di Fuochi d’artificio con la partecipazione delle rinomate ditte: Cav. Di Candia da Sassano(Sa); Cav. Padovano da Genzano di Lucania(Pz). Ore 24.00–In piazza Gaetano Ruffo riprenderà la Serata Operistica interrotta. La festa si concluderà con la riffa e la trionfante cerimonia di premiazione ai pirotecnici ed altri interventi. Le principali vie del paese saranno illuminate dalla Ditta L’Arte dell’Illuminaria di Guidace e Parpiglia di Benestare (RC). L’Arciconf. ringrazia l’Amministrazione Comunale, le autorità Civili, Religiose, Militari, tutta la Cittadinanza, i Paesi viciniori e i Devoti dall’Italia e dall’Estero. (Il Parroco Giuseppe Pittarello – Il Priore dell’Arciconfraternita Antonio dott. Blefari) / L’atmosfera e i sentimenti della festa del 2004 sono espressi mirabilmente da Cetty Blefari nell’articolo “Bovalino Superiore…Ritorno all’antico”, pubblicato sul settimanale locale “Nuova Calabria”: “Come ogni anno, cultura, folklore, tradizione e fede popolare si sono mescolati nell’aria di festa del Borgo di Bovalino Superiore, in onore della Beata Vergine. Dal cinque all’otto settembre i festeggiamenti civili e religiosi hanno rallegrato le strade del rione e riempito di gente e rumore le vie quasi sempre deserte, abituate ad un silenzio antico… La quiete, gli alberi, l’aria fresca e pulita, la notte sono stati preziosi collaboratori per un ritorno al passato. La sera del cinque settembre scorso infatti Bovalino Superiore ha fatto un salto all’indietro. Candele, fiori, cesti di prodotti tipici (fichi d’india, mandorle, noci) sparsi per tutto il rione a ricordo di antichi usi, con il sopraggiungere della notte hanno reso magico lo spettacolo messo in atto dai Mirabilia (gruppo storico catanzarese) “Le Feluche dell’Abate Spinelli e la pirateria Cristiana del 1600”. Costumi seicenteschi, dame di corte, sbandieratori, mangiatori di fuoco hanno danzato e giocato per il paese fino all’arrivo al castello normanno. Qui lo spettacolo teatrale si è aperto con la lettura dell’atto notarile dell’abate Spinelli sulla divisione del bottino dei pirati e, a seguito, scene di guerra, duelli di spade e di fuoco hanno destato l’incanto, fino a tarda notte, nella folla presente. Con la partecipazione al concorso “Borgo in fiore” si è conclusa questa nuova originale esperienza per Bovalino Superiore che, per una volta, ha voluto investire nella cultura e nell’arte i fondi raccolti per la festa del paese. Ebbene, per la prima volta, al paese e soprattutto al castello devastato negli anni dall’incuria della gente è stato restituito ciò che in passato era stato negato: la cultura, l’arte, il sacro valore dell’antico.Credo sia questa la carta vincente per iniziare a valorizzare e custodire ciò che la storia ci ha lasciato. Queste ed altre iniziative possono incrementare la partecipazione popolare per il rinnovo di ciò che gli appartiene. Per tutto ciò, personalmente, mi sento di ringraziare pubblicamente l’Arciconfraternita Maria SS. Immacolata di Bovalino Superiore, l’amministrazione comunale, nonché la Regione Calabria, Assessorato alla Cultura… Le strade della cultura sono infinite e sempre aperte…”
L’Arciconfraternita Maria ss. Immacolata presenta i festeggiamenti patronali in onore di Maria ss. Immacolata Bovalino Superiore – Chiesa matrice 6,7,8 settembre 2005 – Festa di miracolo / Fedeli, dopo una novena trascorsa nella preghiera e nella meditazione, l’8 settembre si avvicina atteso con trepidazione e tanto sentimento di religiosità. Viviamolo con fede e gioia, pregando Colei che intercede per noi presso Dio: Maria SS. Immacolata. Illuminiamoci del Suo sorriso, copriamoci sotto il suo manto stellato,guardiamo in Lei con fiducia, affinché il cuore di tutti noi non conosca mai l’odio, ma l’amore per il prossimo. Prepariamoci a vivere questo giorno, con serenità, spirito di fratellanza, allontanando da noi il peccato e implorando la Madonna perché ci aiuti a saper sopportare e comprendere, amare e perdonare / PROGRAMMA Religioso: LUNEDI’ 29 AGOSTO / Ore 18.00–Esposizione dell’antico simulacro della Vergine Immacolata per l’inizio della novena, annunciato dal rullo dei tamburi e dalla batteria di colpi oscuri. Ore 19.00–Celebrazione Eucaristica. DA MARTEDI’ 30 AGOSTO A GIOVEDI’ 1 SETTEMBRE / Ore 18.15–Santo Rosario Ore 19.00-Celebrazione Eucaristica VENERDI’ 2 SETTEMBRE (Primo venerdì del mese) / Ore 18.15-Recita del Santo Rosario, con la partecipazione del gruppo di preghiera Carlo sei con noi. Ore 19.00–Celebrazione Eucaristica SABATO 3 SETTEMBRE E DOMENICA 4 SETTEMBRE / Ore 18,15–Santo Rosario Ore 19,00–Celebrazione Eucaristica LUNEDI’ 5 SETTEMBRE / Ore 18,15–Santo Rosario Ore 19.00–Celebrazione Eucaristica propiziatrice e di ringraziamento per gli emigrati. Durante la Santa Messa si svolgerà il rito della vestizione per nuovi aderenti Confratelli e sarà espresso un messaggio di fede mariano. MARTEDI’ 6 SETTEMBRE (Giornata dedicata ai Confratelli defunti) / Ore 18.15–Santo Rosario Ore 19.00–Celebrazione Eucaristica MERCOLEDI’ 7 SETTEMBRE / Ore 18.15–Santo Rosario Ore 19.00 – Celebrazione Eucaristica. GIOVEDI’ 8 SETTEMBRE / Ore 08.30–Celebrazione Eucaristica. Ore 11.00–Celebrazione Eucaristica. Ore 18.00–Raduno delle Confraternite nella Chiesa S. Caterina per poi sfilare verso la Chiesa Matrice in abiti ed insegne tradizionali accompagnate dal Concerto Bandistico “Città di Bracigliano”. Ore 18.15-Santo Rosario. Ore 18.30–Celebrazione con omelia e benedizione Eucaristica con omaggio floreale da parte delle Confraternite. Successivamente sfilerà per le vie del paese la solenne processione ravvivata da una suggestiva fiaccolata e da uno spettacolo pirotecnico acceso dalla rinomata ditta Cav. Di Candia da Sassano (SA). / PROGRAMMA Civile: LUNEDI’ 29 AGOSTO / Ore 18.00–L’orchestra giovanile di fiati “Junior Band” di Ardore Superiore allieterà le vie del paese. Ore 21.00–Nei pressi del Borgo Castello serata gastronomica con degustazione di prodotti tipici locali. La serata sarà allietata da un concerto tenuto dall’orchestra giovanile di flauti “Junior Band”, diretta dal Maestro Salvatore Sgambelluri. Ore 23.00–Uno spettacolo di giochi pirotecnici, della rinomata Ditta F.lli Di Candia di Sassano(Sa), concluderà la serata. DOMENICA 4 SETTEMBRE Ore 21.30–Presso l’antico castello normanno, il Gruppo Teatro Bosco presenta “A buonanima da suocera”, tradotto da Angela Tallura, regia di Enzo Tallura. LUNEDI’ 5 SETTEMBRE / Ore 21.00–In piazza Gaetano Ruffo Show Musicale con Alessia Superstar della trasmissione televisiva di Italia 1, offerto e sponsorizzato dalla Regione Calabria – Assessorato al Turismo e Spettacolo. MARTEDI’ 6 SETTEMBRE / Ore 21.30–Esibizione artistica di Nino Racco. Spettacolo teatrale “Il mondo dei Cantastorie” (Colapesce, Baronessa di Carini, Peppe Musolino). MERCOLEDI’ 7 SETTEMBRE / Ore 8.30–Il Concerto Bandistico “Maria SS. Immacolata” sfilerà per le vie principali di Bovalino Marina. Ore 10.30–Il suddetto concerto bandistico sfilerà per le vie dell’antico Borgo. Ore 17.00–Il concerto bandistico “Maria SS. Immacolata” sfilerà per le vie del paese con sosta ed esecuzione di “Rinomate Marce Sinfoniche” in Piazza Chiesa Matrice. Ore 21.30–In Piazza Gaetano Ruffo serata di musica leggera con “I Santo California” in concerto GIOVEDI’ 8 SETTEMBRE / Ore 8.30–Arrivo de Concerto Bandistico “Città di Bracigliano” (Sa), che sfilerà per le vie del paese. Ore 16.30–Pomeridiana in piazza Gaetano Ruffo del suddetto Concerto Bandistico in un repertorio di musica sinfonica, diretto dal Grande Ufficiale Direttore e Concertatore Maestro Gerardo Garofano. Seguirà il giro per le vie del paese. Ore 21.30–In piazza Gaetano Ruffo Serata Operistica del Concerto Bandistico “Città di Bracigliano”. Ore 23.00–Inizio spettacolo di fuochi d’artificio eseguito dalle rinomate ditte: Cav. Di Candia da Sassano(Sa); Cav. Brucella-Pellicani da Modugno(Ba). La festa si concluderà con la riffa e la cerimonia di premiazione ai pirotecnici. Le principali vie del paese saranno illuminate dalla Ditta L’Arte dell’Illuminaria di Guidace e Parpiglia di Benestare(RC). L’Arciconfraternita ringrazia l’Amministrazione Comunale, l’Assessorato alla Cultura della Regione Calabria,le Autorità Civili, Religiose, Militari, tutta la Cittadinanza, i Paesi viciniori e i Devoti dall’Italia e dall’Estero. (Il Parroco Giuseppe Pittarello – Il Priore dell’Arciconfraternita Antonio dott. Blefari)
L’Arciconfraternita Maria ss. Immacolata presenta i festeggiamenti patronali in onore di Maria ss. Immacolata Bovalino Superiore – Chiesa matrice 5,6,7,8 settembre 2006 – Festa del miracolo / Fedeli, Bovalino, nella sua “ROCCA” onusta di storia, che il tempo dissolve nelle antiche mura e negli orti opimi, che la poesia dei ricordi perpetua nelle menti e nei cuori dei suoi figli vicini e lontani, si raccoglie attorno al paradisiaco sorriso della MADONNA DALLE CHIOME D’ORO, per rinnovarLe la sua consapevole sudditanza, per chiederLe perdono e pietà, per prometterLe di ritrovare in fervore di intendimenti cristiani e di opere sagge, le smarrite vie del Signore. / PROGRAMMA Religioso: MARTEDI’ 29 AGOSTO / Ore 18.00–Esposizione dell’antico simulacro della Vergine Immacolata per l’inizio della novena, annunciato dal rullo dei tamburi e dalla batteria di colpi oscuri. Ore 19.00–Celebrazione Eucaristica. DA MERCOLEDI’ 30 AGOSTO A GIOVEDI’ 7 SETTEMBRE / Ore 18.30–Recita del Santo Rosario Ore 19.00-Celebrazione Eucaristica. VENERDI’ 1 SETTEMBRE (Primo venerdì del mese) / Ore 18.15-Giornata animata dal Gruppo di preghiera Carlo sei con noi. MERCOLEDI’ 6 SETTEMBRE / Giornata del ringraziamento per gli emigrati. Durante la Santa Messa si svolgerà il rito della vestizione per i nuovi aderenti Confratelli e sarà espresso un messaggio di fede alla devozione Mariana. GIOVEDI’ 7 SETTEMBRE Giornata dedicata ai Confratelli defunti. VENERDI’ 8 SETTEMBRE Ore 08.30–Celebrazione Eucaristica. Ore 11.00–Celebrazione Eucaristica. Ore 18.30-Recita del Santo Rosario. Ore 19.00–Celebrazione con Omelia e Benedizione Eucaristica. Successivamente sfilerà per le vie del paese la solenne processione ravvivata da una suggestiva fiaccolata e da uno spettacolo pirotecnico acceso dalla rinomata ditta “L’Artificiosa” dei F.lli Di Candia da Sassano (Sa). / PROGRAMMA Civile: MARTEDI’ 29 AGOSTO / Ore 18.00–L’orchestra di fiati “Città di Ardore” allieterà le vie del paese. Ore 21.30–In piazza G. Ruffo la serata sarà allietata dalle melodiche note dell’Orchestra di flauti “CITTA’ DI ARDORE”, diretta dal Maestro Salvatore Sgambelluri. Ore 22.30–Uno spettacolo di giochi pirotecnici, della rinomata Ditta “L’Artificiosa” dei F.lli Di Candia di Sassano(Sa), concluderà la serata. MARTEDI’ 5 SETTEMBRE Ore 21.30–In Piazza Gaetano Ruffo, il Gruppo Teatro “I Boni quando dormunu” di Bianco presenta “I Bianchisani in Pretura”, commedia satirica in un unico atto. MERCOLEDI’ 6 SETTEMBRE / Ore 21.30–In Piazza Gaetano Ruffo il Gruppo “La Gufata” animerà la serata con giocolieri, giullari, clowns, giochi di strada ed altro ancora. GIOVEDI’ 7 SETTEMBRE / Ore 8.00–Il Concerto Bandistico “Maria SS. Immacolata” sfilerà per le vie principali del paese, di seguito nella contrada Pozzo e per le vie principali di Bovalino Marina. Ore 17.00–Il suddetto concerto bandistico “Maria SS. Immacolata” sfilerà per le vie del paese con sosta ed esecuzione di “Rinomate Marce Sinfoniche” in Piazza Chiesa Matrice. Ore 21.00–In Piazza Gaetano Ruffo serata di musica leggera con “I GAZOSA” in concerto, con ospiti della serata “I Vietato Fumare” di Zelig e “Luigi De Filippo” di Amici, con ballerine. VENERDI’ 8 SETTEMBRE / Ore 8.30–Arrivo del Concerto Bandistico “Città di Lauro” della Regione Campana, che sfilerà per le vie del paese. Ore 16.30–Pomeridiana in piazza Gaetano Ruffo del suddetto Concerto Bandistico in un repertorio di musica sinfonica, diretto dal Grande Ufficiale Direttore e Concertatore Maestro Giuseppe Carannante. Seguirà il giro per le vie del paese. Ore 21.30–In piazza Gaetano Ruffo Serata Operistica del Concerto Bandistico “Città di Lauro” della Regione Campana. Ore 23.30–Inizio spettacolo di fuochi d’artificio eseguito dalle rinomate ditte: “L’Artificiosa” dei F.lli Di Candia da Sassano(Sa); “Fire Works” di Lieto Antonio da Baiano (Av). La festa si concluderà con la riffa (sette premi importanti: scooter ciak master 150 Malagutti; orologio Breil; telecamera digitale Sharp vl-Z300S; termoventilatore general dry imetec; lettore compact disc con registratore stereo; bicicletta mountain bike e mini moto) e la cerimonia di premiazione ai pirotecnici. Le principali vie del paese saranno illuminate dalla Ditta di “D’Amico Paolo” da Montebello Jonico (Rc). L’Arciconfraternita ringrazia i Paesi viciniori, i Devoti dall’Italia e dall’Estero e tutti coloro che hanno partecipato alla buona riuscita dei festeggiamenti. (Il Parroco Giuseppe Pittarello – Il Priore dell’Arciconfraternita Antonio dott. Blefari)
L’Arciconfraternita Maria ss. Immacolata presenta i festeggiamenti patronali in onore di Maria ss. Immacolata Bovalino Superiore – Chiesa matrice 5,6,7,8 settembre 2007 – Festa del miracolo / Fedeli, dopo una novena trascorsa nella preghiera e nella meditazione, l’8 settembre si avvicina atteso con trepidazione e tanto sentimento di religiosità. Viviamolo allora con fede e gioia, pregando Colei che intercede per noi presso Dio: Maria SS. Immacolata. Illuminiamoci del Suo sorriso, copriamoci sotto il Suo manto stellato, guardiamo in Lei con fiducia, affinché il cuore di tutti noi non conosca mai l’odio, ma l’amore per il prossimo. Prepariamoci a vivere questo giorno con serenità, spirito di fratellanza, allontanando da noi il peccato e implorando la Madonna perché ci aiuti a saper sopportare e comprendere, amare e perdonare. / Programma religioso: MARTEDI’ 29 AGOSTO / Ore 18.30–Esposizione dell’antico simulacro della Vergine Immacolata per l’inizio della novena, annunciato dal rullo dei tamburi e dalla batteria di colpi oscuri. Ore 19.00–Celebrazione Eucaristica. DA GIOVEDI’ 30 AGOSTO A VENERDI’ 7 SETTEMBRE / Ore 18.30–Recita del Santo Rosario Ore 19.00-Celebrazione Eucaristica. MERCOLEDI’ 5 SETTEMBRE / Giornata dedicata ai Confratelli defunti. GIOVEDI’ 6 SETTEMBRE / Giornata del ringraziamento per gli emigrati. Durante la Santa Messa si svolgerà il rito della vestizione per i nuovi aderenti Confratelli e sarà espresso un messaggio di fede alla devozione Mariana. VENERDI’ 7 SETTEMBRE (Primo venerdì del mese) / Ore 18.30-Giornata animata dal Gruppo di preghiera Carlo sei con noi. SABATO 8 SETTEMBRE Ore 08.30–Celebrazione Eucaristica. Ore 11.00–Celebrazione Eucaristica. Ore 18.30-Recita del Santo Rosario. Ore 19.00–Celebrazione con Omelia e Benedizione Eucaristica. Successivamente sfilerà per le vie del paese la solenne processione ravvivata da una suggestiva fiaccolata e da uno spettacolo pirotecnico acceso dalla rinomata ditta “L’Artificiosa” dei F.lli Di Candia da Sassano (Sa). / Programma civile: MERCOLEDI’ 29 AGOSTO / Ore 22.30–Uno spettacolo di giochi pirotecnici, della rinomata Ditta “L’Artificiosa” dei F.lli Di Candia di Sassano(Sa), allieterà la serata. MECOLEDI’ 5 SETTEMBRE Ore 21.30–In Piazza Gaetano Ruffo l’Associazione Teatrale “Stelle nascenti” di Samo(Rc) presenta “N’ da casa i Don Raffaeli” commedia satirica in tre atti ideata da Maria Pia Battaglia. GIOVEDI’ 6 SETTEMBRE / Ore 21.30–In Piazza Gaetano Ruffo “Sandro Giacobbe in concerto”. VENERDI’ 7 SETTEMBRE / Ore 16.30–Il Concerto Bandistico “Gioacchino Rossini”- Città di Gioiosa Jonica sfilerà per le vie principali di Bovalino Marina. Farà una sosta nella piazzetta della frazione Pozzo e poi percorrerà le vie dell’antico Borgo con sosta ed esecuzione di rinomate marce sinfoniche in Piazza Chiesa Matrice. Ore 21.30–In Piazza Gaetano Ruffo serata di varietà con la grande Orchestra “Girovagando show”, con brani di musica leggera, latino-americani. Ospite della serata il grande artista “Micu u pulici”. SABATO 8 SETTEMBRE / Ore 8.30–Arrivo del grande Concerto Bandistico “Città di Acquaviva delle Fonti” (Ba) che sfilerà per le vie del paese. Ore 17.30–Pomeridiana in piazza Gaetano Ruffo del suddetto Concerto Bandistico in un repertorio di musica sinfonica, diretto dal Grande Ufficiale Direttore e Concertatore Maestro Domenico Pasquino. Seguirà il giro per le vie del paese. Ore 21.30–In piazza Gaetano Ruffo Serata Operistica del Gran Concerto Bandistico “Città di Acquaviva delle Fonti”. Ore 23.30–Festival di fuochi d’artificio eseguito dalle rinomate ditte: “L’Artificiosa” dei F.lli Di Candia da Sassano(Sa) e la “Pirotecnica Padre Pio” da San Severo (Fg). (I fuochi non sono stati eseguiti per la mancata autorizzazione da parte delle autorità competenti; il Priore ha annunciato che gli stessi saranno proposti l’8 dicembre 2007). La festa si concluderà con la riffa e la cerimonia di premiazione ai pirotecnici. Le principali vie del paese saranno illuminate dalla Ditta Giuseppe Marzano di Bovalino. L’Arciconfraternita ringrazia l’Assessorato alle Attività Produttive della Regione Calabria, le Autorità Civili, Religiose, Militari, tutta la Cittadinanza, i Paesi viciniori e i Devoti dall’Italia e dall’Estero. (Il Parroco Giuseppe Pittarello – Il Priore dell’Arciconfraternita Antonio dott. Blefari) (tipolitografia diaco – bovalino)

La devozione è grande e palpabile e la voglia di far bene per festeggiare la Madonna è grandissima e qualche volta si incorre in qualche inconveniente, come ci ricorda un servizio di cronaca della Gazzetta del Sud del 10 settembre 1997: Bovalino / Sequestrate 25 tonnellate di fuochi. Il tradizionale appuntamento con il festival dei fuochi pirotecnici di Bovalino Superiore è stato bloccato dalla Guardia di Finanza che, con un improvviso blitz pomeridiano, ha sequestrato 250 quintali di fuochi artificiali e tre automezzi. Quattro persone sono state segnalate alla Procura della Repubblica. Migliaia di persone che si erano date convegno a Bovalino Superiore per l’annuale appuntamento in occasione della festa di Maria SS. Immacolata, hanno vanamente atteso lo svolgimento del fantasmagorico spettacolo che avrebbe dovuto impegnare tre ditte provenienti da Mugnano e Palma Campania in provincia di Napoli e da Bagheria in provincia di Palermo. Sentendo i componenti del Comitato dei festeggiamenti, lo spettacolo pirotecnico, seppure in forma ridotta, si sarebbe potuto anche fare sol che la Guardia di finanza si fosse limitata a sequestrare gli ordigni detenuti e trasportati illegalmente. L’operazione della Guardia di finanza di Locri si è sviluppata nella giornata di lunedì dopo che nelle vicinanze di Marina di Gioiosa era stato fermato e controllato uno dei tre fuochisti impegnato a Bovalino Superiore. Da lì è partita la scintilla che ha portato la Guardia di finanza ad un meticoloso controllo su tutto il territorio della Locride e quindi anche a Bovalino Superiore. E qui, in località Valle del Soccorso, sono stati rintracciati i furgoni carichi di artifizi pirotecnici ed i titolari delle fabbriche, identificati in Nicola Vallefuoco e Antonio Sorrentino, rispettivamente di Mugnano e Palma Campania in provincia di Napoli e Lorenzo e Maurizio La Rosa di Bagheria in provincia di Palermo. Tra il materiale sequestrato sono stati rinvenuti anche ordigni di cui in Italia è vietata la fabbricazione. Con il sequestro di lunedì la Guardia di finanza ritiene di avere inferto un duro colpo all’illecito traffico di materiale pirico. Le indagini, comunque, sono ancora in corso in quanto gli inquirenti devono verificare se ci siano o meno altri eventuali responsabili ed anche perché non escludono a priori l’ipotesi di altra destinazione degli ordigni di cui è vietata la fabbricazione. L’operazione di Bovalino Superiore, comunque, deve suonare come un campanello d’allarme anche per altre manifestazioni del genere che si svolgono in altri centri. Bovalino Superiore ha fatto da apri pista.(Giuseppe Pipicella)

La processione segue un lungo e tortuoso percorso, che attraversa l’intero paese, toccando gli estremi del Calvario e dello Zopardo, quasi a simboleggiare la materna protezione dell’Immacolata su tutti gli abitanti e le loro case. La stessa rappresenta il momento culminante dei festeggiamenti religiosi e alcuni passaggi rimangono impressi nella memoria per tutta la vita, come ricorda l’autore di Bovalino, già citato, nel suo ultimo libro Al tempo dei canonici di legno (pag. 97): “…Avevo ereditato, per suo desiderio (del nonno), il posto che egli aveva ricoperto nella confraternita dell’Immacolata…. Doveva trattarsi di un posto di prestigio nella gerarchia di quella congregazione, perché nelle processioni mi mettevano in mano un certo bastone (un pastorale?) ben più alto di me. Seguivo la processione tenuto per mano da mastro Luigi Talotta, che reggeva un bastone appena più corto del mio e, di quando in quando, mi suggeriva gridati Dimaria (Gridate Ave Maria). Io gridavo e la processione si arrestava. Dopo qualche minuto arrivava un nuovo suggerimento: gridati Patrinostru (Pater Noster). Al mio grido, la processione ripartiva. Quanto mi sentivo orgoglioso ed importante…” (Nelle processioni degli ultimi anni al posto del Pater Noster ho sentito l’invito Processione!)

Alla festa partecipano idealmente anche gli emigranti devoti del paese, che rimangono fortemente legati alla ricorrenza e che contribuiscono con le loro offerte per sentirsi vicini e presenti, come si evince per esempio da alcuni frammenti di vecchia corrispondenza: “Cordoba 5 agosto 1929. Si prega codesta procura non appena riceve questa sommetta che la pubblicano, e aspettiamo il suo riscontro per le contestazioni. I devoti della Beata Vergine Immacolata. Nota volontaria dei devoti della Beata Vergine Immacolata, che si trovano nella Repubblica Argentina: 1)Cicciarello Francesco di Giovanni £.50; 2)Nastasi Rosario fu Sebastiano £.50; 3)Zappia Antonio di Giuseppe £.50; 4)Cocciolo Giovanni di Bruno £.50; 5)Romeo Antonio di Rocco £.50/ Totale £.250.” / “Montreal 3 novembre 1933. Egregio don Vincenzo, ho ricevuto la vostra lettera dove mi dicevate che la moneta della Madonna l’avete ricevuto ma non la lista dei contribuenti, l’interessante era la moneta …ma in ogni modo giacché la volete ve la mandiamo ancora una volta. Auguriamo che la Beatissima Vergine Maria Immacolata ha voluto proteggere ancora una volta il suo paesello dalle grandi piogge torrenziali. Infiniti saluti dagli amici a tutti i paesani, vostro Marando Giuseppe. Per cooperazione di Marando Giuseppe, ecco la lista dei contribuenti: Marvelli Giuseppe $ 5; Marvelli Carmela $ 5; Morabito Giuseppe $ 5; Capogreco Vincenzo $ 2; Cucuzza Nicola $ 1; Marando Giuseppe $ 10./Totale $ 28”.

La festa ecclesiale dell’Immacolata rimane comunque l’8 dicembre. E su questa linea viene solennizzata, senza festeggiamenti civili e senza processione. Caratteristica è la Novena con recita del Rosario alle ore 5.30, seguita alle ore 6.00 dalla Celebrazione e Adorazione Eucaristica. / Il programma in genere è il seguente: 28 Nov. / Ore 17.00–esposizione dell’immagine dell’Immacolata Ore 17.30–Celebrazione Eucaristica 29 Nov.–07 Dic. / Novena: Ore 05.30–Santo Rosario Ore 06.00–Celebrazione e Adorazione Eucaristica 08 Dic. / Ore 6.00 e Ore 17.00-Celebrazione Eucaristia e ricollocazione statua Immacolata nell’altare privilegiato. La partecipazione alla Novena è sentita e corale, nonostante l’ora particolare, che però soddisfa le esigenze lavorative e il sacrificio devozionale dei fedeli. Nel passato, ricordano gli anziani, il sacrificio era più evidente, in quanto l’ora di inizio della Novena era alle ore 4.00 (giorno 8 veniva anticipato alle ore 3.00 per la lettura dell’officio inerente) e molti dei devoti salivano al borgo a piedi dalle campagne circostanti. L’ora mattutina è annunciata giornalmente dai tamburini, che percorrono tutte le strade del paese per dare la sveglia ai fedeli (ore 5.00).

Miracolo di settembre / Festa di popolo / festa di grande partecipazione. / Ogni anno per un giorno / la Madonna Immacolata / compie un grande miracolo, / fa annullare le differenze sociali / riesce a ridurre quelle culturali / si sforza di smorzare quelle comportamentali. / Per un giorno gli intolleranti intuiscono / che la loro libertà convive / con quella degli altri, / e gli ignoranti hanno il pudore / di non sbandierare arrogante vanagloria / e la convinzione di essere i soli nel giusto. / Per un giorno i superficiali non sono orfani / della capacità di pensare / e di approfondire le conoscenze, / e gli imbecilli non dispiegano gli effetti / della convergenza di tante categorie anodine / insieme nella stessa persona. / Per un giorno i mercanti di parole / riacquistano l’uso della ragione / e il rispetto della verità, / gli arroganti e i presuntuosi / si accorgono degli altri / dei loro diritti e pari dignità. / Per un giorno gli ipocriti / predicano bene / e amano gli uomini come i loro cani, / i sensibili gli intellettuali gli umili / offrono le loro qualità / per innalzare lodi al nome di Maria. / Puntuale ogni anno / festa di popolo / festa di grande partecipazione, / per un giorno tanto atteso / la Madonna Immacolata / compie il grande miracolo.

La festa, molto nota nella Locride, è seguita come detto in precedenza anche dagli organi di informazione, come si evince dai seguenti articoli di stampa:<La ricorrenza mariana lo scorso 8 settembre e domani Festa per Maria Immacolata, la Madonna che Bovalino celebra due volte l’anno. BOVALINO – La devozione per Maria Santissima Immacolata è antica ed è anche molto sentita a Bovalino Superiore che la festeggia per ben due volte: l’8 settembre e l’8 dicembre. I grandi festeggiamenti sia civili che religiosi si svolgono 1’8 di settembre, per ricordare l’invasione turca ad opera di Sinan Bassà (Scipione Cicala) il quale sbarcando sulla costa jonica si incamminò con i suoi uomini verso l’interno saccheggiando e seminando terrore e morte tra le indifese popolazioni del luogo ed a Bovalino Superiore, tra l’altro, dopo il saccheggio, appiccarono il fuoco. Si tramanda che mentre tutto bruciava avvenne il miracolo dell’Immacolata: un inasspettato temporale, spense l’incendio e salvò in parte l’antica Bovalino. A seguito del miracolo, con il patrocinio del feudatario, il marchese Sigismondo Loffredo, venne istituita l’arciconfraternita “Maria Ss. Immacolata” ed il papa Clemente VIII, acconsentì di far festeggiare quel miracolo l’8 settembre di ogni anno. Dopo i festeggiamenti estivi, pertanto, la comunità bova1inese si appresta a ricordare la protettrice secondo un calendario che è stato predisposto dall’arciconfraternita, dai fedeli e da don Emanuele Pipicelli. La santa novena è preannunciata ogni mattina alle ore 5 dal suono delle campane e dal rullio dei tamburi, la gente del luogo si reca nella chiesa matrice per la messa delle ore 6 che viene effettuata nella navata centrale, dove è collocata la statua lignea dell’Immacolata, di fattura settecentesca. Le sante messe vengono officiate da don Emanuele il quale, nonostante l’età, ha voluto essere vicino ai suoi parrocchiani per invocare la Madre Santa affinché in ogni. parte del mondo vi sia pace ed amore. Per il giorno 8 saranno celebrate tre messe: una alle ore 5,30, un’altra alle 10,30 ed infine alle ore 18,00. In tutte le occasioni sarà presente il coro parrocchiale e il gruppo di preghiera “Carlo sei con noi”. Intanto nella stessa chiesa matrice Francesco Clemente con l’aiuto dei giovani della parrocchia si sta dando da fare per allestire al meglio il tradizionale presepe elettromeccanico che ricostruisce angoli caratteristici del paese di Bovalino Superiore e lavori artigianali di un tempo. Ogni attività viene coordinata dal priore dell’arciconfraternita Antonio Blefari. (Domenico Agostini)> / <Bovalino. Si prepara la festa dell’Immacolata. L’antica e storica «frazione madre» di Bovalino Superiore si sta preparando a vivere anche quest’anno giorni di grande intensità per la ricorrenza della festa dell’Immacolata, che ogni anno si celebra l’8 settembre. Un avvenimento tra fede, storia e leggenda che la comunità di Bovalino Superiore (da cui nacque il centro di Bovalino Marina, attuale capoluogo) vive ogni anno con grande intensità, per ricordare, in particolare, un accadimento storico avvenuto l’8 settembre del 1594 e un successivo «avvenimento miracoloso» da cui nacque l’esigenza dei fedeli di organizzare grandi festeggiamenti in onore dell’Immacolata. Su espressa richiesta dei fedeli, appoggiata dal vescovo di Gerace dell’epoca, il Papa Sisto V concesse alla comunità di Bovalino Superiore il privilegio di festeggiare proprio l’8 settembre la festa in onore dell’Immacolata. E ancora oggi, per quel periodo, l’antico borgo si trasforma in ogni suo angolo per accogliere nel migliore dei modi tutti i fedeli che intendono rendere omaggio all’Immacolata. Purtroppo, però, c’è sempre qualcosa in più da fare perché il vecchio centro storico non gode, secondo alcuni residenti, di tutte le «simpatie» da parte di chi avrebbe il dovere di fare il possibile e anche l’impossibile per conservare nel migliore dei modi le radici di una comunità che un tempo visse stagioni di grande intensità culturale. Oggi, purtroppo, è «caduto» anche il vecchio tabellone stradale che indicava l’arrivo a Bovalino Superiore, ed è rimasto abbandonato ai bordi della sede stradale tra sterpaglie di ogni genere! Nei mesi scorsi, da consigliere comunale, a più riprese si è interessato del problema Domenico Violi, poi dimessosi da consigliere comunale proprio per non essere riuscito a ottenere per il suo «borgo antico» alcun intervento operativo. E questo è significativo… Ma ritorniamo a quel fatidico 8 settembre del 1594, quando il popoloso centro collinare dovette sopportare l’ennesimo assalto da parte di predoni arrivati dal mare con alla testa un avventuriero spietato, Scipione Cicala, ricordato più comunemente con il nome di Sinàn Bassà, genovese di nascita ma turco «per forza», tanto che fu costretto a rinnegare la fede cristiana per abbracciare l’islamismo. Narrano, infatti le cronache che Scipione Cicala, divenuto poi Sinàn Bassà, sia stato catturato dai turchi all’età di sedici anni e istruito alla guerra fino a raggiungere il grado di ammiraglio/comandante della potente flotta navale turca. Si vuole che, solcando il mare Ionio con i suoi spietati e selvaggi soldati, ebbe modo di sbarcare sulla spiaggia di Bovalino con il dichiarato intento di dare l’assalto all’antico centro collinare che andava fiero della sua cultura e delle sue ricchezze. Nonostante la strenua resistenza degli abitanti, non gli fu difficile mettere a ferro e fuoco l’intero paese le cui donne trovarono riparo nelle tante chiese dove pregarono, con fede e devozione, affinché lo spietato aggressore si allontanasse al più presto e le fiamme risparmiassero le loro case e i loro averi. La leggenda arrivata fino a noi vuole che all’improvviso il cielo, dapprima limpido e stellato, si sia ben presto annuvolato e dopo pochi attimi sia venuta giù acqua a non finire disorientando i soldati invasori che, presi dal panico, si allontanarono in tutta fretta. La gente, festante, incominciò a gridare al miracolo organizzando grandi festeggiamenti in onore dell’Immacolata. Da allora, si rinnova ogni anno la festa per commemorare quel miracoloso avvenimento. (Giuseppe Pipicella – Gazzetta del Sud, 27 agosto 2000)> / <Fino a venerdì in onore dell’Immacolata, a Bovalino esplode la festa.- Bovalino Superiore festeggia la sua patrona, Maria SS. Immacolata, raccogliendosi “attorno al paradisiaco sorriso della Madonna dalle chiome d’oro” per rinnovarLe la sua consapevole sudditanza, per chiederLe perdono e pietà, per prometterLe di ritrovare in fervore di intendimenti cristiani e di opere sagge, le smarrite vie del Signore”. Con queste parole l’Arciconfraternita intitolata alla Madonna, ha presentato il manifesto che contiene il ricco programma religioso e civile. Lo hanno annunciato, firmando il cartellone, il parroco Padre Giuseppe Pittarello e il priore dell’Arciconfraternita Antonio Blefari.Le cerimonie religiose sono già iniziate il 29 agosto, data dell’esposizione dell’antico simulacro della Vergine Immacolata per l’inizio della novena. Oggi, 6 settembre, è dedicato agli emigranti. Durante la Messa si svolgerà anche il rito della vestizione dei nuovi Confratelli. Le funzioni religiose saranno concluse l’8 settembre con la benedizione eucaristica e la solenne processione per le vie del paese. Sul piano civile, questa sera si esibirà il gruppo teatrale di Bianco “I boni quando dormunu” con la commedia satirica “I Bianchisani in pretura”e subito dopo il gruppo “La gufata” intratterrà il pubblico con giocolieri, giullari, clown, giochi di strada ed altro ancora. Giovedì l’atteso concerto de “I Gazzosa”, i giovanissimi cantanti e musicisti lanciati da Caterina Caselli, per due volte presenti al Festival di San Remo. I Gazosa (Jessica Morlacchi (voce e basso), Federico Paciotti (chitarra), Valentina Paciotti (tastiere) e Viiicenzo “Vinnie” Siani (batteria) suonano da parecchio tempo, incoraggiati e assistiti dai genitori che sono musicisti a loro volta, hanno voglia di suonare, cantare e stare assieme ai loro beniamini, per trasmettere emozioni e messaggi positivi, come ha detto bene Valentina in una intervista di qualche anno fa: “siamo contenti perché facciamo la musica che ci piace e lanciamo messaggi positivi ai ragazzi. Ci sentiamo principalmente dei musicisti e la musica è la nostra vita”. Giorno 8 il gran concerto bandistico “Città di Lauro” della regione Campania, diretto dal maestro Giuseppe Carannante si esibirà in una gran serata operistica. I fuochi pirotecnici dei fratelli Di Candia da Sassano (Salerno) e Antonio Lieto di Baiano (Avellino) concluderanno la grande festa dedicata alla Madonna Immacolata. (Domenico Agostini – Il Quotidiano, 6 settembre 2006)> / < Si chiudono oggi a Bovalino Superiore i festeggiamenti in onore di Maria SS. Immacolata. Oggi Bovalino Superiore, frazione “madre” dell’attuale Municipio di Bovalino Marina, rinnova (e conclude) i tradizionali festeggiamenti in onore di Maria SS. Immacolata la cui ricorrenza richiama un triste avvenimento accaduto l’8 settembre 1594 quando l’antico e storico centro collinare venne attaccato, saccheggiato e quasi interamente bruciato dai turchi invasori guidati dal sanguinano Sinan Bassà (Scipione Cicala) il quale, con la sue sanguinarie truppe, sarebbe entrato oltre le mura di cinta a causa del tradimento di un “personaggio “del posto. Attraverso i racconti della “fede e della tradizione” si è tramandato, in tutti i suoi particolari, il miracolo che si sarebbe verificato quando tutto il paese stava bruciando ed il cielo era limpido e terso come poche altre volte era stato visto. Si vuole che, mentre infuria va per le strette viuzze del paese una terribile battaglia tra i residenti e gli invasori, molta altra gente era riuscita a raccogliersi nella chiesa più importante del posto per pregare la Vergine Immacolata. Secondo i racconti dei fedeli, all’improvviso è scoppiato, davvero inatteso, un tremendo temporale con scrosci d ‘acqua cosi potenti da spegnere, in pochi minuti, le fiamme che ormai stavano avviluppando tutto il paese. Gli invasori, davanti a tale avvenimento inatteso e inspiegabile, scapparono verso la marina e ripresero il mare senza farvi più ritorno. Da tale accadimento, ricordato come un grande miracolo, su una specifica richiesta del popolo e dell’autorità ecclesiastica, Papa Clemente VIII diede l’autorizzazione a celebrare, appunto l’8 settembre, la festa del Miracolo che l’Arciconfraternita locale, istituita durante il dominio del feudatario marchese Sigismondo Loffredo, oggi guidata dal Priore dr. Antonio Blefari, ogni anno organizza in onore della “ Madonna dalle chiome d’oro” per “rinnovarLe la sua consapevole sudditanza, per chiederLe perdono e pietà, per prometterLe di ritrovare in fervore di intendimenti cristiani di opere sagge, le smarrite vie del Signore”. E per tutti l‘8 settembre è festa grande; una festa a cui non si può mancare e dove la processione serale, con pittoresca fiaccolata, è seguita dalle massime autorità cittadine e da migliaia di fedeli arrivati da ogni dove. Nessuno vuole mancare al tradizionale appuntamento che, ogni anno, cade a pochi giorni di distanza dell’altro tradizionale appuntamento con la Madonna della Montagna di Polsi. Non solo non si vuole mancare al tradizionale appuntamento, ma addirittura si organizzano le ferie estive proprio in funzione della festa dell’8 settembre dopo della quale la vita riprende con il solito tran tran quotidiano e molti di quelli che la sera prima hanno festeggiato il giorno dopo partono, con le macchine ricolme di ogni ben di Dio e il ricordino della Madonna in tasca, per riprendere il lavoro al Nord della penisola o per raggiungere la Germania, la Svizzera, il Belgio o la Francia dove i bovalinesi hanno trovato lavoro, benessere e tanta benevolenza. Sarà così anche quest’anno. A tutti un caldo arrivederci al prossimo 8 settembre mentre Ciccio Clemente, primo collaboratore del Priore Blefari, già da domani, incomincerà a pensare al grandioso presepe elettromeccanizzato che ogni anno si fa ammirare in tutta la sua bellezza artistica. (Giuseppe Pipicella – La Gazzetta del Sud, 8 settembre 2006)>

CAPITOLO NONO – IL PRESEPE
Il presepe è un’altra interessante “creatura” dell’Arciconfraternita di Bovalino Superiore. E’ dal Natale del 1962 che viene realizzato nella Chiesa Matrice un originale presepe elettromeccanizzato. In quell’anno il nuovo parroco padre Domenico De Tommasi riusciva ad avvicinare alla Chiesa i giovani motivando la loro partecipazione alle varie manifestazioni, finalizzando le loro energie e creatività, a stimolarli appassionandoli alla realizzazione di un grande presepe. Il presepe, ogni anno diverso e reinventato, perfezionato e curato nei particolari, viene realizzato per incarico dell’Arciconfraternita dal sig. Clemente Francesco con amore competenza e vera passione da quel lontano 1962. Lo stesso Clemente provvede alla creazione artigianale delle statue necessarie. In particolare vengono messe in risalto le antiche tradizioni, gli antichi mestieri e gli ambienti più caratteristici del centro storico. L’egregia fattura del presepe richiama ogni anno sempre più la curiosità e l’interesse dei visitatori provenienti da ogni parte, che vedono in esso un formidabile strumento di comunicazione, attraverso il linguaggio iconoco e artistico, dei valori genuini e primitivi della fede di questa comunità che li ha sempre posti al centro della vita familiare. Ha ricevuto diversi premi speciali come miglior presepe dall’Associazione Amici del presepe di Reggio Calabria ; è stato oggetto sempre di servizi televisivi e di articoli di stampa, come sottoriportati. <Bovalino: primo premio al presepio meccanico, allestito nella Chiesa Matrice.“La Commissione ‘Amici del Presepio’ riunitasi recentemente a Reggio Calabria ha designato vincitore per il Concorso del «Presepio Cristiano Natale‘84» il presepio elettromeccanizzato allestito nella Chiesa Matrice Maria Santissima Immacolata di Bovalino Superiore. La massima onorificenza provinciale di cui è stato insignito il Presepio di Bovalino Superiore è stata sancita con la consegna del diploma d’onore per mezzo delle mani del vescovo metropolita di Reggio,mons.Aurelio Sorrentino.L’eccellente opera cattolico-culturale in Bovalino Superiore è stata realizzata a cura dell’Arciconfraternita di Maria Santissima Immacolata sotto il patrocinio dell’assessore dell’industria e commercio della Comunità Montana «Aspromonte Orientale» Giuseppe Blefari. Per la definitiva realizzazione dell’opera hanno dato il loro contributo un gruppo di giovani iscritti all’associazione «Amici del Presepio», di concerto con il validissimo impegno di alcuni artigiani che con grande passione e con spirito di sacrificio hanno consentito l’allestimento dell’opera. La progettazione e la pittura artistica è stata curata da Francesco Tallarida mentre ha provveduto agli effetti luce e alla parte meccanica Francesco C1emente. Per ammirare l’opera, si è recato in visita ufficiale a Bovalino Superiore il vescovo della diocesi di Gerace-Locri, monsignor Francesco Tortora. Il presule si è detto entusiasta del «Presepio meccanizzato», complimentandosi anche con quanti vi avevano lavorato alla realizzazione.” (“Oggi Sud”, 29 gennaio 1985)> <Bovalino S.. In allestimento l’artistico e monumentale presepe elettromeccanico grande 120 mq. Centro storico in miniatura. Magiche atmosfere che richiamano file di visitatori. “Giunti all’Avvento, il tempo liturgico in cui la Chiesa si prepara a celebrare la ricorrenza del Natale, tornata da poco agli antichi splendori, ci si prepara ad allestire l’artistico e monumentale presepe elettromeccanico che occupa una superficie di circa 120 mq. Il priore dell’Arciconfraternita “Maria SS. Immacolata”, dottor Antonio Blefari, ha affidato la realizzazione dell’opera all’artista Francesco Clemente e al suo staff. Elettricisti, carpentieri, idraulici, falegnami, di anno in anno si adoperano instancabilmente per mantenere viva la tradizione del Presepio, introducendovi sempre qualche novità. Testimoniano così che l’antico si sposa col nuovo. «La caratteristica del presepe, meta di interminabili file di visitatori – afferma Blefari – è rappresentata dalla ricostruzione di antiche viuzze del centro storico di Bovalino Superiore». Il prospetto dell’altezza di quattro metri, i personaggi costruiti e animati meccanicamente e artigianalmente, permettono di riprodurre i movimenti simulando le tipiche attività lavorative paesane. «In un magico gioco di luci -aggiunge il priore della Confraternita fondata nel 1594 – si ricrea l’alternanza delle quattro fasi: notte, aurora, alba e sorgere del sole. Di fronte all’immensa palla di fuoco si resta ammaliati. Non meno suggestivi sono il tramonto, il passaggio delle nuvole, le stelle, la luna, l’apparizione dei coro degli Angeli che inneggiano “Gloria a Dio nell’alto dei cieli…». Che dire poi della fantasmagorica novità che è la tempesta? Lampi, tuoni, vento, pioggia stupiranno certamente i visitatori calabresi che non mancano al tradizionale appuntamento natalizio della visita dell’originale presepe elettromeccanico ripetutamente premiato dall’Associazione reggina “Amici del Presepe”. (Rosanna Orlando – Il Domani, 15 novembre 2001)> <Profumo di Natale. A Bovalino Superiore sono già all’opera per allestire il caratteristico Presepe elettromeccanico. Giunti all’Avvento, tempo liturgico in cui la Chiesa si prepara a celebrare, la ricorrenza del Natale, anche nei centri della Locride ci si appresta ad allestire i caratteristici presepi. Ed è bello, vedere come le statuette, piccole o grandi, lignee o di terracotta, statiche o in movimento, ben disposte nella mangiatoia, in taverne, sotto le stelle, a ridosso dei fiumi o sui crinali richiamino folle di visitatori. A Bovalino Superiore, nella Chiesa Matrice restaurata di recente, il compito di montare l’artistico e monumentale presepe elettromeccanico occupante una superficie di circa 120 mq, è stato affidato all’artista Francesco Clemente e ai suoi collaboratori.Il dottor Antonio Blefari, priore dell’Arciconfraternita “Maria SS. Immacolata”, ha dato l’incarico di realizzare il presepe mobile ad un efficiente staff di elettricisti, carpentieri, idraulici e falegnami. Le maestranze locali, guidate da Clemente, saranno impegnate ad azionare i tipici personaggi d’epoca che instancabilmente ripeteranno i gesti del lavoro quotidiano. L’équipe, protesa a mantenere viva, la tradizione del Presepio arricchendolo di novità valorizzanti ed esaltanti il sacro evento, ricorderà alle genti che la freschezza ha la pregnanza della tradizione. bimillenaria. “La caratteristica del presepe, meta di interminabili file di visitatori — afferma Blefari – è rappresentata dalla ricostruzione di antiche viuzze del centro storico di Bovalino Superiore. Il prospetto dell’altezza di. 4 metri, i personaggi, costruiti e animati meccanicamente e artigianalmente, permettono di riprodurre i movimenti simulando le tipiche attività lavorative paesane e richiamano agli antichi mestieri.“In un magico gioco di luci, – aggiunge il priore della Confraternita fondata nel 1954 – si ricrea l’alternanza delle quattro fasi: notte, aurora, alba e sorgere del sole. Guardando il “quadro vivente” che rappresenta la nascita di Gesù, l’apparizione del coro degli angeli inneggianti al “Gloria a Dio nell’alto dei cieli …“, ci si sente avvolgere da quell’atmosfera di luce proveniente dall’immensa palla di fuoco. Richiama alla fiamma dell’amore che pervadendo il cuore degli uomini di buona volontà finirà col riscaldare i sentimenti dei tiepidi. Il tramonto, il passaggio delle nuvole, le stelle, la luna lasciano intravedere un Dio che nel fare bella ogni cosa, richiama all’armonia del Creato e alla pace sul pianeta terra. Ma c’è pure la fantasmagorica tempesta. Lampi, tuoni, vento, pioggia mentre immettono nel clima natalizio non mancheranno di richiamare alla difesa e alla tutela ambientale. I calabresi durante la tradizionale visita all’originale presepe elettromeccanico percepirannno in maniera crescente che la nascita del Salvatore, l’atto della divina natività, va compreso nel suo immenso significato. Il presepe di Bovalino Superiore è stato premiato più volte dall’Associazione reggina “Amici del Presepe” impegnata a tenerne vivo il ricordo il culto e a rilanciare l’arte e il gusto dei diversi artigiani che con le diverse tecniche modellano figure espressive rivestendole di costumi di squisita fattura. (Rosanna Orlando – 2001)> <Riscoprire te tradizioni attraverso i presepi che ricostruiscono gli antichi borghi: “Bovalino. A ben guardare, le tradizioni storiche di Bovalino Superiore si materializzano attraversò l’artistico presepe elettromeccanizzato allestito da Francesco Clemente e dai suoi più stretti collaboratori nella chiesa matrice dell’antico borgo dove giornalmente arrivano centinaia di persone richiamate anche dalla possibilità di visitare il museo d’arte sacra e delle confraternite. La caratteristica del presepe sta tutta nella ricostruzione degli antichi vicoli, delle piazze, dei tradizionali balconi in ferro battuto, delle scale ornate di fiori con sullo sfondo il classico tramonto di collina con il paesaggio aspromontano che lascIa intravedere l’armonia del Creato. Per immettersi degnamente nell’armonia del clima natalizio, Francesco Clemente ci ha messo pure lampi, tuoni, vento e pioggia ricreando una fantasmagorica tempesta fatta di luci e di colori. L’arte e la tradizione del presepe. quindi, continuano grazie all’impegno di Francesco Clemente che sicuramente, anche quest’anno, avrà i meritati riconoscimenti da parte dell’asso-ciazione «Amici del presepe». Dal presepe si può passare direttamente al Museo d’arte sacra aperto circa tre mesi addietro nella Cripta della stessa chiesa Matrice.” (Giuseppe Pipicella – La Gazzetta del Sud, 27 dicembre 2002)> <La suggestiva opera dell’artista Francesco Clemente, un presepe elettromeccanico, fa bella mostra a Bovalino S.. “Anche quest’anno a Bovalino Superiore in Avvento, tempo di vigilanza che prepara al Natale, nella cinquecentesca Chiesa Matrice tornata recentemente agli antichi splendori, è stato preparato il presepio elettromeccanicizzato. Artefice della suggestiva opera, l’artista Francesco Clemente e il suo team di cooperatori (elettricisti, idraulici e falegnami) che, quasi per tradizione, su incarico del priore della Confraternita “Maria SS. Immacolata” (1594), dott. Antonio Blefari, con passione mantengono viva la tradizione del Presepio. L’opera monumentale che si estende su una superficie di circa 120 m. quadrati vede in particolare ricostruite quest’anno le caratteristiche viuzze del centro storico di Bovalino Superiore e realizzata in miniatura la facciata dell’antica chiesa del Rosario col bel portale ogivale decorato con tralci di vite e visi di angeli. Ma c’è di più: all’interno del portale è stato riprodotto il Borghetto dello Zopardo in cui si trova la stessa chiesa. Il fantastico presepio elettromeccanico è stato dichiarato dalla Soprintendenza ai Beni Artistici alla metà degli anni ’70, monumento nazionale. «Il prospetto principale del presepio alto 4 metri – ha affermato il dottor Blefari – riproduce la facciata di un’antica chiesa della città di Atene, di cui il liceo “Proto Piramatiko” della metropoli greca è gemellato con il Liceo Scientifico “Francesco La Cava” di Bovalino a seguito della visita di studenti ed insegnanti delle classi del triennio del progetto “Brocca Classico”, agli inizi del passato mese di novembre». E continuando ne ha descritto le peculiarità: «personaggi costruiti artigianalmente e animati meccanicamente permettendo di riprodurre i movimenti delle tipiche attività lavorative dei contadini e degli artigiani, lavori che oggi tendono a scomparire. Inoltre il gioco di luci con l’alternanza delle fasi quali: l’aurora, l’alba, il passaggio delle nuvole, la pioggia con vento, lampi e tuoni, l’apparizione del coro degli angeli in cielo, le stelle, il tramonto, la luna». L’artista, con un pizzico di giusto orgoglio ha affermato: «Il presepio che chiama a raccolta tantissimi visitatori provenienti da varie parti della Calabria è stato premiato più volte dall’Associazione “Amici del Presepio”. Il presepe lo si può visitare fino al due febbraio nei giorni festivi dalle ore 9,30 alle 12.00 e dalle 15,30 alle 19.00, mentre in quelli feriali dalle 16,30 alle 19.00. I visitatori oltre al presepio potranno ammirare il Museo di Arte Sacra, ospitato nella cripta della Chiesa Matrice, inaugurato durante i festeggiamenti dell’Immacolata Concezione dello scorso anno. Il paese dalle antiche tradizioni, grazie alla Confraternita e al parroco don Giuseppe Pittarello è proteso a far sì che queste si rinnovino trasformandosi in convinzioni. «Chi ama la lettura – ha affermato il prof Blefari, fratello del priore – potrà interessarsi al libro intitolato “Bovalino un borgo da salvare” scritto da Antonio Ardore e stampato col contributo dell’Arciconfraternita “Maria SS. Immacolata” e dell’Amministrazione Comunale di Bovalino. Il ricavato della vendita del volume esposto nella cripta, sarà utilizzato dalla Confraternita per il restauro della casa natale del Beato Camillo Costanzo, ubicata nelle vicinanze della Matrice.” (tratto dal n. 55 del periodico “Calabria Ecclesia Magazine” del 19 dicembre 2003)> <Ammirato il presepe di “mastro” Clemente. “Bovalino. La storica e tradizionale arte del presepe continua a vivere nell’antico borgo di Bovalino Superiore grazie all’attività instancabile di “mastro” Ciccio Clemente e dei suoi collaboratori (Francesco Macrì in prima linea) elettricisti, idraulici e falegnami. La versione di quest’anno riproduce uno spaccato di vita paesana vissuta nella località Zopardo dove anticamente venivano praticati arti e mestieri oggi scomparsi. Il presepe di Bovalino Superiore rappresenta anche un tradizionale punto di riferimento per gli innamorati dell’arte sacra che l’Arciconfraternita Maria SS. Immacolata (presidente il dr. Antonio Blefari) sta curando con attenzione grazie al Museo d’arte sacra aperto nella cripta della chiesa Matrice. I due siti, in pochi giorni, sono stati già visitati da migliaia di fedeli. Fino al prossimo due febbraio sarà possibile visitare l’artistico presepe (ed anche il Museo d’arte sacra) sia nella mattinata che di pomeriggio nei giorni festivi mentre nei giorni feriali sarà possibile visitarlo soltanto dalle ore 15,30 alle ore 19. Per il secondo anno, inoltre, l’Arciconfraternita (fondata nel 1594) ha realizzato un calendario di prestigio con notizie storiche sull’antica “Città di Mocta Bubalina” che meritano un attento approfondimento. Intanto il coro polifonico diocesano “Laetare” dedicherà il concerto che terrà nella chiesa S Nicola di Bari di Bovalino centro venerdì prossimo all’Unitalsi e agli ammalati Si tratta di una iniziativa molto importante che, come ha scritto padre Giuseppe Castelli nel bollettino domenicale, servirà anche a dare un momento di gioia a tante persone che ne hanno bisogno.” (Giuseppe Pipicella – Gazzetta del Sud 4 gennaio 2007)>

Il presepe del borgo / Anche quest’anno, / come tutti gli anni / quasi ininterrottamente / dal millenovecentosessantadue, / nell’antico Borgo di Bovalino Superiore, / l’artistico presepe elettromeccanico / è nato dalle mani sapienti e intelligenti / del signor Ciccio Clemente, / su incarico del priore / della locale Arciconfraternita / sempre attenta al recupero di riti e della tradizione. / Anche quest’anno, / come tutti gli anni, / rimodellato su progetto diverso, / ricostruisce vicoli e scorci / del centro storico / e ripropone i tipici personaggi / creati artigianalmente che, / con i loro lenti movimenti, / ripetono i gesti dei lavori quotidiani / di un mondo ancora vicino nel tempo / ma lontanissimo psicologicamente. / Anche quest’anno, / come tutti gli anni, / il successo di visitatori / al presepe, aperto fino a febbraio, / è già assicurato. / Molti gli appassionati in visita / -e del sottostante Museo d’arte sacra / inaugurato a settembre del 2002-, / molti i riconoscimenti, come è giusto / e meritati nel corso degli anni, / dall’Associazione specialistica con sede a Reggio Calabria. / Anche quest’anno, / come tutti gli anni, / c’è lo sforzo tenace / di pochi e testardi, / fedeli ai riti / e alla tradizione del Borgo, / di creare una suggestione / di provocare un ricordo / un rimorso un sorriso / un po’ di nostalgia / e un ritorno all’antico

La festa del Natale è vissuta in questa Comunità con partecipazione analoga rivolta alla festa dell’Immacolata. Le due solennità vengono vissute senza soluzione di continuità, anzi in genere l’Arciconfraternita li accomuna in un programma unico, indicandone anche le comuni finalità: “Due momenti vissuti intensamente dalla nostra comunità; l’Immacolata e il Santo Natale. Vogliamo rinnovare il nostro grazie a Maria per tutto quello che, da Lei, fino ad ora abbiamo ricevuto, consapevoli che ancora, come nostra generosa Madre, ci sarà di grande sostegno. Eleviamo la nostra lode a Dio che si fa uomo per noi, per farsi conoscere, per insegnarci la strada della pace, della gioia e del perdono, per accompagnarci nella nostra vita quotidiana. L’Arciconfraternita di Maria SS. Immacolata si augura che questi non siano due momenti che passano in fretta, ma che possano lasciare una traccia di impegno e di vita nuova. Un grazie sincero a tutti coloro che hanno collaborato, con grande amore, sacrificio e costanza alla buona riuscita del presepio”.

La simbologia del presepe trova l’atto finale nel “bacio al bambinello”, che si rinnova per tradizione durante la celebrazione eucaristica dell’Epifania.

Natale /Buio. /Poi una due cinque tante luci /illuminano /un albero /un presepe /palline colorate /pastori /neve /rami /una grotta /un bambino /nudo / caldo /ai soffi di un bue e un asinello! / Genitori / piccoli / miseri / grandi / una mamma e un papà / commossi / piangono / mentre / lassù / angeli bianchi / cantano l’inno della carità: / “Gloria a Dio nell’alto dei Cieli / e pace in Terra agli uomini di buona volontà”.

A volte ai programmi natalizi vengono aggiunti momenti di cultura, come quello musicale del 2003, il sottoindicato Recital natalizio, tenuto nella Chiesa Matrice giorno 26 dicembre dal trio Teresa Cardace (soprano), Antonio Santoro (flauto) e Salvatore Mendicino (pianoforte): Prima parte: E SCHUBERT (Serenata); G. BIZET (Minuetto – L’Arlesienne); GASTALDON (Musica proibita); G. BIZET (Ent’acte – Carmen); G.ROSSIGNI (L’Invito); G.ROSSIGNI (“Una voce poco fa” – Barbiere di Siviglia); E. LEHAR (Romanza della vita – Vedova Allegra); P.I.CIAIKOVSKI (Scena dal “Lago dei Cigni”); E LEHAR (Tace il labro – Vedova Allegra); C. SAINT-SAENS (Le Cygne). Seconda parte: E. MORRICONE (Colonne sonore); G.GERSHWIN (Medley); JONN LENNON- YOKO ONO (Happy Xmas).

CAPITOLO DECIMO – IL MUSEO D’ARTE SACRA
Il Museo d’Arte Sacra di Bovalino Superiore, inaugurato giorno 6 ottobre 2002 , è stato allestito dall’Arciconfraternita e dal suo attuale Priore dott. Antonio Blefari. In esso è esposto il materiale-tesoro più importante che la Chiesa possiede e ha prodotto nel corso della sua plurisecolare attività. Il Museo sorge all’interno della struttura più suggestiva della Chiesa Matrice, la Cripta detta Juditria e si propone di recuperare la memoria della storia religiosa del paese. Molti sono i reperti interessanti, salvati con passione e tenacia dall’incuria degli uomini e dall’usura del tempo; il più importante è senz’altro il reliquario, costruito nel 1629 di ottone dorato, per l’originalità stilistica, per l’egregia fattura e per i significati religiosi e misterici che sottintende. Per l’arricchimento del Museo, inoltre, si cerca di recuperare libri e reperti, che abbiano attinenza con la storia della Chiesa e della Confraternita, presso privati ed Enti, come si evince dalla seguente lettera: / Parrocchia “Santa Caterina V. M.” / Chiesa Matrice “Santa Maria ad Nives e San Nicola di Bari” / 89034 – Bovalino Superiore (RC) / Egregio Signor Sindaco del Comune di / 89034 – Bovalino (RC) / Oggetto:P.Giuseppe Pittarello — parroco di Bovalino Superiore (RC). / Richiesta concessione libri Fondo Morisciano. / Il sottoscritto P. Giuseppe Pittarello, parroco a Bovalino Superiore (RC) della Chiesa “Santa Caterina V. M.” e della Chiesa Matrice “Santa Maria ad Nives e San Nicola di Bari”, essendo stato istituito nel settembre 2002, durante i festeggiamenti patronali per l’Immacolata Concezione a Bovalino Superiore (RC) nella cripta della Chiesa Matrice, un Museo d’Arte Sacra che custodisce oggetti facenti parte della storia religiosa di Bovalino (RC) a partire dal XVI secolo, sapendo che alla fine degli anni ‘90 del passato secolo, a seguito della ristrutturazione interna del palazzo Morisciano a Bovalino M. (RC), sono stati recuperati su iniziativa dell’allora responsabile della Biblioteca Comunale “Mario La Cava” di Bovalino M. parte dei volumi della biblioteca Morisciano e depositati nella stessa Biblioteca Comunale e non resi fruibili al pubblico fino ad oggi, / c h i e d e / alla S.V.I. la concessione dei suddetti libri denominati “Fondo Morisciano” da conservare ed esporre nel menzionato Museo d’Arte Sacra, con entrata gratuita, nella cripta della Chiesa Matrice di Bovalino S. (RC), rendendoli così fruibili alla visione del pubblico. / Si fa inoltre presente che i suddetti libri facevano parte della biblioteca personale dell’illustre concittadino Mons. Raffaele Antonio Morisciano, Vescovo di Squillace (CZ) per oltre cinquant’anni, nato il 19 ottobre 1811 nel palazzo di famiglia nel borgo-castello a Bovalino S. ed ancora d’imperitura memoria essendo stato anche parroco a Bovalino Superiore. / In attesa porgo distinti saluti. / Bovalino S. (RC), lì 06/12/2003 / Il Parroco (P. Giuseppe Pittarello)

Quello che segue è l’elenco completo del materiale, presente nel Museo alla data dell’8 settembre 2002.

Spazio espositivo n.1 – ENTRATA / 1)CROCIFISSO LIGNEO, proveniente dal Convento di Santa Maria del Gesù (sec. XVIII). 2)QUADRO “MADONNA COL BAMBINO”, eseguito a macchina da scrivere da Giuseppe Ardore nel 1972. 3)QUADRO “MADONNA SS. DEL ROSARIO” di Benestare. 4)QUADRO “B. CAMILLO COSTANZO” eseguito alla fine dell’800. 5)CONTRAPPESO OROLOGIO del campanile distrutto nel 1908.

Spazio espositivo n.2 – 1^CAPPELLA / 6) VETRINETTA N.1 (- PIANETA, dono di Leccane Giuseppe, appartenuta al vescovo Balsamo. – N.2 PIANETTE di color neroverde e altri arredi. – CANAPEO, copritabernacolo proveniente dalla Cappella Santissima della Chiesa Matrice). 7) VETRINETTA N.2 (-VESTITO MADONNA DEL ROSARIO, con tessuto laminato in argento con ricami in oro. -VESTITO MADONNA DEL ROSARIO, damascato e indossato dalla Madonna al tempo della battaglia di Lepanto, proveniente dalla Chiesa dello Zopardo. – MANTO in azzurro a corredo del vestito. -VELO VETRINETTA coprisanti). 8) CROCI (n.3) in legno provenienti dal Vecchio Calvario. 9) CROCIFISSO proveniente dalla Chiesa di Santa Caterina. 10) CANDELABRO proveniente dalla Chiesa di Santa Caterina. 11) FRAMMENTI provenienti dal pergamo (pulpito). 12) PEZZO CORO LIGNEO proveniente dalla Chiesa Matrice 13) QUADRO “IMMACOLATA” proveniente dalla cappella della Cripta. 14) BARELLA MORTUARIA + PEZZI CASSA MORTUARIA utilizzati per i confratelli passati a miglior vita.

Spazio espositivo n.3–SPAZIO TRA LE DUE CAPPELLE / 15) RESTI MARMOREI (n.2) provenienti dal Castello. 16) PIETRE SANTE (n.4) provenienti dalla Casa Matrice, considerate alla stregua di reliquie. 17) FRAMMENTI LIGNEI provenienti dall’Altare maggiore del Convento di Santa Maria del Gesù. 18) CROCIFISSO LIGNEO proveniente dall’Altare del Beato Camillo Costanzo della Chiesa Matrice. 19) QUADRO “SANTA FILOMENA” (sec.XIX).

Spazio espositivo n.4 – 2^ CAPPELLA / 20) ANTE (n.2) portone in legno proveniente dalla Chiesa Matrice. 21) “PETRERA”, piccolo mortaio che, caricato con polvere da sparo e frammenti di tegole, veniva utilizzato (sparato) per avvisare dell’inizio della novena dell’Immacolata, a settembre e a dicembre. 22) GRADINO della cripta 23) FRAMMENTI DI CAPITELLI provenienti dal Castello. 24) “CARACACI”, strumenti che sostituiscono il suono delle campane il venerdì santo. 25) “TROCCOLE” (n.3). 26) ANTENNE PROCESSIONALI (n.8). 27) CORONE DI SPINE (n.11), indossate dai Confratelli venerdì santo, in occasione della Chiamata della Madonna e dinnanzi a CRISTOMORTO, e sabato santo al CALVARIO. (Le stesse CORONE e la CROCE si usano in occasione della morte di un confratello. 28) INCENSIERE proveniente dalla Chiesa di Santa Caterina. 29) TABERNACOLO proveniente dall’altare dell’Immacolata (Chiesa Matrice), opera (o dono?) dei sigg.Carpentieri Giovanni e Parisi Giuseppe, datato 1879. 30) CROCIFISSO proveniente dal pulpito della Chiesa Matrice (sec.XIX).

Spazio espositivo n.5 – SPAZIO DAVANTI 2^ CAPPELLA / 31) STAZIONI VIA CRUCIS (n.6) provenienti dalla Chiesa di Santa Caterina. 32) LETTERA della Sottointendenza del Distretto di Gerace con oggetto “Opere pubblicate in Bovalino”. 33) STATUA LIGNEA di Santa Filomena, datata 1843, proveniente dalla Chiesa Matrice. 34) ARCA SACRA di San Giovanni, proveniente dalla Chiesa Matrice. 35) BASE ACQUASANTIERA proveniente dalla cripta. 36) MANO DI STATUA tenente Gesù Bambino,proveniente dalla Chiesa di Santa Caterina. 37) QUADRI (n.2) di Pino Giordano (Immacolata e La Madonna del Sedile). 38) CROCE in ferro proveniente dalla Chiesa di Santa Caterina. 39) VETRINETTA N. 3 (- STATUA LIGNEA di San Nicola di Bari (inizio ‘800) – ANGIOLETTI in cartapesta provenienti dall’altare maggiore della Chiesa Matrice). 40) VETRINETTA N. 4 (- ABITO MADONNA DEL CARMINE CON MANTO (d’epoca non recente) – PIANETA damascata proveniente dalla Chiesa di S. Caterina – TELO per vetrina Coprisanti). 41) VETRINETTA N. 5 (- STENDARDO ARCICONFATERNITA SS.Immacolata (d’epoca non recente) – VELO OMERALE – PIANETA stile romano anni ’30 con stola e canapei (dono del sac. Don Emanuele Pipicelli) – VELO OMERALE offerto dalla Sig.ra Chiarantano Nanà – GESU’ BAMBINO, portato in giro la notte di Capodanno in segno augurale – ABITO e MANTO della Madonna Addolorata, di proprietà del Duca che li consegnava alla Confraternita (o alla Chiesa?) da giovedì al sabato santo con atto notarile, per essere utilizzati nei riti pasquali (giovedì per la chiamata di Cristo morto …..) 42) ASTE DA CERIMONIERE (n.3) dell’Arciconfraternita.

Spazio espositivo n.6 – SPAZIO CENTRALE / 43) CAMPANE (n.2) provenienti dalla Chiesa del Rosario (datate 1414 e 1590) / 44) QUADRO “ADORAZIONE DEI MAGI” di Guido Reni (inizio ‘800?, proveniente dalla Chiesa Matrice. 45) QUADRO “ANGELO” del XIX sec. Proveniente della Chiesa Matrice. 46) QUADRO “SAN GIUSEPPE” del XIX sec. 47) LIBRI contabili (n.6) dell’Arciconfraternita: – Registro di Contabilità della Confraternita dal 1921 al 1928; – Registro di Contabilità della Confraternita dal 1929 al 1942; – Registro di Contabilità della Confraternita dal 1937 al 1943; – Registro di Contabilità della Confraternita dal 1944 al 1950; – Registro di Contabilità della Confraternita dal 1953 al 1960; – Registro di Contabilità della Confraternita dal 1961 al 1971. 48) VETRINA N.6 (- CANDELABRI (n.6) del sec.XIX provenienti dalla Chiesa Matrice – CROCE in legno del sec.XIX proveniente dalla Chiesa Matrice – CANDELIERI in ottone del sec.XIX provenienti dalla Chiesa Matrice – CROCI (n.2) del sec.XIX provenienti dalla Chiesa Matrice – URNA per il SS. Sepolcro del XIX proveniente dalla Chiesa del Rosario – CORNICI PORTA PREGHIERE (n.3) dell’inizio ‘900, utilizzate per la festa dell’Immacolata – CROCE in ottone della fine del XIX sec. proveniente dalla Chiesa di Santa Caterina – CAMPANELLO in bronzo del XIX sec. – CANDELIERI di varia dimensione (n.19) – CROCE in ottone del sec.XIX proveniente dalla Chiesa Matr.-CANDELIERI in ottone (n.6) del sec. XIX di proprietà dell’Arciconfraternita). 49) VETRINA N.7 (- PISSIDE in argento del sec.XIX, proveniente dalla Chiesa Matrice – CALICE in argento del sec.XIX, proveniente dalla Chiesa Matrice – CALICE in argento del sec.XIX, proveniente dalla Chiesa Matrice – NAVICELLA e INCENSIERE in argento, dono di Giuseppina Agostani fu Bruno, del XIX sec., proveniente dalla Chiesa Matrice – PORTAOSTIE in argento, utilizzato per la somministrazione della comunione agli ammalati, del XX sec., proveniente dalla Chiesa Matrice – CALICE e PATENA in ottone del XX sec., proveniente dalla Chiesa Matrice – PETTORALE di Maria SS. del Carmelo in argento, del XIX sec. – SACRO CUORE di Gesù in argento, fino XIX, proveniente della Chiesa di Santa Caterina – VOTO (o ex-voto) a Sant’Antonio del 1934 – CORONA in argento della Madonna del Rosario del XVIII sec., proveniente della Chiesa Matrice – ROSARI (n.2) in madreperla con medaglioni in filigrana della Madonna del Rosario (dono della Sig.ra Maria Spagnolo Cordopatri – 1897) – CORONE in argento (n.2) della Madonna del Rosario (dono del sig. Vincenzo Ruffo fu GiovanBattista – 1879) – OSTENSORIO in argento (dono di Filippo Calfapetra – 1879) – ROSARI (n.2) con medaglioni in filigrana della Madonna del Rosario (sec.XIX) – CROCE in argento, opera di argentiere napoletano del 1884 (dono di Giovanni Ruffo fu G.Battista) 50) VETRINA n.8 (-CARICHE / n.4 della Procura dell’Immacolata (priore, procuratore, 1° e 2° assistente)-CORONA in argento placcato in oro dell’Immacolata Concezione (metà sec. XIX) – EX-VOTO (n.13) – (Altri 3 sono in Chiesa) – MEDAGLIONE-RELIQUARIO OVALE con collare – RELIQUARIO in ottone dorato.

Il reliquario in ottone, costruito nel 1629, contiene 126 contenente 126 reliquie di santi, Gesù Cristo e la Madonna, contenute in 112 piccoli depositi; apparteneva alla Duchessa Lucrezia Reggio Branciforte, moglie di Francesco Pescara Diano Duca di Bovalino, la quale trasferitasi nel 1719 da Saracena a Bovalino lo portò con se e sul letto di morte lo lasciò al popolo bovalinese. (Francesco Pescara Diana, già V Duca della Saracena, con regio assenso del 30 marzo 1716 aveva acquistato per 80.000 ducati, il feudo di Bovalino ed i casali di Benestare e di Cirella con annesse giurisdizioni dal precedente feudatario, il principe Nicola Bernardino Caracciolo, e dai relativi tenutari, i coniugi Isabella Spinelli e Giuseppe Spinelli, e con successivo regio assenso del 27 giugno 1716 aveva altresì ottenuto di poter trasferire il titolo ducale della Terra di Bovalino di Saracena, alienata nel 1718 al Principe di Scalea, su quella di Bovalino, di cui ne divenne così il primo duca. Il Duca morì il 12 settembre 1719 e fu sepolto nella Chiesa del Gesù e Maria dei PP. Riformati). Notizie del reliquario vengono riportate da un atto pubblico notarile, datato 12 maggio 1720, del Notaio Carlo Ghiozzi di Ardore: “…e già avendoli trasferiti in questa terra di Bovalino s’è risoluta della Signora Eccellentissima farli collocare, et asservare nel Altare Magiore della Chiesa Matrice di detta Terra, avendo già a due spese fatte fare li tabernacoli per magior custodia e decoro, et a ciò che si conservassero tinessero, et Adorassero come si conviene. Li detti Magnifici del Reggimento Universale di detta terra hanno suplicato la detta Signora Eccellentissima che mandasse in esequtione la detta sua volontà, la Medesima con la sua ardente devozione e pietà s’è già deliberata; però a convenzione che l’Università di detta terra dovesse mantenere a propri spese una lampada accesa notte e giorno avanti detti reliquariJ, e che facesse celebrare qualibet anno la festività della traslazione di detti reliquie con la vespere messa cantata solennemente nel giorno assigniando che si converrà col Reverendo Arciprete anche costituito in nostra presenza…” L’appartenenza delle reliquie è attestata da una dichiarazione della stessa Branciforte, in cui fa una descrizione del reliquario e l’elenco delle reliquie. Le stesse vennero autenticate da Mons. Paolo Palombo, vescovo di Cassano Ionio (CS) ed in seguito da Mons. Cesare Rossi vescovo di Gerace, nel corso della visita pastorale svolta nella chiesa madre bovalinese il 30 novembre 1730:“Abbiamo ritrovato un tesoro di sacre reliquie insignie e nobili, ed abbiamo comandato che si facci la tabella distinta delle reliquie che vi sono nel reliquario maggiore ch’è collocato in mezzo all’altare maggiore…E perché l’abbiamo già ritrovate esposte alla pubblica venerazione con decreto del nostro Predecessore, che li riconobbe autentiche, perciò ordiniamo che s’espongono alla pubblica venerazione del popolo, che il Reverendo Arciprete l’esponga in tutte le feste di prima classe più solenni, e nelle feste della Beatissima Vergine… e nelle feste degli Apostoli, li di cui reliquie ivi sono, com’ancora quando sortisce giorno di Domenica ogn’altra reliquia del Santo che cascherà in quel giorno, e per ogni volta che s’espongono si accendano due candele a spese dell’Università. Che il sacrestano sotto la pena di carlini cinque debba ogni due mesi spolverarle”. Allegata agli atti vi è l’attestazione della Duchessa, resa in Bovalino il 23 aprile 1720, relativa in particolare all’elenco delle 114 reliquie, che già erano state autenticate, come già detto, da mons. Paolo Palombo, vescovo di Cassano, con bolla del 4 novembre 1631, la quale venne trascritta dal notaio Gliozzi e inserita nell’atto di donazione. Tra le reliquie, incapsulate in tabernacolo a modo di Chiesiola di Rame decurato con cristalli, spiccano frammenti delle vesti infantili di Cristo (de pannis infanctiae Domini nostri Iesu Xsti), della tunica insanguinata (de veste Domini sanguine pincta) e del sudario del Salvatore (de tela qua Xstus fuit velatus), del legno della S. Croce (de ligno Sanctae Crucis, ubi Xstus oravit ad Patrem), della pietra di Betlemme e del Calvario (de petra Bthleem de Monte Calvario), del bastone di Mosè (de Virga Moysh), del legno della Croce del buon ladrone (de Cruce boni latronis). Il Reliquario venne ufficialmente esposto alla venerazione dei fedeli, nella Chiesa Matrice, il 13 maggio 1720. Nel 1783 il reliquario rimase sepolto tra le rovine della Chiesa colpita dal terremoto, riportando solo la rottura di qualche cristallo, senza la dispersione d’alcuna reliquia. In occasione di calamità, venivano esposte in chiesa alla presenza di fedeli con il canto della litania dei santi. Quando il venerdì santo coincideva con la festa dell’Annunciazione della Madonna il 25 marzo, durante una funzione religiosa avveniva la liquefazione del sangue rappreso sulla spina della corona di Gesù, contenuta nel reliquario. Nel 1927 il Soprintendente ai Beni Artistici della Calabria, dott. Galli, dichiarò monumenti d’arte le due piccole statuette poste ai lati del reliquario e raffiguranti San Lorenzo e San Pietro. L’elenco completo delle reliquie è il seguente: 001 ) Tunica, veste e cappello di S. Carlo Vescovo 002) Cintura della Beata Maria Vergine 003) Veste inconsutile 004) Porta Aurea 005) Veste di Gesù Cristo 006) Pietra sulla quale cadde il sangue di Gesù Cristo 007) Pietra sulla quale per primo pregò Gesù Cristo 008) Legno della croce di Gesù Cristo 009) Spina della corona di Gesù Cristo 010) Pelle di San Bartolomeo Apostolo 011) San Filippo 012) San Pietro Apostolo 013) San Giovanni Battista 014) San Paolo Apostolo 015) Sant’Andrea Apostolo 016) San Giacomo Apostolo 017) San Bartolomeo Apostolo 018) San Matteo Apostolo 018) San Simone Apostolo 019) San Mattia Apostolo 020) San Barnaba Apostolo 021) Sant’Atanasio 022) San Tommaso d’Aquino 023) San Basilio 024) San Francesco di Paola 025) San Vitaliano 026) San Zaccaria profeta 027) Sant’Ignazio di Lodola 028) San Placido martire 029) Croce dei Buoni Ladroni 030) Bastone di Mosè 031) San Giovanni elemosinario 032) San Dionisio 033) Capelli della Beata Maria Vergine 034) San Leonardo 035) San Bartolomeo abate 036) San Pellegrino 037) San Gamaliele 038) San Rustico 039) San Vincenzo confessore 040) San Vitalione martire 041) San Dionigi l’Aeropagita 042) Veste intrisa del sangue di Gesù Cristo 043) Panni infantili di Gesù Cristo 044) Sacra Sindone 045) Sepolcro di Gesù Cristo 046) Veste di Gesù Cristo 047) Veste della Beata Maria Vergine 048) Sacro velo della Beata Maria Vergine 049) Cripta di Bethlehem 050) Monte Calvario 051) San Teodoro martire 052) Sant’Adriano martire 053) San Lorenzo Martire 054) San Clemente martire 055) San Damiano martire 056) San Giorgio martire 057) San Pantaleone martir 058) Santa Genoveffa 059) Sant’Ippolito 060) San Faustino 061) San Cornelio martire 062) San Cipriano martire 063) San Pietro martire 064) San Crescenzio martire 065) Sant’Aniceto papa e martire 066) San Dario 067) San Massimo 068) San Fortunato 069 Quaranta martiri 070) San Vincenzo Martire 071) San Leone martire 072) Dente di San Placido martire 073) San Valerio 074) Sangue di San Lorenzo 075) Sangue di San Giovanni Battista 076) Sant’Eusebio 077) San Tiburzio martire 078) San Gregorio VII papa 079) Velo della Beata Maria Maddalena 080) Sant’Anna martire e vergine 081) Capelli della Beata Maria Maddalena 082) Veste di Sant’Elena 083) Santa Maria Maddalena 084) Santa Maria Egizia 085) Santa Rosalia 086) Santa Marina 087) Santa Camilla 088) Sant’Agnese 089) San Cirillo 090) Santa Chiara 091) Santa Vittoria 092) Santa Margherita 093) Santa Cristina 094) Santa Felicita 095) Santa Lucia 096) Santa Paolina 097) Sant’Eufemia 098) Santa Barbara 099) Santa Brasiliana 100) San Nicola di Bari 101) San Vito martire 102) Pelle di San Giovanni Crisostomo 103) Legno della Croce (2) 104) San Gregorio di Nazianzo 105) San Filarione abate 106) San Fantino martire 107) San Cirillo 108) Legno della Croce (3) 109) San Bartolomeo vescovo 110) Santa Flora 111) Sant’Orsola 112) San Blasio vescovo e martire 113) Santa Potenziana 114) Santa Teresa 115) Unguento di Santa Maria Maddalena 116) Sangue di altri martiri 117) 9 Reliquie con il nome mancante o illeggibile

Reperti aggiunti dopo l’8 settembre 2002: 1) Campana… 2) Lapide marmorea dedicata a…riportante la seguente iscrizione: “D. FRAN. RUFFO BOBALINENSIS FECIT – ANNO DOMINI 1755”, ritrovata… probabilmente nella chiesa parrocchiale di Maria SS. Assunta e consegnata da…3) Il libro “Vita del venerabile padre Bonaventura da Potenza, Minore conventuale, scritta da F. Giuseppe Maria Rugilo dell’istesso Ordine”, le cui vicissitudini sono “raccontate” dall’offerente con una lettera allegata, della quale si riporta il testo: “Questo libro Vita del venerabile Bonaventura da Potenza, Minore conventuale, scritta da F. Giuseppe Maria Rugilo dell’istesso Ordine (…), in Napoli MDCCIV, presso Giuseppe Raimondi, apparteneva ad Antonio Morisciano, che lo ricevette in regalo nel 1776 dal p. Maestro Francesco Antonio Grillo di Bovalino (poi vescovo di Martirano), e dal 1825 a Raffaele Morisciano (poi vescovo di Montepeloso e di Squillace). Purtroppo nell’anno 2000 il libro era finito miseramente presso il fiume Careri, da dove le mani pietose di un amico lo hanno raccolto e regalato a me, p. Stefano De Fiores. Fattolo rilegare e restaurare a Roma con pulitura e rifacimento di pagine nel laboratorio di Franco Panzone (che per amicizia ha generosamente rinunciato alla retribuzione di 1 milione di lire), ora lo dono al Popolo di Bovalino Superiore, da cui proveniva la mia nonna materna Maria Gatto, perché sia accuratamente conservato nel Museo locale. I proprietari erano molto attaccati a questo libro, tanto da minacciare addirittura l’inferno per chi lo avesse rubato, secondo la strofa latina presente in due versioni nell’ultima pagina: Qui rapit librum istum / non videbit Jesum Christum, / imo ibit in infernum / et remanebit in eternum.( Chi ruba questo libro / non vedrà Gesù Cristo, / anzi andrà all’inferno / e rimarrà in eterno.) Non è il caso di minacciare nessuno. Ho fiducia che il popolo di Bovalino veglierà a che questo libro non esca più dal suo territorio. In segno di stima e di affetto, avendo più volte predicato a Bovalino Superiore e avendo scritto un lavoro sul beato Camillo Costanzo (pubblicando le sue interessanti 17 lettere inedite), consegno il libro alla gent.ma signora Caterina Signati pregandola cortesemente di trasmetterlo al Museo locale. P. Stefano De fiores, n. a San Luca nel 1933, ordinario di mariologia alla Pontificia Università Gregoriana Roma. Bovalino Superiore, 11 aprile 2004, Pasqua di Risurrezione.” (A dicembre 2007 il libro non è stato ancora acquisito dal Museo, com’è nella volontà di padre Stefano De Fiores). 4) Bibbia del ‘700 in due volumi….

CAPITOLO UNDICESIMO – “UN BORGO DA SALVARE” DI A. ARDORE
Il libro citato è stato stampato, nel mese di settembre del 2002, a cura dell’ Arciconfraternita Maria SS. Immacolata di Bovalino Superiore, presso le Arti Grafiche GS di Ardore Marina, con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica verso i problemi del Borgo, che per la sua interessante storia va assolutamente salvato e riportato in auge, dal degrado in cui versa attualmente. La stessa Arciconfraternita ha deciso di utilizzare il ricavato della sua vendita per il restauro della casa natale del Beato Camillo Costanzo, da utilizzare come sede e archivio dell’Associazione. L’urgenza della rivitalizzazione e del recupero del Borgo è evidenziato molto chiaramente dal sottoscritto nella Presentazione dello stesso libro: <Nel libro di Edward Lear “Diario di un viaggio a piedi” effettuato nel 1847 si legge: “Bovalino scintillante, sulla sua cretosa altura, nell’ultimo raggio di sole è un posto di considerevole grandezza ed eravamo incantati per il marcato carattere calabrese. Mentre salivamo il tortuoso sentiero, osservavamo la lunga fila di paesani che tornavano a casa, il costume delle donne era il più bello che avessimo visto finora. Ci recammo dal Conte, ci ha portato in giro per tutta la città, le chiese, il castello , i viottoli, ci ha mostrato i paesaggi”. Mutate le situazioni sociali – per fortuna – al visitatore di oggi Bovalino Superiore può fare lo stesso effetto e la stessa impressione in quanto ha mantenuto il suo aspetto suggestivo e fascinoso, ma ha perso la grandezza e la vivacità di un centro attivo e popoloso. Ha seguito nell’ultimo cinquantennio, un processo di dissanguamento e di prosciugamento delle risorse vitali, comune a tutti i paesi collinari perdenti nella competizione con la marina. La vita e la storia di Bovalino Superiore infatti sono intimamente legate a Bovalino Marina: lo sviluppo di quest’ultima frazione rappresenta il decadimento ed il degrado del vecchio paese, che vive dal punto di vista economico e sociale una situazione di marginalità se non di vera emarginazione, pur se ricca dal punto di vista culturale . Anche nella trattazione dei vari aspetti del nostro Borgo s’intrecciano e sono presenti elementi che riguardano l’intero territorio comunale. La situazione è drammaticamente chiara, e urgente s’impone una riflessione e una presa di coscienza del problema di un recupero e di cosa fare, tenendo presente alcuni punti fermi: 1)Il Borgo necessita di un intervento radicale non solo per essere valorizzato ma soprattutto per essere salvato, in quanto gli edifici comuni hanno subito per l’incuria e per l’assoluta mancanza di manutenzione, un veloce inarrestabile processo di degrado. Un esempio emblematico è rappresentato dalle precarie condizioni in cui si trovano il portale e l’intera Chiesa di Santa Maria delle Grazie e del SS. Rosario, abbandonati a se stessi e in attesa della completa distruzione, per assistere poi alle teatrali inutili lamentazioni e imprecazioni generali, come è nel nostro costume. Solo un intervento mirato e convergente di tutti gli operatori che “contano” sul territorio, da quelli culturali a quelli religiosi e amministrativi, può bloccare questo processo negativo. 2)L’Arciconfraternita intitolata a Maria SS. Immacolata è impegnata da anni a mantenere vivi riti di forte impatto aggregativo, che richiamano gente da tutto il circondario. L’“Affruntata”, la festa dell’Immacolata, che eccezionalmente per dispensa papale si svolge l’8 settembre, l’artistico Presepe elettromeccanico realizzato con passione e amore, sono appuntamenti annuali attesi e vissuti in un’atmosfera d’altri tempi. 3)La memoria non va cancellata, anche se i modelli organizzativi economici e politici attuali rischiano, pur se non intenzionalmente, distruggere e annullare. Comunque non basta trasmettere solo su disco o sulla carta, importante è soprattutto incidere e lasciare impronte formative nella coscienza individuale e collettiva. 4)Questa ricerca vuole essere un piccolo contributo finalizzato a stimolare riflessioni, a pizzicare le corde dei sentimenti, a rovistare nello scrigno dei ricordi, a suscitare emozioni e possibilmente a sollecitare interventi. Onori e meriti per questo lavoro vanno equamente distribuiti tra Antonio Ardore e Antonio Blefari. Il primo, autore del presente lavoro, nato nel 1973 a Bovalino, dove risiede, diplomato presso il Liceo Scientifico “F. La Cava”, è appassionato di ricerca storica riguardante il paese in cui vive e quelli del circondario. Collabora con propri articoli a giornali e riviste di circoli ed associazioni culturali locali, ha promosso i convegni: “Bovalino: 2000 anni di storia …” nel 1996, “Elio Ruffo ed il cinema dimenticato” nel 2000 ed “Il lager di Ferramonti” nel 2002. E’ una vera risorsa culturale che andrebbe utilizzata e valorizzata dagli Enti locali e dalle Associazioni, spesso distratti nell’assegnare i giusti rilievi ai meritevoli e disattenti ai problemi del recupero della memoria storica, la sola che dà identità ad una comunità nel tempo. Antonio Blefari, medico di professione ed attuale priore dell’Arciconfraternita, domiciliato per scelta nel centro storico, crede fortemente nell’operazione di riscatto e recupero del Borgo verso cui sta indirizzando le sue forze con passione e amore. E’ sua l’idea di pubblicare questa ricerca, è sua la caparbietà di allestire un museo d’arte sacra.>

CAPITOLO DODICESIMO – LE CHIESE DI BOVALINO SUPERIORE
1) CHIESA MATRICE O ARCIPRETALE
La Chiesa, dedicata a Maria Santissima della Neve e a San Nicola vescovo, fu dal X sec. Centro di copia e conservazione di manoscritti greci. E’ costituita dalla cripta (chiamata in gergo del luogo Juditria, parola proveniente dal greco che significa Madonna che mostra il Bambino, che li veniva onorata con il rito greco ortodosso) al piano inferiore chiamata San Nicola e dall’attuale chiesa al piano superiore, e si trova dentro le mura di cinta del castello normanno. Nel 1783 la chiesa subì gravi danni a causa del terremoto, che portò al riabbassamento della chiesa di due metri. Nel 1995 venne restaurata dall’arciconfraternita . E’ sotto competenza delle belle arti.
La cripta, costruita verso il XIV sec., è formata da due navate (una mai ultimata, sotterrata nel terremoto del 1783 e nel 1995 riaperta dall’arciconfraternita e la seconda occupata dalle catacombe) conteneva un altare dedicato alla Madonna dell’Odigitria ed era retta da un protopapa che officiava con il rito greco. Di pregevole fattura sono gli stucchi in gesso sulla volta a crociera e sull’arco che separa le due navate, mai restaurati ma quasi completamente intatti, che rappresentano rami di ulivo e di vite, fiori e trionfante in centro la colomba inondata di spirito santo. Nel 1865 il priore della locale Confraternita chiese ed ottenne dal prefetto di Reggio Calabria, dopo la delibera adottata all’unanimità dall’Amministrazione comunale di Bovalino, di poter seppellire i cadaveri dei confratelli nelle catacombe della Juditra, che agli inizi del ‘900 furono murate. Oggi ospita il Museo d’arte sacra, allestito e gestito dall’Arciconfraternita, inaugurato il 6 settembre 2002.
La Chiesa attuale , a tre navate di stile romanico, venne costruita a spese di D. Giovanni Francesco Pignatelli: iniziata nel 1520 fu ultimata nel 1525 come attestava un marmo situato nel pavimento fino a qualche secolo fa: HOC OPUS FIERI FECIT / MAGNIFICUS JOANNES FRANCISCUS PIGNATELLI / NEAPOLI DE NOBILI FAMILIA SEDILIS NILI / IN ANNO DOMINI MDXXV / (Questa opera è stata costruita / dal magnifico Giovanni Francesco Pignatelli / della nobile famiglia di Napoli -iscritto- al seggio di Nilo / nell’anno del Signore 1525)
E’ a pianta longitudinale priva di transetto; la facciata era un tempo realizzata con la tecnica del bugnato, come ci testimonia il campanile in gran parte rimasto intatto. Oggi è stata intonacata e ridipinta; è scandita da quattro lesene e presenta un portale centrale e due laterali in legno, incorniciati da cornici a rilievo. Un architrave separa i due livelli dell’edificio; la parte superiore presenta un coronamento a timpano spezzato. Lungo le pareti laterali, scandite da piccole finestre quadrate, e nel rivestimento posteriore dell’edificio sono ancora visibili i fori dove venivano poste le travi in legno per la costruzione della parte superiore dell’edificio. La copertura è costituita da un tetto a doppio spiovente in tegole, che lascia intravedere dall’ esterno la differente altezza della navata centrale rispetto a quelle laterali più ribassate. La copertura è realizzata a capriate lignee. Nella facciata posteriore il corpo centrale è sporgente e scandito da due finestre quadrate, quella inferiore arcuata e quella superiore architravata, e dalla coronatura a timpano; la parte superiore della facciata è incorniciata da due robuste semicolonne angolari di evidente derivazione romanica. Lo spazio interno,di impronta rinascimentale, è diviso in tre navate scandite da pilastri robusti decorati con finti capitelli di stile composito e archi ornati con putti in stucco. Il fregio percorre l’ intera navata centrale. Mediante un piccolo cortile adiacente la navata destra, una volta utilizzato dai monaci, si accede alla parte più antica della chiesa, la cripta.
La navata centrale ha un altare cinquecentesco in marmo di scarso valore artistico, una statua in marmo bianco della Madonna col Bambino di Scuola gaginesca acquistata a Palermo dai Pignatelli nel 1524 e l’altarino delle Reliquie, appartenenti al Convento di Santa Maria del Gesù. L’abside, poligona, è rialzata rispetto al livello della navata tramite due gradini, ed è separata da una balaustra dal resto del corpo longitudinale.
In corrispondenza dell’ingresso della navata centrale vi è un porticato costituito da tre arcate separate da due serie di colonne; le tre campate sono sormontate da volte a padiglione; sopra tale porticato un tempo veniva posto l’ organo.
Nella navata laterale sinistra l’abside ospita un altarino con l’ Occhio di Dio al centro, dedicato al Santissimo e un altare in legno dedicato alle Sante Reliquie; è coronata da un catino absidale con decorazioni policrome, preceduto da una splendida volta a padiglione riccamente ornata con costoloni bianchi decorati mediante rifiniture dorate, e medaglioni in stucco bianchi e dorati raffiguranti simboli liturgici entro le vele azzurre della volta; due finestroni laterali illuminano l’ ambiente.
La navata laterale destra, priva di abside, contiene un altare ligneo intagliato, all’interno del quale è sistemata la statua dell’Immacolata Concezione del 1752, un altorilievo acefalo del ‘400 in marmo bianco di pregevole valore raffigurante la Madonna col Bambino dei Principi Pignatelli, di cui reca l’arme, sfigurata dai colpi di scimitarra dai Turchi assedianti ad oltraggio della fede cristiana. L’altare in legno, dello stesso periodo della chiesa, scolpito a mano da un frate spagnolo, proviene dal convento Santa Maria di Gesù dei frati minori di Bovalino Superiore ormai distrutto.
La statua dell’Immacolata fu acquistata a Napoli dall’Arciprete Gaspare Barletta nel 1752 e nel 1854 (1850?) fu restaurata a spese di mons. Raffaele Morisciano, nativo di Bovalino e arcivescovo di Squillace-Catanzaro. Nello stesso anno il vescovo comprò una bellissima vara in legno rivestito in lamina d’oro, in cui la statua viene appoggiata e portata a spalla dai confratelli. Altro restauro nel 1950 a cura dell’arciconfraternita. Nel 1979 i fedeli si autotassarono (furono raccolti più di tre milioni e mezzo di vecchie lire) per un nuovo restauro della statua, che venne riesposta ufficialmente l’8 settembre 1980, con solenne rito. Il restauro fu eseguito da Jenny Rolo e Susanna Segarelli, delle quali si riporta la relazione tecnica: Restauro: Maria ss. Immacolata – Bovalino Superiore – (RC) / Premessa: L’8 settembre i devoti di Bovalino, visto lo stato conservativo dell’Immacolata talmente preoccupante, prendevano finalmente in esame il problema restauro che già da tempo se ne parlava senza alcun risultato. Il Signor Zinghini Domenico resosi volontariamente respon-sabile si assumeva l’incarico e provvedeva con l’aiuto di alcuni devoti alla raccolta del fondo sufficiente per poter coprire le eventuali spese. Il compito di rivolgersi, a chi di competenza potesse procedere al suddetto restauro, veniva affidato al Signor Talladira Francesco, il quale, premurosamente interpellava il professor Eugenio Mancinelli dell’Istituto Centrale del restauro di Via Cavour, Roma; che gentilmente e prontamente recatosi sul posto il giorno 17.5.1980, insieme con altri esperti effettuavano un accurato e attento sopralluogo. Il giorno seguente, invitati il sindaco e altri membri della giunta municipale insieme al parroco e numerosi altri fedeli, lo stesso professor Mancinelli, dopo aver espresso le buone qualità dell’opera e del tipo di scultura, spiegava il pessimo stato di conservazione e le eventuali conseguenze trascurando ancora la suddetta opera. Nella stessa riunione si veniva quindi in trattativa con persone esperte e si iniziava il restauro il giorno 21.6.1980. Seguendo lo svolgersi dell’operazione si è pensato, quale documento, a un servizio fotografico dove si possono seguire le varie fasi e processi principali. L’opera ultimata il giorno 27.6.1980 veniva ufficialmente esposta al pubblico il giorno 8.9.1980 con solenni riti e con piena soddisfazione di tutti i devoti. / Relazione tecnica – oggetto: Statua lignea policroma sec. XVIII. – Provenienza: Bovalino Superiore – Ubicazione: Chiesa di San Nicola di Bari – Attribuizione: Ignota – Soggetto: Madonna con putti sovra-stante un serpente e la luna – Dimensioni: Altezza cm. 175 – Peso: Kg. 97 – Ambiente: Edicola interna, navata laterale destra. / Tecnica di esecuzione e stato di conservazione – 1.Supporto: Legno apparentemente pioppo. 1.1. Caratteristiche: Composto da un pezzo centrale tranne le mani e la base. Privo di incamottature. 1.2.Alterazioni: Prevalentemente dovute a fenomeni fisici del materiale stesso per la caratteristica igroscopicità del legno. Di conseguenza risultano fenditure piuttosto profonde sul retro, sulla base e sul collo. Si riscontrano inoltre attacchi biologici di insetti xilofagi (tarli) che fortunatamente non hanno compromesso la staticità dell’opera. 2.Preparazione 2.1.Descrizione: Dalle lacune presenti è stato possibile vedere il tipo di preparazione, quest’ultima di colore bianco, è composta da gesso e colla. 2.2.Alterazione: In alcune zone ha un’adesione molto precaria, che in alcuni punti diventa quasi nulla. Differentemente la coesione è buona. 3Pellicola pittorica 3.1.Tecnica di esecuzione: Ad un primo esame visivo, la tecnica di esecuzione si presenta come pittura ad olio. Ha una (crettatura) molto fitta ma piuttosto sottile ed è più rilevante negli incarnati e nel panneggio . 3.2.Sovrammissioni: Per quanto riguarda le sovrammissioni bisogna dire che ci sono degli strati, protettivi di vernice molto spessi e uno strato di polvere che alterano la pellicola pittorica. 3.3.Ridipintatura: Dopo un accurato esame, si è potuto notare che varie zone sono ridipinte; le sopraciglia del viso, il punto di congiunzione dei polsi, varie parti del manto azzurro e sul panneggio delle braccia sono stati aggiunti dei motivi floreali. Altre ridipinture si sono riscontrate sulla base precisamente sul serpente e in varie zone dei putti. 3.4.Dorature: La veste della Vergine, come pure i capelli e le decorazioni a rilievo del manto sono dorate. La tecnica d’esecuzione si differenzia tra la veste, i capelli a missione e le decorazioni del manto a bolo. Quest’ultima zona presenta delle parti molto consunte che lasciano trasparire il bolo sottostante. Altre mancanze si notano sui capelli precisamente nel punto dove poggia la corona. 4.Intervento 4.1.Pulitura: La primissima fase è consistita in una accurata asportazione della polvere accumulatasi nel tempo. Successivamente si è continuata l’operazione di restauro facendo il “Test” di pulitura, che è consistito nell’effettuare dei tasselli impiegando differenti solventi per decidere quale fosse quello più idoneo. Fatto ciò si è iniziata la pulitura vera e propria di tutta la superficie, intervenendo su di questa con un solvente atto ad asportare lo strato di polvere invecchiato nel tempo e lo strato di vernice sovramesso. Per quanto riguarda invece le parti dorate si è utilizzato un solvente differente, proprio a pulire l’oro. Durante la pulitura si è messa in luce la pellicola pittorica originale e si sono asportate le ridipinture che sovrastavano le originali sopracciglia della Madonna, dei putti, inoltre si è scoperta l’originale decorazione floreale del panneggio delle braccia: prima di tale operazione coperta da una pesante ridipintura. Per asportare tali ridipinture, oltre all’impiego del solvente data la loro consistenza, si è reso necessario anche l’uso meccanico del bisturi. 4.2.Consolidamento: Come seconda fase del lavoro si è preceduto con il consolidamento delle zone prive di adesione con il supporto. Questa operazione la si è effettuata con l’impiego di una resina polivinilica iniettata all’interno della struttura per mezzo di siringhe. Precedentemente a questa operazione si è iniettata una soluzione di acqua e alcool nella proporzione 1:2 per facilitare la penetrazione del consolidante. Durante questa fase si è provveduto anche alla ricollocazione della luna sovrastante i piedi della Madonna. Prima di procedere alla fase successiva si è verniciata tutta la superficie. 4.3.Stuccature: A questo punto si è dato inizio alla stuccatura delle mancanze e alle numerose crepe createsi nella materia dei notevoli movimenti del legno. Si è utilizzato dello stucco bianco composto da gesso di Bologna e colla di coniglio in quanto più malleabile e adatto al nostro uso. A completo essiccamento, lo stucco è stato portato a livello per mezzo di bisturi e carta smeriglia e dove si è reso necessario lo si è modellato. 4.4.Reintegrazione: La reintegrazione è stata effettuata in due tempi, inizialmente all’acquarello sugli stucchi e successivamente con colori a vernice per restauro ridando con piccole velature unità alla pellicola pittorica. 4.5.Doratura: Date le numerose lacune è stato necessario effettuare degli interventi di ripristino anche sulle parti dorate. Sono state, quindi, applicate delle foglie d’oro a missione, sul manto e sui capelli, mentre sulle parti a bolo, si è rimesso prima il bolo e poi l’oro concludendo l’operazione con la brunitura. 4.6.Proposte conservative sull’ambiente: Per una perfetta conservazione dell’opera, dopo il restauro, si sconsiglia una scrupolosa manutenzione sull’ambiente. 1) Evitare che l’opera venga collocata in ambiente eccessivamente umido o secco, l’umidità ideale deve rientrare tra il 40 / 60%; 2) Evitare che il sole batta con continuità sull’opera in quanto provocherebbe un essiccamento della materia con conseguenti spaccature; 3) Data la particolarità della Madonna, si sconsiglia nelle manifestazioni religiose che la statua venga toccata dai fedeli in quanto a distanza di tempo si verificherebbe la precedente usura della materia. / Ringraziamo gli abitanti di Bovalino Superiore. Le restauratrici: Jenny Rolo e Susanna Segarelli – Giugno 1980
La statua fu portata una sola volta in processione fuori dal Borgo, il 7 settembre 1975 in festa solenne a Bovalino Marina.
L’altare maggiore del ‘500, parte dell’oggettistica sacra e pitture varie provengono dal distrutto Convento francescano degli Osservanti e dei Padri Riformati.
Diverse altre statue, utilizzate nei vari riti della liturgia annuale, fanno parte del patrimonio della Chiesa: Santa Filomena -San Nicola di Bari -Madonna delle Grazie -Maria SS Addolorata -Madonna del Rosario o della Vittoria -Cristo Risorto -Camillo Costanzo -San Giovanni Apostolo -Crocifisso -Sant’Antonio di Padova -Cristo Morto ; e alcune tele sistemate oggi nel museo d’arte sacra: Adorazione dei Magi -San Giuseppe -Angelo -Beato Camillo Costanzo -Santa Filomena -Sant’Agnese .
L’imponenza, la maestosità e l’altezza notevole di tutto il complesso (Chiesa e cripta) sono visibili dall’esterno, percorrendo la strada che attraversa il paese e prosegue per Benestare, nella parte posteriore sulla quale ad un’altezza di 2 metri circa si trova una frase in latino, non completamente leggibile: “FLUMINA MONTES FERIUNT BONUM / EST…ISSE”
Con il terremoto del 1783 la Chiesa subì gravi danni, nel 1791 con atto del notaio Vincenzo Sità di Gerace si appaltò il restauro su progetto dell’ing. Diego Asande Riviera, per 1218 ducati pagati dalla Cassa Sacra, mentre il campanile fu ricostruito solo nel 1866 su progetto di Bonfantini, ingegnere piemontese della strada ferrata. (Le tre campane presenti furono fuse nel 1971 dalla ditta Capezzuto e figli di Napoli, per interessamento di V. Ceravolo allora procuratore della confraternita. Su di esse sono raffigurate la Madonna Immacolata, un ostensorio e il Beato Camillo Costanzo. Il bronzo per le campane fu ricavato da una antica lesionatasi negli anni precedenti).
Il 1° ottobre del 1898 Mons. Mangeruca vescovo di Gerace, considerando la grande importanza che iniziava a rivestire la Marina di Bovalino, trasferì l’arcipretura da Bovalino Superiore a Bovalino Marina.
Nel 1908, un nuovo terremoto procurò gravi danni, tanto che il Papa Pio X inviò per la ricostruzione un contributo di mille lire.
Con decreto datato 6 luglio 1923, il vescovo Chiappe, in considerazione dell’antichità del paese, diede al parroco pro-tempore il titolo di Arciprete.
Nell’aprile del 1995, dopo quasi due anni di lavoro di restauro, la Chiesa matrice è riaperta al culto nel suo antico splendore, mentre la Soprintendenza per i Beni arti-stici, architettonici e storici la dichiara “immobile di notevole interesse storico ed artistico”. Nel suddetto periodo la statua dell’Immacolata fu trasferita con solenne processione nella Chiesa di S. Caterina,dove si svolsero regolarmente tutte le funzioni a Lei dedicate,esattamente dal 1°novembre 1992 ore 17.00 al 2 aprile 1995 ore 16.00.
Nel 1931, a cura della pia e zelante signora Rosina Raco, con l’obolo proprio degli emigranti, dell’Arcivescovo di Oristano e un sussidio di S.M. la Regina, ha fatto costruire per la Chiesa Matrice una campana di 5 quintali, benedetta solennemente dal vescovo Chiappe il 7 settembre dello stesso anno e alla presenza del cav. Foti, console della M.V.S.N., nel ruolo di padrino. (Precedentemente la stessa pia signora aveva acquistato un’altra campana per la Chiesa di S. Caterina).
Nella Chiesa vi erano istituiti i seguenti benefici: a) quello dell’Annunziata, fondato da Anna De Adamo nel 1656; b) quello di S. Maria della Scala, di patronato De Marcello; c) quello di S. Giovanni Battista, di patronato Diano, fondato l’1-9-1682; d) quello di S. Giuseppe, di patronato Blefari, fondato il 20 gennaio 1780; e) quello di S. Maria della Neve, con l’onere di una messa settimanale; f) quello di S. Maria della Pietà, con altare, di patronato Musolino, fondato nel 1578, passato poi di patronato Capogreco; g) quello dello Spirito Santo, con due messe settimanali, della famiglia Poggio, poi Mittiga, istituito nelle catacombe della Matrice il 1° maggio 1675; h) quello di Aracoeli e di S. Onofrio, di patronato Mannella, e poi di patronato Allio, con l’onere di una messa settimanale; i) quello dei SS. Pietro e Paolo, con una messa settimanale, di patronato Armeni; l) quello della Consolazione, con due messe settimanali, di patronato Festa, poi Spagnolo; m) quello del SS. Crocifisso, fondato da Antonello Campagna il 1° settembre 1882, con tre messe settimanali, passato poi a Ciccia; n) quello di S. Tommaso Apostolo, di patronato Lombardo, con 15 messe annue; o) quello di S. Francesco di Paola, fondato da Camillo Costanzo (s’ignora se sia il Beato oppure qualcuno dei parenti);
Uniti ai benefici erano presenti i seguenti altarini: a) Nella Juditra cappella Spirito Santo del 1675 della famiglia Poggio, poi Mittiga, e altare dell’Immacolata Concezione; b) Santa Maria della Sanità (1683); c) Santa Maria ad Nives, eretta nel 1676 dai Pignatelli; d) Ara Coeli, della famiglia dei Conti Marullo, passata poi alla famiglia Campagna; e) Cappella della SS. Trinità eretta nel 1617 da suora Vincenzina Mittiga, terziaria francescana, passata poi ai Pignatelli e Del Balzo di Gerace, e nel 1753 al barone Mazza di Gioiosa Ionica e Nunziata Pignatelli; f) SS. Pietro e Paolo, della famiglia Armeni (1686); g) Altare del Santissimo; h) San Francesco di Paola, fondato nel 1612 da Tommaso Costanzo, poi alla famiglia Correale; i) San Giuseppe, fondato nel 1737 dal Duca Giovanni Battista Pescara Diano; l) Santa Maria della Pietà, fondato da Camillo Musolino nel 1579, passato alla famiglia Capogreco; m) Sant’Anna, della famiglia Malgeri; n) SS. Crocefisso della famiglia Ciccia (1682); o) San Tommaso, della famiglia Lombardo (1686); p) Santa Maria della Consolazione, fondata dalla famiglia Costanzo nel 1604, passata poi alla famiglia Mezzatesta; q) SS. Annunciazione del 1656 della famiglia De Adamo, donata nel 1682 alla famiglia dei marchesi Del Negro; r) Santa Maria della Scala, fondata dai conti Marullo, nel 1615, passato poi alla famiglia De Marcello; s) Pentecoste, della famiglia Poggio; t) Santa Maria dei Pignatelli, fondata dalla famiglia Pignatelli nel 1586; u) Santa Maria del Soccorso, della famiglia Campagna (1682); v) SS. Sangue di Cristo (1734); z-1) Santa Maria del Rosario (1746); z-2) San Rocco della famiglia Armeni (1746); z-3) Spirito Santo di Paolo Marzano (1746); z-4) San Nicola di Bari (1735); z-5) San Giov. Evangelista della famiglia Mittiga (1695); z-6) Santa Maria di Loreto (1575).
Serie cronologica degli arcipreti: 1545 – Simone Sisinio 1575 – Iacopello Pulitanò da Bianco 15?? – Francesco Rigitano 1583 – Antonio Condercuri 1590 – Francesco Marullo 1651 – Tommaso Faraone 1692 – Giuseppe Curari 1704 – Francesco Morabito 1736 – Domenico Marrapodi 1741 – Gaspare Marrapodi 1763 – Domenico Saporito 1773 – Alessio Oliva 1780 – Nicola Mollica 1784 – Andrea Sculli 1793 – Domenico Antonio Argirò poi Protonotario 18?? – Gaetano Ritorto 1820 – Bruno Larosa (che ha rinunziato subito) 1823 – Vincenzo Tedesco 1832 – Domenico Antonio Zinghinì 1856 – Giuseppe Agostani 18?? – Giuseppe Ruffo 18?? – Antonio Cocuzza 18?? – Vinc. Morisciano 18?? – Giuseppe Romeo 18?? – Giovanni Andrea Sculli 1890 – Antonio Rocca (durante il quale il beneficio fu trasferito alla Marina)
Inventario degli arredi sacri e degli altri oggetti liturgici – redatto dall’Arciprete Saverio Pelle in data 24 novembre 1954: N. 15 pianete (di cui 5 nuovissime acquistate direttamente dal parroco) N. 01 pallio (deteriorato) N. 01 piviale bianco (vecchio) N. 01 piviale nero (vecchio) N. 04 camici N. 01 croce astila (argento) N. 01 incensiere con navicella (argento) N. 01 pisside di argento con cappa d’oro N. 03 calici di ottone N. 01 pisside piccola N. 01 teca di ottone N. 02 abiti ricamati con sete e oro (Madonna del Rosario–Madonna del Carmine) N. 04 corone d’argento (due della Madonna del Rosario e due della Madonna del Carmine, custodite quest’ultime dalla S.ra M. Zappia fu Antonio) N. 10 libri parrocchiali N. 01 status animarum N. 01 platea del 1880 / Crediti: lire 500 dalla ditta Capogreco da Benestare; lire 500 dalla ditta Scopacasa; pagamento di tre tomoli di grano da parte del Barone Macrì.
Verbale di riconsegna dei beni arcipretura S. Caterina del 14 aprile 1955 (Rep.N.1071/55) – Il passaggio di consegne fra il parroco uscente sac. Pelle Saverio, trasferito altrove in data 2 settembre 1954, e il nuovo parroco sac. Apicella Giovanni, nominato con Bolla vescovile dell’1 gennaio 1955, avviene alla presenza del Can. Giuseppe Sansotta, Direttore dell’Ufficio Amministrativo Diocesano di Gerace, del dott. Giovanni Autelitano, in qualità di rappresentante del Governo, delegato con nota del 2 aprile 1955 dal Prefetto di Reggio Calabria ai sensi della normativa vigente, e del parroco Giuseppe Pugliese, in qualità di testimone. Il nuovo parroco riceve in custodia, con l’obbligo di amministrare e curare a norma delle disposizioni canoniche e civili con la diligenza del buon padre di famiglia: a) le temporalità annesse al Beneficio; b) le sacre suppellettili e gli altri oggetti mobili; c) l’Archivio della Parrocchia; tutti come da sottoindicato elenco. Il rendiconto di cassa è pari a zero, in quanto l’entrata risulta di £. 500 di pari importo delle spese. a) Le temporalità annesse al Beneficio (Allegato A) – L’Ente ha diritto di esigere 3 tomoli di grano (misura locale) per censo enfiteutico dovuto dalla Ditta Macrì Barone Emanuele. Inoltre percepisce £. 500 per censo enfiteutico dalla Ditta Capogreco di Benestare ed altre £. 500 per censo enfiteutico dalla Ditta Scopacasa dalla stessa Benestare. b) Inventario degli arredi sacri e degli altri oggetti liturgici (Allegato B) – 1.Pianete 8 / 2.Stole 13 / 3.Manipoli 8 / 4.Veli omerali 2 / 5.Piviali (fuori uso) 3 / 6.Tunicelle 6 / 7.Plicate 0 / 8.Palli astili (fuori uso) 1 / 9.Borse per calici 11 / 10.Veli per calici 8 / 11.Veli per faldistorio 0 / 12.Veli per pisside 3 / 13.Conopei 3 / 14.Paliotti 0 / 15.Veli per croci 0 / 16.Amitti 6 / 17.Camici 4 / 18.Cingoli 5 / 19.Tovaglie per altare 5 / 20.Cotte 0 / 21.Purifìcatoi 12 / 22.Corporali 4 / 23.Manutergi 10 / 24.Tovaglie per balaustra 0 / 25.Asciugamano 0 / 26.Cotte di piccolo clero 2 / 27.Vestine per S. Battesimo 1 / 28.Palle 10 / 29.Ostensori (in argento) 1 / 30.Pissidi 2 / 31.Calici 3 / 32.Turiboli 1 / 33.Navicelle per turibolo 1 / 34.Croci astili 1 / 35.Patene 3 / 36.Vasetti O.S. 0 / 37.Tronetti per Esposizione 1 / 38.Candelieri in metallo 0 / 39.Candelieri in legno 6 / 40.Crocifissi in metallo 1 / 41.Crocifissi in legno 3 / 42.Candelabri 10 / 43.Giardinetti metallici 0 / 44.Lanterne processionali 0 / 45.Aspersori 1 / 46.Secchielli 1 / 47.Campane esterne 3 / 48.Campanelli corali 2 / 49.Campanelli manuali 2 / 50.Piattelli per Santa Comunione 1 / 51.Stellari 0 / 52.Teche 1 / 53.SS. Urne 1 / 54.Lampade pensili 1 / 55.Lampadari 2 / 56.Piattelli per Lavabo 2 / 57.Raggiere o aureole 0 / 58.Chiavette in metallo prezioso per Tabernacolo 1 / 59.Chiavette in metallo prezioso per S. Urna 0 / 60.Spade in metallo prezioso per SS. Addolorata 1 / 61.Faldistori 1 / 62.Vasi per manutergio 0 / 63.Bugie 0 / 64.Vassoi 0 / 65.Corone per SS. Immagini 5 / 66.Ampolle 2 / 67.Vasi portafiori 0 / 68.Varette per processione 3 / 69.Quadri in tela (deteriorato) 1 / 70.Quadri in cartone 3 / 71.Quadri Via Crucis 14 / 72.Arazzi 0 / 73.Baldacchini o sopracieli 0 / 74.Stendardi 0 / 75.Bandiere 0 / 76.Aste per pallio 6 / 77.Aste per bandiera 0 / 78.Cartegloria 9 / 79.Cuscini 4 / 80.Lavandini 0 / 81.Lampadine 23 / 82.Appendipanni 0 / 83.Croci in solo legno 0 / 84.Reliquari (in altare dorato) 1 / 85.Sedie a divano 0 / 86.Pomelli per aste 0 / 87.Tendine 4 / 88.Tappeti per pavimento 1 / 89.Tappeti per tavolo 0 / 90.Organi 0 / 91.Armonium 1 / 92.Confessionali 2 / 93.Armadi chiusi 0 / 94.Scaffali 1 / 95.Custodie di statue 9 / 96.Leggii per altare 1 / 97.Leggii per Uff. Tenebre 0 / 98.Braccia murali 2 / 99.Messali grandi 2 / 100.Messali dei Defunti 2 / 101.S. Bambini per presepio 1 / 102.Tavoli 1 / 103.Sedie comuni 0 / 104.Genuflessori 1 / 105.Banchi 4 / 106.Libri: Rituale 0, Off. B. M. V. 0, 0ff. Defunctorum 0, Settimana Santa 0, Breviario Romano 0, Horae diurnae 0, Martyrologium Romanum 0, Orationes in Benedictione SS. Sacramenti 1, Ordo Baptismi 1, Pontifìcale Romanum Ritus celebrandi Matrimonium 0, Caerimoniale Episcoporum 0, Novus Ordo Sabbati Sancti 1, Proprium Dioeceseos 0, Devozionali 0 / 107.Vestine per Santo Bambino 1 / 108.Vesti per statue 2 / 109.Mozzette 0 / 110.Berrette 0 / 111.Scanni 0 / 112.Funi per campane 3 / 113.Globi in vetro 1 / 114.Accessori per Battistero si / 115.Accessori per Presepio si / 116.Bottiglie 0 / 117.Bicchieri 1 / 118.Orcioli 0 / 119.Cassette per obolo 0 / 120.Cerei pasquali 1 / 121.Culle del B.G. 0 / 122.Pietre sacre di riserva 0 / 123.Timbri 1 / 124.Tamponi per timbri 1 / 125.Acquamanili 0 / 126.Acquasantiere 0 / 127.Arundini 0 / 128.Cattedre 1 / 129.Crotali 0 / 130.Predelle 0 / 131.Borse per E.U. 1 / 132.Triangoli per Uff. Tenebre 0 / 133.Altri oggetti: Spadoni 2, Ombrelli 1 / 134.STATUE: Santa Filomena – San Nicola – Madonna Grazie – Addolorata – Rosario – Cristo Risorto – Camillo Costanzo – San Giovanni – Immacolata – Crocifisso – Sant’Antonio / 135.Ex-Voto in metallo prezioso: 0 / La Chiesa è sede della Confraternita Maria SS. Immacolata. / PER VERITA’ E PRECISIONE. c) Consistenza dell’Archivio della Parrocchia (Allegato C) – 1)Libri di Battesimi n.4 dal 1736 al 1955 / 2)Libri dello Cresime n.1 dal 1910 al 1955 / 3)Libri dei Matrimoni n.4 dal 1852 al 1955 / 4)Libri dei Defunti n.5 dal 1936 al 1955 / 5)Libri dei Confratelli 0 / 6)Libri di Cassa 0 / 7)Status animarum 1 / 8)Bollettino Diocesano = Annate 0 / 9)Libro dai Legati 0 / 10)Libri delle SS. Messe 0 / 11)Libri degli Inventari 0 / 12)Registri Stati Patrimoniali 0 / 13)Cartelle di corrispondenza varia 1 / 14)Raccolta di Atti Vescovili anno 1955 / 15)Platee 0 / 16)Ruoli esecutivi 0 / 17)Tabelle (can. 1549 CJC.) 0 / 18)Fascicoli giudiziari 0 / 19)Altri titoli o documenti 0 / Per verità e precisione.
Verbale di riconsegna delle temporalità beneficiarie arcipretura S.Caterina del 5 maggio 1980 (Rep.N.780/80) – Il passaggio di consegne fra il parroco uscente sac. Luigi Emanuele Tognazza, trasferito altrove in data 31 dicembre 1979, e il nuovo parroco sac. Emanuele Pipicelli, nominato con Bolla vescovile n.780 dell’1 gennaio 1980, avviene alla presenza di Mons. Vincenzo Nadile, Direttore dell’Ufficio Amministrativo Diocesano di Gerace, e del dott. Bruno Richichi, in qualità di rappresentante del Governo, delegato con nota n.709 I/Sez.II del 5 febbraio 1980 dal Prefetto di Reggio Calabria ai sensi della normativa vigente. Il nuovo parroco riceve in custodia, con l’obbligo di amministrare e curare a norma delle disposizioni canoniche e civili con la diligenza del buon padre di famiglia: a) le temporalità annesse al Beneficio; b) le sacre suppellettili e gli altri oggetti mobili; c) l’Archivio della Parrocchia; tutti come da sottoindicato elenco. Il rendiconto di cassa è pari a zero, in quanto l’entrata risulta di £. 100.000 di pari importo delle spese. a) Le temporalità annesse al Beneficio (Allegato A) – L’Ente ha diritto di esigere 3 tomoli di grano (misura locale) per censo enfiteutico dovuto dalla Ditta Macrì Barone Emanuele. Inoltre percepisce £. 500 per censo enfiteutico dalla Ditta Capogreco di Benestare; ed inoltre £. 500 dalla Ditta Scopacasa pure da Benestare. N.B. L’ente non ha casa colonica. b) Inventario degli arredi sacri e degli altri oggetti liturgici (Allegato B) – 1.Pianete 4 / 2.Stole 9 / 3.Manipoli 5 / 4.Veli omerali 1 / 5.Piviali 1 / 6.Tunicelle 2 / 7.Plicate 0 / 8.Palli astili 0 / 9.Borse per calici 0 / 10.Veli per calici 0 / 11.Veli per faldistorio 0 / 12.Veli per pisside 0 / 13.Conopei 2 / 14.Paliotti 0 / 15.Veli per croci 0 / 16.Amitti 10 / 17.Camici 4 / 18.Cingoli 3 / 19.Tovaglie per altare 20 / 20.Cotte 2 / 21.Purifìcatoi 20 / 22.Corporali 6 / 23.Manutergi 10 / 24.Tovaglie per balaustra 0 / 25.Asciugamano 2 / 26.Cotte di piccolo clero 10 / 27.Vestine per S. Battesimo 1 / 28.Palle 3 / 29.Ostensori 2 / 30.Pissidi 2 / 31.Calici 2 / 32.Turiboli 2 / 33.Navicelle per turibolo 2 / 34.Croci astili 3 / 35.Patene 2 / 36.Vasetti O.S. 1 / 37.Tronetti per Esposizione 0 / 38.Candelieri in metallo 10 / 39.Candelieri in legno 10 / 40.Crocifissi in metallo 1 / 41.Crocifissi in legno 2 / 42.Candelabri multipli 2 / 43.Giardinetti metallici 0 / 44.Lanterne processionali 6 / 45.Aspersori 1 / 46.Secchielli 1 / 47.Campane esterne 3 / 48.Campanelli corali 1 / 49.Campanelli manuali 2 / 50.Piattelli per Santa Comunione 1 / 51.Stellari 0 / 52.Teche 1 / 53.SS. Urne 1 / 54.Lampade pensili 0 / 55.Lampadari 0 / 56.Piattelli per Lavabo 0 / 57.Raggiere o aureole 3 / 58.Chiavette in metallo prezioso per Tabernacolo 3 / 59.Chiavette in metallo prezioso per S. Urna 0 / 60.Spade in metallo prezioso per SS. Addolorata 1 / 61.Faldistori 0 / 62.Vasi per manutergio 0 / 63.Bugie 0 / 64.Vassoi 0 / 65.Corone per SS. Immagini 0 / 66.Ampolle 2 / 67.Vasi portafiori 10 / 68.Varette per processione 3 / 69.Quadri in tela 4 / 70.Quadri in cartone 2 / 71.Quadri Via Crucis 14 / 72.Arazzi 0 / 73.Baldacchini o sopracieli 1 / 74.Stendardi 3 / 75.Bandiere 2 / 76.Aste per pallio 2 / 77.Aste per bandiera 2 / 78.Cartegloria 0 / 79.Cuscini 0 / 80.Lavandini 0 / 81.Lampadine 0 / 82.Appendipanni 1 / 83.Croci in solo legno 1 / 84.Reliquari 0 / 85.Sedie a divano 0 / 86.Pomelli per aste 0 / 87.Tendine 0 / 88.Tappeti per pavimento 1 / 89.Tappeti per tavolo 0 / 90.Organi 0 / 91.Armonium 1 / 92.Confessionali 1 / 93.Armadi chiusi 2 / 94.Scaffali 0 / 95.Custodie di statue 6 / 96.Leggii per altare 1 / 97.Leggii per Uff. Tenebre 0 / 98.Braccia murali 0 / 99.Messali grandi 1 / 100.Messali dei Defunti 3 / 101.S. Bambini per presepio 3 / 102.Tavoli 1 / 103.Sedie comuni 50 / 104.Genuflessori 2 / 105.Banchi 30 / 106.Libri: Rituale 0, Off. B. M. V. 2, 0ff. Defunctorum 2, Settimana Santa 0, Breviario Romano 0, Horae diurnae 0, Martyrologium Romanum 0, Orationes in Benedictione SS. Sacramenti 0, Ordo Baptismi 1, Pontifìcale Romanum Ritus celebrandi Matrimonium 1, Caerimoniale Episcoporum 0, Novus Ordo Sabbati Sancti 0, Proprium Dioeceseos 0, Devozionali 0 / 107.Vestine per Santo Bambino 0 / 108.Vesti per statue 3 / 109.Mozzette 0 / 110.Berrette 0 / 111.Scanni 2 / 112.Funi per campane 0 / 113.Globi in vetro 1 / 114.Accessori per Battistero 1 / 115.Accessori per Presepio 0 / 116.Bottiglie 0 / 117.Bicchieri 0 / 118.Orcioli 0 / 119.Cassette per obolo 0 / 120.Cerei pasquali 1 / 121.Culle del B.G. 0 / 122.Pietre sacre di riserva 0 / 123.Timbri 1 / 124.Tamponi per timbri 1 / 125.Acquamanili 2 / 126.Acquasantiere 0 / 127.Arundini 0 / 128.Cattedre 0 / 129.Crotali 2 / 130.Predelle 0 / 131.Borse per E.U. 0 / 132.Triangoli per Uff. Tenebre 0 / 133.Altri oggetti: Candelabri votivi elettrici 2 / 134.STATUE: Madonna delle Grazie – Addolorata – Madonna del Rosario – Gesù Risorto – Beato Camillo Costanzo – San Giovanni – Immacolata – Sant’Antonio / 135.Ex-voto in metallo prezioso: 0 / Per verità e precisione. c) Consistenza dell’Archivio della Parrocchia (Allegato C) – 1)Libri di Battesimi n.5 dal 1736 al presente / 2)Libri dello Cresime n.2 dal 1910 al presente / 3)Libri dei Matrimoni n.4 dal 1852 al presente / 4)Libri dei Defunti n.5 dal 1936 al presente / 5)Libri dei Confratelli 0 / 6)Libri di Cassa 0 / 7)Status animarum / 8)Bollettino Diocesano = Annate 0 / 9)Libro dai Legati 0 / 10)Libri delle SS. Messe 0 / 11)Libri degli Inventari 0 / 12)Registri Stati Patrimoniali 0 / 13)Cartelle di corrispondenza varia 1 / 14)Raccolta di Atti Vescovili 0 / 15)Platee 0 / 16)Ruoli esecutivi 0 / 17)Tabelle(can. 1549 CJC.) 0 / 18)Fascicoli giudiziari0 / 19)Altri titoli o documenti 0

2) CHIESA PARROCCHIALE DI SANTA CATERINA D’ALESSANDRIA
E’ situata nel sobborgo della Guarnaccia. Fu eretta nel 1586 ad opera del vescovo di Gerace, Mons. Ottaviano Pasqua ed è composta da un’unica navata in stile barocco, con più altarini. Con decreto reale del 6 giugno 1812, dopo l’occupazione francese, la Chiesa venne chiusa al culto, ma dopo qualche anno fu ripristinata. Nell’ultima domenica di luglio si svolge la festa della Madonna del Carmelo (con novena e messa), la cui origine è antichissima. Il giorno prima della festa viene portata nella chiesa matrice e la domenica in processione. La statua, realizzata nel 1776, è opera dello scultore napoletano G. Sarno: è rappresentata con i capelli raccolti dietro che mostra il Bambino. Nel 1986, ricorrendo il 400° anniversario della costruzione , la chiesa è stata ristrutturata ed abbellita con immagini sacre ad opera del maestro D. Savica. La Chiesa ha un portale con fogliame scolpito, proveniente da un’antica chie-setta esistente nella fortezza medioevale di Bovalino, e un’entrata laterale sormontata da uno stemma vescovile. La parrocchia aveva il beneficio di S. Maria di Gesù e un altarino dedicato a Santa Caterina, della famiglia Scundi di Siderno. In questa chiesa sono custodite altre statue: San Sebastiano, Santi Cosma e Damiano e Santa Lucia.
La Chiesa fu retta dai seguenti parroci: 1586 Francesco Marullo di Bovalino, primo parroco – 1588 Iacopello Poliziano – 1604 Vittorio De Adamo di Bovalino – 1613 Francesco Marullo di Bovalino – 1651 Paolo Capogreco – 1693 Carlo Cusaci – 1699 Carlo Poggio – 1708 Salvatore Gentile – 1736 Domenico Scundì di Sidereo – 1752 Giuseppe Antonio Procopio di Bovalino – 1784 Giovanni Battista Procopio di Bovalino – 1798 Gaetano Ritorto di Grotteria – 1820 Vincenzo Piscioneri da Grotteria – 1835 Francesco Antonio Lentini di Bovalino – 1844 Domenico Antonio Morisciano di Bovalino – 1858 Giovanni Andrea Sculli di Casalnuovo d’Africo – 1896 Bruno Macrì di Benestare – 1913 Antonio Pipicelli di Natile – 1921 Saverio Pelle di S. Nicola d’Ardore, coadiutore Emanuele Pipicelli – 1955 Apicella Giovanni, coadiutore Caminiti Antonio – 1962 Bizzotto Pietro, coadiutore Conti Antonio Vittorio – 1963 Conti Antonio Vittorio, coadiutore Caminiti Antonio – 1967 Zinghinì Rosario di Bovalino Superiore, coadiutore Caminiti Antonio – 1968 De Tomasi Silvano di Isola Vicentina (Vc) – 1973 Centis Dino di San Vito al Tagliamento (Pd), c. Dalli Cani Luigi Costante – 1978 Tognazzi Luigi di Gottolengo (Bs), coadiutore Dalli Cani Luigi Costante – 1980 Pipicelli Emanuele di Bovalino, coadiutore Dalli Cani L. Costante.
INVENTARIO DEGLI ARREDI SACRI E DEGLI ALTRI OGGETTI LITURGICI – redatto dall’Arciprete Saverio Pelle in data 24 novembre 1954: n. 10 pianete (di cui cinque nuovissime acquistate direttamente dal parroco) – n. 02 calici di ottone – n. 04 camici – n. 01 incensiere con navicella di ottone – n. 01 ombrello per viatico – n. 01 pisside d’argento
Inventario degli arredi sacri e degli altri oggetti liturgici (Estratto dal verbale di Riconsegna dei Beni datato 14 aprile 1955). b) Inventario degli arredi sacri e degli altri oggetti liturgici (Allegato B) – 1.Pianete 5 – 2.Stole 5 – 3.Manipoli 5 – 4.Veli omerali 1 – 5.Piviali 0 – 6.Tunicelle 0 – 7.Plicate 0 – 8.Palli astili 0 – 9.Borse per calici 5 – 10.Veli per calici 5 – 11.Veli per faldistorio 0 – 12.Veli per pisside 1 – 13.Conopei 1 – 14.Paliotti 0 – 15.Veli per croci 0 – 16.Amitti 3 – 17.Camici 2 – 18.Cingoli 2 – 19.Tovaglie per altare 15 – 20.Cotte 1 – 21.Purifìcatoi 3 – 22.Corporali 3 – 23.Manutergi 5 – 24.Tovaglie per balaustra 0 – 25.Asciugamano 0 – 26.Cotte di piccolo clero 0 – 27.Vestine per S. Battesimo 0 – 28.Palle 9 – 29.Ostensori 0 – 30.Pissidi 1 – 31.Calici 2 – 32.Turiboli 1 – 33.Navicelle per turibolo 1 – 34.Croci astili 0 – 35.Patene 2 – 36.Vasetti O.S. 0 – 37.Tronetti per Esposizione 0 – 38.Candelieri in metallo 10 – 39.Candelieri in legno 0 – 40.Crocifissi in metallo 1 – 41.Crocifissi in legno 5 – 42.Candelabri multipli 0 – 43.Giardinetti metallici 0 – 44.Lanterne processionali 0 – 45.Aspersori 0 – 46.Secchielli 0 – 47.Campane esterne 3 – 48.Campanelli corali 2 – 49.Campanelli manuali 1 – 50.Piattelli per Santa Comunione 1 – 51.Stellari 0 – 52.Teche 0 – 53.SS. Urne 0 – 54.Lampade pensili 4 – 55.Lampadari 1 – 56.Piattelli per Lavabo 0 – 57,Raggiere o aureole 0 – 58.Chiavette in metallo prezioso per Tabernacolo 1 – 59.Chiavette in metallo prezioso per S. Urna 0 – 60.Spade in metallo prezioso per SS. Addolorata 0 – 61.Faldistori 0 – 62.Vasi per manutergio 0 – 63.Bugie 0 – 64.Vassoi 0 / 65.Corone per SS. Immagini 0 – 66.Ampolle 2 – 67.Vasi portafiori 6 – 68.Varette per processione 1 – 69.Quadri in tela 1 – 70.Quadri in cartone 1 – 71.Quadri Via Crucis 14 – 72.Arazzi 0 – 73.Baldacchini o sopracieli 0 – 74.Stendardi 0 – 75.Bandiere 0 – 76.Aste per pallio 0 – 77.Aste per bandiera 0 – 78.Cartegloria 6 – 79.Cuscini 0 – 80.Lavandini 0 – 81.Lampadine 20 – 82.Appendipanni 0 – 83.Croci in solo legno 0 – 84.Reliquari 0 – 85.Sedie a divano 0 – 86.Pomelli per aste 0 – 87.Tendine 0 – 88.Tappeti per pavimento 0 – 89.Tappeti per tavolo 0 – 90.Organi 0 – 91.Armonium 1 – 92.Confessionali 1 – 93.Armadi chiusi 0 – 94.Scaffali 0 – 95.Custodie di statue 0 – 96.Leggii per altare 1 – 97.Leggii per Uff. Tenebre 0 – 98.Braccia murali 0 – 99.Messali grandi 1 – 100.Messali dei Defunti 1 – 101.S. Bambini per presepio 0 – 102.Tavoli 0 – 103.Sedie comuni 0 – 104.Genuflessori 0 – 105.Banchi 2 – 106.Libri: Rituale 0, Off. B. M. V. 0, Off. Defunctorum 0, Settimana Santa 0, Breviario Romano 0, Horae diurnae 0, Martyrologium Romanum 0, Orationes in Benedictione SS. Sacramenti 0, Ordo Baptismi 0, Pontifìcale Romanum Ritus celebrandi Matrimonium 0, Caerimoniale Episcoporum 0, Novus Ordo Sabbati Sancti 0, Proprium Dioeceseos 0, Devozionali 0 – 107.Vestine per Santo Bambino 0 – 108.Vesti per statue 0 – 109.Mozzette 0 – 110.Berrette 0 – 111.Scanni 2 – 112.Funi per campane 3 – 113.Globi in vetro 0 – 114.Accessori per Battistero 0 – 115.Accessori per Presepio 0 – 116.Bottiglie 0 – 117.Bicchieri 0 – 118.Orcioli 0 – 119.Cassette per obolo 0 – 120.Cerei pasquali 0 – 121.Culle del B.G. 0 – 122.Pietre sacre di riserva 0 – 123.Timbri 0 – 124.Tamponi per timbri 0 – 125.Acquamanili 0 – 126.Acquasantiere 0 – 127.Arundini 0 – 128.Cattedre 0 – 129.Crotali 1 – 130.Predelle 0 – 131.Borse per E.U. 0 – 132.Triangoli per Uff. Tenebre 0 – 133.Altri oggetti: 0 – 134.STATUE: San Giuseppe, SS. Cosma e Damiani, San Rocco, Sacro Cuore, Santa Caterina, Carmine, San Sebastiano, Santa Lucia – 135.Ex-voto in metallo prezioso: 0 / Per verità e precisione

3) CHIESA DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE E DEL SS. ROSARIO
La Chiesa, ancora esistente ma in condizioni degradati, collocata nel borgo dello Zopardo, è probabilmente d’epoca angioina (1256-1435) in base alla sua struttura e al suo orientamento secondo il rito greco, con rifacimenti d’epoca rinascimentale. La data del 1581, riportata in una pietra del muro esterno, si riferisce alla cappella di Santa Maria della Vittoria o Madonna del Rosario, costruita 10 anni dopo la battaglia di Lepanto, alla quale parteciparono vittoriosamente tre zii materni del Beato Camillo Costanzo. (Dopo qualche secolo la cappella fu dedicata alla Madonna delle Grazie e l’altare maggiore alla Madonna del Rosario).
La Chiesa è orientata a mezzogiorno e vi si entra per due porte, una grande e l’altra piccola verso scirocco; è formata da un’unica navata. In corrispondenza della porta principale, all’interno c’è l’altare maggiore di stile romanico a due gradini, dove fino al 1581 era situata la statua della Madonna delle Grazie. In corrispondenza della porta piccola c’è una cappella con altarino, dove era riposto il quadro del SS. Rosario sostituito in questo secolo dalla statua del Rosario, conservata nella chiesa matrice ed acquistata a Napoli nel ‘700 da suor Girolamo Morisciano. Le corone d’argento della Madonna del Rosario, donate dall’avv. Vincenzo Ruffo e D. Girolamo Spagnuolo, furono sostituite recentemente da quelle offerte dal dott. Giovanni Ruffo, opera dello scultore Rosario La Seta.
Di grande valore artistico è il portale ogivale , d’impronta gotico-romanica del ‘400, ma di gusto siciliano, proveniente da antica chiesetta del Castello feudale e dichiarato monumento nazionale, in pietra tufacea dura, con bassorilievi di tralci e foglie di vite sulle spalle dell’arco, rose, colombe, un’aquila e puttini stilizzati sull’archivolto. Ai lati del portale nicchiette emicicle ad archetto, decorate da conchiglie litiche sul quarto sferico.
La Chiesa, chiusa al culto da diversi anni, rimane da tempo in un completo stato d’abbandono: il tetto è quasi del tutto crollato e con esso la maggior parte delle decorazioni in stucco e gli affreschi che lo abbellivano. Le due, conservate ancora, appartenevano al Convento di Santa Maria del Gesù e raffigurano S. Vito e S. Aloe l’una e i SS. Cosma e Damiano l’altra: dimensioni 40×30 e 30×22.
La Chiesa era di patronato della Confraternita omonima, come si evince dalla Bolla del Vicario Generale abate Carlo Migliaccio, al tempo del vescovo Stefano Sculco sotto la data del 1° maggio 1676; e possedeva molti beni e diverse case nell’abitato di Bovalino, che venivano amministrati da un procuratore.
Sacerdoti: 1607 Vito Palmieri – 1681 Matteo Monero – 1723 Giacobbe Lombardo.
Questa chiesa sta seguendo la sorte di altre opere che, nel territorio, sono sopravvissute alle invasioni, alle intemperie e ai cataclismi, ma non hanno potuto evitare i danni causati dall’insensibilità e dall’imperizia delle Amministrazioni locali degli ultimi cento anni (castello, convento, torre Scinosa e l’elenco è ancora lungo)

4) CHIESA DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE
La Chiesa si trova nella contrada Pozzo, realizzata nel 1962, e conserva la statua lignea della Madonna delle Grazie, appartenuta alla Chiesa di Santa Maria delle Grazie e del SS. Rosario di contrada Zopardo, restaurata a Napoli.
Il 21 settembre 1997 è stata riaperta al culto dopo quasi un anno di lavoro di restauro.
Sul tabernacolo sono incise le parole favorite, favorite, tipica espressione popolare suggerita dal vescovo Bregantini per sottolineare l’ospitalità dei bovalinesi.
La messa domenicale e le funzioni di Natale e Pasqua vengono svolte dal parroco di Bovalino Superiore. La festa si svolge, in modo solenne, alla metà di luglio.

5) CHIESE NON PIU’ ESISTENTI
A) CHIESA PARROCCHIALE DI MARIA SS. ASSUNTA
Eretta nel 1651, fu totalmente rasa al suolo dal terremoto del 1783. Oltre al beneficio proprio aveva quello di S. Orsola della famiglia Agnelli, quello delle Anime Purganti della famiglia Giuseppe Procopio, di San Francesco di Paola dell’abate G.B. De Lorenzo, San Brunone da Colonia della famiglia De Lorenzo e quello di San Marco. Dopo il terremoto, il parroco Agostini continuò ad esercitare il ministero nella chiesa arcipretale, finché, dopo la sua morte, con R.D. del 6 giugno 1812 fu soppressa la parrocchia ed il vescovo aggregò i fedeli alla matrice. Il ricco beneficio, che aveva l’onere di 4 messe settimanali, come risulta dalla platea dei beni compilata nel 1755, fu assegnato alla Comuneria civica, con obbligo di recitare nelle solennità e nelle feste tutto l’ufficio e messa conventuale, che veniva celebrata a turno dai cappellani. La Chiesa fu retta dai seguenti parroci: 16?? Gregorio Condarcuri – 1632 Giovanni Maria Faraone – 1651 Giovanni Maria Faraone – 16?? Antonio Spanò – 1677 Giovanni Battista Ruffo – 16?? Antonio Spanò di Bovalino – 1690 Antonio Pedullà di Gerace – 17?? Francesco Filippine – 17?? Nicodemo Fazzari – 17?? Antonio Callà – 1723 Antonio Callà – 1724 Nicola Migliore di Gioiosa Ionica, già canonico – 1736 Nicola Migliore – 1738 Nicodemo Fazzari di Mammola – 1756 Sebastiano De Agostino di S. Ilario – 1783 La parrocchia venne soppressa dopo il terremoto.
B) CHIESA DI SANTA MARIA DEL SOCCORSO
Fu eretta fuori le mura, nell’omonimo vallone, per opera dell’Abate Francesco Correale arciprete di Siderno in un fondo della stessa Chiesa. Aveva una sola navata, con la porta verso oriente, ed un bellissimo dipinto di Maria SS. Del Soccorso; inoltre aveva il peso di due messe per settimana. In una platea dei beni della Chiesa dell’anno 1756, la stessa viene descritta come segue: “Di quanto sia l’antichità di detta chiesa si può congetturare del non esservi stata persona quantunque canuta, non solo di nostri tempi, ma bensì dell’ora che il dottissimo dott. Abate Carlo Poggio, nell’anno di nostra salute 1674 si è fatta Platea, il quale asserisce non esservi memoria da chi fosse stata edificata né fondata, forse per essere state bruciate le scritture nel 1594 allorchè questa terra fu presa dal turco e incendiata. Ma che sia di gran pregio si fa conoscere mercè li privileggi che li furono concessi siccome porta il medesimo Poggio. I Cappellani della suddettta Chiesa con Breve spedito nell’anno 1432 del R.mo P.F. Bartolomeo di Miranda, allora Generale dei Domenicani, possono scrivere e arrollare li fratelli e sorelle della Confraternita del SS. Rosario, benedire le corone, candele, ecc., esponere li sacrosanti Misteri di quello e fare quanto far possono l’istessi PP. Dell’ordine del glorioso Patriarca S. Domenico. Onde siegue che i cappellani possono liberamente dare l’assoluzione in articulo mortis ai fratelli e sorelle della Confraternita con la quale si guadagna l’indulgenza plenaria ed assoluzione nel libretto del SS. Rosario intitolato Modo di dire il SS. Rosario. Nella menzionata chiesa vi è l’indulgenza a chiunque devoto entri, toties quoties, e con molta venerazione si adora detta chiesa. Vi è ancora la confraternita di Gentiluomini benchè in pochissimo numero per la scarsezza delli genti, sendo questa Terra sprovvista d’abitatori………” – Sacerdoti: 16?? Giovanni Battista Correale – 1633 Alessandro Castracani
C) CHIESA DI SAN NICOLA AD FRATRES
Era retta dell’omonima Confraternita, istituita nel 1539 durante il vescovato di Planca; fu restaurata nel 1751; crollò con il terremoto del 1783. Aveva due altarini dedicati a Santa Maria Latina della famiglia Macrì e a Santa Maria della Sanità, nel 1607, della famiglia Condò. Sacerdoti: 15?? Iacopo Poliziano – 1591 Giovanni Iacopo Contestabile – 16?? Tommaso Taccone – 1671 Antonio Correale – 16?? Andrea Macrì – 1699 Andrea Capone – 1737 Gioacchino Agnelli
D) CHIESA DI SANTA LUCIA
Di proprietà della famiglia Muscolo, Pedullà e De Romeis, era stata dotata d’arredamenti sacri dalla famiglia Spanò, tra i quali un altare a San Michele Arcangelo fondato nel 1696.
E) CHIESA DELLE ANIME DEL PURGATORIO
Aveva il patronato del duca di Bovalino, con l’onere della sola messa festiva.
F) CHIESA DI SAN SEBASTIANO
Era una chiesa rurale, nella quale era installata la Confraternita omonima del 1500, che aveva rendite proprio, col peso di una messa settimanale.
G) CHIESA DELL’ANNUNZIATA
Era una chiesetta rurale della famiglia Spagnuolo, retta dalla Confraternita omonima, per bolla del vescovo Vincentini del 20 agosto 1653. Dotata di altarino dedicato a San Marco.
H) CHIESA DI SAN LEONARDO
Situata fuori paese, apparteneva al Convento degli Agostiniani. Di patronato della famiglia Campagna, fu costruita il 12 ottobre 1580 in un fondo della Chiesa matrice. La Chiesa era ad una sola navata ed aveva la porta esposta ad oriente. Aveva l’onere di due messe settimanali e della messa solenne nel giorno della festa, che ricorreva la prima domenica di settembre. Aveva un altare dedicato a Maria SS. Del Soccorso, su cui vi era un bellissimo dipinto e sul quale gravava un onere di messe, per cui godeva di un pingue beneficio. Pagava inoltre un censo annuo al capitolo e al seminario.
I) CHIESA DI S. MARIA DI LORETO
Si sa solo che era una chiesa rurale e che nel 1562 era retta dal sac. Antonio Sirleto.
L) CHIESA DI SAN ROCCO E ADDOLORATA
Non si sa nulla delle sue origini. Era situata nel rione della Guarnaccia e fu data in censo nel 1851.
M) CHIESA DI SAN GIORGIO
Di questa chiesa si trovano, nell’omonima località, solo ruderi sparsi dell’edificio basiliano di origine bizantina (sec.X), a pianta quadrata, orientata, triabsidata, di tipo orientalizzante, analoga alla Cattolica di Stilo con residui di pavimentazione marmorea, resti di colonne e decorazioni varie.
N) CHIESA DI SAN ROCCO
Era una Chiesa parrocchiale nel sobborgo della Guarnaccia, ma già diruta nel 1730.
O) CHIESA DI SANTA MARIA DEL GESU’
Era annessa all’omonimo convento e si celebrò messa fino ai primi anni del secolo scorso. Tra i sacerdoti: Giovanni Battista Correale; Pietro Benessa di Siracusa (1628); Alessandro Castracani (1633); G. Agostino Vicentini (1655); Vincenzo Petra (1691).
P) CHIESA DI SAN FRANCESCO DI PAOLA
Costruita agli inizi del ‘700 dal sac. Carlo Gliozzi, era situata nel vallone del Soccorso. Il terreno, dove si ergeva la chiesa, risultò franoso, pertanto si dovette demolire la Chiesa e trasferire il beneficio in un altare della Chiesa matrice di Careri.

6) CONVENTO DI SANTA MARIA DEL GESU’ O DELLACONSOLAZIONE
Sull’anno della costruzione del Convento vi sono diversi indizi o indicazioni: a) Il 1508 come attestava una bolla di papa Giulio: “Confirmatur erectio conventus S. Mariae Jesu, oppidi Bubalini, Hierace N. Dioc., pro fratibus ord. De Obs., a Thoma Merula Fundati. A.D.1508” (Si conferma l’erezione del convento di S. Maria del Gesù, nella città di Bovalino, in diocesi di Gerace, per i frati dell’Ordine degli Osservanti, fondato da Tommaso Merula –Marullo?- Anno del Signore 1508). b) Il 1512 come attestava la scritta su una pietra del convento: “Don Tomasius Merulla comes Qondoioannis et ejus uxor domina Dianora Staiti fundaverunt 1512” (Don Tommaso Marullo conte di Condoianni e sua moglie Dianora Staiti fondarono nel 1512). c) Il 1602 a spese di mercanti genovesi, i quali, correndo pericolo nel mare antistante, fecero voto che se arrivati a terra sani e salvi avrebbero eretto un convento, e così fu. E l’opera fu affidata al conte Tommaso Marullo.
I primi ad abitare nel convento furono i francescani minori osservanti, sostituiti poi nel 1570 dal Papa PioV con i francescani minori riformati.
Nel 1665, i frati minori donarono alla statua della Madonna dell’Alica di Pietrapennata due corone d’argento del XVI sec., in lamina a sbalzo con fitto ornamento decorativo. Qualche studioso ipotizza invece che la stessa statua fu data in dono dagli stessi frati, sempre nel 1665.
Nella Chiesa del Convento si conservava la rinomata immagine dell’Epifania di Nostro Signore Gesù Cristo dipinta dal Reni, e poi trasportata nel Museo borbonico di Napoli, come risulta dal Bollario del vescovo Pellicanò.
Nel 1810, durante l’occupazione militare francese, il Convento fu soppresso; fu ripristinato nel 1822, ma abolito definitivamente nel 1866.
Rimasti alcuni frati per la custodia della Chiesa del Convento, il clero di Bovalino curò le celebrazioni domenicali e le altre feste religiose: il 2 agosto festa della Pizzongula (la Porziuncola); l’11 agosto la festa di Santa Chiara ed il 4 ottobre quella di San Francesco di Assisi.
Nel 1908, a causa del terremoto, la chiesa venne chiusa al culto ed i frati allontanati ; però, a seguito delle proteste dei fedeli di Bovalino e di Benestare, l’arciprete S. Pelle fece un altarino e le sante messe festive e le varie feste continuarono fino al 1919.
Facevano parte dell’arredo sacro un crocifisso ligneo, opera di Fra’ Umile da Petralia del XVI sec., la statua marmorea della “Madonna della Neve” (m.1,60) e l’altare maggiore in legno intarsiato, trasferiti poi tutti nella chiesa matrice.
I resti del convento furono rasi al suolo per la costruzione di un oleificio, oggi convertito in fabbrichetta per la produzione di materiale edile, mentre le vecchie cisterne furono utilizzate dopo il 1908 dal Comune di Bovalino e Benestare come luogo di sepoltura dove i morti erano gettati attraverso una botola.
Nel convento visse il Beato Francesco Mazzacara di Bovalino (1516-1596).
Presso l’Archivio di Stato di Catanzaro sono custoditi alcuni frammenti della “Cronica” del Convento, in particolare i seguenti documenti della fine del Settecento: 1) “Rendita in danaro. Da fondi. – L’Orto.” Nel documento, stilato verosimilmente nel 1793, si dice che il Convento possiede un orto attaccato al medesimo e circuito da muri e siepi; che nell’orto sono presenti querce, peri, fichi, ulivi, agrumi, pomi e fichi d’India intorno alle mura; che vi è uno stagnone per conservare acqua e una cisterna sotto le mura del Convento dalla parte dell’orto; che vi sono molte baracche dirute e solo due in piedi; e che l’orto venne affittato per anni quattro, dal settembre 1788 ad agosto 1792, a Fortunato Ruffo a Domenico Marrapodi e Nicola Blefari per annui ducati diciassette. 2) “Fondi in Demanio. Fabriche.” Nel documento, dello stesso anno del precedente, è detto che le fabbriche del Convento dalla parte interna sono dirute dal terremoto (1783?), restando solo in piedi le mura esterne, senza copertura in buona parte. 3) “Libro delle Messe Temporali che si celebrano in questa Chiesa di S. Maria di Gesù de’ PP. Riformati della Terra di Bovalino incominciando dalla prima di settembre 1777” e fino al mese di agosto 1784. Nel documento vengono annotate, con meticolosità certosina, le Messe settimanali., mensili e per anniversari, con il nome dei committenti e dei destinatari; i controlli e le vidimazioni annuali, a fine agosto, con l’indicazione del Canoninucus Vigilator Delegatus sempre diverso (Padre Iacopus da Gimigliano, Padre Franciscus da Caraffa, Padre Bernardinus da Marcellinara, …..). 4) “Libro dell’introito, ed esito di questo Convento di S. Maria di Gesù della Terra di Bovalino; incominciando dalla prima di settembre Mille settecento settanta = Nel tempo della Guardiania, del P. Michelangelo da Satriano. 1780.” Nel documento vengono annotate in modo analitico, scrupolosamente e separatamente, tutte le entrate e le uscite del Convento, in grana e/o carlini (due delle monete in circolazione, nel periodo trattato, nel Regno di Napoli), e i controlli e le vidimazioni annuali, a fine agosto, con l’indicazione del Canoninucus Vigilator Delegatus di turno, tra i quali Fr. Bernardinus da Marcellinara .

CAPITOLO TREDICESIMO: PREGHIERE E CANTI TRADIZIONALI
E’ la produzione più consistente, che esiste nella Chiesa Cattolica, quella di preghiere e canti riferiti alla Madre di Dio, che i devoti sentono più vicina ai loro bisogni ed esigenze. Anche nel nostro Borgo circolano preghiere e canti dedicati all’Immacolata, alcuni dei quali si tramandano oralmente o trascritti, da pii confratelli, con mano tremante su fogli ormai ingialliti: <1) Maria, che dolce nome / Fin da bambina appresi / Ed Ei gioconda rese / La mia primiera età. / Maria, del ciel regina / Qual astro in ciel risplende / Deh! nuovi amori accende / Madre la sua beltà. / Maria, che dolce nome / Tu sei per chi ti crede / Beata chi ti rende / Amore per amor. / Un bel pensiero mi dice / Ch’io pur sarò felice / Se avrò Maria sul labbro / Se avrò Maria nel cuor. / O dolce nome Maria Maria / Speme e conforto dell’anima mia / Con onore sul labbro finché vivrò / O dolce nome ti invocherò. / Allor che l’alba annuncerà il giorno / Allor che il sole fa in mar ritorno / Ovunque sia ovunque andrò / O dolce nome ti invocherò.> <2) Odo suonar la squilla della sera / Che dolcemente invita alla preghiera / Per rallegrare il cor l’anima mia / Ave Maria Ave Maria. / Vedo aleggiar di cielo messaggero / Che soave disvela un gran mistero / Col salutare la Vergine pia / Ave Maria Ave Maria. / O Gabriele celesto serafino / Unendomi all’accento suo divino / Va’ così nella sua dolce compagnia / Ave Maria Ave Maria. / All’appressar dell’ultima mia sera / Aiutami a ripeter la preghiera / Dolce cantando in vita all’alma mia / Ave Maria Ave Maria. / Non tremerò per quei supremi istanti / Se muoverai le labbra mie anelanti / A mormorar nell’ultima agonia / Ave Maria Ave Maria>. <3) O Concetta Immacolata / Che nel ciel siedi Regina / Fortunato chi s’inchina / A te Vergine illibata / O Concetta Immacolata. / Alla Triade suprema / Piacque tanto il suo bel cuore / Che prevalse il suo candore / Per la sua prole incerata / O Concetta Immacolata. / Quando in ciel gli astri lucenti / E la luna e il sol creava / Le sue cure Dio drizzava / Tutte a te non ancor nata / O Concetta Immacolata. / Dalla macchia della colpa / Ove Adam trasse ogni figlio / Per divino alto consiglio / Sola fosti preservata / O Concetta Immacolata. / Del serpente insidiatore / L’infernal cervice altera / D’ogni mal cagion primiera / Del suo pie’ fu calpestata / O Concetta Immacolata. / L’alto Spirito divino / Con pienezza in te discese / E senz’opra d’uom ti rese / Del gran Dio madre beata / O Concetta Immacolata. / Nel purissimo tuo seno / Senz’averne alcun dolore / Il bambino redentore / Tu portasti o madre amata / O Concetta Immacolata. / L’esser madre niente offese / Il vergineo tuo candore / Che fu sempre intatto il fiore / Sempre pura ed illibata / O Concetta Immacolata. / Vera madre, figlia e sposa / Dell’eterno alto fattore / Tutta cinta di splendore / Siedi in cielo incoronata / O Concetta Immacolata. / Madre pia del santo amore / Di virtù specchio lucente / Nell’aiuto tuo potente / Nostra speme assai fidata / O Concetta Immacolata. / Dagli orribili flagelli / Da terremoti e rie tempeste / Dalla fame guerra e peste / La tua gente servate / O Concetta Immacolata. / Per te viene a noi la pace / Mostri ogn’ora il suo bel viso / Per te sia nel Paradiso / La mort’alma alfin beata / O Concetta Immacolata.> <4) Tu sei del gaudio / Madre e Signora / Tu fosti martire / In te ognora / Materna gloria / Il ciel ti diè / O rosa mistica / Prega per me. / L’ave la visita / Il parto santo / L’offerta allegrati / Da un divo incanto / Col figlio giubili / Che diede a te / O rosa mistica / Prega per me. / L’ultimo spasimo / Lo scempio atroce / Il serto spineo / L’orrenda croce / Col figlio immolati / Che riede a te / O rosa mistica / Prega per me. / Cogliamo o popoli / Dai rami santi / E a Lei sacriamole / Rose fragranti / Speranze e gemiti / Pongo ai tuoi pie’ / O rosa mistica / Prega per me.> <5) Accorrete fedeli venite / Su traete giulivi festanti / Della vergine all’ara davanti / Vi recate a sua gloria ed onor. / Vostre voci sciogliete giocondi / Esaltate la grande potenza / Encomiate la somma clemenza / Della vergine madre d’amor. / Si, veniamo gran vergin pietosa / Qui davanti alla tua sacro imago / Questo canto per noi sia presago / Di quel canto che in ciel faremo / Te lodiamo gran vergine madre / Col cantarti concetta illibata / Col chiamarti fra tutte beata / Come angelo un dì t’annunziò.> <6) Ora un priego quest’umil tua prole / A te porge gran Vergin Maria / Tu pietosa, tu amabile e pia / Deh! ti degna clemente ascoltar / Il biel priego che questa ti eleva / E’ il favor mentre dura la vita / Di goder la materna tua vita / Di poter nel tuo braccio morir.> <7) Vergin del ciel Regina, / Immacolata e bella / Che ti chiamasti Ancella / E sei signora. / Più vaga dell’aurora / E come il sole eletta / Tu fosti già concetta / Al primo istante. / Sei Figlia Madre e sposa / Più candida di un giglio / Ti elesse il Padre e il Figlio / E il santo amore.>

Preghiere e invocazioni tratti dai calendari / Calendario 2003 – O Vergine Immacolata, / Ti preghiamo / di stare sempre vicino a noi / nelle gioie e nelle pene / della vita di tutti i giorni, / ma soprattutto ti imploriamo / di predisporre che un domani / tutti i membri di questa famiglia / possano trovarsi con te / uniti in Paradiso. / Calendario 2004 – Maria SS. Immacolata / candida visione di Paradiso, / porta nelle nostre famiglie, / pace e serenità. / Calendario 2005 – Maria SS. Immacolata / candida visione di Paradiso, / porta nelle nostre famiglie, / pace e serenità. / Calendario 2006 – A Maria. Vergine Immacolata / la tua intatta / bellezza spirituale / è per noi sorgente viva / di fiducia e di speranza. / Averti per Madre, Vergine Santa, / ci rassicura nel cammino della vita / quale pegno di eterna salvezza. / Per questo a Te, o Maria, / fiduciosi ricorriamo. / Aiutaci a costruire un mondo / dove la vita dell’uomo / sia sempre amata e difesa, / ogni forma di violenza bandita, / la pace da tutti tenacemente ricercata. (Giovanni Paolo II) – O Vergine SS. Immacolata / abbi per noi, per i nostri figli e per le / nostre famiglie le stesse premure / e tenerezze avute per Gesù. – Maria SS. Immacolata / candida visione di Paradiso / porta nelle nostre famiglie / pace e serenità. – A Te, o Beato Giuseppe, invochiamo il Tuo patrocinio, / dopo quello della Tua SS. Sposa, / per quel sacro vincolo di carità che ti strinse / all’Immacolata Vergine, Madre di Dio. – “Madre, stringi al tuo cuore l’Agnello Santo che un dì / bagnasti con materno pianto, offri al Padre per Lui / l’uman dolore perché scenda il conforto ad ogni cuore. – Compatisci, o Purissima, l’infermità dell’anima mia. Tu puoi ogni cosa / perché sei la Madre di Dio; a Te nulla si nega, perché sei regina. / Non disprezzare la mia preghiera e il mio pianto, non deludere la / mia attesa. Piega il Figlio Tuo in mio favore, finchè durerà questa / vita, difendimi, proteggimi, custodiscimi. / (S. Eflem) – Signore Gesù Cristo, che nel mirabile sacramento / dell’Eucarestia ci hai lasciato il memoriale della tua Pasqua, fa’ / che adoriamo con viva fede il Santo Mistero del Tuo corpo e / del Tuo sangue, per sentire sempre in noi i benefici della / resurrezione, Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen. – Vergine Santa, decoro del Monte Carmelo, / Regina e Madre della pace, ottieni la pace a noi, / alle nostre famiglie, al mondo intero. – Gloriosissimo Beato Camillo, intrepido apostolo del / Vangelo, che predicaste ai popoli barbari del lontano / Oriente, concedetemi la grazia di professare / costantemente la Santa Fede per essere degno, / ora e sempre, della misericordia del Signore. – O Vergine SS. Immacolata, madre di Dio e madre nostra! Ci prostriamo / davanti alla tua santa immagine. Si, tu sei la nostra mamma; la più tenera e / la più comprensiva. Difendici dalle tentazioni, consolaci nella tristezza e / aiutaci in tutte le nostre necessità. Nei pericoli, nelle malattie, nelle persecuzioni, / nelle amarezze, nelle solitudini e nell’ora della nostra morte. / Guardaci con occhi compassionevoli e non abbandonarci mai. Amen. – “Maria, stringendo con la sinistra Gesù, con la / destra vi porge l’arma della pace che soggioga il / mondo, il rosario, arma di fratellanza, unione dei cuori, / amore che conquista il mondo”. – Ti offro, adorato mio Gesù, per le anime purganti, la desolazione / da cui fu oppressa la Vergine santissima nell’assistere / alla tua morte, e lo schianto del suo tenero cuore nell’accogliere / esanime, deposta dalla croce, tra le sue braccia. – A Maria Immacolata / Vergin del ciel Regina, / Immacolata e bella / che ti chiamasti ancella / e sei Signora. / Più vaga dell’aurora e / come il sole / eletta / tu fosti già concetta / al primo istante. / Sei figlia Madre e Sposa / più candida di un giglio / ti elesse il Padre / e il Figlio / e il santo amore. – Carissimi, anche quest’anno l’Arciconfraternita di Maria Santissima Immacolata vi propone un calendario: piccolo strumento, ma pensiamo possa esservi di grande aiuto. Un aiuto perché nelle vostre case, nelle vostre quotidiane occupazioni, quando occasionalmente lo guardate lì, appeso alla parete, dovrebbe richiamare alla vostra mente la particolare vostra devozione mariana che serve principalmente a rispolverare la nostra poca fede nel Cristo, suo Figlio. Guardando la cara immagine dell’Immacolata noi pensiamo a Maria madre di Dio e madre nostra: la ritroviamo viva e presente accanto a noi. Lei che ha compiuto il suo cammino di fede dall’Incarnazione fino alla sua attiva presenza in mezzo alla prima comunità cristiana, ci auguriamo possa diventare modello, guida e forza per il nostro cammino di fede personale e comunitario. Che la Vergine Immacolata di cui tutti noi siamo devoti, ci accompagni giorno dopo giorno. (Il Parroco Padre Giuseppe Pittarello – Il Priore dr. Antonio Blefari) / Calendario 2007 – Salve Regina / Salve del ciel Regina Madre / pietosa a noi volgi gli sguardi tuoi / o Madre di pietà / vita dell’alme nostra / dolcezza di chi ti ama / speranza di chi brama la bella eternità / rivolgi a noi gli sguardi / nostra avvocata / se noi siamo indegni e rei / ma siam tuoi figli ancora / in questa valle orrenda di pianto e di dolore / coi gemiti del cuore ti domandiam mercè / dall’infelice esilio guidaci a ciel sereno / il frutto del tuo seno Gesù / ci mostri un dì / Regina di clemenza / tenera madre / pia dolcissima Maria / da te speriam così / così speriamo un giorno /goderti tutti quanti / con gli angeli e con i santi / per l’eternità. (La preghiera è cantata durante la novena che precede la festa dell’Immacolata l’8 settembre). – Carissimi, anche quest’anno l’Arciconfraternita di Maria Santissima Immacolata vi propone un calendario: piccolo strumento, ma pensiamo possa esservi di grande aiuto. Un aiuto perché nelle vostre case, nelle vostre quotidiane occupazioni, quando occasionalmente lo guardate lì, appeso alla parete, dovrebbe richiamare alla vostra mente la particolare vostra devozione mariana che serve principalmente a rispolverare la nostra poca fede nel Cristo, suo Figlio. Guardando la cara immagine dell’Immacolata noi pensiamo a Maria madre di Dio e madre nostra: la ritroviamo viva e presente accanto a noi. Lei che ha compiuto il suo cammino di fede dall’Incarnazione fino alla sua attività presenza in mezzo alla prima comunità cristiana, ci auguriamo possa diventare modello, guida e forza per il nostro cammino di fede personale e comunitario. Che la Vergine Immacolata di cui tutti noi siamo devoti, ci accompagni giorno dopo giorno. (Il Parroco Padre G. Pittarello – Il Priore dr. Antonio Blefari)

APPENDICE
a) IL BEATO CAMILLO COSTANZO
Nel 1870 il gesuita padre Giuseppe Antonio Patrignani raccoglie tutte le notizie, disponibili negli archivi della Compagnia di Gesù, sul Beato Camillo Costanzo e dedica al frate bovalinese un Menologio pubblicato a Venezia. Le notizie sono preziosissime in quanto riescono a delineare compiutamente la figura storica e soprattutto morale del Beato, che viene annoverato fra i figli più illustri di Bovalino , dove nacque nel 1572 da Tommaso Costanzo e Violante Monsana, di nobile famiglia originaria della città di Cosenza. <<Venezia Pezzana, 1730 – Tomo terzo, 15 settembre 1622, pag.126 / Il Padre Camillo Costanzo ebbe il natale in Bovalino, terra della Calabria: i suoi genitori furono Maso, ovvero Tommaso Costanzo e Violante Montana, di nobil famiglia. Imparate in patria le lettere umane, si portò a Napoli, e vi studiò Legge due anni. Menava una vita assai diversa da quella, che suol menare la gioventù, lasciata in sua balia, senza chi la dirigga, vivendo bene spesso senza freno di legge, quando studia la legge. Frequentava le Congregazioni della Vergine nel nostro Collegio di Napoli, e ogni otto giorni i divini Misteri, inducendo il suo servitore all’istessa frequenza. Orava molto e molto ancor si mortificava con penitenze e digiuni. Erano nel medesimo studio altri giovani paesani, amici e condiscepoli di Camillo, il quale, in vederli dediti al giuoco, ed alla libidine, s’ingegnava colle sue ammonizioni di ridurli ad una vita innocente; essi al contrario tentarono una volta di mettere lui a cimento, e la di lui pudicizia. Era il tempo di Carnevale, Camillo, ritirato in casa, mentre stava studiando si vede alle cinque ore di notte i camera una rea donna, intrusavi da quei licenziosi giovani, la quale il saluta per nome. A tal saluto insolente Camillo, che faccenda, disse, è la tua qui a quest’ora impropria. Scellerata, gli disse, levatimi davanti: e soggiungendo quella ch’era un’impietà cacciarla a quell’ora fuori di casa: il forte giovane a forza trassela fuor della stanza, e serratosi dentro, prese in mano il suo Crocifisso, e ringraziò il Signore per la vinta tentazione, e pregò la Santissima Vergine che gli guardasse la castità col suo potentissimo patrocinio. Dopo tali preghiere, udendo il servitore, che mezzo sdegnato dice a parergli crudeltà cacciar via di casa a quell’ora quella meschina, gli rispose con due solenni schiaffi Camillo e gli disse: “E tu che mangi il mio pane avete ardire di sollicitarmi a mal fare?”. Passata la Dio merce innocente la sua gioventù, il Signore trasselo alla Compagnia in età d’anni 21, agli otto di settembre del 1591, e dodici anni di poi andò all’India; e di quivi dopo un anno alla Missione della Cina; e dalla Cina per particolar destino di Dio al Giappone, dove per 9 anni coltivò la Vigna del Signore con frutto ben copioso; essendo che era egli uomo religiosissimo, e osservantissimo delle nostre Regole, di costumi affabile e sincero, d’animo mansueto, zelantissimo della salute delle Anime, e di gran petto nelle difficoltà che incontrava. Nell’anno 1614, esiliato con altri Padri della Compagnia dal Re del Giappone Daisusama, si ritirò in Mocao dove fece la professione solenne. Alle altre fatiche solite della Compagnia nei sette anni, che stette in Mocao, aggiunse quella di studiare i libri giapponesi e Cinesi per così meglio confutare coi libri loro le loro sette. Aveva risoluto di non abbandonare il Giappone e di far guerra alle false dottrine dei Bonzi; onde nel 1621 ritornò al Giappone con due altri Padri della Compagnia in abito da soldato. La pietà però e la modestia, che gli traduceva nel volto , facea entrare in sospetto di quel Religioso ch’egli era. E però il Governatore della nave che condotto l’avea, timoroso di non perdere roba e vita, se si scopriva, avea deliberato , benchè cristiano di professione, di deferirlo al Governatore di Nangasachi, ma vinto dalle preghiere di più cristiani, lo licenziò coi compagni della sua nave. Pertanto destinato a spedizioni più premurose, per ordine dei Superiori andò a Fundoiama, castello del regno Filgense. Ivi tranquillamente per molti mesi fece del gran bene a quei cristiani. Di là si portò a un altro castello detto di Carasfù, e in tre mesi di dimora vi raccolse gran messe e v’istituì una nuova pia Congregazione, che fu di gran giovamento all’anime, e di gran servizio di Dio. Ma non potendo ivi più trattenersi fu invitato dai cristiani della Città e dell’Isola di Firando, dove trovò campo uguale alla sua carità e coltivollo con infinita pazienza, e non senza pericoli della vita. Si trovavano ivi di molti schiavi cristiani in prigione; il Padre nonostante il pericolo che incontrava, trovò modo di penetrarvi, e vi confessò tutti quei poveri cristiani, e li confortò a sostenere eziandio la morte per amor della fede. Certo che sembrò cosa prodigiosa l’avere impunemente potuto entrare ed uscire da una prigione guardata da tanti armati. Di là se ne andava per quattro e cinque leghe scorrendo a piedi quella castella d’intorno, senza mai aver quiete né dì né notte per la moltitudine dei cristiani, che ricorrevano a lui. Passò poi all’Isola d’Ichifuchi (Ikifuki), nel cui tratto, che dicesi di Tachinosama, il frutto fu copiosissimo. Da quella passar voleva a un’altra Isola della Noxima, la quale di gran tempo per l’assenza dei Padri, viveva senza l’uso dei Sacramenti. Or mentre meditava di far questa Missione, gli si offrì per compagno e guida della strada il suo albergatore Giovanni, a cui aveva palesato il suo buon pensiero. Entrò in nave con uno della Compagnia, non ancor Sacerdote per nome Niccolò e con Gaspare Cobenda, suo Catechista, e con Agostino Oda, che in assenza dei Padri presiedeva alla Chiesa di Firando, detta Cambò, con un servitore, e due Cristiani marinari. Coltivata quest’Isola, passò all’altra, ch’è prossima, della UKI, la quale è la principale delle Isole di Gotò, a Gotondano soggetta. Il suddetto Giovanni albergatore del Padre avea per parente un gentiluomo pagano, la cui moglie assai pia, e che in Ikifuki s’era confessata col padre, esortava il marito a rendersi cristiano, e a non lasciar passare la bella occasione, che nella venuta del Padre gli s’offriva. Il pagano finse di voler fare a modo della moglie per cavarle di bocca dove il Padre fosse, e dove disegnava d’andare. Udito il perfido quanto desiderava d’intendere, si portò a far la spia al commissario e al Governatore di quella Provincia; i quali subito spediscono dietro al Padre più bastimenti pieni di gente armata. Lo cercano in Oxima, ma indarno; vanno ad Uki, dove trovata una nave Firandese ancorata, lo sorprendono con gran furia, e vi trovano il Padre Camillo senza il Compagno, che il dì avanti aveva mandato a fare qualche negozio. A vista di Sacerdote sì venerando, s’attutì alquanto il furore degli assalitori, ma perché costava lui essere un banditore dell’Evangelo, non ardirono di dissimulare. Or mentre fatti prigioni il Piloto, Agostino e Gaspare, gli mandarono legati a Noxima; il padre Camillo gli prega di far l’onore anche a lui di condurli con quelli ammanettato in prigione; ma alla maestà del volto che ispirava santità, non s’ardirono di toccarlo, anzi per farli onore, l’invitarono a desinare. Non accettò egli l’invito. Il giorno di poi ritornano a Ikifuki, dove lasciati gli altri, menano il P. Camillo, con Gaspare e con Agostino a Firando. Il Padre nel partire si voltò a Giovanni suo ospite, e gli disse così: “Eccoci o Giovanni, finalmente fatti degni di quella beata sorte per tanti anni desiderata. Io ti prego, e per le viscere di Gesù ti scongiuro, che voglia corrispondere al di Lui amore, perseverando con tal costanza, fino a poter dare il sangue e la vita per Gesù Cristo”. Ringraziatolo poi dell’ospizio benignamente a lui dato, non senza lacrime si divisero l’un dall’altro. Subito che a Firando arrivassi, il Padre Camillo fu consegnato ai Governatori di quella Provincia dai quali fu esaminato e nella prigione d’Ikinoxima ristretto. Quello poi che ivi avvenssegli meglio il diranno le lettere da lui medesimo scritte al Padre Rettore di Nangasachi; eccone una: “Già Vostra Riveranza avrà inteso la mia cattura, e per questa n’avrà sentito qualche dolore. Ma questa non è materia d’attristarsene, ma di renderne grazie. E però la prego con tutti cotesti Padri e fratelli ad aiutarmi a ringraziare Iddio di beneficio sì segnalato. Arrivato ai 25 d’Aprile all’Isola d’Ucugato, fu lì preso da alcuni bastimenti armati. Nel viaggio mi trattarono con gran rispetto. Fui condotto al tribunale di Firando, dove interrogato, risposi ch’ero io sacerdote della Compagnia di Gesù, chiamato Camillo Costanzio: dissi la causa della mia venuta al Giappone, e presentai un’apologia fatta da me sopra quest’argomento. Mi domandarono perché io non ubbidivo al Principe del Giappone. E io risposi che la Religione Cristiana comanda che s’ubbidisca ai Principi in ogni cosa che non contraddica ai precetti di Dio; ma poiché l’editto del Principe del Giappone, dove si fa proibizione di predicar la legge Cristiana, troppo ripugna ai precetti del Re del Cielo, per quello io non potevo ubbidire a un Re della terra. Ciò udito, uno di quei giudici alzò la voce e pronunciò sentenza di morte sopra di me; onde gittatami una corda al collo mi fecero andare alle carceri d’Ikinoxima, dove perfettamente mi trovo con due Religiosi, fatti schiavi dai Corsari inglesi. Osserviamo un continuo digiuno, come quei che non mangiano altro che poco riso e poch’erbe. Insegno spesso alle guardie della prigione la Fede e la legge di Cristo, e credono quando io dico, ma non si fan cristiani per paura degli editti imperiali. Intanto stiamo aspettando la risposta della corte: Purchè facciasi la volontà del Signore, io, confidato nella grazia divina, sono apparecchiato a ogni caso. Non cessate, Padri e fratelli miei, di raccomandarmi al Signore. Saluto tutti cordialissimamente, e vi prego a perdonare i miei mancamenti. Ogni ora è la mia per la morte che aspetto con desiderio”. Dal medesimo luogo scrisse ad un altro della Compagnia in questo tenore: “Vivo in questa prigione come in un Paradiso, tanto è il gaudio che provo nel cuore, veggendomi arrivato alla sorte da tanto desiderata. In Firando nel gittarmi al collo la fune, protestai ch’era io arrivato al colmo della mia felicità, e alla meta dei voti miei. Questo mio parlare ai giudici, parve una mezza pazzia, non arrivando a capire come poness’io la beatitudine nei vincoli e nelle catene e in altre somiglianti prolusioni di morte. Da ciò prese occasione di spiegar loro in che si fondava il mio gaudio e la mia Felicità”. Scrisse ancora al Padre Pietro Paolo Navarro Rettore d’Arima; di questa lettera la contenenza era questa: “Io mi ricordo che la R.V. nell’ultime sue lettere mi diceva, che sperava di vedermi in Cielo o martire o confessore. Eccomi, o Padre mio in Cristo carissimo, fatto degno di confessare innanzi al tribunale di Firando, la Fede di Gesù Cristo; questa è la causa, per cui ora mi trovo in prigione in quest’angolo del mondo. Chi sa, ch’io non sia per accostarmi a voi? Ma non sono degno di tanta grazia”. Fatto consapevole intanto l’imperatore dei servi di Dio carcerati, siccome fremea di sdegno contro i Religiosi, i quali, non curato il suo editto, predicavano in Giappone la dottrina di Cristo immantinente comanda che il Padre Camillo sia dato alle fiamme, e che ai suoi compagni si tronchi la testa. I ministri della giustizia, ad eseguir la sentenza si portarono subitamente alla carcere, dove solo rimasto era il Padre Camillo, giacchè gli altri compagni erano stati altrove condotti. Da quella carcere a Firando lo trasportarono. Stavano sul lido aspettando sei toni, ovvero presidenti del tribunali per menarlo al luogo del destinato supplizio. Il Padre Camillo, benchè, cinto di catene e di corde, avesse innanzi agli occhi la morte, non tralasciò nondimeno con ogni espressione di benevolenza, di ringraziare ognuno che l’avea fatto prigione e che lo menava a morire. Al medesimo tempo era giunto un ministro, il quale al supplizio dovesse assistere in luogo del Governatore Gonroquo. Rivolto a questo il Padre in volto sereno gli domandò s’era egli della corte di Gonroquo, e quegli risposto che si, gli fe’ una bella riverenza e ringraziollo, che per amore suo avesse presa a far quel viaggio, e con tanto incomodo: e ciò disse con tanta ilarità di volto, e con tanta grazia che fece meravigliare gli astanti, veggendo un uomo colla morte allato tanto lieto e franco. Il luogo destinato al supplizio era dirimpetto alla città di Ferando, detto Tabira, che sporgesi allo stretto del mare, dividente dalla città di Castello. Concorsi così per terra come per mare gran moltitudine di persone a quello spettacolo, a cui piacque di trovarsi ancora presenti a molti Olandesi ed Inglesi, venuti da lontanissime parti per vedere quell’atleta di Cristo lottar col fuoco. Nel passar loro innanzi al Padre, disse loro alcune parole in fiammingo, avvisandoli a vivere cristianamente: così volendo ricompensare coloro, i quali per la loro importu-nità avevano eccitato la tragedia di quell’anno, di cui era egli un insigne asso. I ministri avevano fatto lo staccato cento passi lontano dal mare. Il Padre Camillo volle fare a piedi quel po’ di strada, e in toccar lo steccato disse a chiara voce “lui essere Camillo Costanzio, Sacerdote della Compagnia di Gesù di Nazione italiana; di ciò pregava a ricordarsene quanti cristiani fossero lì presenti. Ciò detto fu legato al palo con fune fatta di sferze di canne molto arrendevoli in quel paese. Allora egli, quasi dal pulpito, incominciò a predicare, e in ultimo a protestare, che non per altra cagione veniva condannato a morire, che per aver predicata la Santa Fede. Poi, sopra quelle parole dell’Evangelo: Nolite timere e vs. qui accidunt corpus seguitò a ragionare, concludendo in fine che il corpo, o presto o tardi, doveva ridursi in cenere, e però incrudelissero pure contro di quella , che quanto all’anima non era alla morte, né alla podestà loro soggetta. Mentre che durava egli a parlare, i littori attaccano il fuoco, ed egli nondimeno tra le fiamme si fe’ sentire dicendo che la celeste beatitudine era solo aperta a coloro che, seguendo la Religione cristiana, vivono e muoiono santamente; ad ogni altro essere infallibilmente serrata; lui per difesa della Religione morir volentieri e star tra le fiamme con gran contento. Ogni altra setta, credete a me, (soggiungeva egli) è mero sogno; è finzioni dei Bonzi, inganno e invenzione del demonio il quale fa ogni sforzo per deviare gli uomini dal retto sentiero della salute, per tirarli alla morte eterna. E quivi al crescere dell’incendio il fumo adombrò l’aria e tolse agli occhi dei riguardanti il servo di Dio. E pure ciò nonostante, tra gli stridori del fuoco, ardendo d’un altro maggior fuoco il suo cuore, udivansi le voci di lui, che con gran fervore tuttavia predicava. Rarefattesi alquanto e scemate le fiamme, si potè vedere il Padre; ma non istette molto in silenzio, imperocchè udissi intonare cantando il “Laudate Dominum omnes gentes”, e finito questo pareva che dovesse finire la vita mortale per principiare l’eterna; ma il fortissimo campione, ripigliando novelle forze, incominciò di nuovo a discorrere in lingua latina e Giapponese, e in mezzo al disco all’improvviso proruppe in questa gioconda esclamazione: “Oh quam bene mihi est!” Oh quanto mi trovo contento! E replicolla tre volte. E un idiotismo usato in Giappone per espressione d’una grande allegrezza. Intanto, cresciuto l’incendio, e facendo uno strepito orribile, e comparve, già bruciate le vesti, il di lui corpo bianco come la neve, ma presto rimase dalla forza del fuoco abbronzato. Già i circostanti credeano che quell’anima fortunata fosse passata all’eterno riposo, quando con meraviglia di tutti fu udito con suono gagliardo e canoro a cantare ben cinque volte il divin Trisagio “Sanctus, Sanctus, Sanctus” per dare ad intendere il sacrificio, che faceva a Dio di se stesso con somma gioia. In tal guisa finì egli di vivere per principiare in Cielo a cantare cogli Angeli eternamente le lodi a Dio. Questa morte preziosa accadde il dì 15 di Settembre del 1622, in età d’anni cinquanta compiti. La memoria di questo invitto Sacerdote di Cristo sarà eterna, e sarà gloriosa appresso i posteri nella Città di Firando. Sino i pagani stessi, ch’erano presenti, e gli Olandesi, e gl’Inglesi non cessavano d’ammirare e di commentare la generosità del Padre Camillo Costanzo, come di un grande eroe. Le di lui venerande reliquie furono da quei scellerati ministri sepolte in mare, perché quella terra infida degna non era di quel tesoro.>>

La bibliografia sul Beato Camillo è vasta; tra le tante raccolte e pubblicazioni, interessante è la seguente “Breve memoria sulla vita e martirio del P. Camillo Costanzo D.C.D.G. Calabrese – Beatificato il 7 Maggio 1867” di Anonimo e senza data, Firenze: <Introduzione. Nel riportare alla luce queste brevi pagine, fedeli alla storia, non vi è altro intento che di edificazione. L’ardore e lo zelo con cui il Beato Camillo Costanzo si dedicò all’Apostolato della Verità, sprezzando onori e ricchezze, meritano di essere ricordati ed additati a tutti come nobile esempio di una Fede pura ed intensa, per la quale anche il più atroce martirio viene affrontato con serenità e con gioia. Ed il martirio del Beato ricevette subito la ricompensa Divina, poiché il suo corpo restò bianco ed intatto fra le fiamme ardenti fino all’ultimo, per mostrare così all’umanità che in virtù della Santa Fede possiamo conservarci puri, anche in mezzo alle più gravi rovine morali. / Nacque il P. Camillo da Tomaso Costanzo e Vio1ante Montana della più onorevol famiglia nella Motta Bovalina, terra della Calabria, dodici miglia lungi dalla città di Gerace. Quivi spesa la prima età nello studio delle lettere, se ne passò a Napoli a studiarvi ragion civile: indi militò qualche anno in Ostenda sotto il Principe Alberto, finché noiato del mondo, gli volse le spalle e si dedicò a servire a Dio nella Compagnia di Gesù in età di venti anni. Per desiderio di patire e guadagnare anime a Cristo dimandò ed ottenne la mission della Cina. Nel Marzo del 1602 partì d’Italia; e da Goa per Malacca e Macao nel medesimo mese del 1604. Se non impeditogli per non so quali imponenti ragioni l’ingresso nella Cina, fu inviato al Giappone, dove superata una formadibile tempesta, prese porto in Nangasachi ai 17 di Agosto del 1605. Quivi studiata un anno la lingua ebbe il regno di Bugen per campo delle sue fatiche, indi la città di Sacai, ove durò sei anni coltivando i fedeli e guadagnando alla fede da ottocento e più idolatri, che poi la maggior parte morirono per la fede. Nel bando generale del 1614 fu costretto ad uscir dal Giappone e ricoverarsi a Macao della Cina; ed ivi stette sette anni componendo in elegante lingua giapponese, di cui era peretissimo, quindici libri in confutazione degli errori di tutte le sette di que’ paesi, e altre due opere in difesa della fede cristiana. L’anno 1621, prese abito di soldato tornò al Giappone, mentre infieriva la persecuzione, e l’anno appresso,dopo aver coltivato la cristianità dei regni di Figen,di Gieugen, e di Firando, fu preso da’ persecutori, e conseguì la palma del martirio, come aveva sempre desiderato e chiesto a Dio nelle sue orazioni. Era egli, quando egli morì abbruciato a fuoco lento, in età di 50 anni, de’ quali 30 li aveva spesi nella Compagnia, e 17 nella Missione del Giappone. / Il suo glorioso martirio è raccontato dal P. Boero nel modo seguente: Il 15 Settembre 1622 seguì il memorabile trionfo del beato P. Camillo Costanzo, sacerdote della Compagnia di Gesù. Era già da tre mesi, ch’egli faticava nell’isola d’Ichitzuchi scorrendola con apostoliche missioni e lasciando per tutto le ultime pruove della sua carità; quando raccordò al suo albergatore il bisogno di visitare i fedeli di Noscima, isoletta che anch’ella sì attiene al dominio di Firando lungi di colà un qualche dodici leghe. Quegli vel confortò e volle andar seco; e saliti amendue sopra un legnetto a due rematori, con esso Gaspare Cotenda catechista del Padre, e Agostino Otu, s’avviarono a Noscima. Appena avevano preso mare, che una donna più fervente che saggia li diè tutti senz’avvedersene, in mano a’ persecutori e alla morte. Questa e cristiana e fervente s’era poco avanti confessata col P. Camillo, e tutta in ispirito e in devozione altro non desiderava che di condurre alla fede Monami Soiemon suo marito, ufficiale della giustizia in quella isola d’inchitzuchi, e pagano. E gliene disse quel più e quel meglio ch’ella seppe: aggiungendo, che quando mai più avrebbe una sì bella occasione come ora d’un santo religioso? Che dove voglia udirlo ragionar della fede, e averne il battesimo ella gliel condurrà. Il malvaggio idolatra fintosi alla semplice moglie persuaso d’udirlo e: seguitarne i consigli l’andò destramente scalzando, e ne cavò a poco a poco quanto ella sapeva; chi l’aveva menato a quell’isola, chi sel raccoglieva in casa, chi il conduceva, chi l’aiutava a sostenere e a promuover la fede; e ch’egli poco avanti s’era partito per Noscima, e non andrebbe a molti dì, che il riavrebbero in Ichitzuchi. Così minutamente istrutto il traditore, spedì a riferire il tutto ai governatori di Firando: e questi a lui mandarono tre legni armati; sopra i quali Umanoco presidente della giustizia in quell’isola, ed egli seco, saliti s’avviarono battendo a Noscima. Ma già il P. Camillo era passato oltre all’isola di Ucu, mezza lega distante, e i persecutori proseguendo a cercarne vel trovarono in porto a’ ventiquattro d’Aprile di quest’anno 1622. Era Ucu della signoria di Gotò, né Firando vi aveva giurisdizione per trarnelo: ma Sansì riscotitore dell’entrate del principe, e in dignità il maggiore dell’isola, il diè loro; con che allegrissimi della preda, via nel menarono a Noscima. Ma l’allegrezza fu brieve; perocchè interrogati e Giovanni e Agostino e Gaspare, e gli altri, ognuno in disparte, riseppero lui essere Camillo Costanzo della Compagnia di Gesù; ed o quivi udissero la prima volta, o già per fama sapessero l’uomo ch’egli era forte lor ne dispiacque; legato strettissimamente ogni altro e marinai e compagni della sua barca, lui solo non si ardirono a toccare. Anzi giunti che già era notte a dar fondo in porto a Noscima, il mandarono invitare ad una lor cena, che apparecchiavano sontuosa: ma egli graziosamente se ne scusò; e nondimeno per non parer loro afflitto della prigionia o villano ripigliò se non fosse non altro che onorario di certa loro bevanda, il gradirebbe: e subito il messo ritornò ad invitarlo in nome di quei signori a scendere in terra, e,già che più non voleva, prender da essi quel segno di amicizia e di cortesia. Singolare fu la riverenza con che il ricevettero; e fattol sedere nel luogo, più onorevole, bevve: e rimasto con essi alquanto in dolcissimi ragionamenti, accomiatossi, e si tornò ai suoi compagni in mare. Fatto l’alba si mise mano a’ remi con le prode verso Icbitzuchi; dove giunti col sole spartirono i prigioni per due luoghi diversi, quivi lasciando Giovanni e gli altri, che n’eran nativi: il P. Camillo e Agostino e Gaspare suo catechista, li condussero cinque leghe più oltre a Firando. In giungere il P. Camillo a Firando il presentarono a due giudici di quella corte, i quali, dice egli in una sua al Rettore di Nangasachi, mi domandarono chi era io! Risposi, che religioso della Compagnia di Gesù, e per nome Camillo Costanzo. Soggiunsero: A che fare venuto al Giappone? Ne diedi conto: e trattami dal seno una apologia in iscritto, loro la presentai. Ripigliaran per ultimo; E perché non ubbidire al Xongum signore del Giappone? Al che io: L’ubbidire ai principi la mia legge me l’ordina, fuorchè dove essi comandino cose al voler di Dio contrarie, e tale è il vietare che il Xongum ha fatto, che l’evangelio si predichi nei suoi regni. Ciò udito, pronunziò un di loro che io meritava la morte, e in questo mi fu gittato un capestro alla gola. La medesima notte fui mandato alt’isola di Inchinoscima, dove sto in carcere con due religiosi, l’uno di S. Agostino, l’altro di S. Domenico. Il viver nostro ordinariamente è quaresimale, riso ed erbe e tal volta un poco di pesce. La prigione, ancorchè non sia delle chiuse con isteccato attorno,ha però molte guadie; ed io predico loro cose nostre, ed essi a tutto consentono; e dicono che, se il Xongum nol vietasse, si renderebbero cristiani. Io per me aspetto la risposta da Iendo, e con essa d’ora in ora la morte: Fiat voluntas Domini, a tutto sto apparecchiato. Così egli della sua condannazione troppo succintamente, peroché altronde sappiamo, che quando gli fu messa al collo la fune, egli fatto un sembiante da uomo ìl più contento del mondo, si rivolse a’ giudici, e disse loro, ch’eran molti e molti anni ch’egli desiderava quello di che ora essi l’avean fatto degno, d’esser legato per una tal cagione, qual è predicar la legge dei vero Iddio. E dicendogli con ischermo un de’ giudici, che si fatto desiderio non potea cader in cuore altro che a un pazzo; ripigliò egli a dire, com’era degno della nobiltà del suo spinto e di così subblime argomento, gloriosandone e giubilandone: e che più pienamente il farà, quando per la stessa cagione si venga a crocefiggere, o abbruciar vivo, o comunque altramente parrà loro di ucciderlo. Ben poco o nulla è quel che sappiamo del viver suo nella prigione d’Ichinoscima; perocchè ella è un’isola in alto mare dodici leghe sopra Firando, e non praticata, se non che sol la toccano di passaggio le navi, che vi traggittono dal Giappone al Corai e quivi attendono il vento che loro bisogna. Solo ne abbiamo che egli in alcune sue chiama beata la sua vita in quell’esilio, in quell’eremo; e priega i Padri a non si dar niuna pena di lui, anzi per lui render grazie a Dio, che tal mercè gli avea fatta, che maggior non saprebbe desiderarla. E confessa, che quando gli avveniva di passar vicino alla carcere di Suzuta, dove erano il P. Spinola e que’ tant’altri religiosi in aspettazion della morte, profondamente le s’inchinava, e sentiva brillarsi in petto il cuore e tutto invigorito lo spirito per la vicinanza di quella beata prigione. Erano caramente amici egli e il P. Pietro Paolo Navarro: e quando avveniva loro d’incontrarsi, grandemente si consolavano ragionando della gloria de’ martiri e della felicità del martirio; e l’uno all’altro ne comunicava i suoi desideri. Or che amendue eran prigioni, si raccordavan per lettere i passati ragionamenti e il breve tempo che rimaneva a compirsi i lor desiderii. Anzi il P. Navarro, incarcerato quattro mesi prima di lui, gliene spedì subito avviso, aggiungendo che l’aspetterebbe in cielo o martire o confessore. A cui il P. Camillo, poiché anch’egli fu preso riscrisse dalla prigione dandogliene tutto allegro la nuova, e ricordevole dell’invito: Eccoci, dice, dov’elIa mi aspetta, e dove io tanto ho desiderato trovarmi. Già ho confessato Cristo e la sua santa legge innanzi a’ giudici; e forse sarò prima di lei a morire; e l’indovinò. Ma perciocchè di lui s’attendevano le risposte e la sentenza dalla corte di Iendo lontano da Firando poco men di quando è lungo il Giappone a levante, prima di lui furono coronati i suoi compagni in diversi luoghi e tempi. Precorso in cielo questi suoi cari, anch’egli in fra pochissimo tempo tenne lor dietro: perocchè intanto venne a Gonracu la sentenza, che sopra di lui s’attendeva dalla Corte di Iendo, e fu d’arderlo vivo. Il che denunziatogli, ebbe, il sant’uomo i primi saggi di quell’allegrezza di spirito; che poi mostrò in mezzo alle fiamme mai più né prima né dopo lui simile non veduta: e in segno d’esso seguendo l’uso dei giapponesi mandò al Provinciale Paceco in dono il suo reliquiario, dentrovi anche la solenne professione de’ quattro voti che avea fatta in Macao l’anno 1616, singolarmente degna d’aversi in riverenza, onde anche il Paceco la fe’ pubblico patrimonio di quella provincia. Tratto dunque di carcere e condotto a Firando, quivi diè fondo a Nangiozache, luogo destinatogli a morire: e gli fu subito incontro a riceverlo una barchetta con sei servitori del Principe, accolti da lui in sembiante allegrissimo e con affettuosi rendimenti di grazie: come altresì un ufficiale colà inviato da Nangasachi per assistere alla sua morte in scambio di Gonracu. E qui un de’ ministri del Signor di Firando si fece avanti a domandargli chi fosse e d’onde e di che età e da quanti anni in Giappone: e rispostogli, tutto registrò in iscritto da inviarsi alla corte di Iendo. Era il luogo apparecchiatogli, alla morte non dentro l’isola di Firando, ma dirimpetto in Tabira, quasi a fronte della città nella controcosta ch’era dello Scimo, e con un canale che vi corre framezzo si divide dall’isola. Quivi sulla spiangia poco lungi dal mare avean piantato una colonna di legno, e tutto intorno ad essa disposta un gran catasta chiusa anch’ella dentro una siepe di bambù ingraticolati. La moltitudine d’ogni maniera di gente, che già ne attendeveno la venuta e in terra e in mare era grandissima: e fedeli e pagani, e perfin gli eretici inglesi e olandesi, che tutti insieme vi trassero da Cavacci, uno dei due principali porti dell’isola, dove il lor naviglio di tredici legni era sorto. 11 sant’uomo inviatosi alla catasta andò que’ poco più o meno di cento passi, che n’eran lungi con tanto giubilo e celerità, che vi pareva anzi portato con impeto; e i cristiani, che ne conoscevan l’andare, meravigliando dicevano mai simile prestezza non aver veduta in lui. Su l’entrar dentro al cerchio fermatosi, e accomodandosi all’usanza de’ giapponesi in simil punto, disse in voce alta: Io son Camillo Costanzo italiano e religioso della Compagnia di Gesù; se v’ha qui cristiani che m’odano il sappiano. E così detto entrò in mezza alla catasta, e ritto in piè davanti il palo vi si diè a legare, come seguì, all’antica maniera strettissimamente; ed eran le funi canne peste e ritorte, che poi smaltaron di fango, perché più tempo reggessero al tormento del fuoco. Allora egli rivoltosi verso dove era più numeroso il popolo, in gran voce e ben udita come da luogo eminente, dichiarò la cagione di quell’arderlo vivo altro non essere, che l’aver egli predicata in quei regni la legge del vero Iddio, indi fattosi da quel testo di S. Matteo: Nolite timere eos qui occidunt corpus, animan autem non possunt uccidere, ragionò in ottimo giappo del sopravvivere che fa l’anima alla morte del corpo, e della eternità o felice o misera, a cui si passa alla vita presente. Per istentato e tormentoso che sia il morir di qua, pur finirsi, ma non sia già mai quella, secondo il merito, o vita o morte, che l’anima ricomincia in perpetua beatitudine o dannazione: e sopra ciò prosegui a dir fin che volle: nè se non posciacchè tacque, i carnefici miser fuoco nella stipa per tutto intorno, e ne usciron dal cerchio. Allora cominciando egli già ad ardere ricominciò il predicare: Intenda ognuno, diceva, che non v’è altra via da salvare l’anima che quella della fede e della santa legge di Gesù Cristo. Tutte le sette de’ Bonsi sono vane, son empie, sono ingannevoli: tutte menano l’anima in eterna perdizione. Mentre così diceva, le fiamme si levaron si alto, che egli più non si vedeva, ma se ne udiva la voce cos’ì ferma e in un dir sì gagliardo e si efficace, come fosse in su il pulpito predicando, non in mezzo al fuoco ardendo. Poi si quietò, e intanto il fumo si rischiarò, e dieder giù le fiamme tanto che fu riveduto. E comparve in atto di attentissima orazione, col volto e gli occhi in cielo, tutto immobile e d’un sembiante giocondissimo: e così stato un poco, ritornò sul dire, ma in altra lingua e in altro tono; e cantò come si suole nelle chiese, il salmo Laudate Dominus omnes gentes con esso infine il Gloria Patri: e quel finita si tacque. E già credevano che con questa lode di Dio in bocca spirasse: quando tutto improvviso ripigliata la voce tornò a predicare, frammescolando alle giapponesi molte parole latine, che poi fedeli, avvegnacchè ben l’udissero, non le seppero ridire.Ma quello che in tutti eccitò maggior meraviglia,e fece credere, ch’egli sopraffatto da una eccessiva consolazione infusagli da Dio nel cuore, non sentisse il tormento del fuoco, fu lo sclamar ch’egli fece, ripetendo tre volte una cotal forma propria di quella lingua, quando estremamente si gode di alcuna cosa; come sarebbe fra noi: O bene! O che piacere! E ciò fu appunto quando le fiamme fatteglisi già più vicine ricrebbero tanto che tutto l’involsero: ed, o gli abbruciassero il vestito che era il proprio della Compagnia, o per altro che io non so veramente dir che, egli apparve, come appunto ne scrivono di colà, candido come neve: poi di li a poco per lo cocimento del fuoco tutto bronzino ed annerato; né più altro se ne aspettava, se non che già morto cadesse a piè del palo. Né tardò molto: ma non doveva quell’anima tanto infiammata di Dio uscirgli per andarsene a Dio, se non lodando con le medesime parole di quegli che in paradiso son più da presso a Dio e più ardon di lui: e rialzata per ultimo la voce, con uno sforzo tale che fu intesa ben di lontano, gridò Sanctus, Sanctus, e nella quinta volta che ripeté, chinò il capo e spirò. Di tutte particolarità fin qui riferite, vi ebbe testimoni una immensa moltitudine di spettatori e uditori: e durò gran tempo a ragionarsene e da’ fedeli e dagli idolatri con quella meraviglia e lodi, che a tanta virtù si doveano. Cadde questo glorioso trionfo della fede di Cristo in Giappone il 15 Settembre del 1622, essendo il P. Camillo di cinquanta anni, trenta della Compagnia e diciassette della missione giapponese. Il suo corpo fu gittato a perdersi in una corrente di mare, che va rapidissima ivi verso Firando; e il menò Iddio chissà dove: perocchè non valse a P. Giovanni Battista Beaza Rettore di Nangasachi il mandarne in cerca per tutto colà intorno que’ lidi: che mai fu potuto trovare.>

In Societas – Rivista dei Gesuiti dell’Italia Meridionale, Anno L – Settembre / Dicembre 2002 – n.5/6, pagg. 221-224, è pubblicato un breve saggio su “Camillo Costanzo S.I. scrittore e martire / Spiritualità ed esegesi del lessico sino-giapponese” di Irene Iarocci. Nel saggio si fa riferimento anche al testo “Il Beato Camillo Costanzo, di Bovalino. Con 17 lettere inedite dal Giappone e dalla Cina” di Stefano de Fiores (uno dei più attenti studioso del Nostro), Qualecultura – Jaka Book, Vibo Valentia, 2000. La Iarocci si propone di cogliere “il profilo di un’anima tesa a vivere nella pienezza la volontà divina” attraverso l’analisi delle lettere del Beato Camillo Costanzo, che, partito dalla provincia gesuita di Napoli verso le terre di missione di Estremo Oriente e di Cina, conclude la sua giornata terrena da martire, arso vivo a Tabira, Hirado-Giappone, nel 1622. Sono 17 lettere importantissime, in quanto le uniche, in base alle ricerche d’archivio attuali, giunte fino a noi; tutte le altre opere finirono in mare nel naufragio di padre Francesco Eugenio (31 luglio 1621), al quale il Beato le aveva consegnate per la revisione romana. Le lettere, inviate dal padre gesuita dal Giappone nel periodo febbraio 1606 – ottobre 1620 ed estate 1622 e dalla Cina nel period0 1614 – 1620, furono conservate nell’Archivio storico della Compagnia di Gesù; oggi, grazie al padre Stefano de Fiores le stesse sono state studiate e fatte conoscere. Sono importanti soprattutto per chi ha interesse di storia della spiritualità e di dialogo interreligioso in terra d’Asia. Le lettere, che presentano un elevato interesse storico linguistico-filologico-culturale e spirituale, sono scritte in italiano, venato da inflessioni calabresi, e in portoghese; padre Costanzo, “colto figlio della Calabria del ‘500 senza pane e senza pace”, divenne tra il 1605 e il 1614 nipponista di seconda generazione. Sempre rispettoso del “decoro” e della volontà dei Superiori, rivolgeva e indirizzava la sua azione evangelizzatrice non tanto ad aumentare il numero dei fedeli estremo-orientali quanto a rafforzare la maturazione nella fede cristiana e in una vita spirituale da essa vivificata. “Incoraggiava la correzione lessicale dei catechismi e la necessaria uniformità terminologica tra Cina e Giappone, al fine di raggiungere una precisione teologica non ingenerante malintesi interpretative. In effetti il padre sosteneva di dover andare oltre una comprensione da occidentali del senso letterale offerto da parole-chiave… La dimensione spirituale viene delineata con semplicità dalle lettere: viene fuori il ritratto dell’anima e del carattere schietto del Beato… Da buon calabrese aveva la testa dura, come dice il proverbio, come quando volle rientrare in incognito (1621) nel Giappone scosso dalla persecuzione, travestito da soldato ma lietamente consapevole di andare incontro ad un destino eroico di testimone di fede, preparato con cura e accettato senza timore, ricordando il poeta italiano che dice: ‘La morte è fin di una prigione oscura / agli animi gentil, agli altri è noja” e per ultimo: ‘Un bel morir tutta la vita honora’ (Lettera dell’11 giugno 1622)”

Camillo Costanzo fu beatificato a Roma il 7 luglio o 7 maggio?) 1867 da Papa Pio IX. A Tabira, luogo di martirio del beato bovalinese, il 25 marzo 1990 è stato inaugurato un monumento a Camillo Costanzo, diventato luogo di pellegrinaggio da parte di milioni di giapponesi.

Diverse sono le preghiere e le invocazioni composte e indirizzate al glorioso martire: 1)Triduo in onore del Beato Camillo Costanzo da Bovalino Superiore, per ottenere le grazie di cui si ha bisogno (Comincia il 22 Settembre) – Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. – Gloriosissimo Beato Camillo Costanzo, che per aver avuto in questa terra i natali, siete presso Dio il nostro potente intercessore, guardate pietoso la mia necessità ed ottenetemi da Lui la grazia che ora per mezzo vostro, umilmente chiedo. (Si esponga la grazia che si desidera) – Pater, Ave e gloria. – Gloriosissimo Beato Camillo, intrepido apostolo del vangelo, che predicaste ai popoli barbari del lontano oriente, concedetemi la grazia di professare costantemente la santa fede per essere degno ora e sempre della misericordia del Signore. – Pater, Ave e Gloria. – Beato Camillo, che consumaste la vita con glorioso martirio, dando a Gesù Cristo la prova più grande dell’amore, concedetemi la grazia di amare Dio con tutto il cuore e di amare il prossimo come me stesso per amore di Dio, affinché allietato da quelle celesti benedizioni che mi sono necessarie nella vita presente e che fervidamente imploro, possa conseguire nell’altra vita il premio eterno. Così sia. – Pater, Ave e Gloria. – Pregate per noi o Beato Camillo affinché siamo fatti degni delle promesse di Cristo. – Preghiamo: Signore che hai voluto illustrare il glorioso martirio del Beato Camillo indefesso predicatore della fede presso la gente giapponese, concedi a noi tuoi servi che infiammati del divino amore, per la di lui intercessione possiamo arrivare a te felicemente. – Per Cristo Signore nostro, così sia. – Visto si approva – Bovalino Superiore, 30 Luglio 1928 – Giovan Battista Vescovo / 2)Triduo in onore del Beato Camillo Costanzo S.J. Martire (anonimo e senza data) – I) O grande apostolo di carità, B. Camillo Costanzo, che fin da giovinetto Ti sei segnalato in questa virtù tanto cara al cuore di Cristo e tanto da Lui raccomandata, muoviti a compassione di noi, ora che sei in Cielo ed ottieni provvidenza ai miseri, salute agli infermi e a tutti la liberazione dei mali ed il soccorso nei bisogni. Tre Gloria – Beato Camillo Costanzo, prega per noi. – II) O zelatore fervente della salute delle anime, B. Camillo Costanzo, Tu che intraprendesti lunghi e disastrosi viaggi per annunziare ai pagani la parola della verità, affinché anch’essi potessero conoscere ed amare Cristo, pietà Ti prenda delle anime nostre ed impetraci la grazia di non andare perduti in eterno. Tre Gloria – Beato Camillo Costanzo, prega per noi. – III) O glorioso Beato Camillo Costanzo, nostro potente protettore, Tu che per convertire i popoli del Giappone e per provare il Tuo amore a Cristo non hai dubitato di affrontare il martirio, fa’ che anche noi sappiamo sacrificarci per i nostri fratelli ed ottienici la grazia che ora Ti domandiamo, purché sia conforme alla salvezza della anima nostra (domandare la grazia che si desidera). Tre Gloria – Beato Camillo Costanzo, prega per noi. – Preghiera. Signore Gesù, Tu hai promesso che «chiunque Ti confesserà dinanzi agli uomini, sarà da Te confessato dinanzi al Padre Tuo», umilmente Ti preghiamo, in ricorrenza del quarto centenario della nascita, che Tu voglia glorificare, con l’aureola dei Santi, il Tuo servo, Camillo Costanzo, che, dopo aver sparso il buon seme della divina Parola, concluse la vita affrontando il martirio per dimostrare il Suo attaccamento a Te e alle anime redente dal Tuo sangue prezioso. Fà, o Signore, che per i meriti di questo Sangue e per l’intercessione del Tuo servo, il Beato Camillo Costanzo, possiamo anche noi, dopo averti confessato in terra con una cristiana condotta di Vita, cantare le tue misericordie in cielo. Così sia. – Cenni biografici. Il B. Camillo Costanzo nacque a Bovalino (Reggio Cal.) da nobile e ricca famiglia, profondamente cristiana nel 1572. Ancora giovinetto, fu mandato a Napoli per intraprendere gli studi per avvocato, ma la voce del Signore lo chiamò all’apostolato, facendolo entrare, dopo non poche difficoltà, nella Compagnia di Gesù: aveva appena vent’anni! Ordinato sacerdote, chiese ed ottenne di andare missionario nel lontano Giappone che solo allora si apriva alla civiltà cristiana. Qui, nella città di Firando, dopo una vita spesa nella predicazione del Vangelo e nella conversione ed assistenza dei pagani, fu condannato ad essere bruciato vivo: era il 15 settembre 1622. Fu glorificato dal Santo Padre Pio IX il 1870. / 3) Invocazioni al Beato Camillo Costanzo S. J. da Bovalino Superiore – Reggio Cal. (composte da Zinghinì Giuseppe fu Giuseppe e autorizzate il 17-7-1945 da Giovanni Battista Chiappe, vescovo di Gerace): Signore, abbiate pietà di noi. – Gesù Cristo, abbiate pietà di noi. – Signore, abbiate pietà di noi. – Gesù Cristo, ascoltateci – Gesù Cristo, esauditeci. – Dio Padre, che regnate nei cieli, abbiate pietà di noi. – Dio Figliuolo, Redentore del mondo, abbiate pietà di noi. – Dio Spirito Santo, abbiate pietà di noi. – Santissima Trinità, che siete un solo Dio, abbiate pietà di noi. – Santa Maria, concepita senza peccato originale, pregate per noi. – Beato Camillo Costanzo, pregate per noi. – Beato Camillo, geloso custode della virtù angelica, pregate per noi. – Beato Camillo, novello San Luigi per i digiuni e le discipline con cui martoriaste sempre il vostro corpo, pregate per noi, – Beato Camillo, fedele imitatore del casto Giuseppe, pregate per noi. – Beato Camillo, che lasciaste gli studi della legge umana per farvi apostolo e maestro di quella divina, pregate per noi. – Beato Camillo, che abbandonaste la carriera militare per entrare in una milizia più santa e più perfetta, pregate per noi. – Beato Camillo, sprezzatore delle ricchezze, pregate per noi. – Beato Camillo, amante della povertà, pregate per noi. – Beato Camillo, tempio della più perfetta umiltà, pregate per noi. – Beato Camillo, innamorata di Gesù Crocifisso, pregate per noi. – Beato Camillo, devotissimo di Maria, pregate per noi. – Beato Camillo, giglio purissimo la cui soave fragranza attrasse a Dio molte anime, pregate per noi. – Beato Camillo, specchio tersissimo delle più rare virtù, pregate per noi. – Beato Camillo, indefesso predicatore della fede presso la gente giapponese, pregate per noi. – Beato Camillo, mirabile esempio di forza e di coraggio, pregate per noi. – Beato Camillo, insuperabile confutatore colla parola e cogli scritti, delle sette cinesi e giapponesi, pregate per noi. – Beato Camillo, invitto martire di Cristo, pregate per noi. – Beato Camillo, che ascoltaste impavido l’ingiusta sentenza di morte dinanzi alla corte di Jendo, pregate per noi. – Beato Camillo, il cui cuore arse, per la salute delle anime, più delle stesse fiamme uccisero il vostro corpo, pregate per noi. – Beato Camillo, il cui contegno costrinse i vostri giudici ad ammirarvi, pregate per noi. – Beato Camillo, la cui eloquente parola commosse i vostri stessi carnefici, pregate per noi. – Beato Camillo, che per testimoniare, ancora una volta Gesù, Re D’amore, spiraste al canto del trisagio degli Angeli, pregate per noi. – Beato Camillo, la cui morte somigliò moltissimo a quella del Divin Maestro, pregate per noi. – Beato Camillo, il cui corpo, dopo bruciato, restò candido come la neve, pregate per noi. – Beato Camillo, che dopo morto, in odio alla religione foste buttato in mare, pregate per noi. – Beato Camillo, decoro della Compagnia di Gesù, pregate per noi. – Beato Camillo, onore e vanto della patria vostra, pregate per noi. – In ogni nostro bisogno a voi ricorriamo nostro potente avvocato, non abbandonateci. – Sempre e dovunque, Beato Camillo, proteggeteci. – Agnello di Dio, che togliete i peccati del mondo, perdonateci, o Signore. – Agnello di Dio, che togliete i peccati del mondo, esauditeci, o Signore. – Agnello di Dio, che togliete i peccati del mondo, abbiate pietà di noi, o Signore. – Gesù Cristo, ascoltateci. – Gesù Cristo, esauditeci. – Beato Camillo, pregate per noi. – Affinchè siam fatti degni delle promesse di Gesù Cristo. – Orazione. I beati meriti del tuo martire Camillo, o Signore, ci accompagnino e ci rendano sempre più ferventi nel tuo amore. Per Cristo Signor Nostro-Così sia. / 4) Coroncina popolare al Beato Camillo Costanzo S.I. da Bovalino Superiore (approvata dall’autorità ecclesiastica e con l’indicazione in calce che quanti desiderano copie della coroncina e notizie relative al culto del Beato Camillo Costanzo di rivolgersi al Sig. Zinghinì Giuseppe fu Giuseppe in Bovalino Superiore): Nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo. Così sia.- O Camillo di Costanzo – Tu che accetto sei al Signore – Ci fortifica nel cuore – Ci conduca tu nel Ciel. – 1^ Posta: Salve, salve, invitto Santo – Della fede e dell’amore – Deh! feconda il nostro cuore – Di sapienza e di bontà. (Si ripete per dieci volte) – Gloria al Padre ecc. O Camillo ecc. – 2^ Posta: La Tua luce, il Tuo martirio – Renda grande questa terra – Fuga vince la ria guerra – O gran Santo di Gesù. (Si ripete per dieci volte) – Gloria al Padre ecc, O Camillo ecc. – 3^ Posta: Ti ricorda dei Tuo figlio – Dei devoti cittadini – Schiudi fulgidi giardini – Per noi tutti di virtù. (Si ripete per dieci volte) – Gloria al Padre ecc. O Camillo ecc. – 4^ Posta: E al peccato al suo veleno – Metti Dio colla sua grazia – Rendi l’alma nostra sazia – Della Santa Carità. (Si ripete per dieci volte) – Gloria al Padre ecc, O Camillo ecc – 5^ Posta: E nel punto della morte – Nell’estrema agonia – Con Gesù e con Maria – Ci conforti il Tuo favor. (Si ripete per dieci volte) – Gloria al Padre ecc. O Camillo ecc. – Orazione. O Dio, che hai voluto illustrare il glorioso martirio del Beato Camillo, indefesso predicatore della fede presso le genti giapponesi, concedi a noi tuoi servi che, infiammati del Divino Amore, per la di lui intercessione possiamo arrivare a te felicemente. – Per Cristo Signore Nostro. Cosi sia. / 5)Preghiera e note biografiche (approvate dall’Autorità ecclesiastica e contenute in una doppia immaginetta sacra dedicata al Beato Camillo Costanzo –festa il 25 settembre- e Paolo Navarro –festa il 16 novembre- Martiri in Giappone nel 1622). Il B. Camillo Costanzo, nativo della Calabria, dopo di aver portato le armi nelle guerre di Fiandra, si consacrò a Dio nella Compagnia di Gesù. Passato missionario nel Giappone, vi dilatò con la voce e con gli scritti la religione di Cristo, finché preso dai persecutori fu condannato ad essere arso vivo. In mezzo alle fiamme l’invitto Martire parlava alla moltitudine circostante ricordando quelle parole di Cristo: “Non temete coloro che uccidono il corpo”. Finalmente sentendosi morire ripeté il trisagio angelico: Sanctus, sanctus, sanctus, e rese a Dio l’anima gloriosa. Morirono pochi giorni prima di lui Gaspare Cotenda, catechjsta, congiunto di sangue alla real casa del Firando e compagno di carcere del P. Camillo, Francesco Taquea, fanciullo di 12 anni, e Pietro Xequi di 7. Il P. Camillo fu preceduto nel martirio anche dal B. Agostino Ota, che da lui era stato prima di morire ammesso ai santi voti della Compagnia di Gesù. Tutto ciò avvenne nell’anno 1622. Preghiera. O valorosi Camillo, Agostino e Compagni Martiri, che per mantenervi fedeli a Dio e guadagnare l’eterna vita perdeste volentieri la temporale, ottenete anche a noi un simile coraggio, si che disprezzando la terrena felicità mettiamo ogni studio in assicurarci la celeste. Così sia. / 6) Preghiera approvata dal vescovo Giov. Battista e contenuta in un’immaginetta sacra dedicata al Beato Camillo Costanzo, senza data. – Gesù amabilissimo, che il Vostro fedele Beato Camillo Costanzo, pur nato nell’agiatezza, voleste chiamare ad una vita di stenti e di pericoli, meritandogli il più prezioso dono qual’ è quello di salvare gl’infedeli e condurli nella celeste beatitudine, per il lento doloroso martirio del fuoco che ebbe a soffrire, e per la sua potente intercessione, fate che ancor noi possiamo ardere di fuoco divino per Voi, dolcissimo Gesù; e fate che la vostra potente benedizione scenda, quale vivificante rugiada, sul Vescovo, sui Sacerdoti, sulla Diocesi tutta, affinché superati i travagli e le amarezze della vita presente possiamo insieme godere un giorno la vostra gloria immortale. – Un Pater, Ave e Gloria, per impetrare presto la Canonizzazione del glorioso Beato Camillo Costanzo. – (Si concedono 50 giorni d’Indulgenza). / 7) Inno al Beato Camillo Costanzo cantato dal popolo a Bovalino Superiore – Innalziamo al gran figlio d’Ignazio,/ al Beato Costanzo un bel canto:/ Egli è nostro comune gran vanto,/ che per Cristo il suo sangue versò. – Egli è nato in Calabria felice,/ di soldato la gloria sprezzando,/ il suo nome ben più venerando/ rese a noi col crudele martir. – O Costanzo, o apostolo invitto,/ deh! c’ispiri l’amor delle genti,/ che nell’ombra di morte giacenti/ voglion luce e l’amor di Gesù. – Gloria al martir che intera la vita/ consacrò al divino suo duce!/ Gloria a quanti di Cristo la luce/ alle genti infedeli daran. – Beato Camillo, nostro avvocato,/ che per la fede moristi bruciato,/ gridasti sempre “Viva il Signore!”/ con voce forte e con vivo ardore. – Nota: nel primo rigo Ignazio è Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù (i Gesuiti). / 8) Orazione “Die 10 septembris – B. Camilli Costanzo Martyris – III classis/Missa In virtute, de Communi unius Martyris, praeter orationem: Orémus. Deus, qui beatum Camillum, indeféssum fìdei apud Iapònum gentes praec6nem, lento igne probatum, gloriòso martyrio illustrare voluìsti: concéde nobis fàmulis tuis; ut, flamma divìni amòris incénsi, eius intercessiòne ad te pervenìre felìciter mereàmur. Per Dòminum nostrum Iesum Christum. – (Preghiamo. O Dio, che, dopo averlo provato col fuoco lento, hai voluto coronare di glorioso martirio il beato Camillo, instancabile propagatore della fede tra i popoli del Giappone; concedi a noi tuoi servi che, accesi dalla fiamma del divino amore, possiamo per sua intercessione meritare di raggiungerti nella felicità del Cielo. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.) / 9) Preghiera contenuta nel calendario dell’Arciconfraternita anno 2006, mese di agosto. Gloriosissimo Beato Camillo, intrepido apostolo del / Vangelo, che predicaste ai popoli barbari del lontano / Oriente, concedetemi la grazia di professare / costantemente la Santa Fede per essere degno, / ora e sempre, della misericordia del Signore. 10) Preghiera del Vescovo Giancarlo Maria Bregantini, contenuta dietro l’immaginetta della statua del Beato, che si venera nellla Chiesa Matrice di Bovalino, e distribuita ai presenti in occasione del Convegno di giorno 30 dicembre 2007: “Beato Camillo Costanzo, / noi, figli di questa terra da cui sei partito con passione e zelo missionario, / con cuore grato ti invochiamo, / perché tu possa intercedere presso il cuore di Dio, / perché si allarghino gli orizzonti della nostra speranza, perché possiamo impegnarci con passione nell’annuncio del Regno. / Concedici di avere sempre un animo missionario, / aperto ad ogni necessità. / Chiedi al Padre celeste che questa terra di Calabria abbia nuove vocazioni, / si impegni ad annunciare il Vangelo della liberazione e della consolazione / con fortezza, coraggio, autenticità. / Alle terre del Giappone e della Cina, da te evangelizzate e da te amate, / concedi pace, libertà religiosa, crescita nella fede, / sviluppo solidale e rispetto per il bene di tutta l’umanità. / Alle nostre famiglie e comunità parrocchiali, / per la tua preghiera, / siano concessi giorni di pace e di perdono / perché tutti noi, attraverso il nostro costante impegno, / possiamo far fiorire ogni angolo della nostra terra / della bellezza e del profumo di Cristo.”

Nella Chiesa Matrice di Bovalino Superiore è venerata una statua del Beato in legno, di buona fattura, acquistata nel 1932. Alla base del piedistallo sono riportate diverse notizie riconoscitive: “ Beato Camillo Costanzo S.J. nato nel 1572 bruciato vivo in Giappone 1622 Gloria e Onore di Bovalino Superiore / eseguito dalla ditta Schmazl Giuseppe scultore Ortisei Bolzano/ Per cooperazione e interessamento di Giuseppe Zinghinì fu Giuseppe”

Come il sottoscritto si augurava nella Prefazione, la “casa” del Beato Camillo Costanzo è stata completata nel dicembre del 2007 per adattarla a sede ed archivio storico dell’illustre personaggio e della stessa Confraternita. Il progetto di restauro è stato redatto dall’architetto Tommasi Violi e i lavori sono stati eseguiti dalla ditta del sig. Bruno Albanese. La casa, che ha una superficie di circa 48 mq.. è stata acquistata in epoca recente dall’Arciconfraternita. In merito bisogna precisare che gli ultimi proprietari, che risultano dagli atti catastali, furono i coniugi Battista Antonio fu Felice –1908 -disperso durante la 2^ guerra mondiale- e Zappia Giuseppa di Giovanni –1915/1984, che l’acquistarono all’epoca del loro matrimonio celebrato nel 1941. Nel 1962 la sig.ra Zappia si trasferisce ad Ardore e vende senza atto notarile ma solo “verbalmente” ai coniugi Parisi Vincenzo e Trivieri, vicini di casa, per la somma di £. 95.000. Negli anni ’90 il figlio dei suddetti, sig. Parisi Girolamo, fa un compromesso di vendita all’Arciconfraternita, pur non avendone titolo, ricevendo dalla stessa la somma di duemilionicinquecentomila. In occasione dell’inaugurazione della “casa” l’Arciconfraternita ha organizzato un Convegno nazionale sul Beato Camillo Costanzo, finalizzato alla valorizzazione del più illustre cittadino bovalinese. Attraverso manifesti affissi in tutta la Diocesi di Locri e accattivanti inviti pieghevoli su sei facciate, personalità politiche e religiose, associazioni culturali e la popolazione tutta sono stati avvisati e invitati a partecipare all’interessante iniziativa. Nella prima facciata sono indicati gli enti promotori e il titolo, con una foto della statua del Beato: “Diocesi di Locri-Gerace / Parrocchia ‘S. Caterina V. M.’ di Bovalino Superiore / Arciconfraternita ‘Maria SS. Immacolata’ di Bovalino Superiore / con il patrocinio del Banco di Napoli e Intesa S. Paolo – Convegno ‘L’azione apostolica del Beato Camillo Costanzo, missionario gesuita bovalinese, martire in Giappone’ (1571-1622) – Bovalino Superiore – Chiesa Matrice – 30 dicembre 2007 / ore 16.00.” Nella seconda facciata il Programma: “Ore 16.00: Chiesa Matrice, Bovalino Superiore / Introduce: dottor Antonio Blefari, Priore Arciconfraternita ‘Maria SS. Immacolata’ di Bovalino Superiore / Interventi: dottor Giovanni Carteri, Saggista ‘Il contesto storico, sociale e religioso nella Bovalino del Beato Camillo Costanzo’ – Padre Giovanni Ladiana S. J., Superiore Padri Gesuiti di Reggio Calabria ‘Spiritualità missionaria della Compagnia di Gesù: ieri e oggi’ – Padre Stefano De fiores, docente di Mariologia Pontificia Università Gregoriana di Roma ‘La figura meravigliosa del Beato Camillo Costanzo come emerge dalle sue lettere dal Giappone e dalla Cina’ / Conclude: S. E. Padre Giancarlo Bregantini, Vescovo Diocesi Locri-Gerace / Ore 18.00: inaugurazione della casa natale del Beato Camillo Costanzo, acquisita e ristrutturata dall’Arciconfraternita ‘Maria SS. Immacolata’ di Bovalino Superiore / Ore 18.30: Concelebrazione Eucaristica presieduta da S. E. Padre Giancarlo Maria Bregantini, Vescovo di Locri-Gerace.” Nella terza e quarta facciata Brevi cenni biografici del Beato Camillo Costanzo: “Camillo Costanzo nacque in Bovalino (Motta Bovalina) nel novembre 1571 da Tommaso e Violante Montano, nobile famiglia di origine cosentina trasferitasi nella nostra cittadina circa trent’anni prima. Tale condizione socio-economica favorevole permise al giovane, buono sensibile ed altruista, di vivere serenamente il periodo della crescita e della formazione in Bovalino e di seguire gli amati studi di diritto civile per un biennio presso l’Università di Napoli, per poter poi esercitare la professione di avvocato. Terminati gli studi, andò soldato a Ostenda, nelle Fiandre, al seguito del principe Alberto. Ritornato in Italia, dopo una forte crisi esistenziale che lo portò ad appartarsi in feconda solitudine in una società piena di contraddizioni e smarrita nel vizio, entrò l’8 settembre (curiosa coincidenza per Bovalino) del 1591 come novizio nel collegio della ‘Compagnia di Gesù’ di Napoli. Completata la sua preparazione in Logica a Napoli, Nola e Salerno e in quest’ultimo Collegio insegna grammatica per due anni. Ordinato sacerdote, finalmente nel marzo del 1602, all’età di 31 anni, parte spontaneamente per Macao in Cina dove giunge nel marzo del 1604. Si realizzava così un sogno inseguito invano per dodici anni. Per tre anni predicò tra Goa, la Malacca e Macao, ma dovette sottostare all’ingiunzione delle autorità cinesi che lo privarono della residenza: si diresse, perciò, in Giappone, dove sbarcò a Nagasaki. Si perfezionò per un anno nella lingua giapponese e iniziò la predicazione della parola di Cristo nella città di Sakai. Nel 1614, a causa di un bando di proscrizione, dovette abbandonare il Giappone e tornare a Macao, dove trascorse altri sette anni. Nel 1621, travestito da soldato, tornò in Giappone, sbarcando nell’isola di Iki. Qui, oltre che all’opera di evangelizzazione e di diffusione della religione cattolica, si dedicò agli studi e scrisse ben diciotto trattati di religione comparata, confrontando criticamente le religioni locali con il cristianesimo. Sfuggito alla cattura si rifugia nell’isola di Firando. Dopo tre mesi, mentre si apprestava a salpare per l’isola di Noscima, fu pregato da una donna cristiana di convertire il marito, ma quest’ultimo, visto il missionario corse ad avvisare i soldati che lo arrestarono insieme ad alcuni marinai. Fu portato nell’isola d’Ichinoscima nell’attesa della sentenza di condanna al rogo. Successivamente fu trasferito a Tabira, sulla costa fronteggiante la città di Firando (oggi Hirado). L’epilogo fu terribile. I marinai vennero condannati alla decapitazione ed il missionario ad essere arso vivo sul rogo. Fu legato ad un palo ed arso vivo, non cessando un attimo di predicare la fede alla moltitudine di gente che assisteva al supplizio e invitando i cristiani a viverla coraggiosamente ed i pagani ad abbracciarla senza paura. Dopo aver cantato il “Gloria Patri” e ripetuto per cinque volte la parola “Sanctus”, lieto con gli occhi rivolti al cielo, spirò. Era il 15 settembre 1622. Fu beatificato a Roma il 7 luglio 1867 da Papa Pio IX. – Nella Mostra Missionaria vaticana allestita in occasione dell’Anno Santo del 1925, venne esposto il quadro con l’effigie del Nostro Beato assieme a quelli degli altri martiri del Giappone. -Sulla sua vita esiste una vasta bibliografia, che delinea compitamente la figura storica e soprattutto morale. Tra le tante raccolte e pubblicazioni, interessanti sono ‘Breve memoria sulla vita e martirio del P. Camillo Costanzo D.C.D.G. Calabrese – Beatificato il 7 Maggio 1867’ di Anonimo e senza data, Firenze; un Menologio pubblicato a Venezia nel 1870, ad opera del gesuita padre Giuseppe Antonio Patrignani, che raccoglie certosinamente tutte le notizie disponibili negli archivi della Compagnia di Gesù, sul Beato bovalinese; il breve saggio su ‘Camillo Costanzo S.I. scrittore e martire / Spiritualità ed esegesi del lessico sino-giapponese’ di Irene Barocci, pubblicato in Societas – Rivista dei Gesuiti dell’Italia Meridionale, Anno L – Settembre/Dicembre 2002 – n.5/6. Originali studi e ricerche sul Nostro sono stati compiuti dai saggisti Piero Leone e Giovanni Carteri. L’opera più ponderosa scritta sul Beato Camillo Costanzo resta il saggio di Padre Stefano De Fiores,pubblicato nel 2000 da Qualecultura – Jaka Book, contenente 17 lettere inedite del Beato dal Giappone e dalla Cina. Come scrive l’autore, che giudica il Beato Camillo Costanzo il padre Ricci del Giappone, ‘se nel Seicento un figlio di Bovalino ha potuto compiere imprese memorabili, perchè oggi la Clabria deve piegarsi su se stessa sotto i mali che la opprimano? La conoscenza del Beato Camillo Costanzo è un tonico che ristora le forze e libera le energie costruttive di quanti verranno a contatto con lui’ “Nella quinta e sesta facciata alcune immagini che riproducono la Casa del Beato Camillo prima e dopo il restauro e alcune attività dell’Arciconfraternita, quali il Museo d’arte sacra e il tradizionale presepe meccanizzato. Tale invito era accompagnato da una lettera firmata dal parroco di Bovalino Padre Giuseppe Pittarello e dal Priore dell’Arciconfraternita dott. Antonio Blefari: “La S.V. è invitata a presenziare al convegno sul Beato Camillo Costanzo, gesuita bovalinese, martire in Giappone il 15 settembre 1622. Dopo tanti sforzi siamo riusciti, come Arciconfraternita Maria SS. Immacolata, ad acquisire e ristrutturare la sua casa natale. E’ un evento signi/ìcativo non solo per la comunità bovalinese, ma per tutta la Calabria e la Diocesi di Locri-Gerace, la cui Biblioteca è intestata proprio al Nostro Beato. L ‘Arciconfraternita intende qui ringraziare la grande opera compiuta da S. E. il Vescovo Bregantini che non ha smesso mai di incoraggiare questa iniziativa. Oggi per tutti noi si realizza un sogno. Siamo convinti che la conoscenza di questa grande figura di martire aprirà nuovi spazi di confronto con le altre religioni e con le civiltà dell’Estremo Oriente, dove il Beato operò da vero pioniere del messaggio di Cristo.Grati per la partecipazione, porgiamo fervidi auguri di Buon Natale e un 2008 ricolmo di ogni bene. Bovalino, 7 dicembre 2007.” Nell’attesa della pubblicazione degli atti del convegno, promessa dal priore, perché rimanga a perenne memoria il segno di questa importante iniziativa, i giornali hanno riportato ampiamente la notizia e hanno dato contezza di quanto avvenuto, come la Gazzetta del Sud del 3 gennaio 2008 con un articolo a firma del corrispondente Giuseppe Pipicella dal titolo A Bovalino con un convegno di studi Bregantini inaugura la casa natale del beato Camillo: “Bovalino Superiore, centro collinare ricco di storia e tradizioni cristiane, celebra il Beato Camillo Costanzo, ricordato dal superiore provinciale dei gesuiti, padre Giovanni Ladiana, come ‘autentico campione missionario’ della fede cristiana vissuta e divulgata fino al supplizio, il 15 settembre 1622 in Giappone. Fu arso vivo a Firando (oggi Hi Rado) e mentre la gente assisteva al suo supplizio, invitava tutti i cristiani a vivere nella fede in Cristo ed i pagani ad abbracciarla senza paura. ‘E allora -scrive padre Stefano De Fiores, docente di Mariologia pontificia all’università Cregoriana di Roma- se nel seicento un figlio di Bovalino ha potuto compiere imprese memorabili, perché oggi la Calabria deve piegarsi su se stessa sotto i mali che la opprimono?’. Un concetto che De Fiores, originario di San Luca ‘con radici materne di Bovalino Superiore’, ha ripetuto e ampliato nel convegno, alla presenza del vescovo Bregantini, svoltosi in occasione dell’inaugurazione della casa natale del Beato Camillo Costanzo, acquisita e ristrutturata dall’arciconfraternita Maria SS. Immacolata guidata dal priore Antonio Blefari. Dopo l’introduzione di Blefari , alla presenza delle autorità cittadine e di politici locali, provinciali e regionali, il convegno è proseguito con le relazioni del saggista Giovanni Carteri , di padre Ladiana sulla spiritualità del missionario gesuita, ieri ed oggi e quella di padre Stefano De Fiores che si è soffermato sulla figura del Beato come emerge dalle sue lettere dal Giappone e dalla Cina . Un momento di grande commozione si è avuto con l’intervento finale del vescovo Bregantini il quale già nei giorni precedenti aveva salutato la comunità di Bovalino Marina impartendo la cresima a un’ottantina di giovani. Il taglio del nastro all’ingresso della casa del Beato è stato l’atto finale della giornata prima della concelebrazione eucaristica presieduta dal vescovo nell’antica chiesa matrice la cui navata di sinistra era quasi interamente occupata dall’artistico presepe elettromeccanizzato ideato e realizzato da mastro Ciccio Clemente con la collaborazione di Francesco Macrì e di un gruppo di elettricisti, idraulici e falegnami.” Intanto la casa del Beato, che dovrà fungere anche da foresteria per studiosi e gesuiti, è stata arredata in modo provvisorio, in attesa di una sistemazione definitiva. Al piano terra fa mostra un quadro di Giordano del 1998 raffigurante l’Immacolata, insieme ad un modesto mobilio composta da sedie, cassapanca e un tavolo antico. Il secondo piano risulta più ricco: una pianeta e un calice, un messale per messa gregoriana, un letto (donato da Pino Richichi di Careri), un comodino con crocefisso e lampada a petrolio, una poltrona, una vetrina, un lavabo (offerto da Ciccio Clemente), nelle vetrinette libri e registri dell’Arciconfraternita, un quadro del 1900 di S. Sessa rappresentante il martirio del Beato con sullo sfondo un paesaggio dell’estremo Oriente…. Nella facciata della casa è presente una nicchia con una statuetta del Beato, e in basso una lapide in marmo dove è scritto: Oh invitto martire di Cristo / Beato Camillo Costanzo S.J. / Che in Giappone col sangue piantasti la fede / Benedici Bovalino tua Patria / A.D.1939…

b) LA LEGGENDA DI SUOR MARIA CECILIA
Nel testo Bovalino un borgo da salvare di Antonio Ardore, pubblicato, nel settembre del 2002, ad opera dell’Arciconfraternita Maria SS. Immacolata, a pag. 131 viene tracciato un sintetico profilo cronistico dell’estensore di una leggenda , che fino a lui si era tramandata solo oralmente Giuseppe Zinghinì nato il 5 ottobre 1905 e morto il 6 gennaio 1973. Nelle pagine successive furono pubblicate solo i 2 capitoli di Introduzione e 19 dei 31, formanti l’intera leggenda, trascritta nel 1968 a più mani su un quaderno dell’epoca. In questa ricerca la leggenda, che si basa su alcuni elementi storici “…Suor Maria Cecilia, morta nel 1672 com’era scritto sulla lapide al convento, è figlia del marchese di Bovalino Sigismondo Loffredo, che morì nel 1605, lasciando il possedimento alla moglie la principessa Beatrice Orsini che terrà il feudo bovalinese fino al 1617, dopo di che lo venderà al procuratore Sebastiano Vitale per conto dei genovesi Del Negro, che deterranno il feudo per tutto il ‘600…”, ma poi dilatata nel mondo della ricostruzione sentimentale e fantastica, viene trascritta per intero al fine di dare la possibilità al lettore interessato di gustarla appieno senza interrompere la tensione emotiva.
Prefazione. Chi si prenderà il fastidio di leggere le pagine che seguono, alla fine si domanderà: che non sia una storia vera? Anch’io, quando mastro Giuseppe Marrapodi – nonno paterno del professore Giuseppe Marrapodi – me la raccontò, mi sono rivolto la stessa domanda ma, purtroppo, non potei dare una risposta affermativa perché, della leggenda, non ci resta nessun documento scritto. Mastro Giuseppe Marrapodi, uomo buono e pio, che fu sagrestano della nostra Chiesa, quasi ininterrottamente, dal 1870 al 1919, anche lui l’ha sentita raccontare. Come e perché me la raccontò lo dirò nel primo paragrafo. Una sola cosa è certa: i personaggi sono realmente esistiti. Il marchese Sigismondo Loffredo, come narra la “Cronistoria” della Diocesi di Gerace del canonico Antonio Oppedisano, nel 1590, sulle rovine dell’antica Potamia, fondò il paese di San Luca e lo chiamò così perché lo inaugurò il 18 ottobre 1592, festa dell’Evangelista San Luca. Di Suor Maria Cecilia, che la leggenda vuol figlia di Sigismondo, abbiamo scoperto la tomba tra le rovine del convento dei Riformati. Un personaggio pure esistito è il marito della protagonista che la leggenda chiama “Fabricis, signore di un castello vicino”. Siccome al personaggio principale bisognava dare un volto e un nome, ho scelto il nome del Marchese Fabrizio Carafa, Signore di Caulonia che – quando Sigismondo fondò San Luca – fondò una cittadina a cui diede il proprio nome: Fabrizia. Così ho cercato di colmare una lacuna per dare ordine alla narrazione della leggenda stessa. E’ tutto qui. In me non c’è nessuna pretesa di pubblicare l a leggenda – sarebbe troppa presunzione la mia – ma solo desidero di lasciarla negli ordini della mia Parrocchia perché resti ad ammirazione ed edificazione di chi vorrà leggerla.
Due parole sul Convento. Due chilometri circa fuori di Bovalino, sulla strada nazionale che va verso Benestare, esisteva anticamente il Convento dei Riformati sotto il titolo di Santa Maria di Gesù, o Santa Maria della Consolazione. Su questo convento si hanno pochissime notizie che si trovano negli archivi della curia vescovile di Gerace-Locri.
Il canonico Oppedisano nella “Cronistoria della Diocesi di Gerace” così scrive: «Alcuni – come asserisce il Fiore – vogliono che sia stato costruito nel 1602 a spese di mercanti genovesi, i quali correndo fortuna in quei mari, fecero voto che venuti a terra a salvamento fabbricassero un monastero. Papa Giulio II, in una sua bolla del 1508 dice che lo fabbricò Tommaso Merola. Forse che egli fu il principale di quei mercanti»
Nella chiesa del Convento si conservava la rinomata immagine dell’Epifania di N.S.G.C. dipinta dal Reni e poi trasportata nel Museo Borbonico di Napoli, come risulta dal bollario del vescovo Pellicano.
Il convento fu soppresso durante l’occupazione francese nel 1810, ripristinato in seguito, fu definitivamente abolito nel 1866. La Chiesa rimase aperta al culto e si continuò la celebrazione dei divini uffici, finché a causa del terremoto del 1908, che la rese pericolante, fu completamente abbandonata. L’altare maggiore in legno intarsiato, attualmente si trova nella chiesa matrice ed è dedicato all’Immacolata.
Quando il canonico Oppedisano dice che il Convento nel 1908 venne completamente abbandonato non è esatto. Dopo il terremoto si chiuse è vero, però, per diversi anni si ritornò tre volte l’anno per celebrare i divini uffici, in queste occasioni: il 4 ottobre festa di San Francesco d’Assisi, l’11 agosto festa di Santa Chiara fondatrice del secondo ordine francescano ed il 2 agosto festa del “Perdono d’Assisi” o, come noi la chiamavamo, festa della “Porziuncola”. Questa festa era sempre preceduta da un triduo che si chiudeva con messa solenne e panegirico recitato da uno dei migliori predicatori che esistevano in diocesi e così si continuò fino a che il tetto del Convento crollò del tutto, e ciò avvenne verso il 1919.
Nel 1925, per interessamento del parroco del tempo don Saverio Pelle di San Nicola d’Ardore, si costruì alla meglio, una piccola cappelletta e si celebrò quell’anno la festa della “Porziuncola”, come pure nel 1926. Quell’anno – la ricorrenza del settimo centenario della morte di San Francesco – si celebrò più solennemente con triduo predicato dal canonico decano della cattedrale di Gerace, monsignor Giuseppe Furfaro. Nell’inverno del 1927 anche la cappella crollò e questa volta fu davvero definitivamente abbandonato.
Capitolo I. Il convento, dove dicemmo, non esiste più. Quel luogo, per molti anni fu la passeggiata preferita quasi di tutti, specie nei pomeriggi domenicali e festivi. Per molto tempo rimase quasi intatto il grande cortile dove i monaci andavano a trascorrere le ore di riposo, a leggere e meditare. Questo cortile era circondato di archi e colonne di pietra con intorno comodi sedili. Aveva nel centro un pozzo pieno di acqua freschissima. Il cortile guardato a distanza sembrava il Colosseo come lo vediamo fotografato sui libri e sulle cartoline illustrate.
Spesso anch’io sostai in quel luogo solo e in compagnia di amici. Quando si andava lì non c’era voglia di divertimento, né di far chiasso; non so perché ma anche distrutto invitava alla preghiera e al raccoglimento. Quello però che attirava di più, quello che spingeva a pregare era la chiesa, distrutta dove ancora si vedevano gli altari e tanti sepolcri. A sinistra di chi entrava c’era l’altare di S. Francesco e, di fronte ad esso, sul pavimento una grande lapide di marmo con uno stemma gentilizio: due aquile ad ali spiegate che reggevano una corona. Sulla lapide c’era scritto una lunga epigrafe latina impossibile a leggersi perché su di essa c’era molto materiale caduto dal tetto. Presso l’altare, del lato del Vangelo, a circa venti centimetri del pavimento, c’era una piccola lapide di colore marrone, di forma rettangolare, con su scritta un’epigrafe latina, a caratteri bianchi, che tradotta in italiano suona così: “QUI GIACE LA SERVA DI DIO SUOR MARIA CECILIA. / RIPOSI NELLA PACE DEL SIGNORE. A.D. 1672”
Questa lapide attirò la mia attenzione. Mi domandavo perché una suora sepolta in un convento di frati? Di dove fu portata se per quanto sappiamo – a Bovalino conventi di suore non c’erano? Questi due interrogativi restano senza risposta per molto tempo perché avendo interrogato gli uomini più vecchi, nessuno seppe dirmi nulla in proposito.
Un pomeriggio domenicale di agosto, non ricordo più l’anno, facendo la mia solita passeggiata, con la posta al convento, mi recai nella chiesa e trovai seduto in una pietra, di fronte alla lapide che mi interessava, mastro Giuseppe Marrapodi che pregava con la corona in mano. Lo lasciai pregare e poi mi avvicinai rispettosamente per chiedergli se sapeva qualche cosa intorno alla suora che riposava sotto quella lapide. Mi rispose così: “Non si tratta propriamente di una suora, ma di una santa donna, nobildonna, che si fece chiamare così. Io conosco la storia, e se vi piace ve la racconterò. A me la narrò un santo sacerdote (non mi disse il nome) morto quasi centenario nel 1875.”
Mi assicurò di averla letta nel libro delle Cronache. Questo era un libro manoscritto dove due padri, addetti proprio a quel lavoro, segnavano tutti gli avvenimenti degni di nota che si avveravano nel convento ed anche quelli del paese quando si voleva tramandare ai posteri. A questa rivelazione non stetti in me dalla gioia e gli dissi che sarei andato a trovarlo a casa l’indomani pomeriggio perché me la raccontasse. Quando il giorno dopo andai a trovarlo mi accolse con quella gentilezza e bontà che gli erano abituali.
Prima di cominciare mi disse, quasi sorridendo che lui ricordava gli ultimi monaci che abitavano nel convento perché quando questo fu soppresso, aveva ventidue anni, essendo nato nel 1840. Per la cronaca aggiungo che è morto, santamente, nel 1930. Dopo avermi invitato a sedere si raccolse un momento e poi posò la corona che teneva in mano e incominciò a parlare.
Capitolo II. Nel 1590 il marchese Sigismondo Loffredo era signore di Bovalino. Narra di lui la leggenda che rimase orfano di entrambi i genitori in tenera età. Fu nominato suo tutore uno zio materno, il quale ebbe anche il compito di reggere il feudo finché il nipote non sarebbe entrato nella maggiore età. Lo zio ebbe per il piccolo Sigismondo cure veramente materne, gli mise in casa, come solevano i principi di quel tempo dei maestri che gli insegnavano: alcune lettere italiane oltre la matematica e le lettere latine, altri ancora l’arte della scherma, di maneggiare le armi, di andare a cavallo ecc.,…tanto vero che quando Sigismondo entrò nella maggiore età poteva considerarsi un perfetto cavaliere.
Giovanissimo ancora, e sempre alla leggenda che parlo, prese una grave malattia, tanto che i medici locali disperavano di salvarlo, ma poi sia per la sua fibra, sia per le cure che gli furono prestate superò la crisi e dopo circa quattro mesi guarì.
La convalescenza fu lunga e difficile ma, come Dio volle, fu superata anche questa. I medici dopo che si fu ristabilito, gli consigliarono di viaggiare e, dietro il loro consiglio si recò a Roma.
Capitolo III. Tornò da Roma dopo circa tre anni e tornò sposato. Sposò la figlia del gentiluomo che, per tutta la sua permanenza nella città eterna lo aveva ospitato. La moglie era una giovane di circa vent’anni, si chiamava Cecilia, era assai bella e più che bella buona. Quando Sigismondo tornò a Bovalino fu preceduto da quattro giorni da due cavalieri mandati dal suocero perché preparassero i festeggiamenti per l’arrivo della sua figliola col marito. Infatti, quando il marchese arrivò, il paese era in festa e le persone più notabili con a capo il sindaco e il parroco, erano ad attenderlo all’ingresso del paese.
Quando la carrozza arrivò al castello il ponte levatoio si abbassò ed il marchese, sceso dalla carrozza, prese le chiavi del castello e quelle del paese, che un servo in precedenza li aveva portate là sopra un vassoio d’argento, e prendendole tra le mani s’inginocchiò sul predellino della carrozza e le offrì alla moglie dopo di averle, con gentilezza e galanteria, baciato la mano. Con questo gesto il marchese Sigismondo voleva dirle che la dichiarava non soltanto regina del castello e del suo feudo ma anche, e assai di più, regina del suo cuore.
La marchesa gradì l’offerta, scese dalla carrozza e abbracciò il marito. In quell’istante il cannone del castello tuonò a salve e dopo si sentì uno scroscio di applausi, il cui eco si ripercosse per tutto il paese e dintorni. La giovane marchesa vestiva un semplice abito bianco senza ornamenti che la rendeva ancora più bella. L’unico ornamento che essa portava al collo, era una sottilissima catenella d’oro con all’estremità attaccato un piccolo reliquiario, pur esso d’oro, che conteneva una scheggia del legno della Santa Croce, dono del Papa allora regnante. Questo piccolo reliquiario era nascosto gelosamente nel petto. La marchesa volle conoscere tutte le personalità del paese e prima di tutti i sacerdoti.
Dal parroco si fece dare l’elenco delle famiglie più povere e bisognose, che più tardi beneficò personalmente. All’arrivo della marchesa nel castello e nel paese la festa durò parecchi giorni e si concluse con un pranzo ai poveri che ella stessa servì.
Capitolo IV. Cecilia e Sigismondo sono veramente felici, vivono (come si dice) l’uno per l’altro. Trascorrono la loro giornata in opere di bene: la mattina si alzano per tempo, ascoltando la Messa celebrata per loro nella cappella del castello e spesso fanno la Santa Comunione. Finita la Messa escono per la passeggiata che, quando il tempo è bello preferiscono fare a piedi. Vanno a visitare le famiglie povere e bisognose, di preferenza gli ammalati e i sofferenti; rientrano per l’ora della colazione che ha luogo abitualmente verso le undici, poi ognuno si ritirava nelle proprie stanze per rivedersi l’ora di pranzo.
Questa vita dura da circa cinque mesi e nel castello vi regna la più perfetta pace. Il personale di servizio è lieto di ubbidire ai suoi signori e ogni loro desiderio viene soddisfatto nel più breve tempo possibile, con ordine e puntualità. Questa felicità, questa pace spesso turba Cecilia e quando è sola col marito, senza testimoni, lo abbraccia, piega la testa sul suo petto e piange.
Il marito l’accarezza, la consola sussurrandole parole gentili e domandando il perché di quella tristezza, il perché di quel pianto. Cecilia risponde: “Sigismondo, sono molto felice, anzi siamo felici e ciò che mi turba è il fatto che la nostra felicità debba finire presto.” Sigismondo risponde: “No mia cara, perché rattristarti? Siamo giovani, non ci manca nulla, godiamo la stima e l’affetto di tutti, e perché la nostra felicità debba finir presto?” “Non lo so” risponde Cecilia “Ma il cuore mi dice che, prima che quest’anno finisca tu debba rimanere solo!” “No Cecilia, no Cecilia mia, lascia questi brutti pensieri che ti turbano pensa a cose più belle, pensa al nostro futuro pensa che, da qui a qualche anno e forse anche prima, il Signore coronerà il nostro amore con la nascita di un bel bambino che sarà davvero la nostra felicità la nostra gioia.” “Sigismondo” replica Cecilia “ voglia il Signore esaudirti ma io temo che non sarà così.” Quattro mesi sono passati dacché è avvenuto questo colloquio, Sigismondo e Cecilia sono soli nella cappella, la funzione della sera e da poco terminata e loro due si trattengono ancora in preghiera. Finita la preghiera, quando stanno per lasciare la cappella, Cecilia si avvicina al marito. Lo abbraccia e gli sussurra all’orecchio; come se avesse paura di essere ascoltata, queste parole, “Sigismondo il Signore ha esaudito le tue preghiere, fra tre o quattro mesi, sarò mamma.” A questo annunzio Sigismondo l’abbraccia se la stringe al cuore piangendo e ridendo insieme. L’indomani il marchese riunisce tutto il personale del castello e comunica loro la grande notizia, ordinando che in quel mese tutta la servitù abbia doppio salario e, a turno, ogni uno di loro tre giorni di vacanza per divertirsi e festeggiare il non lontano lieto evento.
Capitolo V. Finalmente il giorno tanto atteso, tanto sospirato, giunse ma l’evento, invece di essere lieto fu triste, ossia tristissimo.
La signora marchesa diede alla luce una bella bambina ma la sera dello stesso giorno del parto sopravvenne una febbre fortissima e con essa altre complicazioni di natura assai grave. L’indomani i medici, dopo una visita accuratissima, si sentirono di dovere dire al marchese che le ore della sua signora erano contate.
Al dolore che provò a questo annuncio è più facile immaginarlo che descriverlo, si sedette vicino al capezzale della sua cara inferma e dichiarò che non si sarebbe spostato di lì per nessun motivo e che quindi non voleva essere disturbato.
La marchesa, coricata supina sul letto, gli occhi chiusi, non parlava sembrava morta, però tutto udiva, tutto capiva. Il giorno dopo si svegliò, come da un profondo sonno, e rivolta al marito gli disse, quasi sillabando, queste parole: “Sigismondo ti ricordi ciò che ti dissi quel giorno quando pronosticai che la nostra felicità sarebbe finita troppo presto? Ciò che dissi si è avverato, lo so, l’ho compreso, ho poche ore di vita; sia fatta la volontà di Dio! Quando io non sarò più tua mi chiuderai gli occhi. Alla nostra bambina darai il mio nome e accanto al mio metti quello della Madonna chiamandola – Maria Cecilia. Senti ancora un’altra cosa Sigismondo, e ti prego di non chiamarmi egoista. Quando sarò morta non sposarti più, ti chiedo questo non per sacrificarti ma perché temo che la donna che dovesse prendere il mio posto non amerebbe la mia bambina quanto me se fossi in vita. Cerca una balia, tienila in casa e fa che la bambina cresca sotto i tuoi occhi. Me lo prometti?” Sigismondo, che per il pianto non poteva parlare, fece cenno di sì col capo. La marchesa continuò: “Quando non ci sarò più pensami spesso e fa di tutto che le persone che ti circondano mi ricordino. Ed ora addio Sigismondo, vogliami bene, pensami sempre e che la mia memoria ti sia di guida e di conforto per tutto il tempo che il Signore ti lascerà in vita.” Lo guardò di nuovo e poi gli fece cenno che le porgesse un Crocifisso che stava sul comodino. Sigismondo lo prese e glielo avvicinò alle labbra; la marchesa lo baciò due volte e poi disse lentamente: “Signore nelle tue mani metto l’anima mia!” Lo guardò ancora con gli occhi ormai spenti e spirò.
Il marchese diede un grido che nulla aveva di umano, accorsero alcuni servi e la cameriera della marchesa. Un attimo dopo, il marchese, in un momento di pessimismo prese la pistola, che sempre portava con se e se la puntò alla tempia sinistra. La cameriera che gli stava vicino gliela strappò di mano gridando: “Signor marchese, cosa state facendo? E se voi non ci sarete più che cosa avverrà della bambina? Per lei dovete vivere, solo per lei signor marchese!” “Sì” rispose il marchese, “si Cecilia mia, piccola mia, per te devo vivere e per te vivrò.”
Si prese la testa tra le mani e pianse lungamente. Quando quello sfogo passò il marchese si alzò e, compreso dalla gravità del momento, fece chiamare il maggiordomo e gli ordinò di preparare tutto per i funerali che furono celebrati il giorno dopo e furono solennissimi tanto che coloro che assistettero ebbero a dire che a Bovalino (a memoria d’uomo) non furono mai celebrati funerali simili a quelli.
Capitolo VI. Lo stesso giorno della morte della marchesa, il maggiordomo di casa Loffredo ebbe cura di far venire nel castello la balia che avrebbe dovuto allevare la bambina. Era questa la giovane vedova di un operaio che lavorava alle dipendenze del marchese, morto quindici giorni prima lasciandola con una bambina di quattro mesi.
La balia si chiamava Teresa, la bambina Marina. Quando arrivò fu condotta subito presso la culla della piccola Cecilia che in quel momento dormiva. Teresa si avvicinò alla culla, sollevò il velo che la copriva, guardò la piccola e i suoi occhi si riempirono di lacrime. Quando Cecilia si svegliò la balia se la prese tra le braccia, se la strinse al cuore e, in un impeto d’amore materno disse: “Povera cara, hai perduto la mamma prima di conoscerla, ma il Signore te ne ha mandato un’altra; fino a ieri avevo una figlia, da oggi ne ho due.”- Da quel giorno Teresa fece parte della famiglia guadagnandosi la stima e l’affetto di tutti; veniva chiamata “la signora Teresa”.
Un giorno – dopo il trigesimo della morte della marchesa, si trovava nel salotto in compagnia di Teresa che teneva in braccio la piccola Cecilia; parlavano del più e del meno ma, si capisce, tutti i loro discorsi convergevano sulla piccina.
Tutto ad un tratto il marchese si rivolse verso Teresa e, come ricordandosi di una cosa che avrebbe voluto dire molto tempo prima. Le disse di dirgli qual era il salario che pretendeva per allevare la bambina, che lui era disposto a darle quanto voleva. Teresa si volse verso di lui e così rispose: “Signor marchese vi è nota la stima e la riconoscenza che legano la mia famiglia alla vostra, dico la mia famiglia perché intendo parlare anche del mio povero marito. Io e lui troppo vi dobbiamo, innumerevoli benefici ne abbiamo ricevuti sia da vostra eccellenza che dalla signora marchesa, quindi la mia riconoscenza per voi sarà eterna. Se oggi mi avete chiamata ad allevare la vostra bambina, sono io che devo ringraziarvi dell’onore che mi avete concesso e della fiducia che mi accordate; perciò non voglio nulla e resterò al mio posto fintanto che non avrete più bisogno di me. A quelle parole il marchese rimase profondamente commosso, e disse a Teresa che si sentiva obbligato verso di lei e che perciò la riteneva come apparentemente alla famiglia e che, da quel giorno, non sarebbe andata via mai più.
Capitolo VII. Il tempo passa veloce, le bambine crescono a vista d’occhio. Cecilia e Marina hanno quasi cinque anni. Ogni giorno vengono condotte a passeggio da mamma Teresa, la quale ha cura di farle avvicinare da tutte le persone che incontrano e perciò tutti le conoscono e le vogliono bene. Marina è bruna, un po’ più alta di Cecilia mentre questa è bionda come la mamma, i suoi capelli sono una massa d’oro; i suoi occhi vispi ed intelligenti innamorano, entusiasmano chiunque la guarda e tanti quando la lasciano si sentono tristi addolorati, vorrebbero stare sempre vicino a lei. Qualcuno dice: “Non sappiamo questa bambina cosa ha addosso ma è certo che chiunque l’avvicina si sente straordinariamente attratto verso di lei. Tanti dicono: “E’ la marchesa in persona!”
Quando o per un motivo o per un altro non possono uscire di casa, allora si riuniscono in salotto e il marchese prendendosi tutte e due vicino a se le accarezza e racconta delle storie interessanti, onde attirare la loro attenzione, e la loro curiosità. Spesso mostra a Cecilia un grande quadro ad olio rappresentante la mamma, probabilmente dipinto da qualche pittore locale, e così le dice: “Cecilia quella è la tua mamma, è colei che ti portò al mondo e che tu purtroppo, non conoscesti! Amala, prega per lei che dal cielo ti guarda e ti sorride ed ha per te lo stesso affetto che avrebbe come se si trovasse presente. Dopo di lei la persona che devi amare di più su questa terra è mamma Teresa, e il tuo povero papà.”
A queste parole Cecilia si metteva a piangere e per calmarla ci volevano le parole e le carezze di Marina che spesso, quasi sempre, assisteva a questi colloqui intimi, commoventi che avvenivano tra padre e figlia. Il marchese avrebbe preferito che Cecilia e Marina crescessero come sorelle e se non lo aveva fatto era appunto perché sua moglie a letto di morte gli aveva detto: “Sigismondo parla spesso a Cecilia di me, ricorda alla bambina la sua povera mamma, fa che mi conosca e mi ami come avrebbe fatto se io fossi viva.”
Il marchese fedele alla promessa parlava spesso a Cecilia della mamma e del resto, quando cominciò a capire anche lei lo desiderava. Per altro Cecilia o Marina si consideravano sorelle e sia il Marchese, che Teresa ne godevano tanto.
Capitolo VIII. Passò altro tempo. Il marchese, Teresa con lui, comprese che l’educazione da lui impartita alle bambine non era sufficiente perché si elevassero all’altezza che il loro rango richiedeva. Era necessario, quindi che fossero collocate in qualche convento dove c’era anche un educatore per bambine.
Si cercò, s’indagò e finalmente scelsero il convento delle suore francescane della vicina città di Gerace dove c’era l’educandato per bambine e signorine e dove stavano le figliole delle famiglie nobili della Locride.
Espletate le pratiche arrivò finalmente il giorno della partenza. Era triste, era doloroso separarsi ma fu giocoforza farlo per il loro bene. Si partì per Gerace in carrozza: il marchese, Teresa, e le due bambine. Quando arrivarono furono accolte dalla superiora in persona e da due suore maestre che fecero loro molte accoglienze, del resto così richiedeva la dignità degli ospiti e così fu fatto. Quando il marchese e Teresa ritornarono a casa, erano tristi e silenziosi, quella sera non si cenò e ognuno si ritirò nelle proprie stanze molto prima del solito.
La mattina dopo, all’ora della colazione, Teresa chiese al Marchese il permesso di ritirarsi, dato che ormai il suo compito era finito, o quasi. Questi la pregò di rimanere: si sentiva solo nel grande castello,completamente solo e se lei se ne fosse andata chissà quale fine avrebbe fatto. Nelle sue parole Teresa si commosse e accettò di rimanere, alle condizioni che restava lì come cameriera e che era trattata, come le altre cameriere, senza nessun riguardo.
Il marchese approvò e lei rimase.
Capitolo IX. Il marchese andava spesso a trovare “ le sue bambine”, come le chiamava, e si tratteneva con loro in parlatorio per circa un’ora, quando permetteva il regolamento. Domandava loro notizie della salute, del profitto degli studi e tante altre piccole cose. Quando le lasciava gli chiedevano se sarebbe ritornato presto e lui rispondeva che non lo sapeva; gli piaceva arrivare senza essere aspettato. Quando andava a trovarle, alcune volte andava solo, altre in compagnia di mamma Teresa.
Ogni tanto dopo essersi trattenuto con le bambine, a loro insaputa si faceva ricevere dalla superiora ed a lei apriva il suo cuore, diceva cioè che si sentiva triste e solo ma che pur non di meno, era necessario che le bambine restassero per alcuni anni in monastero per formarsi una cultura, affinché quando uscivano di lì essere degne del nome che portavano. La superiora lo confortava e lo approvava e poi gli diceva che era felice e contenta di avere due educande come Cecilia e Marina(che) si facevano distinguere nella cultura, nella religione, nella modestia, erano esattissime nel compiere i propri doveri. Spesso terminava il suo dire con queste parole: “Marina è colta, intelligente devota, affettuosa amabile con tutti, però non è la mia Cecilia.” Il marchese ritornava a casa orgoglioso per quanto sentiva delle sue figliole. Era contento ma spesso o quasi sempre il suo volto era velato di mestizia. E come poteva non esserlo?- Pensava alla sua povera sposa morta a vent’anni, appena dopo un anno di matrimonio, pensava come sarebbe stata felice con lui se fosse vissuta e quanto entrambi avrebbero amato la loro bambina la loro piccola cara! Ma tutto fallì e il povero marchese è rimasto solo, e se non avesse avuto la compagnia della signora Teresa, chissà che non avrebbe seguito la sua diletta consorte.
Capitolo X. Nelle vacanze estive, Cecilia e Marina ritornavano al castello l’ultima domenica di giugno, per rientrare in monastero la prima domenica di settembre. Durante le vacanze il marchese cercava divertirle in tutti i modi affinché non si annoiassero. Ogni tanto domandava loro se erano più felici in monastero o a casa e Cecilia rispondeva per tutte e due: “A casa siamo felici perché ci sei tu e mamma Teresa, siamo felici perché spesso possiamo trattenerci con i suoi affabili e gentili discorsi, specie quando ci parla della povera mamma che anche Marina chiama così perché dice che, dato che l’hai portata al fonte battesimale, è sua mamma spirituale.” E Cecilia continuò “Se non fosse per questo, le dico francamente starei meglio in monastero perché amo il raccoglimento, amo la preghiera, le buone suore e la maestra che fa con me le veci della mamma.”
A questi ragionamenti il marchese era contento e triste allo stesso tempo, contento perché vedeva la sua Cecilia tanto buona, triste perché pensava che si affezionava troppo alla vita del monastero e chissà che cosa sarebbe accaduto quando a diciotto anni avrebbe voluto farla uscire.
Un giorno il marchese andò a trovarle come al solito e siccome erano occupate nella scuola lo ricevette la superiora che, dopo i convenevoli, così gli parlò: “Signor marchese, Cecilia e Marina hanno ormai nove anni, sono molto giudiziose e certe volte mi fanno delle domande che nel dare loro la risposta mi trovo in serio imbarazzo.” Il marchese la guardò con uno sguardo interrogativo e la superiora, vistosi guardata in quel modo, così continuò: “Non si preoccupi circa le domande che le ragazze mi fanno, esse riflettono la vita spirituale.” Il marchese parve tranquillizzarsi ma non fu così, egli comprese che ciò che sospettava era vero, cioè Cecilia cominciava già a manifestare il desiderio di farsi suora. Sia la superiora che il marchese ignoravano che Cecilia il giorno dell’Assunta di quell’anno, nono anniversario della sua nascita, spinta da un bisogno interiore e con un senno superiore alla sua età, si era consacrata a Dio.
Capitolo XI. Il marchese quel giorno tornò dalla visita al monastero assai triste e preoccupato. Il colloquio avuto con la superiora non gli era piaciuto; pensava egli che le parole della suora erano delle battute che servivano a prepararlo per quando la sua figliola gli avrebbe chiesto il permesso di entrare nel monastero. La sera a cena toccò appena cibo, più per fare piacere a Teresa che per il desiderio di mangiare. Terminata la cena prese un libro, sedette sopra una poltrona, lo sfogliò distrattamente e poi fumò mezzo sigaro e si ritirò dicendo a Teresa che non stava bene. Teresa comprese che era accaduta qualche cosa, però, visto lo stato del marchese non gli chiese nulla, però lei per tutta la notte non dormì facendo mille congetture una più strana dell’altra. La mattina dopo, a colazione, vedendo che il marchese era più calmo gli domandò come stava e gli chiese anche il motivo perché la sera prima era così preoccupato. Il marchese le riferì, parola per parola il colloquio avuto con la superiora e Teresa, dopo averlo ascoltato lo calmò dicendogli: “Vostra Eccellenza mi perdoni ma mi permetta dirle che si preoccupa inutilmente. Innanzi tutto prima che Cecilia entri nella maggiore età dovranno passare, se non mi sbaglio, dodici anni e poi lei come fa ad essere certo che Cecilia, giunta a quell’età, entri nel monastero?”
Il marchese rispose: “Teresa le tue osservazioni sono giuste ma io vedendola troppo affezionata a quella suora e alla loro vita religiosa, ho le mie buone ragioni per preoccuparmi.” E Teresa di rimando: “Vostra Eccellenza ha forse dimenticato quanto era buona la signora marchesa e quanto affezionata alle pie pratiche di religione? Quindi nulla di straordinario se la piccola Cecilia è buona e religiosa come la mamma.” Il marchese alle parole di Teresa respirò tranquillamente come sollevato da un grande peso e disse: “Hai ragione, non
pensiamoci più. A suo tempo se Cecilia domanderà di entrare in religione, non lo permetteremo. Ad ogni modo si trova il rimedio.”
Capitolo XII. Passarono i giorni, i mesi, gli anni, e in tutto questo tempo né al castello, né al monastero dove stanno Cecilia e Marina, accaddero fatti degni di nota. A questo punto della nostra narrazione, Cecilia ha sedici anni e Marina quattro mesi di più.
Il marchese Sigismondo è contento in cuor suo ringrazia Teresa che ha saputo tranquillizzarlo circa l’avvenire di Cecilia; ha saputo cioè renderlo quasi sicuro che la sua figliola non si farà suora. Non che il marchese non sia un buon cattolico, tutt’altro, non che egli non ami gli ordini religiosi in genere e le suore in particolare anzi di questo spesso ne è l’occulto benefattore e cioè in ossequio al precetto evangelico < non sappia la sua sinistra quel che fa la sua destra >. Delle religiose ne è entusiasta, ammira il loro sacrificio. La loro abnegazione, ma che sua figlia sia una di loro non se la sente. Perché non se la sente? Il motivo c’è: Troppo presto ha perduto sua moglie e anche se Teresa ha fatto tanto nel grande castello, si è sentito solo completamente solo.
Ora la sua Cecilia vuole godersela il più lungamente possibile e quando si sposerà chiederà al genero che si faccia tutta una famiglia e se questo non sarà possibile andrà lui a stare con loro. Un giorno, è una sera di settembre e Cecilia e Marina sono da poco ritornate al monastero perché finita le vacanze estive, al marchese è venuto un dubbio: “E se Cecilia per farsi suora aspetterà di divenire maggiorenne e poi si chiuderà nel monastero?”
Tutta la notte non ha dormito, la mattina si alza per tempo, fa sellare il cavallo e parte per Gerace. Arriva che ancora le suore e le educande sono in chiesa per la messa. Aspetta che le funzioni finiscano e poi si fa annunziare alla superiora che ne rimane meravigliata dato che due giorni prima era andato per la visita consueta. La superiora lo riceve in parlatorio e appena la vede dopo averla salutata, le rivolge, quasi a bruciapelo, questa domanda: “Superiora, che ne pensa di mia figlia? Si farà suora?” La superiora risponde: “Signor marchese, non so se debbo rispondere al padre o all’uomo curioso che vuole sapere i fatti degli altri, in ogni modo m’ingegnerò per la carica che indegnamente rivesto di rispondere all’uno e all’altro: io non so se Cecilia ha la vocazione, però ciò che io sento, avvicinandola è ciò che d’ordinario si sente vicino a una persona santa che in tutto sembra di comunicare con Dio. Cecilia ha un portamento sempre serio, modesto e amabile che sembra tradurre la presenza di Dio in tutti i suoi atti com’è proprio delle persone già avanzate in età e di grande virtù.
A quelle parole il marchese non vuol sapere di più e si ritira quasi senza salutare.
Capitolo XIII. Il marchese, dopo il colloquio con la superiora ritornò al castello di cattivo umore. Teresa se ne accorse e quando fu possibile gli rivolse timidamente una domanda: “Signor marchese, che cosa c’è, che cosa succede?” “Non c’è niente, non è successo niente, è successo che io sono rimasto solo, mia figlia non mi ama più!” Teresa, meravigliata insistette per sapere di che si trattava, ed il marchese le riferì il colloquio avuto con la superiora. Teresa come meglio poté e seppe, lo tranquillizzò avvicinandolo ancora una volta, che Cecilia non si sarebbe fatta suora.
Come conclusione il marchese disse: “Domani, o al più tardi dopodomani l’altro, ritornerò al monastero e mi condurrò a casa le ragazze.” Teresa lo calmò dicendogli: “Ormai il nuovo anno scolastico è ricominciato, si è sempre detto che avremmo lasciato le ragazze in monastero fino all’età di diciotto anni. Hanno appena sedici, facciamo finire loro questo anno scolastico e quando verranno a casa per le vacanze non li faremo più ritornare.
Il marchese: “Ascolto il suo consiglio, però quando ritornerò al monastero per la visita che faccio ogni mese dirò, sia alla superiora che alle ragazze, che fino alla fine di quest’anno scolastico non ritornerò più nemmeno per le visite e si domanderanno il perché accamperò una scusa qualsiasi.
Circa un mese più tardi il marchese ritornò al monastero per la visita consueta. Arrivò che era ancora presto, attese che terminassero le funzioni e poi suonò alla porta. Alla portinaia che venne ad aprire di avvertire la superiora che desiderava parlarle. La portinaia tornò pochi minuti dopo annunziandogli che la superiora era già in parlatorio pronta a riceverlo.
Il marchese entrò e la trovò dietro la grata ad attenderlo. Il marchese entrando, sedette alla sedia vicina alla grata e così parlò: “Reverenda Superiora questa mattina, oltre che per la visita consueta alle ragazze sono venuto per dire alla maternità vostra che questa è l’ultima visita che faccio al monastero per quest’anno, gravi impegni mi trattengono fuori, dovrò recarmi a Napoli forse anche a Roma e non so quando sarà il mio ritorno. Tornerò qui alla fine dell’anno scolastico per prendere le ragazze e per portarle al monastero un dono in segno di gratitudine e di riconoscenza verso la maternità vostra e le reverende suore per il bene che avete fatto alle mie ragazze tengo a dirle che, dopo le vacanze non torneranno più. In un primo tempo avevo deciso di lasciarle fino al diciannovesimo anno di età ma oggi, impegni di famiglia m’impongono di fare diversamente. Porterò le ragazze a casa sicuro che ormai hanno imparato tutto ciò che deve sapere una ragazza di alto rango e tutto ciò deve sapere una figlia. Come la mia che dalla fine di quest’anno in poi deve fare anche la mamma di famiglia. Il perché la maternità vostra li sa.” La superiora rispose: “Signor marchese ognuno ha i suoi impegni, ognuno (come vostra Signoria) quando prende una decisione sa quello che fa. Se le ragazze andranno via sarà certo per motivi gravi e quindi ne io, ne le suore ci possiamo imporre per dire alla vostra Signoria di fare diversamente di quello che ha deciso, le ragazze partendo, lasceranno nel monastero e nel cuore un gran vuoto in ogni modo anch’io, come Gesù, rassegnata dirò: Signore, che la vostra volontà si faccia! Adesso, allontanandomi di qui avvertirò le ragazze della vostra visita.” Salutò con un cenno della mano e disparve.
Pochi minuti dopo apparvero Cecilia e Marina, non dietro la grata, tenendosi per mano, entrarono da una porta nascosta dietro una tenda. Sedettero guardando il marchese ed attesero che parlasse. Egli rivolgendosi a Cecilia disse: “Come va che né tu e né Marina, vedendomi, non correte ad abbracciarmi?” Cecilia rispose: “Temevamo che sei di cattivo umore!”
Il marchese disse: “Da che potete arguire questo?” Marina e Cecilia, tutte e due insieme risposero: “Ci bastò guardare la superiora quando ci annunciò la tua venuta e il desiderio di vederci. Il marchese sorrise e disse: “Aveva ragione la superiora, di essere preoccupata, le annunziai, fra l’altro, che è questa l’ultima visita che faccio quest’anno al monastero e che alla fine del presente anno scolastico (venendo a casa per le vacanze) non tornerete più qui.
Le due ragazze, a questo annuncio allibirono, e Cecilia dopo qualche istante, con voce tremante: “E perché papà?” Il marchese rispose: “Il perché lo saprete quando sarete rientrate; per ora vi ho semplicemente avvertite di modo che alla fine dell’anno, l’annuncio che dovrete lasciare il monastero, non sia per voi una sorpresa.”
Le ragazze si guardarono e i loro occhi si riempirono di lacrime. Avevano compreso, specie Cecilia che la felicità per loro era finita. Lo abbiamo detto prima: non erano ragazze come tutte le altre e per loro l’uscita dal monastero rappresentava una grande pena, moralmente il loro cuore era ferito, di una ferita che difficilmente si sarebbe rimarginata, almeno per lungo spazio di tempo.
Capitolo XIV. L’indomani della visita del marchese Cecilia e Marina chiesero di essere dispensati della ricreazione e,quel tempo che le altre ragazze lo trascorrevano a giocare, si ritirarono in cappella e dopo una lunga preghiera parlarono intorno alla repentina decisione del marchese di toglierle, con quasi due anni di anticipo, dal monastero. Cecilia disse: “Marina, il perché papà ha preso questa decisione, te lo dico io: egli ha compreso che desidero abbracciare lo stato religioso e per punirmi ci toglie dal monastero prima del tempo che aveva stabilito.” Marina rispose: “E con ciò che pensa di fare? Non sa che tu, una volta maggiorenne, potresti agire anche senza del suo permesso?” “Lo potrei” disse Cecilia “ma non lo farò, lo dico a te, non oso senza il suo permesso, non oso oppormi alla sua volontà. Domani, o forse oggi stesso, domanderò consiglio al nostro padre spirituale, oppure alla madre superiora e forò come loro mi diranno.
Il giorno seguente, nel tempo della ricreazione, Cecilia chiese di parlare alla superiora e questa la ricevette nella sua cella. Cecilia, appena giunta, s’inginocchiò e pose il capo sulle sue ginocchia e cominciò a piangere dirottamente. La superiora la calmò e le chiese cosa desiderava. Cecilia, piangendo e interrompendosi diverse volte incominciò: “Reverenda madre anche se non mi sono spiegata anche se ancora non ho detto nulla, lei credo, mi ha compreso che desidero abbracciare lo stato religioso, desidero vestire l’abito delle suore Clarisse per servire Dio più perfettamente e mio padre si oppone. Si è accorto anche lui della mia decisione e vuol togliermi da questo santo luogo circa due anni prima del tempo che aveva stabilito. Cosa farò? Cosa sarà di me? Attendere la maggiore età e farlo nonostante il suo divieto non posso, assolutamente non posso, mi sembra che l’ucciderei povero babbo ed allora quale rimorso, quale strazio per il mio cuore!”
La superiora, dopo attimi di riflessione rispose: “Calmati figliola, abbi pazienza, prega e il resto lascia fare al Signore, se egli ti vuole sua saprà appianare le vie, togliere gli ostacoli e far sì che tutto proceda secondo i tuoi desideri; altrimenti farai la sua volontà. Se tuo padre ha disposto diversamente, tu non potrai opporti e quindi vivrai nel mondo senza essere del mondo.
Cecilia, dopo avere ascoltato in silenzio, con deferenza e rispetto le parole della superiora, così rispose: “Reverenda madre io, per quanto grande peccatrice non mi sono mai opposta alla volontà del Signore. Da lungo tempo e con insistente preghiere chiedo al Signore la grazia di essere sua, all’età di nove anni, il giorno dell’Assunta, mi sono consacrata al Signore e così lo scorso anno. Chiedendo l’aiuto e le preghiere della maternità vostra per raggiungere lo scopo.” Rispose la superiora: “Non dubitare figliola, per quanto dipende da me avrai l’uno e l’altro. Si lasciarono. La superiora lasciò Cecilia e questa si recò a scuola.
Capitolo XV. Il giorno dopo, in tempo di ricreazione Cecilia chiese di nuovo alla superiora un colloquio che questa accordò con piacere. Si rividero nella cella; questa sedette e Cecilia s’inginocchiò davanti ponendo, con molta familiarità le mani sulle sue ginocchia.
La superiora disse: “Parla figliola ti ascolto.” Cecilia incominciò “Reverenda madre, visto che il tempo che debbo restare in questo santo luogo è breve, mi permetto domandarle sua grazia” La superiora rispose: “Parla, mia cara figliola, e ti assicuro che quanto domanderai ti sarà accordato.” Cecilia con voce tremante disse: “Da domani desidero non dormire più nel dormitorio comune, mi assegni una cella e là dormirò, non si meravigli della mia richiesta; desidero alzarmi durante la notte per pregare, per far penitenza, per piangere i miei peccati, cosa questa che nel dormitorio comune non potrei fare.”
La superiora a quelle parole, alzò gli occhi al cielo, pregò brevemente e i suoi occhi si riempirono di lacrime, nella sua preghiera avrà detto: “Signore, se questa figliola si dichiara peccatrice, io che cosa dovrò dire? Abbi pietà di me Signore!” Poi volgendosi a Cecilia disse: “Figliola penso di non poterti accontentare, in quanto come sai celle vuote non ce ne sono.” Cecilia rispose: “Eppure ce ne una che se vorrà me la potrà dare.” La superiora rispose: “E’ questa Cecilia mia? E’ Cecilia a sua volta: “La cella che è in fondo al corridoio, la cella della penitenza.”
A quelle parole la superiora rabbrividì perché si trattava di una cella in cui venivano suore in punizione, quelle suore che facevano qualche mancanza. La cella in parola era angusta, nuda e fredda anche d’estate e riceveva luce da una piccola finestra praticata all’altezza del soffitto e munita da grossa inferriata. Il mobilio si componeva dal letto formato da quattro assi, due tavole con su un pagliericcio quasi vuoto e senza guanciale; un inginocchiatoio, una sedia e un grande crocifisso; attorno alle pareti c’erano appesi pezzi di corda fatti a nodi della lunghezza dai venti ai trenta centimetri, striscia di cuoio con all’estremità pallottoline e uncini di ferro. Con questi strumenti di penitenza quelle suore che si sentivano colpevoli si flagellavano volendo espiare così le loro colpe. Cecilia restò sempre inginocchiata davanti alla superiora, in attesa di una risposta che questa diede dopo lunga riflessione: “Ebbene figliola, ti darò la cella che mi chiedi a due condizioni: che ti trasporti là il tuo lettino e che fai dormire con te anche Marina.” Cecilia disse: “Ancora non ho messo Marina a parte del mio proposito, glielo dirò uscendo di qua penso però che Marina non accetterà in quanto ogni volta che passa davanti a quella cella, sia che la porta sia chiusa, sia che sia aperta passa scappando.”
La superiora disse: “Ebbene figliola avrai la cella senza di Marina, voglio farti contenta però, e qui t’impongo l’ubbidienza, non farò nessuna penitenza senza il permesso del nostro direttore spirituale e, in mancanza di esso, senza il mio permesso.” Cecilia accettò le condizioni imposte e si lasciarono. Il giorno dopo la superiora si recò dal rettore delle educande e prima che esse cominciassero a mangiare comunicò a tutte che finito l’anno scolastico in corso Cecilia e Marina non sarebbero tornati più perché il marchese aveva deciso di ritirarle.
Allora cominciarono i pianti e le proteste, perché ciò? Perché tutte amavano Cecilia e Marina e quella notizia nessuno se l’aspettava.
La superiora attese che si fossero un po’ calmate e poi rivolta a Cecilia e a Marina, disse: “Ragazze voi due andate un po’ in cappella a pregare perché devo dire alle altre cose che voi non potete sapere, quando vi chiamerò tornerete.” Cecilia e Marina lasciarono la mano della superiora e si ritirarono, un po’ tristi e un po’ curiose, avrebbero voluto sentire ciò che la superiora avrebbe detto alle loro compagne. Quando esse se ne furono andate la superiora disse: “Vi dirò adesso che Cecilia e Marina non ci sono, il motivo dell’allontanamento di queste due figliole. Il marchese papà di Cecilia si è accorto che la sua figliola intende abbracciare lo stato religioso e ciò a lui non piace. Per questo motivo le allontana dal nostro monastero quasi due anni prima del tempo stabilito. Ho voluto comunicarvelo perché desidero per il giorno della loro partenza, organizzare una festicciola naturalmente con il vostro contributo. Certamente il marchese quando verrà a prenderle verrà con la signora Teresa e con la sua carrozza, noi facciamo che la carrozza se ne torni a Bovalino e li tratterremo qui tutta la giornata, mi approvate?” Tutte batterono le mani approvando.
La superiora suonò il campanello e Cecilia e Marina rientrarono nel refettorio. Tutto il tempo che stettero in cappella Cecilia manifestò a Marina il suo desiderio di volere per tutto il tempo che restavano in monastero abitare < la cella della penitenza > e la pregò nel caso che veniva interpellata dalla superiora, di dire che lei non aveva nessuna intenzione di dormire in quella cella. Marina l’abbracciò dicendole: “Cecilia ti comprendo e ti accontenterò.” Si abbracciarono di nuovo e così stettero per lungo tempo. La sera stessa Cecilia dopo aver fatto trasportare il letto, nella cella delle penitenze.
Capitolo XVI. Cecilia il giorno dopo la visita del padre e dopo il colloquio con la superiora, come dicemmo nel capitolo precedente, si stabilì nella <cella della penitenza> e, tutte le volte che usciva, aveva cura di portare con sé la chiave di modo che nessuno indiscreto potesse penetrare nel suo rifugio.
Passava buona parte della notte in preghiera e quando, stanca e sfinita cercava un po’ di riposo si gettava sul letto della cella. Secondo gli ordini della superiora, chiese al padre spirituale il permesso di fare un po’ di penitenza, gli chiese il permesso di flagellarsi ma questo, com’era da prevedersi, glielo negò.
Cecilia così lo pregò: “Reverendissimo padre, vi chiedo di fare penitenza perché desidero piangere le mie colpe. Non meravigliatevi se dico così; se mio padre mi nega il permesso di farmi suora vuol dire che io non ne sono degna, mi rassegno alla volontà di Dio, però non mi do per vinta. Mediante le preghiere e la penitenza e mediante l’intercessione della Madonna voglio chiedere a Gesù questa grazia; permettetemi perciò di flagellarmi, se non più, almeno due volte alla settimana.”
Tanto disse e tanto pregò che il confessore fu vinto. Le permise di flagellarsi però soltanto con la corda a nodi, doveva darsi dieci colpi, cinque da una spalla e cinque dall’altra. Se poi la sua pietà voleva far di più poteva battersi fino a quando vedeva spuntare le prime gocce di sangue. Lasciamo immaginare la gioia e la felicità di Cecilia. Come dicemmo passava buona parte della notte in preghiera e senza fare uso dell’inginocchiatoio si prostrava sul nudo pavimento, si denudava le spalle e si batteva a sangue, la smetteva solo quando cadeva a terra estenuata di forze.
Durante le battiture diceva: “Signore abbi pietà di me, perdona le mie colpe fammi tua o fammi morire, se puoi comandi altrimenti, che la tua volontà sia fatta!”
Del suo sangue verginale si spruzzavano le pareti e il pavimento eppure Cecilia era sempre ilare, sempre allegra la mattina si alzava un’ora prima che suonasse la campanella della sveglia quando si entrava in cappella per le preghiere era la prima ad arrivare l’ultima ad andarsene. Come Cecilia aveva previsto, un giorno dopo la messa la superiora chiamò Marina e le riferì parte del colloquio avuto con Cecilia e poi concluse pregandola di andare a dormire con lei nella cella della penitenza. A queste parole della superiora Marina arretrò di qualche passo e poi si fece il segno della croce, dopo un attimo di silenzio disse: “Se lei reverenda madre me lo comanda per fare ubbidienza ci vado altrimenti di mia volontà no.”
Cecilia certamente, per andare ad abitare quella cella o è pazza oppure è una santa, felice lei che sente di starci!- La superiora sorrise e la congedò. Marina quando fu sola disse: “Meno male che ho saputo cavarmela, se stavo altri cinque minuti con la superiora ci sarei caduta ed allora?
Capitolo XVII. L’ultima domenica di giugno alle nove in punto la carrozza del marchese Sigismondo era ferma alla porta del monastero; vi scese il marchese, la signora Teresa e un cameriere con una grossa valigia. Nel monastero spirava aria di lutto: le suore, la superiora compresa e le educande erano tristi, addolorati e il perché si comprende; Cecilia e Marina avrebbero lasciato il monastero per non più ritornare.
Quando il marchese suonò alla porta, questa si aprì immediatamente e i nostri tre personaggi furono ricevuti dalla superiora in persona, la quale li fece entrare nella sala del capitolo addobbata a festa. Più tardi comparvero Cecilia e Marina, venivano tenendosi per mano, non erano però contente, sul loro volto si leggeva la mestizia si notava che da poco avevano finito di piangere. Appena giunte baciarono la mano al marchese e abbracciarono con trasporto veramente filiale Teresa. Il marchese non fu contento, attendeva qualche cosa di più, sperava che sua figlia l’avesse abbracciato come faceva in altri tempi, ma non fu così.
Il marchese ringraziò la superiora di quanto aveva fatto per la sue figliole e in segno di gratitudine verso lei e tutto il monastero presentò il dono che aveva promesso: si trattava di un parato completo in broccato d’oro che si sarebbe dovuto usare nelle grande solennità, quando cioè nel monastero si celebrava la messa in terzo. La superiora, a sua volta, annunciò il dono ringraziando il marchese del pensiero e aggiungendo che si sarebbe usato quel giorno stesso in quanto si era già pensato di celebrare una messa solenne, dato che Cecilia e Marina non sarebbero tornati più, tutta la religiosa famiglia: suore ed educande volevano salutarle per l’ultima volta ascoltando insieme la messa, facendo la Comunione, trattenendosi tutti a pranzo e poi trascorrendo insieme il resto della giornata.
Il marchese accettò l’invito e con lui Teresa, per il cocchiere si era provveduto anticipatamente che si sarebbe fermato in un albergo a spese del monastero e poi avrebbe avuto tutta la giornata di vacanza fino l’ora della partenza dei suoi signori.
All’ora della messa si trovarono tutti in cappella. Solo là spirava aria di festa. Il direttore spirituale del monastero, al Vangelo, pronunziò un elevato discorso di circostanza e quando, prima di finire, rivolgendosi a Cecilia e a Marina disse loro che si ricordassero delle belle giornate trascorse in quel luogo, che si ricordassero della superiora e delle maestre ed anche di lui, le due ragazze non poterono frenare il pianto.
Alla fine del pranzo non mancarono i brindisi e gli auguri e la più grande delle educande pronunziò un discorso di occasione ed a nome di tutte presentò alle due partenti un dono: a Marina diede un rosario d’argento, a Cecilia un artistico crocifisso di ebano intarsiato d’avorio. Entrambi ringraziarono commosse. Trascorse la giornata a tarda sera il marchese, Teresa e le due ragazze lasciarono il monastero.
Prima d’allontanarsi Cecilia chiese il permesso di visitare per l’ultima volta la sua cella, appena giunta si prostrò sul nudo pavimento, congiunse le mani e rivolta al grande crocifisso così disse: “Addio mia piccola cella ove ho trascorso le ore più liete in compagnia di Gesù Re dei martiri e di Maria Regina delle Vergini! Addio casa santa ove pensavo di finire i miei giorni, ma tu o Signore hai disposto diversamente, che la tua volontà sia fatta!” Baciò il crocifisso, baciò l’immagine della Madonna ed il pavimento ove tante volte si era inginocchiata. Avrebbe voluto far scomparire le chiazze di sangue, del suo sangue, rimasto sulle pareti della cella e sul pavimento ma non fu possibile. Chiuse in fretta la porta e consegnò la chiave alla superiora e poi piangendo, si allontanò di corsa e andò a raggiungere suo padre e Teresa che impazienti l’aspettavano. Arrivarono a Bovalino a tarda notte tanto che nessuno si accorse del loro ritorno ad eccezione del personale del castello.
Capitolo XVIII. Appena rientrata Cecilia e Marina baciarono la mano al marchese augurandogli la buona notte, abbracciarono Teresa e si ritirarono nella stanza per loro preparata. Il giorno dopo a colazione Marina fece gran festa, si vedeva che era contenta di essere ritornata a casa, Cecilia no, toccò appena cibo, per non dispiacere papà e Teresa, e tutto il tempo che stettero a tavola rimase senza parlare.
Il marchese lo notò e quando la colazione finì disse a Cecilia: “Figliola si vede che non sei contenta di essere ritornata a casa, si vede che non sei contenta di trovarti presso papà e Teresa che ti amano tanto.” Cecilia rispose: “Papà se debbo essere sincera, ti dico che non sono contenta, avrei voluto farmi suora, avrei voluto restare in quel santo luogo e servire il Signore vestendo le sacre lane del poverello d’Assisi. Tu me lo vieti, tu non vuoi dare il desiderato permesso e per questo sono triste. Non che io non ti ami, non che io non vorrei stare con te ma una forza superiore a me stessa mi dice che debbo servire Dio nel modo più perfetto. Papà non dirmi crudele, non dirmi che voglio entrare in monastero per il piacere di lasciarti solo, lo so quanto soffri, lo so quanto soffri tu stesso, ma in questo momento non sono io che parlo, ed è Dio che parla per la mia bocca. A che pro rifiutarmi il tuo permesso? Se io sposassi porterei il nome del marito, che non è il tuo nome, quindi tu lo sai che la nostra famiglia, con la tua morte, si spegnerà. Chissà che la povera mamma prima che io nascessi non avrà fatto voto di consacrarmi a Dio e, se così fosse, perché non soddisfare il suo desiderio? Ti potrei dire che abbraccerò lo stato religioso quando sarò maggiorenne anche senza del tuo permesso. Questo non lo farò, non voglio fare ciò che tu non vuoi, se mi rifiuti il permesso non sposerò nessuno, resterò in casa. Ti servirò con docilità e umiltà e quando da qui a cent’anni non ci sarai più allora, libera di fare quel che mi piace, entrerò in un monastero e là finirò i miei giorni pregando ed espiando le mie colpe, pregando pace all’anima tua e quella della povera e cara mamma. Papà tutto ciò che volevo dirti te l’ho detto, tu stesso forse senza volerlo mi hai incoraggiata. A te la risposta.”
Il marchese che per tutto il discorso di Cecilia aveva taciuto fremendo, così rispose: “La mia risposta è breve; sei crudele, uccidi tuo padre prima del tempo che Dio ha stabilito di toglierlo da questo mondo, ma con me non la vinci. Da questa sera resterai prigioniera nella torretta del castello che guarda il mezzogiorno e uscirai di là quando tu vorrai. Mi spiego uscirai di là quando ti decidi a sposare l’uomo che ti chiederà in moglie dopo il tuo ingresso in società. Ritornati dal monastero ad eccezione della servitù nessuno ti ha visto; quindi nessuno saprà che sei prigioniera, scegli, o il matrimonio o la prigione.” Cecilia abbassò la testa e piano rispose: “Scelgo la prigione.”
La sera stessa Teresa e Marina loro malgrado l’accompagnarono nella torre del castello, chiusero la porta e consegnarono la chiave al maggiordomo, il quale avrebbe dovuto consegnarla al marchese. Nell’ora in cui Cecilia entrò nella torre il marchese non c’era, si era allontanato di proposito. Nella torre c’era il letto, un comodino per la biancheria, un inginocchiatoio, due sedie un tavolino, pochi libri e un grande crocifisso appeso alla parete di fronte alla porta. Cecilia in quel luogo si sentì felice contenta; una sola cosa la rattristava, non poter ascoltare la Messa e fare ogni giorno la Santa Comunione. Il resto per lei era indifferente: la cella del monastero e quella di casa era la stessa.
La mattina dopo verso le otto Cecilia sentì chiudere la chiave alla porta pensando fosse suo padre si preparò a riceverlo. Quando la porta si aprì vide invece che era Marina e Teresa che le portarono la colazione. Marina le disse: “Vedi dove ti ha portato la tua ostinazione. Il tuo povero babbo ieri sera pianse tutta la serata, andò a letto senza cena e noi con lui. Cecilia abbracciò Marina e pianse però rimase sempre nella posizione presa. O in monastero oppure non sarebbe uscita di là. Teresa le disse che il padre la sera prima aveva giurato che non avrebbe voluto più vederla fino a quando lei non lo avrebbe mandato a chiamare e che, a furia di preghiere, avevano ottenuto solo che Marina sarebbe stata la sua guardiana e che un’ora al giorno poteva stare in sua compagnia.
“E questo non basta” rispose Cecilia. Stette un po’ insieme e si lasciarono. Marina le promise che si sarebbero visti per mezzogiorno o, al più tardi verso le ore tredici. In prigione Cecilia trascorreva le sue giornate lavorando e pregando: dopo quindici giorni desiderò vedere suo padre ma è rimasto soltanto un desiderio. Chiese a Dio nella preghiera che le avesse fatta questa grazia, altrimenti- se quella vita sarebbe durata ancora lei certamente non avrebbe vissuto troppo a lungo.
Capitolo XIX. Fin qui non abbiamo ancora detto che il marchese Sigismondo era un bravissimo cacciatore, che la caccia era la sua passione; teneva un servo apposta che avesse cura dei suoi cani. Non c’era partita di caccia, di grande o di piccola importanza, che lui non vi prendeva parte anzi spesso ne era l’organizzatore. Un giorno avvisò Teresa che partiva per una partita di caccia e non sapeva quando sarebbe ritornato aggiungendo: “Di questo non dirai nulla a mia figlia.” La mattina partì prestissimo due bracconieri gli portavano i cani. Giunti al luogo stabilito vi trovò molti cavalieri giunti prima di lui che appena lo videro lo ossequiarono colmandolo di cortesia. Pochi minuti dopo il suo arrivo la caccia iniziò e tutto procedeva bene e senza incidenti ad un tratto il marchese avvistò una lepre la seguì e si spinse fino all’orlo di un precipizio: due passi ancora sarebbe precipitato in un burrone profondissimo dove certamente avrebbe trovato la morte.
Un cavaliere gli stava vicino gettò il fucile a terra lo abbracciò e lesto lo allontanò dal pericolo. Il marchese per un momento non comprese nulla, si rese conto del pericolo che aveva incontrato, qualche minuto dopo. Si voltò per vedere chi era stato il suo salvatore e vedendo l’uomo che lo aveva preso in braccio, retrocedette di due passi. Quell’uomo disse: “Signor marchese guardandomi retrocedete, ciò vuol dire che anche voi mi odiate, mi disprezzate, per il solo motivo che sono tanto brutto.” “No!” rispose il marchese “retrocedo per guardarvi meglio, per imprimermi nella mente e nel cuore l’immagine dell’uomo che mi ha salvato la vita. Chi siete? Come vi chiamate?” L’interpellato rispose: “Mi chiamano il marchese Fabrizio e sono l’uomo più disgraziato della terra, disgraziato perché, solo per la mia bruttezza, tutti mi odiano tutti mi disprezzano. La natura mi è stata matrigna e che colpa ne ho io per questo?”
Il marchese Sigismondo lo abbracciò e gli disse: “Poco m’interessa se tutti vi odiano e vi disprezzano, io vi amo, in me avete trovato un padre e un fratello. Questa sera verrete con me a casa mia, sarete mio ospite finché lo vorrete, riverserete con tutta libertà, le vostre angosce nel mio cuore e ci conforteremo a vicenda perché anch’io ho sofferto e soffro ancora e chissà se non dovrò soffrire sempre, forse fino alla fine della mia vita.”
L’uomo che aveva parlato al marchese era basso di statura, calvo, col naso grosso e rosso, con un occhio, quello sinistro che apriva e chiudeva continuamente e per finire con una piccola gobba sulle spalle. Teneva un sarto apposta che, con un’arte tutta speciale, gli cuciva i vestiti cercando di nascondere quel difetto. La sera, piuttosto tardi, tornarono al castello. Il marchese avvisò Teresa di comandare di preparare la stanza degli ospiti perché c’era un signore il quale sarebbe rimasto al castello per qualche settimana. In un’ora o poco più, gli ordini del marchese furono puntualmente eseguiti. Per quella sera andarono a letto e non si parlò più.
Il giorno seguente il marchese portò l’ospite a visitare i suoi feudi. Mentre passavano per il corridoio incontrarono Marina, la quale vedendolo cercava di tornare indietro ma non poté, si fermò e salutò il marchese. Questi le presentò il marchese Fabrizio dicendo che era un signore suo ospite e che si sarebbe fermato al castello per qualche settimana. Marina salutò e si allontanò.
A mezzogiorno quando vide Cecilia ebbe la premura di narrarle l’incontro avuto e di descrivergli l’uomo incontrato. Cecilia ascoltò e non disse nulla, solo compianse l’uomo brutto. Senza sapere che era stato il salvatore di suo padre. La sera siccome faceva un gran caldo, dopo cena i due marchesi sedettero nel cortile del castello e precisamente sotto la finestra di Cecilia. Quella sera si compivano appunto tre mesi dacché Cecilia era prigioniera. Il marchese e il suo ospite parlarono di cose insignificanti però i loro discorsi si conversero sulla caccia.
Ad un tratto il marchese Sigismondo desse a Fabrizio: “Quando ho avuto la fortuna d’incontrarti mi hai promesso di narrarmi la tua storia, fallo ora.” Fabrizio rispose: “La mia storia è breve è triste al tempo stesso: ho perduto mio padre quasi prima di conoscerlo e rimasi con la mamma e con numerosa servitù. Ero solo, e la mamma riservò su di me tutte le sue cure, tutto il suo amore ma ero brutto e lei poverina non poteva farmi bello. Quando avevo venti anni perdetti anche la mamma e rimasi assolutamente solo, padrone di un castello e di molte ricchezze, volevo accasarmi e nessuno mi volle appunto per la mia bruttezza, le ragazze quando m’incontravano si facevano il segno della croce e scappavano, gli uomini anche miei coetanei e quelli che chiamavo amici mi tenevano a distanza. Nella mia vita non ho fatto altro che bene, consumai parte delle mie ricchezze a pro delle opere pie e ciò nonostante sono sempre odiato.” Sigismondo lo ascoltava con molto interesse e Fabrizio parlava interrompendo spesso il discorso perché il pianto non gli permetteva di parlare.
Che cosa faceva intanto Cecilia nella sua prigione? Quella sera si sentiva male, si sentiva più triste del solito e pur non di meno non si decideva ad andare a letto, ad un tratto sentì piangere, tirò il letto verso la finestra, sul letto vi mise il tavolino e con l’aiuto di una sedia salì sulla finestra. La serata era bella, splendeva nel cielo la luna quindi Cecilia poté vedere suo padre in compagnia dell’altro uomo. Arrivò sulla finestra proprio in quel momento che il marchese Fabrizio diceva di avere perduto la mamma all’età di venti anni. Ascoltò tutto il resto del discorso e poi riscese. Mise le cose apposto,preparò la lampada per la notte, recitò le ultime preghiere e si ricoricò.
Si coricò ma non dormì, pensò all’uomo infelice, pensò all’uomo bisognoso di conforto, bisognoso di pace, bisognoso di felicità. Aveva quasi trent’anni e nella sua vita non aveva fatto altro che soffrire anche se aveva speso i suoi soldi e il suo tempo in opere di bene.Cecilia si disse:“Perché quell’uomo deve essere infelice? Non potrei sposarlo io e quindi fare la sua felicità? E la mia purezza? E la promessa fatta a Dio? Ebbene lo sposerò e poi, se il Signore mi aiuterà lo convincerò a volermi bene e trattarmi come una figlia o, se più gli piace, come una sorella e niente più. Lo sposerò e il Signore farà il resto.”
Fatta questa decisione si addormentò. La mattina si svegliò per tempo, fece la pulizia, pregò più a lungo del solito e attese la venuta di Marina. Questa come se comprendesse che Cecilia l’attendeva, quel mattino arrivò più presto del solito: fecero colazione insieme, chiacchierarono, Cecilia domandò notizie di suo padre e Marina gli disse che era uscito per tempo insieme a quel signore, nel dire quel signore Marina marcò le parole sorridendo e poi disse: “Son quasi le nove e ancora non sono ritornati.”
Cecilia non le disse che aveva ascoltato la sera prima e, quando stava per andarsene la pregò di portarle l’occorrente per scrivere. Marina ritornò di lì a poco portandole quanto aveva chiesto, stette con lei altri pochi minuti e poi si allontanò adducendo la scusa che aveva da fare. Quando chiuse la porta e Cecilia si trovò sola, sedette a tavolino e scrisse al padre la seguente lettera: “Babbo mio, da tre mesi sono prigioniera per la mia ostinazione di volermi fare suora e non sposare com’era tuo desiderio. Mi hai detto che se desidero uscire dalla prigione dipende da me; ebbene, ti scrivo per dirti: voglio uscire, papà vieni ad aprirmi, vieni ad abbracciarmi! Ma tu non rallegrarti, non dire: ho vinto! Sai chi deve essere il mio marito? L’uomo che discorreva con te, ieri sera, sotto la finestra del mio carcere. O lui o rimango prigioniera. Voglio sposarlo, non soltanto perché è troppo brutto, ma perché ha molto sofferto. Un sacrificio vale l’altro. Sono sicura che il Signore gradirà il mio sacrificio e lo accetterà come se io mi fossi fatta suora. Se dirai di sì vieni subito, se dici di no è inutile che tu vieni. Nell’attesa ti abbraccio. Tua Cecilia”
Rilesse la lettera parecchie volte e poi la chiese attendendo l’arrivo di Marina. Questa, con la solita puntualità, a mezzogiorno venne per portargli il pranzo, anzi quella volta, dato che il marchese era assente pranzarono insieme. Dopo il pranzo chiacchierarono un bel pezzo poi, quando Marina comprese che era l’ora di lasciarla si abbracciarono promettendosi di rivedersi la sera a cena e all’ora Marina le avrebbe parlato di suo padre e di quel signore. Cecilia le diede la lettera pregandola di portarla nello studio di suo padre in modo che al ritorno la vedesse senza sapere chi l’avesse portata; altrimenti disse Cecilia darà la colpa a te e ti buscherai qualche rimprovero senza meritarlo.
Marina prese la lettera e si lasciarono. Marina mentre attraversava il corridoio per entrare nello studio del marchese si disse: “Certamente Cecilia vuol combinare qualcosa delle sue, si sarà innamorata di quel signore?”
Entrò nello studio del marchese posò la lettera sulla scrivania e si allontanò. Il marchese, con l’ospite la sera rientrò tardi e quindi non vide la lettera che Marina lasciò sulla scrivania. Cenarono e andarono a letto presto perché il mattino dopo il marchese Fabrizio doveva partire presto, aveva promesso che sarebbe ritornato l’anno venturo all’apertura della caccia. Ormai erano intimi: Sigismondo e Fabrizio si davano del tu, si volevano un gran bene.
La mattina, dunque, partirono presto e Sigismondo lo accompagnò fino a Roccella. Ritornò che era passato mezzogiorno, dopo essersi riposato entrò nello studio per vedere la posta che il corriere quella mattina aveva portato. Fra le lettere trovò quella di Cecilia, chiusa sì ma senza indirizzo. Prese la busta e prima di aprirla la girò e la rigirò tra le mani, non si decideva ad aprirla: chi l’ha portata? Si domandava, ma lui stesso non sapeva trovare la risposta. Suonò il campanello e al cameriere accorso domandò: “Pietro mi sai dire chi ha portato questa lettera? Il cameriere: “No signor marchese, come sapete io non entro mai nel vostro studio.” “Domandatelo al portinaio” rispose il marchese. Il cameriere s’allontanò ritornò dopo cinque minuti dicendo che neppure il portinaio sapeva niente. Il marchese s’impensierì, guardò ancora la lettera e la posò sulla scrivania senza aprirla.
Capitolo XX. Dopo minuti di esitazione il marchese riprese la lettera e si decise ad aprirla. Quando lesse: <<padre mio>> disse: “Finalmente si è decisa, vediamo un po’ che cosa scrive.” Lesse la lettera e s’arrabbiò, la buttò per terra, la calpestò coi piedi imprecando contro se stesso e contro tutti. La prese poi, la rilesse di nuovo con più calma, con più serietà. Finita la lettura, questa volta non buttò la lettera, la piegò, la posò sulla scrivania e sedette sopra una poltrona: si prese la testa tra le mani e cominciò a riflettere.
Dopo alquanto tempo disse: “Povero Fabrizio, perché deve soffrire?. Se dipende da me farlo felice, perché tardare? Cecilia ha ragione! Vado subito a trovarla!”
Suona il campanello e chiama forte: “Marina, vieni qua!” Marina corre e, appena giunta, dice:“Che c’è signor marchese? Perché mi chiamate così forte?” Il marchese risponde: “Innanzitutto dimmi, hai portato tu questa lettera?” Marina risponde: “Si! Perché nasconderla?” Il marchese aggiunge: “Vieni Marina, andiamo da Cecilia, voglio che mia figlia cessi di soffrire, voglio farla contenta.”
Marina con molta familiarità si prende il marchese a braccetto e mentre attraver-sano il corridoio gli dice: “Signor marchese, ieri sera mentre portavo la lettera nello studio, pensai che Cecilia (con lei) aveva combinato qualcuna delle sue, però ignoravo il contenuto, come lo ignoro tuttora.” Il marchese, che teneva la lettera tra le mani, sorrise e disse: “Il contenuto di questa lettera lo saprai a momenti.”
Intanto erano arrivati alla torre e mentre Marina metteva la chiave alla toppa le tremava la mano, tanto che non riusciva ad aprire.
Il marchese disse: “Fai presto, Cecilia attende.” Cecilia, sentendo la voce di suo padre, posò le mani sul cuore che le palpitava forte ed attese. Quando la porta si aprì, il marchese, varcando la soglia, aprì le braccia e gridò: “Figlia, figlia mia!”. Cecilia aprì le sue, e a sua volta, disse: “Padre, padre mio!” Si gettarono l’uno nelle braccia dell’altro e piansero a lungo, mentre Marina, in disparte, si gustava la scena e piangeva con loro.
Quando si furono calmati il marchese, rivolto a Marina: “Marinella, senti un po’ che cosa mi scrive la monaca.” E così dicendo spiegava il foglio e rideva, poi lesse forte la lettera e, rivolto a sua figlia, disse: “E adesso come facciamo? Debbo scrivere a Fabrizio per dirgli: vieni che ti do mia figlia?” Cecilia rispose: “Non preoccuparti saprò io come cavarmela. Ascoltami: quella sera ascoltai i discorsi che facevate sotto la mia finestra e, se non erro, compresi che il marchese Fabrizio non sa della mia prigionia e che sa, invece, che sono in monastero, tu, però lo inviterai ad una festicciola che faremo alla fine della settimana prossima per la mia entrata in società. Manderai Pietro per avvisarlo, oppure gli scriverai una (non ti meravigli la mia fretta) bisogna far presto.”
Il marchese rispose: “Faremo come tu vorrai, questa sera Pietro partirà per andare dal marchese e tornerà in serata o, al più tardi, nella mattinata di domani.”
Uscirono dalla torre e Marina, che camminava dietro, chiuse fragorosamente la porta dicendo: “Che nessuno possa entrare più qui!” Quando Cecilia entrò, dopo tre mesi di assenza, nella grande sala, l’incontro che ebbe con Teresa, anche se si erano viste spesso, fu commovente.
Si abbracciarono, si baciarono, si dissero delle parole affettuose e piansero entrambe da non finirla più.
Il marchese e Marina assistevano in silenzio. Più tardi Cecilia entrò nella sua stanza per riposarsi un poco; ne aveva proprio bisogno, dopo quella giornata di grandi emozioni.
Capitolo XXI. Il marchese, quando fu solo, scrisse una lettera al suo amico Fabrizio invitandolo, per la settimana prossima, a casa sua perché si sarebbe dovuto festeg-giare l’ingresso in società della sua figliola. Gli diceva di non preoccuparsi perché alla festa non c’era nessuno, soltanto i familiari e quelli che lo conoscevano tutti.
La lettera concludeva: “Ti attendiamo sabato prossimo, o al più tardi, mattina di domenica, vieni con l’intenzione di fermarti un paio di giorni, te lo chiedo anche a nome di Cecilia, è lei che lo vuole.”
Terminato di scrivere il marchese chiuse la lettera, la sigillò, scrisse l’indirizzo e suonò il campanello. Al cameriere accorso disse: “Pietro fai sellare il cavallo e, a spron battuto, portala al suo indirizzo, la lettera deve essere a destinazione entro questa notte.” Il cameriere rispose inchinandosi: “Non dubiti signor marchese, sarà servito.”
Dieci minuti dopo il cameriere partì e verso le dieci di quella stessa sera si trovava alla porta del marchese Fabrizio. Bussò, ed al cameriere che venne ad aprire diede la lettera del suo signore perché la portasse al marchese Fabrizio mentre lui avrebbe atteso la risposta in portineria.
Pochi minuti più tardi il marchese Fabrizio in persona scese e lo accolse con festa ordinando ai suoi servi di custodire il cavallo e dicendo a Pietro: “l’ora è tarda, per questa sera ti fermerai qui e domani porterai a Sigismondo la risposta.”
Per tutta la notte Fabrizio si ripeté mentalmente le parole della lettera di Sigismondo, specialmente quelle “E’ cecilia che lo vuole.”
La mattina si alzò per tempo e scrisse la risposta, naturalmente accettando l’invito. Domenica mattina partì e si trovò, dopo poche ore al castello di Bovalino. Fu ricevuto da Sigismondo che lo colmò di carezze facendogli molta festa e lo accompagnò, per il momento, nella camera degli ospiti.
Cecilia, almeno per allora evitò di vederlo ma nel corridoio incontrarono Marina che passava di lì come per caso. I due marchesi si fermarono per salutarla e Sigismondo, con paterna familiarità, le sorrise e l’accarezzò sulla guancia; Marina rispose allo stesso modo.
Allora del pranzo suonò il campanello poi si aprirono le porte della grande sala e il maggiordomo, con solennità, annunziò: “I signori sono serviti.”.
Teresa, Marina, il cappellano ed il marchese Fabrizio a quell’annunzio si alzarono e si recarono nella sala da pranzo. Quando tutti erano ai loro posti entrò Cecilia al braccio di suo padre.
Al suo ingresso, quelli che si trovavano in sala da pranzo batterono le mani, poi tutti sedettero e per un attimo si fece silenzio.
Prima che il pranzo incominciasse Fabrizio diede uno sguardo in giro e si accorse che come Sigismondo gli aveva annunciato non c’erano invitati estranei ad eccezione del cappellano.
Cecilia era seduta fra suo padre e Marina e in modo che il marchese Fabrizio le venisse di fronte.
Fingeva di non guardare, ma ogni tanto alzava gli occhi e guardava Fabrizio, i suoi sguardi erano esclusivamente per lui. Il pranzo finì fra i brindisi e gli auguri alla festeggiata; solo Fabrizio non parlava. Perché? Capiva forse che a momenti si sarebbe deciso del suo avvenire? Mistero! Finito il pranzo Cecilia si alzò e così parlò: “Grazie signor marchese per avere accettato l’invito alla festa per il mio ingresso in società, ringrazio voi perché, come vedete, di estraneo ci siete voi solo. C’è il cappellano ma egli è di casa, l’ho voluto qui affinché la presenza del sacerdote rendesse, per dir così, più solenne questo momento e quanto sta per avvenire. Il mio ingresso in società è per modo di dire perché una ragazza orfana come me è vissuta per nove anni in monastero, certamente non prova piacere di vivere in mezzo al chiasso, in mezzo ai rumori tra la confusione ed il pettegolezzo della gente anche se nel nostro piccolo paese ciò è in scarsa misura. Non so se papà ve lo scrisse ma sono stata io a volervi alla nostra festa. Perché domanderete voi? Volevo conoscere il salvatore di mio padre. L’incidente capitato nella partita di caccia di poco tempo fa è che – senza il vostro intervento – mio padre avrebbe incontrato la morte, mi è stato riferito in monastero; volevo conoscervi per ringraziarvi e per dirvi che, per quello che avete fatto, vi amo e vi stimo come mio padre.”
A questo punto Cecilia fu interrotta da un nuovo battito di mani ma poi continuò: “Il ringraziarvi non basta, le parole dicono poco o nulla ci vuole qualcosa di più positivo, di più duraturo per dire a voi che Cecilia Loffredo non dimentica i benefici ricevuti. Signor marchese mi accorgo da qualche lacrima che vedo sui vostri occhi, che le mie parole mi commuovono; ho finito, vi chiedo soltanto un favore, narratemi la vostra storia.” Fabrizio rispose: “Figliola mia, permettetemi di chiamarti così, lasciamo da parte i titoli, specie ora che tuo papà mi accordò l’ambitissimo onore di annoverarmi tra i suoi amici.
Cecilia lo interruppe dicendo: “Non solo ve lo permetto, ma lo desidero.” Fabrizio rispose: “In questo giorno non è possibile narrare storie tristi, te la racconterò un’altra volta, oppure se hai fretta, fattela narrare da Sigismondo. Ti dico solo che ho trent’anni e che nella mia vita ho sempre sofferto. Se qualche volta sul mio labbro errò il sorriso, fu solo per convenienza; ma in quel sorriso c’era nascosta una grande amarezza. Sono stato infelice finora e penso di esserlo sempre, ormai che ho conosciuto voi un solo conforto mi rimane, la tua amicizia e quella di tuo padre.
Cecilia si alzò e, fra i singhiozzi (a forza trattenuti) disse: “Marchese, rallegratevi, la vostra tristezza è finita, c’è qui una creatura, una donna che tutto sacrifica per la vostra felicità. Mi volete per vostra moglie?
A questo punto piangevano tutti, Marina e il cappellano piangevano, ridevano e battevano le mani.
Fabrizio, col cuore gonfio, rispose queste semplici parole: “Figliola grazie, grazie, e non disse altro. Quando si furono calmati il marchese Sigismondo abbracciò la figlia e le disse all’orecchio, in modo che nessuno sentisse: “Grazie Cecilia, ti sei comportata bene.” Dopo di lui l’abbracciarono Teresa e Marina. Il cappellano le strinse la mano e s’allontanò di lì come scappando. Se fosse rimasto un altro minuto sarebbe scoppiato a piangere anche lui.
In giornata stessa si presero accordi che fatte le pratiche civili e religiose, Cecilia e Fabrizio, al più tardi, di lì ad un mese si sarebbero sposati.
Il mattino seguente Fabrizio partì, Cecilia, suo padre e Marina lo accompagnarono fino allo scalone principale. Prima di lasciarsi lo pregarono di ritornare presto e Fabrizio lo promise.
Sarebbe rimasto al suo paese solo il tempo necessario per sbrigare i documenti per il matrimonio e quegli altri occorrenti per affidare, dato che lui al suo paese non sarebbe tornato più, il governo del feudo ad un suo nipote. Di nuovo strette di mano, saluti e auguri, salito a cavallo s’allontanò salutando.
Capitolo XXII. Dopo la partenza di Fabrizio, cecilia, suo padre e Marina rientrarono nel castello: il marchese si recò nel suo studio, Cecilia e Marina, tenendosi per mano, entrarono nel salotto.
Sedettero sopra un divano di fronte al grande quadro che raffigurava la mamma di Cecilia e questa così parlò: “Marina, dopo tanti avvenimenti, dopo tante emozioni, siamo finalmente sole. Dimmi, ho agito bene decidendo di sposare Fabrizio? Pensi che la mamma mi approva? Per questo ho voluto parlarti davanti il suo ritratto. Vorrei (ma ciò non è possibile), sentire la sua risposta.” Marina le rispose: “Cecilia chiamami pure superstiziosa, dimmi quello che vuoi, ma io, guardando il ritratto di mamma tua, la vedo sotto un altro aspetto, mi sembra sorrida, guardala anche tu, guardala attentamente e, se puoi, dimmi che non è così.”
Cecilia guardò, si commosse e pianse; anche lei era dello stesso parere di Marina; le sembrava che sua madre sorridesse approvando.
Marina disse. “Cecilia, da quando, nella prigione, tuo padre mi lesse la lettera che gli scrivesti, anch’io (ti prego di non essere gelosa), cominciai a volere bene a Fabrizio, anch’io ho preso una decisione.”
Cecilia, cercando di prendere un’aria autoritaria, disse: “Sentiamo la decisione della signorina Marina e, nel caso che non ci piace, l’annulleremo.” Marina continuò: “da quando decidesti di sposare Fabrizio, io ho deciso di non sposare. Monaca non mi farò, perché il Signore non mi diede questa vocazione, ma voglio stare con te, voglio amarti, voglio servirti. Se io sposassi il mio amore, dovrei dividerlo tra mio marito, la mamma e te, naturalmente tu prenderesti nel mio cuore l’ultimo posto ed io non voglio che sia così il mio amore dev’essere tutto e solo per te, perché (il Signore mi perdoni) io ti amo più di mia madre perché tu sei una santa ed io voglio sforzarmi ad imitarti.”
Mentre Marina così parlava Cecilia piangeva e poi, non potendone più, l’abbracciò. Mentre erano abbracciate, entrò il marchese e disse: “Desidererei sapere cosa stanno complottando le due biricchine; parola d’onore che, da pochi giorni a questa parte non ci capisco più niente.”
Marina rispose: “Marchese, cosa stiamo complottando non v’interessa, sono cose nostre ed il padre deve assolutamente ignorare i segreti delle figlie, specie quando queste complottano a scopo di bene.”
Il marchese, comprendendo che Marina scherzava sorrise e se ne andò.
Capitolo XXIII. Anche quest’altro mese passò e il giorno tanto atteso, per il matrimonio di Cecilia finalmente giunse. Anche se nel castello, da qualche giorno, regnava una certa animazione; ad eccezione delle persone bene informate, nessuno si accorse del grande avvenimento che stava per compiersi.
Per volere di Cecilia, d’accordo con suo padre e col fidanzato, il matrimonio si celebrò nella cappella del castello, senza pompa, senza lusso e con gl’invitati ridotti al minimo. Gli estranei che parteciparono al matrimonio furono: la superiora del monastero dove Cecilia era stata educata, la madre vicaria e due suore maestre, due testimoni, uno dei quali era quel nipote a cui Fabrizio aveva ceduto il castello e il comando del feudo, l’altro (quello di Cecilia) un sacerdote del paese, c’era l’arci-prete, il cappellano ed un altro sacerdote pure del paese, e tutto qui. Quel giorno era domenica, la cappella era parata a festa e dappertutto fiori a profusione.
Cecilia entrò al braccio del padre, vestiva un semplice abito bianco, la corona di fiori d’arancio e una rosa (pure bianca) appuntata al petto.
Non c’era nessun altro ornamento ad eccezione di quella collanina d’oro con la reliquia della Santa Croce che era stata tanto cara a sua madre.
Il marchese Fabrizio entrò al braccio di suo nipote ed avente a sinistra la simpatica Marina. Si celebrò la messa in terzo e tutti fecero la comunione. Finita la messa, per volere del marchese padre, l’arciprete del paese celebrò il matrimonio.
Quando tutto fu finito sia l’arciprete che il cappellano pronunziarono due elevati discorsi di circostanza: questi parlò con un gran tremito nella voce, quasi piangendo. Il perché si spiega: Era egli il padre spirituale di cecilia e quindi il depositario di tutti i suoi segreti; la riteneva una santa e sapeva quale sacrificio essa faceva sposando quell’uomo.
Gli invitati, cioè le suore e i testimoni si trattennero sino a tardo pomeriggio, poi partirono. Il marchese padre e Fabrizio li accompagnarono fino al ponte levatoio dove le carrozze attendevano. Cecilia e Marina arrivarono sino alla porta della sala e, salutati tutti, tornarono indietro. Cecilia chiese a Marina di lasciarla sola, voleva pregare sino al ritorno del marito e preparasi alla grande prova che stava per incominciare. Si ritirò nella stanza nuziale tappezzata di damasco rosso ed avente ai piedi del letto un inginocchiatoio (pur esso foderato di rosso) con sopra un grande crocifisso d’argento.
Cecilia s’inginocchiò e strettosi al cuore il crocifisso, così pregò: “Signore Gesù dei martiri, per intercessione di Maria regina delle Vergini e madre dei dolori, dammi tu la forza di superare questa prova e, quel che più conta, essere compresa; voglio essere tua, tutta tua, assolutamente tua! Ripeto! Signore Gesù, quello che ti dissi la prima volta quando, all’età di nove anni, mi consacrai a te, fa o Signore che Fabrizio mi ami come figlia, come sorella e, amandomi, mi sappia comprendere.”
Intanto Fabrizio, con Sigismondo ritornarono e domandarono dove si trovava Cecilia. Marina, scherzando disse: “ma siete seccanti, si è ritirata per pregare, lasciatela sola, quando vi vuole vi chiamerà.”
A sera tutti andarono a cena e, all’ora conveniente, ognuno si ritirò nelle proprie stanze; naturalmente anche Cecilia col marito. Giunti nella stanza nuziale Cecilia cominciò a tremare, sentì il bisogno di sedersi sul divano che si trovava ai piedi del letto e fece cenno al marito di sederle accanto. Fabrizio, compreso del suo timore, sedette e, per il momento, si fece silenzio. Dopo alcuni istanti Cecilia disse: “Fabrizio da quanto tempo mi conosci?” Fabrizio a quella domanda si fece scuro in viso e tremò; pensava che Cecilia si pentiva di averlo sposato.
Cecilia lo comprese e gli disse: “No, Fabrizio, non temere, non voglio dirti quello che tu pensi, rispondi alla domanda che t’ho fatto e poi ascolta quello che ti dirò. Ripeto la domanda, da quanto tempo mi conosci?” Fabrizio, incoraggiato rispose: “Ti conosco da quel giorno fortunato che tuo padre m’invitò a pranzo per festeggiare la tua uscita dal monastero. Sapevo da tempo che Sigismondo aveva una figlia ma nelle poche volte che venni qui, non potei mai vederti.” Cecilia rispose: “Quel giorno che mio padre festeggiò, (per dir così) il mio ingresso in società non uscivo dal monastero ma, una settimana prima uscivo dalla prigione.” A quelle parole Fabrizio,suo malgrado, tremò. Cecilia continuò: “Sai perché ero stata imprigionata? Perché mio padre voleva assolutamente maritarmi e io volevo farmi suora. Mi ero consacrata a Dio all’età di nove anni, con un senno superiore alla mia età, e poi ogni anno, nell’anniversario della mia nascita ripetevo la consacrazione, consacrazione che ho fatto per l’ultima volta anche ieri, vigilia del nostro matrimonio. Come ti ho detto mi ero data a Dio e non volevo tradire la mia fede. Mio padre, quando apprese che volevo restare presso le suore che mi avevano educata, mi tolse dal monastero due anni prima del tempo che si era prefisso. Quando tornai a casa la battaglia incominciò; mi chiese cioè se volevo farmi suora e, avuta risposta affermativa, si ribellò, gridò batté i piedi e a nulla valse l’intervento di Teresa e di Marina a mio favore. Concluse dicendomi, scegli o il matrimonio o la prigione… Io risposi scelgo la prigione.
Mi fece accompagnare nella torretta del castello che guarda il mezzogiorno e là vi rimasi per oltre tre mesi. In questo tempo lui non venne mai a visitarmi permetteva solo, ogni tanto, che Marina, venisse a trovarmi per trattenersi un pochino con me. A lei (io lo seppi dopo) domandava le mie notizie. Teresa, tre volte al giorno mi portava il vitto, lo posava sulla tavola e s’allontanava senza parlarmi; gli ordini erano severi e non si potevano trasgredire. Ma lui, povero babbo, soffriva e ti lascio immaginare quanto. Ed io? Io non mi davo per vinta, ero felice in quella prigione, soffrivo per una cosa sola, non poter fare la Santa Comunione, per altro, la torre e la cella del monastero era lo stesso. Una domenica dello scorso settembre, era di notte, tu e mio padre discorrevate seduti proprio sotto la finestra della mia cella. Mio padre ti narrò la sua storia, tu gli narrasti la tua e mentre parlavi piangevi. Io ti sentii piangere avevo allora finito le preghiere della sera e stavo per andare a dormire. Tirai il letto sotto la finestra, vi misi sopra una sedia, salì e sedetti sopra la finestra. Ascoltai tutto e quando scesi piangevo anch’io, commossa per la tua sofferenza. Giurai di sposarti e farti felice nella speranza che tu avresti rispettata (dato il voto che avevo fatto) la mia purezza. Fabrizio ti ho detto tutto adesso decidi, mi sono consacrata a Dio, un angelo mi ha in sua custodia, sento di poterti amare soltanto come una sorella, o (se meglio ti piace) come una figlia e niente più. Accetti? Se sì dimmelo se no sono nelle tue mani, sono tua moglie, hai sopra di me tutti i diritti che Dio e la legge ti concedono, fa quel che vuoi. Non accettando sarai sempre infelice, come prima, e forse più di prima perché io sentirò di non poterti amare e il perché ti è facile comprenderlo, mi avrai fatto trasgredire il giuramento che feci di darmi a Dio. In una parte del Vangelo, e penso che ciò ti sia noto, si legge che Dio è geloso di quelli che ama, io sono sua e perciò è geloso anche di me, non vuole che altri gli rubi ciò che gli appartiene.”
Durante il lungo discorso di Cecilia, Fabrizio taceva a testa bassa riflettendo. Quando Cecilia finì disse: “Cecilia rispetterò la tua volontà, per me sarai sacra, ti amerò come si ama una santa, come si ama la Madonna!” Cecilia pianse e lo baciò sulla fronte dicendo: “Ti amo, fratello mio, sposo mio, padre mio, ti amo in Cristo Gesù.” Quando continuò Cecilia: “Quando avrai tempo cerca nella nostra biblioteca e vi troverai un manoscritto è “Gli atti dei martiri San Valeriano e Santa Cecilia” leggili e vedrai che noi due, benché assai imperfettamente, somigliamo a questi grandi martiri, marito e moglie, continuò, Fabrizio un altro sacrificio ti domando, il nostro segreto devono ignorarlo tutti, anche mio padre, nessuno deve sapere che noi due viviamo separati e ci amiamo solo come fratello e sorella.”
Fabrizio disse: “E ciò come potrà essere?” “Non dubitare” aggiunse Cecilia “Tutto è combinato. Se ti sei accorto il nostro appartamento è vicino alla cappella e ha una porta che là conduce, un’altra che apre nel corridoio e che rimane sempre chiusa ed un’altra ancora che porta in questa stanza e che è abilmente nascosta da quel quadro. Ogni mattina, quando sarai pronto, busserai e io ti aprirò, da qui entreremo nella cappella per la recita delle preghiere del mattino. In questa stanza non permetterò che entri nessuno o che tocchi il tuo letto, io stessa farò la pulizia e te la terrò in ordine. La sera quando andiamo a letto entreremo insieme in questa stanza poi, dopo chiusa la porta, tu entrerai nella tua e io lascerò la porta socchiusa in modo di poter sentire se avrai bisogno di qualche cosa, così nessuno si accorgerà di nulla. Ti va?”
Fabrizio disse: “Sì Cecilia, ciò che tu fai è sempre ben fatto ed io non posso che ammirarti ed amarti sempre di più.” Si baciarono e si separarono augurandosi la buona notte.
Cecilia toccò un bottone, il quadro che copriva la porta girò su se stesso e questa si aprì. Fabrizio entrò, si voltò di nuovo e disse: “Buona notte!” Cecilia toccò di nuovo il bottone e la porta si richiuse.
Capitolo XXIV. La prima notte di nozze Cecilia la trascorse in preghiera. Dopo che Fabrizio entrò nella sua stanza attese un po’ e quando comprese che si era coricato s’inginocchiò (come sempre) con il crocifisso stretto al cuore pregò a lungo.
Ad un tratto le parve di sentir piangere; pose il crocifisso, sospese per un poco la preghiera e tese l’orecchio per sentir meglio, era Fabrizio che pregava, e il quadro che copriva la parete della sua stanza impedì a Cecilia di capire le sue parole.
Ad un tratto, nel fervore della preghiera, Fabrizio disse più forte. “Signore ti ringrazio per quest’angelo che mi hai dato in sposa e ti prego, spegni in me il (illeggibile) della concupiscenza e fa che io l’ami come un fratello possa amare la propria sorella.”
Queste parole Cecilia parte le capì e parte le comprese. Ribaciò il crocifisso, volle continuare a pregare ma non poté. Si alzò di dove stava in ginocchio, si avvicinò a un comodino e prese un libro che vi stava sopra, lo aprì a caso e lesse: “Beati i puri di cuore perché essi vedranno Dio.” Commentò queste parole del Vangelo, richiuse il libro e s’inginocchiò di nuovo continuando a pregare.
Intanto spuntava l’alba, Cecilia si alzò e, sentito che Fabrizio si era pure alzato lo attese. Quando questi fu pronto bussò; Cecilia toccò il bottone della cornice del quadro, questo girò e la porta si aprì. Fabrizio entrando diede uno sguardo nella stanza e comprese che Cecilia non era andata a letto. In ogni modo le domandò se aveva dormito bene e lei rispose: “Non ho dormito, ho voluto aspettarti pregando.”
Fabrizio la baciò, come al solito, sulla fronte, lei ricambiò il bacio e tutte e due si avviarono verso la cappella per le preghiere del mattino.
Mentre si recavano Cecilia sentì un leggero passo nel corridoio che giunto alla porta della loro camera si fermò. Cecilia voltandosi verso Fabrizio gli disse: “E’ mio padre che viene a darci il buongiorno.” E così dicendo lasciò per un istante Fabrizio ed andò ad aprire la porta. Infatti era suo padre che arrivava, abbracciò la figlia e dopo di lei Fabrizio e sentendo che si stavano recando in cappella, andò con loro, volle anche lui, in quel primo giorno dopo il matrimonio di sua figlia, pregare con essa e suo genero per la loro felicità.
Capitolo XXV. La prima volta che Cecilia uscì di casa dopo il matrimonio, fu per far visita di dovere alle suore del monastero dove era stata educata, l’accompagna-rono suo marito e Marina.
La sera prima, mentre tutta la famiglia era riunita in sala da pranzo, si discuteva che ora si sarebbe dovuto partire l’indomani. Il marchese Fabrizio disse: “Giacché si deve rimanere là tutta la giornata, io direi che è inutile partire di mattina presto, si parte dopo la colazione, magari anticipandola di qualche ora, poi rivolto a Cecilia disse: “Tu che ne dici?”
Cecilia rispose: “Partiremo quando piace a te, però vi avverto che io non faccio colazione perché desidero fare la Santa Comunione e credo, con me anche Marina.
Fabrizio riprese: “Allora partiremo presto perché (senza di te) io non faccio colazione. Cecilia volgendosi a suo padre gli chiese: “Vuoi venire anche tu?” Sigismondo rispose: “Andateci voi, è il vostro tempo, io ormai comincio ad invecchiare e, tranne qualche partitina da caccia, non vado a nessuna parte, desidero restare in casa.” Poi aggiunse “Ti prego salutami tanto la superiora.” A quel “Salutami tanto la superiora” Cecilia sorrise e, com’era solita fare com’era solita fare quando voleva scherzare, diede uno schiaffettino a suo padre.
La mattina dopo, perciò Cecilia suo marito e Marina, in carrozza partirono per Gerace. Arrivarono una mezz’ora circa prima che cominciasse la messa. Quando suonarono alla porta, la portinaia che venne ad aprire, conosciuta Cecilia, cominciò a battere le mani per la gioia e corse ad avvertire la superiora che arrivò in persona fino allo scalone, Cecilia e Marina le corsero incontro e l’abbracciarono con quella familiarità che si erano acquistata in circa nove anni di permanenza in quel monastero.
Fabrizio se ne stava in disparte umile e silenzioso attendendo il momento di presentarsi. Dopo i primi abbracci, dopo le prime effusioni di affetto; Cecilia facendosi da parte disse, con una certa solennità: “Superiora c’è anche mio marito”. La superiora si avvicinò e gli strinse la mano sorridendogli con benevolenza, poi rivolta a Cecilia le disse, in tono di rimprovero: “Sei sempre la stessa biricchina, sempre ne combini qualcuna delle tue; perché, quando sono stata al tuo matrimonio non mi hai detto nulla della tua visita?”
Cecilia rispose: “La giustificazione la trovo subito, volevo farvi una sorpresa e perché volevo stare con voi con un po’ di libertà a questo scopo, per la visita, ho scelto oggi che per il monastero è giorno di vacanza.” “Brava, mille volte brava” disse la superiora e poi aggiunse “E’ inutile, sei sempre tu!”
Sorrisero un altro poco e poi la superiora le fece passare nella sala di ricevimento dicendo: “Attendete qui, a momenti è ora della Santa Messa.” Cecilia disse: “A proposito vorrei vedere il padre spirituale per confessarmi perché, sia io che Marina siamo partite col proposito di ascoltare la Messa e fare la Comunione.”
La superiora disse: “A momenti arriva!” Non aveva finito la frase che il padre spirituale arrivò.
E’ più facile immaginarlo che descriverlo il modo festoso con cui il padre spirituale accolse Cecilia e Marina, rivedendole dopo tanto tempo. Si confessarono e Cecilia vi stette molto, dopo di lei si confessò Marina. Mentre il padre spirituale usciva per entrare in sacrestia e vestirsi per la Santa Messa, Fabrizio lo chiamò e le disse una parola all’orecchio. Il padre spirituale, con un tono di deferenza e di rispetto gli disse: “Favorisca con me in sacrestia.” Entrarono e Fabrizio si confessò; anche lui vi stette molto, quasi un’ora. Quando finì e lasciò la sacrestia, a guardare il padre spirituale gli si leggeva in volto una gioia e una contentezza impossibile a descriversi, certamente tutte e due, Cecilia e Fabrizio, confessando gli avevano parlato del loro segreto, cioè del proposito di custodire la purezza.
Poco dopo si trovarono tutti in cappella e incominciò la Santa Messa. Fabrizio stava inginocchiato vicino a Cecilia, tutti gli sguardi erano puntati su di lui. Però bisogna dirlo, non era guardato come l’uomo brutto e deforme che in altri tempi faceva paura. Questa volta era guardato con affetto, con simpatia e, diremmo quasi, con ammirazione.
Né lui né Cecilia si accorgevano di nulla, era lei con gli occhi fissi all’altare, guardava il sacerdote celebrante e non si scostava per nessun motivo. Fabrizio seguiva la Messa con il libro.
Marina inginocchiata dietro di loro, seguiva pure la Messa ma, ogni tanto, non poteva fare a meno di dare uno sguardo di curiosità intorno a tutto ciò che la circondava. Al momento della Comunione tutti si accostarono all’altare. Cecilia si alzò e suo marito andò a mettersi a fianco. Cecilia si commosse e per quanto cercava di trattenere il pianto, non poté
La Comunione di suo marito, quel giorno, fu per lei una graditissima sorpresa. Finita la Messa, la superiora accompagnò tutte e tre nel refettorio delle suore per la colazione.Appena entrata disse:“Farete colazione con noi,vi accontenterete di quello che vi può offrire una comunità francescana.” Cecilia e Marina dissero sorridendo: “La comunità, dato che partiremo questa sera, ci deve offrire anche il pranzo.”
Sedettero a tavola e, prima d’incominciare a mangiare, la superiora recitò le preghiere di rito. Finita la colazione passarono tutti, comprese le educande, nella sala del capitolo e là circondarono Cecilia e suo marito per fare loro gli auguri, per offrire dei doni e per dire che nel monastero era sempre ricordata con grande stima e affetto. Mentre erano sul più bello la superiora chiese di allontanarsi un poco e fece cenno a Marina di seguirla. Questa la seguì e andava pensando tra se: “Che cosa vuole? Dove mi porta?”
Arrivata alla cella della penitenza si fermarono e la superiora, con una piccola chiave, aprì la porta. Entrarono tutte e due e poi, voltatesi verso Marina, la superiora disse: “Guarda!” Marina diede uno sguardo in giro e vide sul pavimento, quasi invisibili, alcune gocce di sangue, sangue sull’inginocchiatoio, sulla parete vicino il Crocifisso. La superiora disse: “Vedi? E’ sangue suo, è sangue della nostra Cecilia! In tutto quel mese che volle ritirarsi qui fece penitenza, pregò, si flagellò a sangue e ciò per espiare, come diceva lei, le sue colpe, colpe che non aveva e, per commuovere il cuore di Gesù perché convincesse suo padre a darle il sospirato permesso di farsi suora. Come vedi qui, ai piedi del Crocifisso, oggi c’è un piccolo altare e questa, dalla sua partenza, non è più la cella della penitenza ma qui ci riuniamo una volta al mese per il giorno di ritiro. Chiediamo a Gesù la grazia di imitarla, ma, a quanto mi costa, ancora nessuno di noi c’è riuscito.” Mentre la superiora parlava Marina piangeva in silenzio, ad un tratto disse: “Superiora, guardando in giro dentro questa cella vedo degli strumenti di penitenza; ditemi, quando una suora veniva punita era obbligata anche a flagellarsi?
La superiora rispose: “No figliola solamente doveva rimanere chiusa qui tutti quei giorni che dal capitolo era stata condannata e poi usciva. Quelle che si flagellavano lo facevano volontariamente, o perché si sentivano colpevoli, o per umiltà. Ma senti una cosa, in mezzo a questi strumenti c’era una cintura di cuoio lunga una trentina di centimetri, larga quindici irta di chiodi e di uncini di ferro, cintura che, dopo la partenza di Cecilia, qua non ho più visto, scommetto che me l’ha rubata lei per usarla come cilicio, scommetto che anche ora la porta addosso.
Marina rispose: “Penso che la maternità vostra, dicendo che Cecilia ha portato via la cintura, ha colpito nel segno.” Stettero un altro poco e uscirono. Mentre si allontanavano per entrare nella sala del capitolo Marina disse: “Da quanto tempo non venivano suore in questa cella per far penitenza?” La superiora rispose: “Da quanto tempo son qua io, e son circa vent’anni, non c’è entrata più nessuna.” Allora Marina disse: “Il punire le suore che trasgrediscono le regole penso che tante volte può dipendere, non tanto dalla loro colpevolezza quanto del cattivo modo di essere governate. In una parola, chi sta al governo della comunità non sa comprenderle e queste vengono meno al loro dovere.” La superiora comprese che, benché indirettamente, quelle parole d’elogio venivano rivolte a lei e rispose semplicemente: “Può essere!” e non disse altro. Intanto erano giunte nella sala del capitolo, trovarono Cecilia, presente la madre vicaria, in mezzo alle educande vecchie e nuove, che giocava.
Per loro era, almeno per il momento ridiventata bambina. Suo marito e la madre vicaria stavano a guardarla e sorridevano. La superiora e Marina si fermarono facendo lo stesso. A tarda sera tornarono a casa. Quando partirono la superiora, tutte le educande e tutta la comunità li accompagnarono fino alla carrozza pregandole di ritornare. Cecilia disse di sì ma non fece nessuna promessa. Arrivarono a Bovalino che era notte; Teresa e il marchese Sigismondo li attendevano un po’ preoccupati per l’ora tarda.
Quando arrivarono tutti e tre erano felici. Il marchese Sigismondo li rimproverò dicendo: “Vi siete divertiti? Penso di sì perché la gioia si legge sui vostri visi, niente noi qui, poveri vecchi, eravamo in apprensione per il vostro ritardo. “Vecchi, vecchi” disse Cecilia “Sempre parlate di vecchiaia e siete più giovani di noi” Era tardi ed ognuno si ritirò nelle proprie stanze per riposare.
Capitolo XXVI. Il marchese Fabrizio amava molto Cecilia ed ella lo contraccambiava, pensava che meritava il suo amore, amore fraterno, amore filiale ma lo meritava. Pensava al sacrificio che aveva fatto di accettare di amarla come sorella e lo giudicava un eroe, tanto più che quella richiesta, di amarla soltanto come sorella, gliel’aveva fatto proprio la sera delle nozze e lui l’aveva accettata, non solo ma, nel silenzio della notte aveva pregato Dio di spegnere in lui il (illeggibile) della concupiscenza e di conservarlo sempre puro.
Cecilia si ripeteva: “Questi sacrifici li sanno fare solo i Santi e mio marito per me è tale. Sia ringraziato il Signore!”
Un giorno Fabrizio chiese a Cecilia, era la prima volta che lo faceva dopo il suo matrimonio, se voleva passare una giornata al suo paese, così avrebbe avuto la possibilità di visitare il castello e i posti più belli. Cecilia accettò a patto che sarebbero ritornati in giornata. Disse: “Il perché di questo mio desiderio tu lo comprendi.”
Fabrizio accettò e una mattina per tempo partirono. Arrivarono verso le nove. Il nipote del marchese andò a riceverli all’entrata del castello. A Cecilia fece molti complimenti e auguri baciandole, con gesto cavalleresco, la mano. Cecilia accettò i complimenti del nipote e rispose con serietà e dignità dichiarandosi lieta di visitare quel castello che fu la casa di suo marito.
Dopo pranzo il nipote li accompagnò a visitare diversi posti e, verso il tramonto del sole, ripartirono per Bovalino. Arrivarono a casa ch’era ancora presto, e Sigismondo con Marina e Teresa si meravigliarono di vederli tornare così presto.
Fabrizio disse: “Così a desiderato la signora e i suoi desideri sono ordini per me.”
In quelle poche ore che erano rimasti al paese di Fabrizio tutti quelli che lo conosce-vano ebbero la possibilità di avvicinarlo e ossequiarlo complimentandolo, specie per la sposa che aveva saputo scegliersi. Aveva ricevuto da tutti, anche da quelli che prima lo allontanavano per la sua bruttezza, ottime accoglienze e da tutti aveva ascoltato parole lusinghiere, ed oggi che, come diceva lui sentiva di non meritare.
Ogni tanto si voltava verso Cecilia e, piano, piano, le diceva: “Prima ero odiato, disprezzato, sfuggito quasi da tutti. Chi operò questa trasformazione? Tu, soltanto tu! Che il Signore ti benedica e ti dia tutte le grazie che il tuo cuore desidera. Cecilia, io devo a te la mia felicità, come ricompensarti?”
Cecilia rispose: “Volendomi bene!”
Capitolo XXVII. Quattro anni circa sono passati del matrimonio di Cecilia. Nel castello di Bovalino vi regna la più perfetta pace, la concordia, la tranquillità, l’amore. Il marchese Fabrizio non esce di casa se non quando deve accompagnare la moglie per recarsi a compiere qualche opera di bene. Nel paese è poco conosciuto perché il tempo che passò tra il fidanzamento ed il matrimonio fu breve e quindi brevi furono le visite al castello che poi doveva essere suo.
Quelli che lo conoscevano lo amavano, lo stimavano e si dicevano lieti quando potevano trascorrere un poco di tempo in sua compagnia. Suo suocero si accorgeva di tutte queste dimostrazioni di stima fatti a suo genero e ne era lieto.
Cecilia e Marina erano, come al solito, sempre insieme e quando non avevano nulla da fare passavano il loro tempo lavorando: ricamo e cucito, lavori che finivano poi ad arricchire qualche chiesa povera del paese o dei dintorni. Teresa accudiva alle faccende di casa.
Una sera di novembre il marchese Sigismondo annunciò che la mattina dopo si sarebbe alzato presto per andare a caccia, disse che non lo aspettassero per mezzogiorno e che non sapeva, la sera, a che ora sarebbe ritornato. Ritornò infatti piuttosto tardi, non volle cenare e andò a letto dicendo che si sentiva poco bene.
Cecilia e Fabrizio, come pure Marina se ne accorsero e lo pregarono di permettere loro di vegliarlo dato che, sentendosi poco bene, durante la notte poteva aver bisogno di qualche cosa.
Lui rispose dicendo: “Figlioli state pur tranquilli sul conto mio, sono stanco per aver troppo camminato e poi, se dovessi aver bisogno di qualcosa suonerò.” Andò a letto augurando a tutti la buona notte. Verso mezzanotte, o l’una, si sentì male, tentò tentoni il campanello e non riuscì a prenderlo, gettò un leggero grido e cadde riverso sul guanciale: era morto.
La mattina i familiari, quando videro che verso le nove non si era fatto vedere s’impensierirono e tutti corsero nella sua stanza da letto, vi entrarono, dato che la porta era socchiusa, e lo trovarono morto con il braccio destro fuori delle coperte.
Guardando per terra videro il campanello, l’aveva preso per suonare, gli era caduto di mano e lo spesso tappeto aveva attutito il rumore. Cecilia, vedendolo gettò un grido: “Padre mio!” E si gettò sul suo corpo ormai freddo.
Fabrizio si avvicinò e cercò di sollevarla con dolcezza per toglierla di là. Cecilia girò lo sguardo verso di lui e lo pregò di lasciarla in quella posizione, avrebbe voluto piangere sul corpo di suo padre, di quel padre che tanto l’aveva amata e a cui lei aveva recati, benché involontariamente tanti dispiaceri. Dopo poco fu necessario togliersi di là; bisognava vestire il cadavere per la sepoltura. Questo pietoso ufficio lo compì Pietro, il cameriere fidato, aiutato dal cocchiere.
Intanto vi era accorso il cappellano, tutto il personale di servizio ed altra gente. Vennero portate tre casse che vennero acquistate in un altro paese. Quando il cadavere fu composto e chiuso nella cassa venne portato nella camera ardente preparata nella sala grande del castello, dove rimase per tutta la giornata.
Tutti i suoi sudditi vollero rendergli omaggio e quindi vi passarono rispettosamente davanti gettando fiori sulla cassa e in mezzo alla stanza. Il cappellano era lì in ginocchio assorto in preghiera e vicini a lui stavano Cecilia, Marina e Fabrizio.
Marina lo pianse chiamandolo padre e ne aveva ben (illeggibile) perché per lei era stato veramente padre. A Cecilia e a Marina le aveva volute bene, le aveva trattate alo stesso modo e a tutte e due aveva fatto ricevere la medesima educazione senza fare delle particolarità, insomma le aveva trattate come se fossero entrambe figlie.
E Teresa? Lei aveva pianto in silenzio perché si considerava nulla; lei non era stata altro che una povera serva anche se in castello non era considerata tale, anche se il marchese l’aveva stimata molto e qualche volta, se non spesso, era ricorso a lei per consiglio. Come dicemmo pianse in silenzio perché anche lei amava il marchese se non per altro, almeno per tutto quel bene che egli aveva fatto alla sua figliola.
Si fecero i funerali e tutto il paese ne prese parte come anche gente di altri paesi. Ci furono dei discorsi che elogiarono il grande scomparso e tutti ne piansero la perdita. Nel castello il lutto durò oltre un anno e poi Cecilia e Fabrizio ripresero la vita normale e la parte migliore del loro tempo la spesero in opere di carità, Cecilia voleva seguire il programma di sua madre, consolare gli afflitti, aiutare i deboli e gli oppressi, i giusti perseguitati, gli orfani abbandonati.
Fabrizio le fu compagno e cercò di contentarla sempre.
Capitolo XXVIII. Dopo la morte del marchese Sigismondo, dato che non aveva lasciato figli maschi, Cecilia si trovò investita dell’autorità paterna, di quell’autorità che dovè usarsi per governare il feudo di Bovalino. Di nome governò Cecilia ma, di fatto, governò suo marito: il marchese Fabrizio.
Governò con bontà, con saggezza, con carità, virtù queste che, ben praticate lo resero feudatario modello, tanto vero che altri signori dei castelli vicini, spesso vennero a lui per prendere lezioni sul modo di governare.
Trascorso il lutto per la morte di Sigismondo, un giorno Cecilia disse al marito: “E’ bene che qualche giorno di questi incominciamo, tu ed io la visita del feudo, (anche se tu fugacemente lo visitasti) io lo conosco perché mio padre, da quando ebbi dodici anni, ogni anno, in tempo di vacanza, quando in un paese, quando in un altro, mi portò sempre. Andremo e ci accompagnerà Pietro, affinché nel caso io venissi a mancare, tu conosca tutto il territorio posto sotto la nostra giurisdizione.
Fabrizio rispose: “Questo giro di visite lo cominceremo quando tu vorrai ma, per carità, non parlare di morte perché, sia tu che io, ne abbiamo sofferto abbastanza.”
Cominciarono il giro qualche settimana dopo, Cecilia, Fabrizio, Marina e il cameriere Pietro.
Il primo paese che visitarono fu Benestare, il paese più vicino, abitato da coloni del marchese.
Il maggiordomo di casa aveva avuto cura di avvisare il parroco qualche settimana prima in modo che, a sua volta, avvisasse la popolazione affinché si tenesse preparata per ricevere, nel miglior modo possibile, i suoi signori.
Benestare era un paese fatto di case basse, ad un solo piano e ad una sola apertura, la casa migliore, a due piani, era quella del parroco.
Il giorno dell’arrivo tutta la popolazione, con in testa il parroco, andò all’ingresso del paese per ricevere i suoi signori. Giunti al posto dove videro fermo il parroco, scesero di carrozza ordinando al corriere di camminare piano, venendo dietro l’ultimo di tutti.
Formato il corteo, vicino al parroco venivano Fabrizio e Cecilia tenendosi per mano. Per primo entrarono in chiesa dove il parroco celebrò una funzione di ringraziamento e fece un discorso ai signori che erano venuti, per la prima volta, a visitare il paese. Usciti di là Fabrizio piano piano domandò a Cecilia l’origine di quel nome: Benestare o per dir meglio l’etimologia.
Cecilia rispose: “Io non saprei dirtelo, non so cioè se il paese fu chiamato così da mio nonno o da mio padre; ma so che si chiamò Benestare perché tutte le volte che i coloni venivano a casa nostra, se qualcuno domandava loro come stavano, rispondevano “benestare, benestare!”
“Pensò” continuò Cecilia “che interpellato c’è qualcuno che risponde ancora così.”
Non aveva finito di parlare che passò davanti a loro un vecchio contadino curvo sotto un pesante sacco di erba che aveva raccolto per gli animali. I marchesi lo fermarono e lui, posto il sacco a terra, si tolse dal capo il lungo berretto di lana e salutò. Il marchese gli disse: “Come state?” Il contadino rispose: “Benestare, signor marchese; vostra grazia ha dei comandi da darmi?” A quella risposta Fabrizia e Cecilia sorrisero e lo accomiatarono. Prima che se ne andasse, il marchese tolta dalla tasca una moneta d’argento, gliela porse dicendo: “Questa per comprare il tabacco!” Il contadino rispose: “Grazie marchese, il Signore ve ne renda merito.”
La visita del feudo durò circa un mese, terminata la quale i marchesi rientrarono al castello.
Il tempo della visita fu per Marina una gita di piacere. Durò circa un mese non circa per l’estensione del territorio, quanto perché tutte le sere, per volere di Cecilia, si ritornava a casa e poi, di buon mattino si ripartiva.
Fabrizio, Cecilia, Marina e il loro seguito erano contenti, visitarono tutti i posti, entrarono in tutte le case, distribuirono molto denaro e Cecilia ebbe per tutti parole di consiglio e di conforto. A Cecilia piaceva, sentirsi ripetere “pregherò o pregheremo per l’anima dei vostri genitori.
Lei diceva spesso al marito che era più felice nel dare che nel ricevere.
E Teresa? In quel tempo rimase sola al castello e sentì di più, perciò, la mancanza del marchese Sigismondo ed ebbe modo di piangerlo e di riandare col pensiero a tutte le gentilezze, ai doni, alle buone parole e ai ricordi che aveva avuto di lui. L’amore di Teresa per il marchese non era stato l’amore comune, ma un amore fatto di dedizione, di riconoscenza, di gratitudine.
Dopo il rientro al castello dei nostri personaggi, Teresa cominciò a deperire di giorno in giorno e Marina non se ne accorse, forse perché l’affetto gliela faceva vedere sempre sana, sempre allegra e, quel che più, tanto buona. Forse perché la spensieratezza della gioventù non le permise di notarlo.
Fatto sì è che, come dicemmo, Marina non comprese che sua madre non stava bene. Cecilia invece se ne accorse e una sera lo disse al marito. Tutte e due d’accordo decisero, almeno per allora, di non dire nulla a Marina.
Teresa ogni giorno si sentiva sempre più stanca, lavorava senza lena e la sera si ritirava presto accusando quando un dolor di testa, quando un guaio e quando un altro; cose tutte da non preoccupare. Un giorno non si alzò dal letto, disse che aveva la febbre, chiamarono il medico, il quale, dopo averla visitata, dichiarò che non c’era nulla da preoccuparsi però, almeno per quel giorno , restasse a letto.
Il giorno dopo la febbre aumentò e così nei giorni seguenti. Il medico la visitava di frequente e non seppe dire mai di che malattia si trattava. Dopo quindici giorni di degenza a letto Teresa aggravò e si dovette chiamare d’urgenza, oltre che il medico, il sacerdote che le amministrasse i sacramenti da lei ricevuti con molta edificazione.
Marina e Cecilia stettero al suo capezzale, non l’abbandonarono più; l’assistettero come due figlie devote ed affezionate sanno assistere, piangendo e sospirando, entrambe, la chiamavano mamma.Quel “Mamma!” a sentirlo ripetere singhiozzando e , da parte di tutte e due, straziava il cuore.
Teresa morì una sera verso l’ora del tramonto del sole e stringendo fra le braccia tutte le due figlie: Cecilia e Marina.
Cominciò in casa di Cecilia un altro lutto, non meno grave e non meno sentito del primo. Il povero Fabrizio soffriva quanto loro ma si sforzava a consolarle in tutti i modi. La gente del paese si strinse attorno ai suoi signori, ne prese parte al lutto e fece quanto poté affinché il marchese Fabrizio e i suoi familiari comprendessero, che una volta ancora erano amati e venerati da tutti.
Capitolo XXIX. Col passare del tempo attorno a Cecilia si andava facendo un grande vuoto, ella se ne accorgeva e tremava; erano morti suo padre e Teresa che ella tanto aveva amato ed era stata riamata; era morto il cappellano suo confessore e custode del suo segreto; è vero che era stato sostituito da un altro buon sacerdote, ma questi non comprendeva Cecilia e da lei non era compreso. Era morta la buona superiora del suo monastero sostituita da un’altra molto giovane e quindi incapace a reggere quella carica. Cecilia la vide e non le piacque, tanto vero che sospese le sue visite al monastero.
Insomma tutte le persone che le erano care non c’erano più! Si sentì triste e sola, c’erano è vero suo marito e Marina, c’erano le persone di servizio, quattro in tutto, a lei assai devote e con tutto ciò il castello le sembrava vuoto. La sera, specie nelle lunghe sere d’inverno, quando si riunivano nel salotto dopo cena si sentivano soli.
Fabrizio e Marina un giorno decisero di ammettere in loro compagnia la cameriera e la cuoca, due buone donne del paese, si stava insieme più verso le nove e poi ognuno si ritirava nelle proprie stanze per il riposo della notte. Fu questa la vita vissuta nel castello per alcuni anni, dopo la morte di Teresa.
Fabrizio governò il feudo con una saggezza che lo rese celebre, fino all’età di sessant’anni.
Una sera, quando si stavano ritirando per dormire, giunto alla porta della sua stanza, Fabrizio disse a Cecilia di sentirsi male; questa lo guardò allarmata e gli chiese che cosa avesse.
Fabrizio rispose: “Non è nulla, non allarmarti, si tratta di un malessere generale e nulla più.” Cecilia gli disse: “Fermati qui, siedi su quella poltrona ed intanto io vado nella tua stanza a prenderti il pigiama e per questa sera dormirai nel mio letto.” “E tu?” rispose Fabrizio. “Io” disse Cecilia resterò seduta al tuo capezzale per vegliarti ed intanto manderemo a chiamare un medico.”
Fabrizio sedette e Cecilia entrò nella sua stanza. Ritornò presto col pigiama, lo posò sul letto e suonò. Al cameriere accorso disse: “Pietro, aiutate il marchese a spogliarsi, mettetelo a letto mentre io mi ritiro un po’ in cappella per dire le ultime preghiere; quando il marchese sarà pronto suonate, ma fate presto, perché, come vedete, non si sente bene.
Si ritirò nella cappella e li lasciò soli. Pietro lo aiutò a spogliarsi, lo mise a letto, aggiustò ogni cosa e dopo alcuni minuti suonò. Cecilia accorse e si sedette su di una poltrona, vicino al capezzale del marito, dicendo a Pietro: “Pietro andate subito a cercare un medico, possibilmente il nostro, conducetelo qui.” Pietro rispose: “Signor marchese sarà subito servito, mi occorre solo il tempo di arrivare a casa del medico.”
Dopo dieci minuti il medico era arrivato e con lui entrava Marina tutta spaventata.
Il medico visitò accuratamente Fabrizio e dopo pochi minuti alzò la testa e disse a Cecilia: “Signora marchesa, si tratta di cosa seria; il marchese è ammalato di polmonite però voi non vi allarmate. Tenteremo tutti i mezzi per salvarlo, magari, col vostro consenso, chiameremo un altro collega e faremo un consulto.” Cecilia rispose: “Dottore fate di tutto per salvarlo, vedete che sono rimasta sola ad eccezione della mia cara Marina, non c’è nessuno qui con me: sola, completamente sola!” Piegò la testa tra le mani e si mise a piangere, Fabrizio se ne accorse e disse: “Perché piangi? Hai inteso che il medico disse che non si tratta di cosa grave? Se fai così’ come farai ad assistermi nel caso che la malattia dovesse andare a lungo? Cecilia alzò la testa, congiunse le mani, pregò un poco e poi disse: “Hai ragione, mettiamo tutto nelle mani di Dio, mettiamoci sotto la protezione della Madonna e lasciamo fare a loro.”
Il medico, che se n’era andato pochi minuti dopo la visita, ritornò la mattina seguente, visitò l’ammalato e lo trovò peggiorato. Prescrisse un’altra medicina e s’allontanò promettendo di ritornare ancora. Marina non s’era mossa dal fianco di Cecilia, volle tenerle compagnia.
Il medico ritornò ancora e, rivedendo l’infermo, disse: le cose vanno male, io direi di fare un consulto.
Si chiamò un professore e questi venne. Dopo averlo visitato, tutti e i due medici si ritirarono in un’altra stanza dove discussero per oltre mezz’ora. Quando rientrarono nella stanza dell’infermo lo guardarono e poi guardando Cecilia e Marina, dissero la crudele verità: “Non c’è nulla da fare!”
Cecilia e Marina piansero a lungo e fu giocoforza calmarsi. Con l’aiuto di Pietro, del cocchiere e delle cameriere cominciarono ad aggiustare le cose per la morte del marchese. Fabrizio morì dopo quattro giorni con tutti i conforti religiosi. Morì baciando la mano di Cecilia e quella di Marina che poi tenne strette tra le sue. Spirò baciando il crocifisso che Cecilia stessa gli aveva avvicinato alle labbra.
Prima di morire ebbe la forza di dire alla moglie: “Cecilia cara, ti ringrazio per il bene che mi hai voluto, ti ringrazio che mi hai insegnato ad essere buono e a sapere apprezzare e praticare la bella virtù della purezza.
A Marina, prima ancora che a Cecilia, aveva detto: “A te, Marina cara, che cosa dirò? Ti raccomando Cecilia, ormai a lei rimani tu sola, siete state sorelle, siatelo ancora, siatelo sempre e tu confortala, vogliale bene e stalle sempre vicino.”
Alla morte di Fabrizio, il castello rimase al comando della marchesa Cecilia, la quale, dopo i funerali ebbe cura di cedere tutto ad un marchese della famiglia Spinelli, forse suo lontano parente. Chiese per se una cosa sola: di rimanere nel castello per un tempo indeterminato, come poteva anche darsi, per tutta la vita.
Capitolo XXX. Un giorno, era trascorso il lutto per la morte del marchese Fabrizio, Cecilia e Marina si trovavano nella sala di soggiorno: l’una era occupata ad un lavoro di ricamo, l’altra leggeva.
Ad un tratto smisero il lavoro e la lettura, si guardarono un poco e poi si abbracciarono e piansero lungamente.
Scioltosi dell’abbraccio Cecilia disse: “Ed ora che sarà di noi? Che cosa faremo?” “E’ quello che volevo domandare a te” rispose Marina. Cecilia replicò: “Adesso sistemeremo le nostre cose e dopo, con l’aiuto di Dio, cercherò di realizzare il sogno che ho vagheggiato fin dalla mia prima infanzia, cioè quello di chiudermi in un monastero e là finire la mia vita. Spero che adesso, padrona della mia volontà, potrò portare a compimento ciò che da tempo desideravo.”
Marina come meravigliata, le disse: “Tu suora? Tu vedova che non hai conosciuto Fabrizio.” Cecilia replicò: “Ai due tuoi interrogativi darò una sola risposta, per 25 anni ho conosciuto Fabrizio, ci siamo amati solo come fratello e sorella.”
E qui le narrò la storia della sua vita, incominciando dalla prima notte di matrimonio. Marina ascoltò attonita e poi, come temendo il branco, disse: “E di questo fatto hai tenuto il segreto con me, per venticinque anni?”
Cecilia le rispose: “Tu sai quanto ti amo, se ti ho tenuto il segreto fu perché, come sai, certe cose alle signorine non si possono dire.” Nel pomeriggio di quello stesso giorno fece chiamare il cappellano e con lui parlò a lungo. Gli disse, tra l’altro, che avrebbe voluto tentare, prima per vedere se riusciva di entrare in quel monastero dov’era stata educata.
Il cappellano le rispose che lui non poteva fare altro che raccomandarla e che, poi, l’avrebbe accompagnata con le sue preghiere, ma che a lui sembrava difficile che la nuova superiora l’avrebbe accolta.
La mattina dopo Cecilia scrisse una lettera alla superiora del monastero e mandò Pietro a portargliela. In quella lettera chiedeva un appuntamento. Pietro si recò a Gerace portò la lettera e attese la risposta. La risposta giunse dopo circa un’ora.
La superiora concedeva l’appuntamento tre giorni dopo che era domenica e fissava l’orario: le due del pomeriggio.
La domenica Cecilia accompagnata da Marina (pranzarono verso le dieci) partirono con Pietro. Si recarono a Gerace, dove arrivarono circa un’ora e mezza prima dell’ora fissata.
Marina attese in portineria e Cecilia, giunta in parlatorio, vide la superiora che l’attendeva dietro la grata.
Cecilia s’inginocchiò e con parole interrotte dal pianto narrò la sua storia, narrò la sua vita dopo il matrimonio e terminò esprimendo il desiderio di farsi suora. La superiora ascoltò e durante la narrazione del lungo racconto, spesso, fece l’atto di spazientirsi, ma Cecilia finse di non accorgersi. Quando ebbe finito la superiora disse:“Figliola mia, i miracoli li fanno i Santi e voi non siete una Santa.” E la congedò. Cecilia si alzò col volto bagnato di lacrime, la salutò con un breve cenno del capo e si allontanò. A Marina, che l’attendeva impaziente, narrò ogni cosa e que-sta pianse con lei non potendo fare a meno di ricordare la bontà e la gentilezza della vecchia superiora, la buona e cara madre Adelaide che le aveva voluto tanto bene.
Salirono in carrozza e ritornarono al castello dove Cecilia si fece premura, di riferire al cappellano l’esita della sua visita alla superiora del convento di Gerace.
Tentarono in altri diversi monasteri, ma da tutte le parti si ebbero quasi la stessa risposta: in monasteri di vergini le vedove non venivano accettate anche se vissute santamente. Ed allora che cosa fare? Ci penserà il Signore.
Capitolo XXXI. Visto che non aveva potuto essere accettata in nessun monastero, Cecilia, aiutata dal cappellano, pensò di fare del suo castello come un monastero e là, con il lavoro e la preghiera, servire santamente il Signore.
Chiamò con sé alcune signorine che desideravano ritirarsi a vita religiosa, sette in tutto, ed il cappellano scrisse per loro una regola. Vissero vita comune.
Il loro motto fu quello di San Benedetto “ora et labora”. Chi tesseva, chi cuciva, chi ricamava ed il loro lavoro era alternato dalla preghiera. Tre volte al giorno si riuniva in cappella per la preghiera in comune. La mattina ascoltavano la Messa, facevano la Santa Comunione e il cappellano dettava una breve meditazione, alle tre del pomeriggio, in tutte le stagioni, Santo Rosario e visita al SS. Sacramento, alle sei nuova meditazione e benedizione. Così passavano le loro giornate.
Questa vita durò finché Marina e Cecilia ebbero quasi settant’anni.
Abbiamo parlato della vita che facevano in casa, tralasciando di dire il bene che facevano fuori di casa. Nei giorni di festa giravano nelle campagne per soccorrere i bisognosi, per insegnare il catechismo ai ragazzi e per fare quanto più bene potevano. Dove c’era una questione d’aggiustare, un dolore da lenire, una lacrima da tergere erano sempre le prime ad accorrere e le ultime ad allontanarsi. Dovunque andavano quando si allontanavano, erano accompagnate dagli auguri e dalle benedizioni delle persone da loro beneficate.
Un giorno Cecilia si sentì male, lo disse a Marina e ad un’altra compagna e queste la costrinsero a mettersi a letto. Chiamò Marina e così le parlò: “Marina cara, sento che non vivrò troppo a lungo, il Signore mi chiama a sé, voglio perciò, ora che posso parlare, dirti alcune cose che è bene che tu sappia: nell’armadio grande c’è una scatola di cartone legata con un nastro nero; là dentro ci sono gli abiti coi quali tu mi vestirai quando sarò morta, c’è la biancheria intima ed un abito da suora francescana, se non sono stata suora realmente lo sono stata col desiderio e penso che nessuno mi vieterà di vestire quell’abito dopo la morte. Ti ho detto, mi vestirai tu perché nessuno veda le mie carni, come nessuno le ha viste finora. Se ciò non ti riuscirà fare da sola, tu mi metterai la camicia chiusa e la sottana bianca che si trovano nella stessa scatola di cui ti ho parlato e poi chiamerai aiuto. Quando sarò ben vestita mi metterete in una cassa rustica, a piedi scalzi. Dopo i funerali mi farete seppellire nel convento dei riformati e precisamente presso l’altare di San Francesco. Sulla lapide che coprirà la mia tomba si scriverà l’epigrafe che il superiore dello stesso convento, ispirato da Dio, detterà.”
Finito di parlare Cecilia disse di essere stanca. Marina non si mosse dal suo capezzale, tirò fuori la corona, chiamò le compagne e tutte insieme incominciarono la recita del Santo Rosario; Cecilia rispondeva ma così piano che, se si volevano sentire le sue parole bisognava accostare le labbra all’orecchio.
L’indomani Cecilia peggiorò, fu chiamato il medico il quale, dopo averla visitata, disse che era grave ma non seppe dire altro e si contenta di dire: “E’ l’età!”
Passarono ancora altri due o tre giorni e il cappellano, che non si era scostato dal castello, credette giunto il momento di amministrare i conforti religiosi: la confessò, le portò il viatico e l’olio santo.
Quando le fu portata la comunione Cecilia, nel mirare la particola sollevata dal sacerdote, disse con un fil di voce: “Vieni Gesù, tu solo mi basti!”
Nel pomeriggio Cecilia parve migliorare, volle che le sue amiche stessero tutte attorno al suo letto e che Marina leggesse ad alta voce la Passione di Gesù dal Vangelo di San Giovanni.
Quando arrivò alle parole: “E chinato il capo emise lo spirito”. Cecilia guardò il cielo, sorrise e disse: “Gesù! Gesù! Ecco vengo!” Emise un sospiro e spirò.
Marina e le compagne piansero la perdita della loro madre, per tale l’avevano ritenuta per tutto quel tempo che erano vissute insieme. E poi Marina pregò le compagne di allontanarsi, però volle che due di loro restassero in anticamera pronte per quando le avrebbe chiamate.
Quando fu sola s’inginocchiò e con le mani tremanti cominciò a vestirla. Quando scoprì quelle carni verginali vide attorno al suo corpo la cintura che mancava nel monastero degli strumenti di penitenza, quei chiodi di cui era rivestita si erano conficcati nella carne. Quella cintura Cecilia l’aveva portata sempre nel suo corpo nudo stretta assai forte.
Marina baciò quelle carni ferite e calde lacrime caddero sopra di esse facendo sì che quel sangue raggrumato si sciogliesse come se fosse fresco.
Dopo essersi saziata di baciare, dopo aver pregato lungamente vi mise la camicia nuova e la sottana e quando fu ora di mettere la tunica chiamò le due compagne che erano in attesa e queste l’aiutarono, misero la tunica bigia, legarono attorno alla vita il cordone, legarono le mani di Cecilia con la corona e sul petto vi misero il Crocifisso. L’adagiarono poi nella cassa rustica già pronta e loro stesse la portarono nel salone trasformato in camera ardente.
Misero la cassa a terra e attorno quattro grossi ceri accesi. Le compagne ed il cappellano restarono in preghiera tutta la notte. La mattina dopo le porte del castello si aprirono al pubblico e non ci fu persona che non venne a rendere l’estremo saluto, l’ultimo omaggio alla cara castellana che ormai non c’era più; tutti nessuno escluso, portarono lacrime e fiori.
I funerali ebbero luogo verso le undici. E’ superfluo dire che tutto il paese e la gente dei dintorni vi presero parte come pure tutti i paesi vicini e le autorità.
Quanti non poterono partecipare personalmente, mandarono una rappresentanza. Ci furono dei discorsi che elogiarono la santa vita di Cecilia e delle sue compagne, le quali, dopo perduta colei che le guidava, si erano ritirate nelle loro case santificandosi nella vita privata.
Narrano le cronache che dopo la morte di Cecilia, Marina non sopravvisse che pochi giorni e poi anche lei, senza malattia, morì.
L’amore essendo virtù essenzialmente unitiva fa di due anime un’anima sola.
Come Cecilia e Marina furono unite in vita, così lo furono in morte. Trascorso il periodo di lutto il nuovo proprietario vi prese possesso del feudo e del castello.

c) IL BEATO FRANCESCO MAZZACARA / TEODORO
Fra i personaggi illustri di Bovalino è da annoverare il Beato francescano Francesco Mazzacara, non secondo a nessuno in santità, anche se il più noto e conosciuto è il Beato Camillo Costanzo. Nacque nel 1516 da Giacomo Mazzacara ed Antonella Romeo. Da giovane, si recò ad Oppido Mamertina, presso il locale monastero dei PP. dell’Osservanza, per diventare frate laico e quando fu ultimato il convento di Santa Maria di Gesù a Bovalino, fece ritorno al suo paese natale. Per la somma umiltà rifiutò l’ordinazione sacerdotale e visse e morì da chierico. Stava sempre in preghiera contemplando la Passione di Nostro Signore Gesù Cristo e per questo stava tutte le notti in chiesa, inginocchiato sulla nuda terra, mentre durante il giorno era alle dipendenze del guardiano del convento. Entrando una volta il sacrestano in chiesa, la vide tutta ripiena di lumi e Francesco che parlava con il crocefisso. Tormentava spesso il suo corpo con veglie, digiunando e mangiando solo pane ed acqua. Uscendo dal convento divideva il pane con i poveri che incontrava per la strada, mentre ai contadini intenti a lavorare nei campi, offriva del vino che portava in un fiasco che appena svuotato riempiva con acqua e questa si tramutava in vino. Quando nel 1581 i turchi assalirono Bovalino, tutti gli abitanti fuggirono solo Francesco rimase chiuso in una stanza del convento accanto alla statua della Madonna e non fu visto. Finito l’assalto dei turchi, tutta la gente trovò le botti di vino spillate, allora Francesco fece raccogliere quel po’ di vino rimasto per terra, lo mise in una botte e fu sufficiente finché non maturò il nuovo vino. Quando usciva dal convento faceva molti miracoli, moltiplicava il pane e la carne, liberava gli indemoniati, faceva ritornare la vista, la parola e l’udito. Predisse la morte a Fra’ Francesco da Gerace, al Marchese di Bovalino Sigismondo Loffredo e al Conte Vincenzo Marullo predisse la perdita del suo feudo. Si sparse la fama della sua santità in tutta Italia e accorrevano molti a consultarlo. Infine predisse pure il giorno della sua morte, che avvenne il 13 luglio 1596 dopo 50 anni di religione e aspra penitenza, all’età di 80 anni. E’ ricordato nel Martirologio Francescano il 2 aprile.

La figura di Teodoro è avvolta nella nebbia della memoria: si sa che fu autore di diversi scritti e che andò ad abitare sul monte Varraro dopo l’incendio di Bovalino operato da Scipione Cicala (Sinan Bassà) l’8 settembre 1594. Su detto monte esisteva un cenobio di Basiliani che, dopo la morte di Teodoro in concetto di santità, prese il suo nome.

d) Ass. culturale “AMICI DELLA MUSICA – MARIA SS. IMMACOLATA”
Collaterale alla Confraternita, in quanto nata da un’idea di alcuni Fratelli è l’Associa-zione culturale Amici della Musica – Maria SS. Immacolata di Bovalino Superiore. Essa si è costituita legalmente il 7 febbraio 1995 ed ha come scopo statutario la dif-fusione della pratica musicale nel Comune di Bovalino e di tutti gli altri Comuni della Calabria, con particolare riguardo al recupero della tradizione musicale calabrese. E proprio nel recupero delle vecchie tradizioni musicali, che con innumerevoli sforzi e tanta volontà si è voluto continuare, dando vita ad un concerto bandistico, il lavoro iniziato parecchi anni fa: nel 1930 il maestro Francia portò avanti un’iniziativa musi-cale con la stessa forza, lo stesso coraggio e la stessa passione con cui l’attuale mae-stro Ilario Lamberto guida il concerto bandistico, che è l’espressione più evidente del-l’attività dell’Associazione. Oggi, grazie all’apporto del Presidente Giuseppe Blefari, del coordinatore artistico Vito Cavallo, dei soci dell’Associazione, della disponibilità dei genitori e di quanti giornalmente prestano la loro attività finalizzata a scopi sociali si è riusciti a dare, nel giro di poco tempo, alla Banda la possibilità di raggiungere ottimi livelli di preparazione, realizzando fra l’altro una vera Scuola di musica.

L’Associazione non ha fini di lucro, è apolitica e indipendente, come recita lo Statuto che viene sottoriportato integralmente: Statuto dell’Ass.culturale “Amici della musica – Maria ss.Immacolata” / 1)-E’ costituita l’Associazione culturale denominata “Amici della musica – Maria ss.Immacolata”. / 2)-L’Associazione ha sede in Bovalino, Via Gaetano Ruffo, numero civico 72. / 3)-L’Associazione non ha fini di lucro, è apolitica, indipendente. / L’Associazione ha come scopo la diffusione della pratica musicale nel Comune di Bovalino e di tutti gli altri Comuni della Calabria, con particolare riguardo al recupero della tradizione musicale calabrese. / A tal fine potrà costituire scuole di musica, canto e danza, costituire complessi bandistici e/o folkloristici; indire concerti anche con strumenti tipici della tradizione musicale calabrese; fare insomma tutto quanto possa sembrare utile alla diffusione della musica in generale ed in particolare di quella della tradizione calabrese. / 4)-Il patrimonio dell’Associazione è costituito: / a) dai versamenti delle quote di iscrizione e di quelle associative annuali; / b) da eventuali fondi di riserva costituiti con le eccedenze di bilancio; / c) da eventuali erogazioni, donazioni e lasciti; / d) da eventuali beni mobili ed immobili che diverranno di proprietà dell’associazione; / e) da eventuali contributi di enti pubblici e privati. / Le entrate dell’Associazione sono costituite: / a) dalle quote sociali; / b) dal ricavato dell’organizzazione di manifestazioni o partecipazioni ad esse; / c) da ogni altra entrata che concorra ad incrementare l’attivo sociale. / 5)-La quota di iscrizione dei soci che entreranno a fare parte della Associazione durante il primo anno viene determinata in lire duecentomila (£.200.000). / 6)-L’esercizio sociale si chiude al 31 Dicembre di ogni anno. / Entro il 31 Gennaio dell’anno successivo verranno predisposti dal Consiglio di Amministra-zione il bilancio consuntivo e quello preventivo del successivo esercizio, da sotto-porsi all’Assemblea dei soci per l’approvazione. / Soci / 7)-Sono soci le persone e gli enti la cui domanda di ammissione verrà accettata dal Consiglio di Amministrazione e che verseranno, all’atto dell’ammissione, la quota di associazione che verrà annualmente stabilita dal Consiglio. / I soci che non avranno presentato per iscritto le loro dimissioni entro il 30 Settembre di ogni anno saranno considerati soci anche per l’anno successivo ed obbligati al versamento della quota annuale di associazione. / 8)-I soci avranno diritto di frequentare i locali sociali e di ottenere una riduzione sui biglietti di ingresso alle manifestazioni promosse dall’Associazione. / 9)-La qualità di socio si perde per decesso, dimissioni, morosità o indegnità: la morosità verrà sancita dal Consiglio di Amministrazione; la indegnità verrà sancita dall’Assemblea dei Soci. / 10)-Sono organi dell’Associazione: / a) l’Assemblea dei Soci; / b) il Consiglio di Amministrazione. / Assemblee / 11)-I soci sono convocati in Assemblea dal Consiglio di Amministrazione almeno una volta all’anno mediante comunicazione scritta diretta a ciascun socio,oppure mediante affissione nell’albo dell’Associazione, dell’avviso di convocazione contenente l’ordine del giorno, almeno otto giorni prima di quello fissato per l’adunanza. / L’Assemblea può essere convocata su domanda motivata e firmata da almeno un decimo dei soci, a norma dell’art.20 Codice Civile. / 12)-L’Assemblea delibera sul bilancio consuntivo e preventivo, sugli indirizzi e le direttive generali della Associazione, sulla nomina dei componenti il Consiglio Direttivo, sulle modifiche dell’atto Costitutivo e dello Statuto e su tutto quant’altro ad essa demandato per Legge e per Statuto. / 13)-Hanno diritto di intervenire all’Assemblea tutti i soci in regola nel pagamento della quota annua di Associazione. / I soci possono farsi rappresentare esclusivamente da altri soci ad esclusione dei membri del Consiglio, ma nessun socio può avere comunque diritto a più di tre voti. / 14)-L’Assemblea è presieduta dal Presidente del Consiglio, in mancanza dal Vice Presidente; in mancanza di entrambi, l’Assemblea nomina il proprio Presidente. / Il Presidente dell’Assemblea nomina un Segretario, e se lo ritiene il caso, due scrutatori. / Spetta al Presidente dell’Assemblea di constatare la regolarità delle deleghe ed in genere il diritto di intervento all’Assemblea. / Delle riunioni di Assemblea si redige processo verbale che dovrà essere firmato dal Presidente e dal Segretario ed eventualmente dagli scrutatori. / 15)-Le Assemblee sono validamente costituite e deliberano con la maggioranza prevista dall’art.21 Codice Civile. / Amministrazione / l6)-L’Associa-zione è amministrata da un Consiglio di Amministrazione composto di tre membri eletti dall’Assemblea dei soci per la durata di tre anni. In caso di dimissioni o decesso di un Consigliere, il Consiglio alla prima riunione provvede alla sua sostituzione chiedendone la convalida alla prima Assemblea. / 17)-Il Consiglio di Amministrazione viene eletto per il primo triennio ed alla scadenza del triennio potrà essere riconfermato. / 18)-Il Consiglio nomina nel proprio seno il Presidente, il Vice Presidente, un tesoriere-segretario, ove a tali nomine non abbia provveduto l’Assemblea dei Soci. / 19)-Il Consiglio si riunisce, su convocazione del Presidente ogni qualvolta si renda necessario o ne sia fatta richiesta da almeno due dei suoi membri e comunque almeno una volta all’anno per predisporre il consuntivo ed il preventivo e deliberare in ordine all’ammontare della quota sociale. / 20)-Il Consiglio è investito dei più ampi poteri per la gestione ordinaria e straordinaria dell’Associazione, eccettuati solo quelli espressamente riservati all’Assemblea dei Soci dal presente Statuto. / Il Presidente e in sua assenza il Vice Presidente ha la rappresentanza legale della Associazione nei confronti dei terzi e in giudizio, per tutti gli atti, compresi tutti i rapporti con le Banche, con facoltà di procedere a depositi e prelievi. / Scioglimento / 21) Lo scioglimento dell’Associazione è deliberato dall’Assemblea, la quale provvederà alla nomina di uno o più liquidatori e delibererà in ordine alla devoluzione del patrimonio. / 22) Alla presente Associazione si applicano le norme dettate dal Codice Civile e dalle altre Leggi in materia. / Letto, confermato e sottoscritto. / Locri, sette febbraio millenovecento-novantacinque. / (Firmato da Giuseppe A. Blefari, Antonio Garreffa, Enzo Albanese, Francesco Clemente, Antonio Melia, Vito Cavallo e Rossella M. De Giorgio notaio).

Per la sua versalità la Banda è richiesta per le occasioni più svariate: feste patronali, eventi sociali, manifestazioni culturali e riti vari.

Il Concerto Bandistico Maria SS. Immacolata si presentava al 31 dicembre 2003 con il seguente organigramma: Presidente: Dr. Giuseppe Blefari / Maestro: Prof. Cosimo Ascioti / Capobanda: Ilario Palazzo / Capobanda amministrativo: Vito Cavallo / Clarinetti: La Scala Leonardo, Todarello Samanta, Scarano Elena, Trichilo Francesco, Crea Bruno / Clarinetti occasionali: Franco Barbara, Alfarone Nicola, Filippone Giuseppe, Principato Giovanni, Cataldo Salvatore / Clarinetto piccolo mib: Zappia Girolamo / Flauti: Blefari Concettina, Blefari Maria A., Crea Rossella / Sassofoni: Todarello Concettina, Papazzo Ilario, Candido Federica / Trombe: Calipari Ilaria, Carpentieri Rosario, Malgieri Francesco, Crea Andrea / Trombe occasionali: Cavallo Pietro, Macrì Vincenzo, Lippolis Daniele, Scuruchi Michele, Di Marte Bruno, / Flicorno soprano: Carpentieri Domenico / Tromboni: Crea Francesco, Orlando Antonio, Brancatisano Antonio / Tromboni occasionali: Cavallo Salvatore, Serafino Carmelo / Corni: Clemente Giuseppe / Corni occasionali: Ascioti Felice, Alessandro Macrì / Flicorno baritono: Fiorenza Alfonso / Flicorno baritono occasionale: Di Marte Rocco / Bassi tuba: Calipari Adriano, Iacopino Bruno / Cassa: Cavallo Vito / Piatti: Blefari Pasquale / Tamburo: Antonelli Giuseppe. (Il Maestro Cosimo Ascioti è nato a Gerace dove vive, si è diplomato a pieni voti presso il Conservatorio di Musica Statale “F. Cilea” di Reggio Calabria. Per anni ha collaborato in qualità di Prof. d’orchestra con il Teatro Massimo “V. Bellini” di Catania, il Teatro di San Carlo di Napoli, il Teatro “V. Emanuele“ di Messina, l’Ente Luglio Musicale Trapanese”, l’orchestra del Conservatorio “F. Cilea” di Reggio Calabria. Collabora con l’Orchestra della Provincia di Catanzaro e ha in attivo varie prestazioni con artisti come Eugenio Bennato, Katia Ricciarelli, ecc. Ha effettuato tournèe in Francia, Belgio, ex Unione Sovietica. E’ docente di ruolo di Musica nella scuola statale).

e) Contrada BIVIERA
Con l’Arciconfraternita gli abitanti della Biviera hanno un rapporto intimo quasi preferenziale… Molti degli iscritti provengono da questa contrada, per tradizione o consuetudine familiare. La contrada risulta abitata senza soluzione di continuità fin dall’antichità e il suo nome è legato senz’altro al problema di raccolta delle acque, che ha sempre interessato questo territorio assettato per fattori climatici. Infatti negli anni ’80 in questa zona è stato ritrovato un sistema di canalizzazione a pettine per la raccolta delle acque tipico delle zone aride del Medio Oriente. Luogo di aggregazione per la contrada è la Chiesa di Santa Maria del Carmelo. A navata unica, fu costruita negli anni ottanta dal Sig. Carlo Blefari , iscritto alla Confraternita con gli illustri suoi figli Giuseppe e Antonio, entrambi fattivi priori ed entrambi curatori attenti della festa dedicata alla Madonna del Carmelo , che si svolge il 16 luglio di ogni anno. La festa, che rappresenta senz’altro l’evento aggregativo più importante della contrada, prevede diversi momenti: un triduo di preghiera di preparazione alla festa del 16; la recita del Santo Rosario; la messa celebrata dal parroco di Bovalino Superiore; la solenne processione con la statua della Madonna attraverso un percorso invariato che va dalla località Petto d’Adamo, teatro nei secoli passati di cruente battaglie tra bovalinesi e turchi invasori, al Dromo, l’antica strada consolare romana che attraversa parallelamente alla costa l’abitato costiero. Di contorno i “tamburini”, che due volte al giorno invitano la gente della contrada alla preghiera e a vivere gioiosamente le giornate festive, i fuochi d’artificio e il tradizionale “cavalluccio” che chiudono luminosamente i festeggiamenti, che vedono in genere la partecipazione devota di molti fedeli della contrada e del circondario. L’altra chiesa della contrada è quella dedicata a San Michele Arcangelo. Si trova in località Rosa, a navata unica, costruita da Antonio Vitale accanto all’omonimo palazzo nel 1890 ed è dedicata a San Michele Arcangelo. Venne restaurata nel 1967 dall’avv. Francesco Vitale e poi nel 1990. Si celebrano saltuariamente delle messe e all’interno si trova un vecchio confessionale di legno di particolare pregio.

f) Parrocchia di “SAN NICOLA DI BARI” di Bovalino Marina
Notizie generali. Prima della costruzione di questa chiesa, nella marina di Bovalino esisteva la chiesa delle “Anime del Purgatorio”, oggi non più esistente, costruita da Francesco Pescara Diano, Duca di Bovalino, agli inizi del XVIII secolo, nel rione Borgo accanto all’attuale Palazzo Stranges di via Garibaldi e la chiesetta di “San Michele Arcangelo”, eretta da Francesco Saverio Amato nel 1786 lungo la via Dromo in località Pomadonna, passata poi alla famiglia dei baroni De Biasio, anch’essa non più esistente.
Col finire del secolo scorso la marina di Bovalino, che aveva visto nel 1874 il trasferimento della sede municipale, assunse il carattere di un vero paese rivierasco, tanto che si ebbe la necessità di erigere una chiesa nuova e più grande.
La costruzione di detta chiesa ebbe inizio nel 1882 ad una sola navata ed a stile romanico, i lavori vennero in seguito sospesi per diverso tempo per riprendere poi nel 1891, anno in cui il 15 settembre fu ultimata, benedetta ed aperta al culto.
Successivamente venne costruita una navata laterale e la sacrestia. Il 25 luglio del 1898, il consiglio comunale chiese all’Ordinario Diocesano il trasferimento dell’Arcipretura da Bovalino Superiore a Bovalino Marina, cosa che avvenne il primo ottobre 1898 ad opera del vescovo Mangeruva.
Con il terremoto deI 1908, la chiesa subì gravi danni, tanto che in sua sostituzione venne eretta una baracca per continuare i divini uffici.
La chiesa venne riparata con una spesa complessiva di 400.000 lire, tutto a carico dello Stato. Successivamente fu edificata la terza navata, con una spesa di un milione di lire, benedetta il 28 ottobre 1931 dal vescovo Giovanni Battista Chiappe, con un elevato discorso di circostanza.
Di recente accanto alla chiesa è stata edificata l’abitazione dei padri Francescani con annesso il moderno salone “Padre Costante”.
Di particolare pregio è l’altare maggiore in marmo, acquistato a Messina dal commerciante Michele Ferrigno, proveniente però da altra chiesa in quanto antichissimo e con ai suoi lati scolpiti due stemmi vescovili.
La chiesa parrocchiale custodisce un quadro, opera del pittore bovalinese Parisi, raffigurante “L‘apparizione della Madonna a San Francesco da Paola “.
Negli anni ‘80, il pittore cassanese Guido Faita con tanta arte ha impreziosito il soffitto, le pareti e soprattutto la semicupola dove sono dipinti la gloria della SS. Trinità ed il trionfo della Croce in un tripudio di angeli osannanti.
Sulla fascia che avvolge tutto l’interno della chiesa sono riportate le parole del vangelo di S.Giovanni: “Qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò. Se mi amate osserverete i miei comandamenti…, io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro consolatore, lo Spirito di verità. Chi mi ama,sarà amato dal Padre mio e io lo amerò”. Le parole sono intervallate dai simboli della Grazia, della Preghiera, della Speranza e della Fortezza.
Sul soffitto sono rappresentati diversi momenti del cammino cristiano, attraverso immagini simbolici quali: il sepolcro vuoto, lo Spirito santo, la chiesetta di S.Maria degli Angeli, il Tau e il cingolo francescano, le braccia tese di Cristo e Francesco.
La chiesa parrocchiale, che misura m.33 di lunghezza m.21 di larghezza e m.15 di altezza ed ha come titolari S.Maria ad Nives e S.Nicola di Bari, è retta da 26 anni dai frati minori francescani ed è sede del Vicariato “Beato Camillo Costanzo”.
Il patrono della cittadina è San Francesco di Paola, al quale è dedicata la Cappella alla sinistra dell’altare maggiore.La festa si svolge la seconda settimana di agosto.
Stato della Parrocchia “San Nicola di Bari”, redatto dall’Arciprete Antonio Rocca, Cameriere d’Onore extraurbano di S.S., in data 18 novembre 1916. 1. Numero dei fedeli 3000, sparsi la maggior parte in campagna. 2. Ultima visita pastorale ha avuto luogo dal 2 al 4 maggio 1901. 3. La costruzione della Chiesa ebbe inizio nel 1882, in stile romanico e ad una sola navata, e terminata, dopo una sospensione dei lavori, e aperta al culto il 15 settembre 1891. In seguito vennero costruiti la navata laterale, la sagrestia, i finestroni e il pavimento a spese dello stesso arciprete e in parte della Congregazione con £. 500. 4. Con decreto del 15 ottobre 1898 Mons. Mangeruva traslocò la residenza dell’Arcipretura dal paese superiore alla marina. 5. Vi sono due altari: il maggiore dove si conserva il Santissimo, e quello del SS. Rosario di Pompei; il baldacchino è in marmo; due confessionali. 6. Le rendite sono di £. 395, esigibili solo £. 60, amministrate dal parroco. 7. L “Via Crucis” fu eretta nel 1903 col permesso del Vescovo; l’acqua benedetta si rinnova ogni otto giorni. 8. Vi è una sola Confraternita sotto il titolo dell’Immacolata e di San Francesco di Paola. La divisa è formata da camice bianco, cordone celeste, mazzetta nera con filettatura argentea e con placca. La Confraternita non è approvata dall’Ordinario; le elezioni degli ufficiali sono annuali. 9. Non esiste Archivio Parrocchiale, essendo la Chiesa in costruzione; i libri e i registri sono conservati nella casa del Parroco. 10.Le principali feste della Parrocchia sono quella di San Francesco di Paola e dell’Immacolata Concezione. 11.In Parrocchia vi è la Pia Unione delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù. 12.“Col Parroco abitano due sorelle vecchie di età e di provata virtù”. 13.Vi sono due preti: il parroco e l’economo che abita nella propria famiglia. 14.Tutti approssimativamente osservano il precetto pasquale, i Signori no camuffando di essere pienamente cattolici. Il vizio dominante è la bestemmia e il parlar male del prossimo.

Elenco dei Sacri arredi e suppellettili, datato 18 novembre 1916. Sacri arredi – Pianete nuove di diverso colore 10 – Pianete usate di diverso colore 8 – Stole 18 – Manipoli 18 – Veli omerali 18 – Piviali 4 – Tunicelle nere 2 – Tunicelle bianche 2 – Conopei 3 – Paliotti 4 – Amitti 3 – Camici 3 – Cingoli 3 – Tovaglie e sottotovaglie per altare 26 – Tappeti per altare 2 – Cotte 5 – Purifìcatoi 30 – Corporali 10 – Manutergi 30 – Tovaglie per lavamano 2 – Palle 3 – Ostensori 2 – Calici 3 – Turibolo nuovo 1 – Turiboli usati 2 – Navette per turibolo 2 – Croci 4 – Croce per la processione 1 – Urna pel sepolcro 1 – Rituali 2 – Ombrella 2 – Baldacchini 2 – Lanternoni per viatico 6 – Candelieri in metallo 18 – Candelieri in legno 12 – Secchielli con aspersori 2 – Campanelli 6 – Tabelle pel preparamento e ringraziamento della Messa 1 – Teche per le ostie 3 – Teca di argento per conservare l’ostia magna 1 – Berrette 3 – Ampolline 3 paia – Leggii 4 – Messali nuovi 2 – Messali usati 4 – Messaletti 4 – Sedie e sgabelli per i sacri ministri 2 – Vasi per la purificazione delle dita 1 / Suppellettili per la Settimana santa – Cuscini per i sacri ministri 2 – Crotali 2 – Candeliere per cero pasquale 1 – Candeliere triangolare capace di 15 candele 1 – Leggii 2.

Stato della Chiesa parrocchiale “San Nicola di Bari” di Bovalino Marina, redatto dall’Arciprete Giovanni Riccio in data 15 dicembre 1929. – 1. La Chiesa parrocchiale di Bovalino Marina fu edificata nel 1883, con la cooperazione dell’Arciprete Rocca e le oblazioni dei fedeli. – 2. Non vi è uno stile preciso. – 3. Nessun pregio né artistico né storico. – 4. Le condizioni di. statica e di manutenzione non necessitano perché in ricostruzione. – 5. Si sta ampliando col costruire la terza navata laterale. – 6. E’ sufficiente. – 7. No. – 9. E’ tenuto il Parroco perché non vi sono fabbricherie, né convinzione né consuetudine che debba provvedere altri e finora ha provveduto. – 10. L’ultima riparazione fu fatta nell’anno 1926 dall’attuale Arciprete. – 11. Si rifece la copertura di una navarella con la spesa di £. 6OOO. – 12. E’ in costruzione. – 13. La ricostruzione si fa a spese del governo per terremoto 1908, per la somma di £. 400,000 circa. – 14. Nessuna. – 15. Nella nostra Diocesi per tali spese di riparazione il Parroco non interessa mai il Vescovo (spende del suo). – 16. I locali attigui alla Chiesa sono, tre strade ed una piazza abbastanza ampia. – 17. Nessuna. – 18. Nessuna – 19. Non avendo servitù passive non si agì! – 20. Nessuna. – 23. La chiesa confina con tre strade pubbliche e la detta piazza. – 24. No. – 27. No. – 28. Vi necessitano molti arredi sacri e suppellettili. – 29. La spesa complessiva sarebbe di. L.20000 e non si sa come provvedere. – 30. Le esistenti suppellettili ed arredi sacri sono in mediocre stato – 31. Si. – 32. Vi sono legati di culto fatti dall’Arciprete Rocca accettati con beneficio d’inventario essendoci passività ed ancora legalmente non si è stabilito nulla di concreto. – 33. Nessuna. – 34. Se non vi sono? – 35. Si. – 36. Circa £. 100. – 37. £. 300. – 38. Esiste l’inventario fatto dal Subeconomo dei benefici vacanti nella vacanza della cura ma non ho potuto avere copia. – 39. E’ tenuta dal Parroco. – 48. Il parroco non presenta bilancio preventivo per le spese occorrenti alla chiesa perché deve farli del suo. – 50. Si. – 51. Si. – 52. Si. – 54. La rendita complessiva che percepisce il Parroco è del solo supplemento di congrua. – 55. £.3300. – 56. Nulla / I – Fondi Urbani / Casa Parrocchiale – 57. No. – 58. (a) Abita in casa propria. – 59. (b) Dista circa 200 metri. / II – Case Urbane (non vi sono) / III – Fondi Rustici – 95. Un solo. – 96. Terrata od Agliocana nel comune di Benestare. – 97. In fitto. – 98. Coltivato a semina. – 99. Nessuna. – 101. L’imposta è di £. 40 annue. – 102. Nessuno. – 103. Nessuna. – 104. £. 60. – 105. Circa £.300. / IV – Canoni – 106. Quella del Ruolo. – 107. Vi sono delle prestazioni coloniche perpetue, però il Ruolo esecutivo fu rinnovato dal predecessore al 1904, senza aggiornare i nuovi possessori, sicché non si percepisce che un solo canone riportato al N. 31, in natura equivalente a £.14.76 all’anno gli altri numeri non sono esigibili perché i predecessori nulla curarono di difendere i diritti della chiesa nel Ruolo stesso esistono sempre coi nomi dei vecchi possessori ben 139 partite per numero progressivo. – 109. Non si conosce il titolo, né la donazione, ma solo il possesso di esigere dopo il 1806. – 110. Nessun atto ricognitorio è in conoscenza del Parroco. – 111. Nulla. – 112. Le annualità delle Prestazioni sono diversi ma semplicemente scritte nel Ruolo. – 113. Le denominazioni degli stabili come nel Ruolo, sono situate in diversi Comuni senza conoscere i dati catastali. – 114. Non si conosce. / IV – Incerti di Stola – 134. Circa 5000. – 135. Circa 40 Battesimi e circa 15 Matrimoni. – 136. Circa 30. – 137. Gli incerti di stola bianca possono arrivare a £.25 e quelli di nera circa £.20, perché il diritto è £.1,05 per gli adulti e £.0.65 per i bambini. / V – Legati di Culto – 138. Vi esiste un solo legato per un lascito di un fondo, oggi del valore di £.11000, su questo cespite vi sono da pagare circa £.8000 dovute dal testatore. Gli oneri stabiliti dal testatore sono: I° Messe piane N.24 all’anno; II° £.60 al predicatore di Benestare; III° £.80 al predicatore di Bovalino; 1V° Un triduo Eucaristico con predicazione; V° Festa dell’Immacolata 8 Dicembre con Panegirico e cera; VI° Festa del Corpus Domini con panegirico e cera; VII° Festa del Cuore Di Gesù con Panegirico e cera; tutto per ogni anno. Si attende la vendita del detto cespite, sempre con l’autorizzazione Ecclesiastica e legale per poter vendere, pagare i debiti e poscia con la rimanenza attendere quello che dispone il superiore immediato. Questi stabilirono quello da farsi e occorrendo si chiederà la sanatoria PONTIFICIA. – 139. Non esiste. – 140. Ancora nulla esiste dl concreto. – 141. Sui beni lasciati dal predecessore. – 142. Ancora nessuna. – 143. Nessuno. – 144. Non vi sono. / VI – Oggetti preziosi, artistici o Storici – 143. Nulla. – 146. Se non esistono?

Inventario redatto dall’Arciprete Giovanni Riccio in data 28 giugno 1930. / 1) N.15 Statue: Sacro Cuore di Gesù – S.ROCCO – S. ANTONIO DI PADOVA – S. LUCIA – S. GIUDA TADDEO – S. GIUSEPPE – S.FRANCESCO DI PAOLA – S. GIOVANNI EVANGELISTA – IMMACOLATA – SS. ROSARIO – SS. VERGINE ADDOLORATA – CRISTO MORTO – CRISTO RISUSCITATO – ECCE HOMO – ANIME DEL PURGATORIO. / 2). N.5 Quadri: Uno di grande formato di S.FRANCESCO DI PAOLA; uno piccolo MADONNA DI POMPEI; uno BEATO CAMILLO COSTANZO; uno IMMACOLATA e uno SACRA FAMIGLIA. / 3). N.3 Crocefissi: uno grande e due piccoli. / 4). N.1 Baldacchino. / 5). N.2 Ombrelli. / 6). N.2 Ostensori, uno grande e uno piccolo. / 7). N.1 Reliquiario. / 8). N.3 Pissidi, una media e due piccoli. / 9). N.1 Organo. / 10).N.1 Croce D’Ottone. / 11).N.1 Vecchio stipo per biancheria poco usabile. / 12).N.1 Archivio parrocchiale. / 13).N.4 Piviali: uno bianco, uno rosso, uno nero e uno violaceo. / 14).N.11 Pianete: tre bianche, tre rosse, due violacee, due nere e una verde. / 15).N.2 Veli omerali. / 16).N.3 Conopei. / 17).N.20 tovaglie d’altare; N.I8 Corporali; N.8 Amitti; N.30 Purificatori; N.45 Manotergi; N.5 Calici; N.8 Palle. / 18).N.3 Calici. / 19).N.1 Lavandino d’ottone. / 20).N.1 Tavolino poco usabile. / 21).N.2 Incensieri, uno vecchio e uno mediocre. / 22).N.1 Secchiello. / 23).N.2 Lampade dl vetro, formato ovale. / 24).N.2 Piattelli per SS. Comunione (d’ottone dorato). / 25).N.6 Candelieri legno dorato con relativi fiori di latta dorata. / 26).N.6 Candelieri più piccoli senza fiori. / 27).N.6 In lastra d’ottone liscio. / 28).N.12 In bronzo fuso dorato e relativi fiori in ferro smaltato. / 29).N.1 Candelabro a nove candele. / 30).N.2 Stiponi per statue. / 31).N.2 Inginocchiatoi. / 32).N.1 Sedia grande. / 33).N.2 Messali ed un messaletto. / 34).N.2 Campane.

g) Il Calendario dell’Arciconfraternita
Da molti anni il governo dell’Arciconfraternita mette a disposizione dei fedeli, oltre che immaginette sacre e souvenir vari legati all’Immacolata, un calendario che ha lo scopo di ricordare quotidianamente il rapporto con la madre di Gesù, valore e riferimento per tutti, sia nei momenti di difficoltà che in quelli di gioia e di speranza. Fino al 2005 il calendario era formata da un’immagine max a colori della statua dell’Immacolata, conservata nella Chiesa matrice di Bovalino Superiore, con variazioni annuali solo nello sfondo, con l’aggiunta nella parte più bassa dei mesi in formato ridotto. Dal 2006 si è deciso di modificarlo sostanzialmente, arricchendolo di 8 fogli di contenuti: notizie storiche, preghiere e foto, come è evidenziato dai sottoriportati testi.

Testi Calendario 2006. PRIMA PAGINA. Anno 2006 – Festa del Miracolo 8 Settembre – Festa Liturgica 8 Dicembre – Per informazioni: 096466064 (foto centrale statua Immacolata) / SECONDA PAGINA – A Maria. Vergine Immacolata / la tua intatta / bellezza spirituale / è per noi sorgente viva / di fiducia e di speranza. / Averti per Madre, Vergine Santa, / ci rassicura nel cammino della vita / quale pegno di eterna salvezza. / Per questo a Te, o Maria, / fiduciosi ricorriamo. / Aiutaci a costruire un mondo / dove la vita dell’uomo / sia sempre amata e difesa, / ogni forma di violenza bandita, / la pace da tutti tenacemente ricercata. (Giovanni Paolo II) / GENNAIO. Maria SS. Immacolata a cura dell’Arciconfraternita fondata nel 1594 – Ente Morale (R.D. 11.07.1752) – Bovalino Superiore (R.C.) (Indicazione che si ripete in tutte le pagine insieme ad una foto mix dell’Immacolata “montata” sulla panoramica di Bovalino Superiore) – Come da antichi riti durante la celebrazione eucaristica dell’Epifania del Signore si rinnova il tradizionale “bacio del bambinello”. – O Vergine SS. Immacolata / abbi per noi, per i nostri figli e per le / nostre famiglie le stesse premure / e tenerezze avute per Gesù. – (Foto Particolare del Presepe, anno 2005) / FEBBRAIO. Maria SS. Immacolata / candida visione di Paradiso / porta nelle nostre famiglie / pace e serenità. – (Foto Altorilievo acefalo in marmo bianco raffigurante la Madonna col Bambino dei Principi Pignatelli – Foto Chiesa Matrice edificata a spese di Giovanni Francesco Pignatelli, ultimata nel 1525, intitolata a S. Maria ad Nives e S. Nicola di Bari) / MARZO. A Te, o Beato Giuseppe, invochiamo il Tuo patrocinio, / dopo quello della Tua SS. Sposa, / per quel sacro vincolo di carità che ti strinse / all’Immacolata Vergine, Madre di Dio. – (Foto Reliquario appartenente a D. Lucrezia Reggio Branciforte, moglie del Duca di Bovalino, Francesco Pescara Diano. Conserva n. 126 preziosissime e rare reliquie. Venne costruito nel 1629. Quando il Venerdì Santo coincideva con l’Annunciazione della Madonna, durante una funzione religiosa avveniva la liquefazione del sangue rappreso sulla spina di Gesù, contenuta nel Reliquario – Foto Sala di esposizione degli arredi sacri) / APRILE. “Madre, stringi al tuo cuore l’Agnello Santo che un dì / bagnasti con materno pianto, offri al Padre per Lui / l’uman dolore perché scenda il conforto ad ogni cuore. – (Foto “Caena Domini”. Come da antiche tradizioni, la confraternita rinnova la lavanda dei piedi – “Venerdì Santo”. Chiamata della Madonna e Cristo morto – “L’Affruntata” si svolge la domenica di Pasqua) / MAGGIO. Mese Mariano: Preghiera comunitaria con la recita del S. Rosario. – Compatisci, o Purissima, l’infermità dell’anima mia. Tu puoi ogni cosa / perché sei la Madre di Dio; a Te nulla si nega, perché sei regina. / Non disprezzare la mia preghiera e il mio pianto, non deludere la / mia attesa. Piega il Figlio Tuo in mio favore, finchè durerà questa / vita, difendimi, proteggimi, custodiscimi. / (S. Eflem) – (Foto Navata Immacolata Chiesa Matrice – Navata centrale Chiesa Matrice. Di grande valore artistico. La statua in marmo bianco della Madonna col Bambino di scuola gaginesca acquistata a Palermo dai Pignatelli nel 1524) / GIUGNO.Signore Gesù Cristo, che nel mirabile sacramento / dell’Eucarestia ci hai lasciato il memoriale della tua Pasqua, fa’ / che adoriamo con viva fede il Santo Mistero del Tuo corpo e / del Tuo sangue, per sentire sempre in noi i benefici della / resurrezione, Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen. – (Foto Processione per le vie del paese “Corpus Domini” – Foto Particolare del museo arte sacra) / LUGLIO. Vergine Santa, decoro del Monte Carmelo, / Regina e Madre della pace, ottieni la pace a noi, / alle nostre famiglie, al mondo intero. – (Foto Madonna del monte Carmelo. Statua realizzata nel 1776 ad opera dello scultore napoletano Giuseppe Sarno – Foto Particolare Chiesa parrocchiale “S. Caterina d’Alessandri. I lavori di costruzione ebbero inizio il 15 giugno 1586 ad opera del vescovo di Gerace, mons. Ottaviano Pasqua) / AGOSTO. Gloriosissimo Beato Camillo, intrepido apostolo del / Vangelo, che predicaste ai popoli barbari del lontano / Oriente, concedetemi la grazia di professare / costantemente la Santa Fede per essere degno, / ora e sempre, della misericordia del Signore. – (Foto Beato Camillo Costanzo “Martire gesuita”. Nacque nel 1572 a Bovalino Superiore da Tommaso e Violante Monsana, nobile famiglia originaria della città di Cosenza. Il 15 settembre 1622, dopo aver cantato il “Gloria Patri” e ripetuto per 5 volte la parola “Sanctus”, e con gli occhi rivolti al cielo spirò arso vivo. – Foto Facciata della casa natale del Beato Camillo Costanzo.) / SETTEMBRE. O Vergine SS. Immacolata, madre di Dio e madre nostra! Ci prostriamo / davanti alla tua santa immagine. Si, tu sei la nostra mamma; la più tenera e / la più comprensiva. Difendici dalle tentazioni, consolaci nella tristezza e / aiutaci in tutte le nostre necessità. Nei pericoli, nelle malattie, nelle persecuzioni, / nelle amarezze, nelle solitudini e nell’ora della nostra morte. / Guardaci con occhi compassionevoli e non abbandonarci mai. Amen. – (Foto Immacolata Concezione “Festa di miracolo”. Novenario, messa, processione e festeggiamenti patronali, la prima settimana di settembre. La festa liturgica si celebra l’otto dicembre. – Foto Particolare dell’Incoronazione.) / OTTOBRE. “Maria, stringendo con la sinistra Gesù, con la / destra vi porge l’arma della pace che soggioga il / mondo, il rosario, arma di fratellanza, unione dei cuori, / amore che conquista il mondo”. – (Foto Maria SS. del Rosario o della Vittoria conservava nella Chiesa Matrice e acquistata a Napoli nel 1700 da suor Girolama Morisciano. – Foto Chiesa Santa Maria delle Grazie e SS. Rosario collocata nel borgo dello Zopardo. Si disconosce l’anno di costruzione, ma guardando attentamente la struttura è riconducibile al periodo angioino 1256/1435 di grande valore artistico, il portale ogivale è in pietra tufale.) / NOVEMBRE. Ti offro, adorato mio Gesù, per le anime purganti, la desolazione / da cui fu oppressa la Vergine santissima nell’assistere / alla tua morte, e lo schianto del suo tenero cuore nell’accogliere / esanime, deposta dalla croce, tra le sue braccia. – (Foto Vetrine di esposizione di arte sacra. – Foto della Chiesa di Bovalino Superiore è stata edificata sulla cripta “Juditra” verso il XIV secolo, con due navate, sotto le quali si trovano le catacombe. Oggi ospita il museo d’arte sacra.) / DICEMBRE. A Maria Immacolata / Vergin del ciel Regina, / Immacolata e bella / che ti chiamasti ancella / e sei Signora. / Più vaga dell’aurora e / come il sole / eletta / tu fosti già concetta / al primo istante. / Sei figlia Madre e Sposa / più candida di un giglio / ti elesse il Padre / e il Figlio / e il santo amore. – (Foto Ricordo festività dell’Immacolata 8 dicembre 1944. – Foto Monumentale presepio elettromeccanizzato. E’ dal Natale 1962 che viene realizzato nella Chiesa matrice; riesce ad avvicinare alla chiesa i giovani finalizzando le loro energie e creatività. Il presepe, ogni anno diverso e reinventato, viene realizzato per l’impegno prestato dai confratelli Clemente Francesco e Macrì Francesco. L’egregia fattura mette in risalto le antiche tradizioni, gli antichi mestieri e gli ambienti più caratteristi del centro storico bovalinese.) / ULTIMA PAGINA. “Bovalino scintillante, sulla sua cretosa altura, nell’ultimo raggio di sole è un posto di considerevole grandezza ed eravamo incantati per il marcato carattere calabrese. Mentre salivamo il tortuoso sentiero, osservavamo la lunga fila di paesani che tornavano a casa, il costume delle donne era il più bello che avessimo visto finora.” Edward Lear, 1847. – Carissimi, anche quest’anno l’Arciconfraternita di Maria Santissima Immacolata vi propone un calendario: piccolo strumento, ma pensiamo possa esservi di grande aiuto. Un aiuto perché nelle vostre case, nelle vostre quotidiane occupazioni, quando occasionalmente lo guardate lì, appeso alla parete, dovrebbe richiamare alla vostra mente la particolare vostra devozione mariana che serve principalmente a rispolverare la nostra poca fede nel Cristo, suo Figlio. Guardando la cara immagine dell’Immacolata noi pensiamo a Maria madre di Dio e madre nostra: la ritroviamo viva e presente accanto a noi. Lei che ha compiuto il suo cammino di fede dall’Incarnazione fino alla sua attività presenza in mezzo alla prima comunità cristiana, ci auguriamo possa diventare modello, guida e forza per il nostro cammino di fede personale e comunitario. Che la Vergine Immacolata di cui tutti noi siamo devoti, ci accompagni giorno dopo giorno. Il Parroco Padre Giuseppe Pittarello – Il Priore dr. Antonio Blefari – (Foto max Statua Immacolata “montata” su una panoramica di Bovalino Superiore)

Testi Calendario 2007 / PRIMA PAGINA. Anno 2007 – Festa del Miracolo 8 Settembre – Festa Ecclesiale 8 Dicembre – Per informazioni: 096466064 (foto centrale statua Immacolata) / SECONDA PAGINA. Maria SS. Immacolata a cura dell’Arciconfraternita fondata nel 1594 – Ente Morale (R.D. 11.07.1752) – Bovalino Superiore (R.C.) (Indicazione che si ripete in tutte le pagine insieme ad una foto mix dell’Immacolata “montata” sulla panoramica di Bovalino Superiore) – Salve Regina / Salve del ciel Regina Madre / pietosa a noi volgi gli sguardi tuoi / o Madre di pietà / vita dell’alme nostra / dolcezza di chi ti ama / speranza di chi brama la bella eternità / rivolgi a noi gli sguardi / nostra avvocata / se noi siamo indegni e rei / ma siam tuoi figli ancora / in questa valle orrenda di pianto e di dolore / coi gemiti del cuore ti domandiam mercè / dall’infelice esilio guidaci a ciel sereno / il frutto del tuo seno Gesù / ci mostri un dì / Regina di clemenza / tenera madre / pia dolcissima Maria / da te speriam così / così speriamo un giorno /goderti tutti quanti / con gli angeli e con i santi / per l’eternità. – (La preghiera è cantata durante la novena che precede la festa dell’Immacolata l’8 settembre ). – I testi sono tratti dalla ricerca “Arciconfraternita Maria SS. Immacolata di B. Superiore Marina” di C. Ripolo e dal libro “Un borgo da salvare” di A. Ardore. / GENNAIO. La solennità dell’Immacolata Concezione, che è la patrona di Bovalino Superiore, si celebra l’8 dicembre, ma i festeggiamenti si svolgono l’8 settembre, giorno in cui ricorre la natività della Beata Vergine Maria, per il privilegio concesso da papa Clemente VIII a seguito del miracolo che la Vergine fece l’8 settembre 1594, salvando Bovalino e i suoi abitanti dall’incendio appiccato dai Turchi. L’Arciconfraternita ogni anno impegna notevoli risorse umane e materiali per organizzare al meglio i festeggiamenti in onore dell’Immacolata con momenti religiosi e civili significativi, ai quali partecipano idealmente anche gli emigranti devoti del paese, che rimangono fortemente legati alla ricorrenza e che contribuiscono con le loro offerte per sentirsi vicini e presenti. – La forte carica religiosa ed emotiva sono espresse chiaramente dal messaggio di presentazione dei festeggiamenti dell’anno 1954 da parte di Pietro De Domenico, priore onorario della Confraternita: “Fedeli, ricorre quest’anno, e celebra l’immenso palpito del culto Mariano che tutto il mondo pervade di luce divina, il primo centenario della proclamazione del Dogma dell’IMMACOLATA CONCEZIONE. Tutto l’orbe cattolico, che effonde aneliti di purissima Fede dagli eterni ghiacciai polari alle palafitte delle foreste tropicali, dalle sterminate pianure del nuovo mondo alle corrose e gloriose vestigia della Terra di GESU’, delle babeliche metropoli di questo nostro congestionato e ossessionato emisfero occidentale alle torbide rive infocate ove brulicano le genti di colore; dovunque il segno della CROCE rifulge come fiaccola ardente: o al culmine dei Templi fastosi e famosi che serrano per fluire di secoli i tesori inestimabili del genio dell’arte della di tutti i tempi, o nella mano del missionario che fende con la punta del cuore sanguinante la jungla misteriosa per guadagnare un’anima ignara al culto di DIO, se pur non raccoglie nei foschi labirinti delle “jungle dorate”, gli ultimi conati blasfemi di un’umanità decadente e peccaminosa, per farne un grido di allarme che susciti la rinascita e la vittoria della FEDE e dell’AMORE; dovunque, su tutto e su tutti, un Nome Santo campeggia maestoso e radioso: MARIA IMMACOLATA! Bovalino, nella sua “Rocca” onusta di storia, che il tempo dissolve nelle antiche mura e negli orti opimi, ma la poesia dei ricordi perpetua nelle menti e nei cuori dei suoi figli vicini e lontani, si raccoglie attorno al paradisiaco sorriso della MADONNA DALLE CHIOME D’ORO, per rinnovarLe la sua consapevole sudditanza, per chiederLe perdono e pietà, per prometterLe di ritrovare, in fervore d’intendimenti cristiani e di opere sagge, le smarrite Vie del SIGNORE. Bovalino, al cui civico onore è legata, fin dall’epica Battaglia di Lepanto, una particolare devozione alla VERGINE SANTISSIMA, vi chiama a dolce convegno o fedeli, per un rito di devozione permeato di sincero pentimento e di leale promessa, tra le nobili mura che accolsero i primi vagiti del Martire Santo CAMILLO COSTANZO. Tra questi superstiti frammenti di quello che fu uno dei centri più cospicui della Calabria, su questa ormai spoglia e stanca terrazza dalla quale lo sguardo dilaga per monti e per valli e per mare, tra questa gente che custodisce il mito armonioso della fedeltà alla madre terra, risposando la tradizionale vicenda agreste con umiltà patriarcale, vedrete la rifulgente Immagine consolarvi del Suo ineffabile splendore, mentre al sommo delle Chiome d’Oro vi parrà di scorgere, tra la gemmata corona, una goccia del vostro pianto fatta perla d’amore, e il sospiro della vostra preghiera vi parrà così possente da scuotere quel fluttuante MANTO DI CIELO TRAPUNTO DI STELLE!” (Foto Immacolata) / FEBBRAIO. L’Arciconfraternita Maria Santissima Immacolata, unica sopravissuta a Bovalino Superiore (Motta Bobalina nel ‘500), fu eretta all’epoca dell’incendio, che distrusse il castello e l’abitato, appiccato dai Turchi guidati dall’avventuriero Sinan Bassà detto Scipione Cicala. Gli incursori, sbarcati l’8 settembre 1594 sulla costa della Marina, si diressero verso l’attuale Bovalino Superiore e dopo aver dato al prelato del posto 19.000 ducati, ebbero aperta la porta della cittadella e appiccarono il fuoco che distrusse tra l’altro l’archivio sistemato nello stesso castello, provocando danni per 140.000 ducati. La gente disperata si raccolse in chiesa a pregare e mentre il paese era invaso dalle fiamme iniziò a piovere “come se l’Immacolata Concezione, che si festeggia quel giorno, si fosse messa a piangere vedendo il paese in rovina”. – La Confraternita fu fondata proprio per ricordare il miracolo della Vergine e contemporaneamente fu istituita con speciale indulto o privilegio del Papa Clemente VIII (al secolo Ippolito Aldobrandini, papa dal 1592 al 1605, uomo pio prudente e buon giurista) la festa dell’8 settembre, giorno in cui ricorre la natività della Beata Vergine Maria. – Il marchese Sigismondo Loffredo si adoperò molto per ripopolare le terre del suo feudo, chiedendo fra l’altro al re di Napoli l’esenzione trentennale degli oneri fiscali, e per applicare benefici all’Arciconfraternita considerata la principale fra quelle esistenti all’epoca.- Il numero degli adepti delle Confraternite s’incrementò notevolmente dopo la gloriosa vittoria dei Cristiani sui Musulmani nella battaglia navale di Lepanto nel 1571, che alimentò di certo un rinnovato fervore religioso. – La Confraternita è mista; la presenza femminile arricchisce l’attività all’interno della Chiesa, con fattiva e appassionata partecipazione. Il ruolo importante delle donne all’interno della Confraternita è sottolineato dalla presenza, nella storia dell’Istituzione, di una donna-priore, Rosina Raco, dal 1932 al 1935, che potrebbe avere il significato di una sorta di femminismo ante-litteram. Il loro abbigliamento di riconoscimento è ridotto all’essenziale: un foulard celeste con l’immagine dell’Immacolata. (Foto Raduno nazionale delle Confraternite. Firenze: anno 1990) / MARZO. LA Chiesa Matrice o Arcipretale, dedicata a Maria Santissima della Neve e a San Nicola vescovo, fu dal X sec. Centro di copia e conservazione di manoscritti greci. E’ costituita dalla cripta (la Juditra) al piano inferiore chiamata San Nicola e dall’attuale chiesa al piano superiore, e si trova dentro le mura di cinta del castello normanno. – La Chiesa attuale, a tre navate di stile romanico, venne costruita a spese di D. Giovanni Francesco Pignatelli: iniziata nel 1520 fu ultimata nel 1525 come attestava un marmo situato nel pavimento fino a qualche secolo fa. – Nella navata centrale una statua in marmo bianco della Madonna col Bambino di Scuola gaginesca acquistata a Palermo dai Pignatelli nel 1524 e l’altarino delle Reliquie, appartenenti al Convento di Santa Maria del Gesù. – La navata laterale sinistra contiene un altarino dedicato al Santissimo con splendide decorazioni sulle volte. – La navata laterale destra contiene un altare ligneo con la statua dell’Immacolata Concezione del 1752, un altorilievo acefalo in marmo bianco raffigurante la Madonna col Bambino dei Principi Pignatelli, di cui reca l’arme, sfigurata dai colpi di scimitarra dai Turchi assedianti ad oltraggio della fede cristiana. – L’altare maggiore del ‘500, parte dell’oggettistica sacra e pitture varie provengono dal distrutto Convento francescano degli Osservanti e dei Padri Riformati. – L’imponenza, la maestosità e l’altezza notevole di tutto il complesso (Chiesa e cripta) sono visibili dall’esterno, percorrendo la strada che attraversa il paese e prosegue per Benestare. Con il terremoto del 1783 la Chiesa subì gravi danni, nel 1908, un nuovo terremoto procurò gravi danni, tanto che il Papa Pio X inviò per la ricostruzione un contributo di mille lire. Con decreto datato 6 luglio 1923, il vescovo Chiappe, in considerazione dell’antichità del paese, diede al parroco pro-tempore il titolo di Arciprete. Nell’aprile del 1995, dopo quasi due anni di lavoro di restauro, la Chiesa matrice è riaperta al culto nel suo antico splendore, mentre la Soprintendenza per i Beni artistici, architettonici e storici la dichiara “immobile di notevole interesse storico ed artistico”. (Foto Chiesa Matrice, esterni) / APRILE. I riti della Settimana Santa, che culminano con la sacra rappresentazione dell’Affruntata; vengono svolti a cura esclusiva della Confraternita. Sono notevoli espressioni di religiosità popolare, sentitissime manifestazioni di fede profonda, le quali catalizzano l’interesse aggregativo della Comunità del Borgo e dei paesi vicini. Esse affondano le loro radici in tempi in cui l’esempio visivo e la rappresentazione servivano per far comprendere alla gente comune i misteri religiosi. Seguono regole non scritte, che il tempo per fortuna non è riuscito a scalfire, e che vengono tramandate attraverso l’attività della Confraternita. – Il programma-tipo della Settimana Santa comprende la benedizione delle Palme e la S. Messa la Domenica delle Palme; la S. Messa in Caena Domini, Giovedì Santo officiata da “predicatori” di chiara fama, durante la quale si rinnova la lavanda dei piedi; Venerdì Santo funzione liturgica con adorazione e bacio della Croce e Comunione, predica di Passione e Chiamata della Madonna e Cristo Morte, incanto delle statue, processione al Calvario con la Madonna Addolorata; Sabato Santo, processione con Cristo morto e la Vergine Addolorata e predica al calvario, assemblea generale della Confraternita, Veglia Pasquale; infine Domenica di Pasqua la S. Messa, al termine Processione con Cristo Risorto, la Vergine S.S. del Rosario e S. Giovanni, che si conclude con la tradizionale Affruntata in Piazza Gaetano Ruffo. – S’inizia il giovedì santo con la Messa in Caena Domini, seguendo il tradizionale rituale della lavanda dei piedi, al quale partecipano i Fratelli indicati dal Procuratore in carica secondo criteri di avvicendamento e rotazione. – I tre momenti, che vengono rappresentati in modo scenografico, sono la Passione predicata, la Morte con la Via Crucis e l’Ascesa al cielo di Gesù Cristo. La “buona riuscita” della Passione è legata alla bravura del predicatore, che con sapiente “recitazione” deve coinvolgere e toccare le corde del sentimento religioso dei fedeli. Toccanti sono le due processioni al calvario di Cristo Morto e la Madonna Addolorata, che si svolgono la sera di venerdì (con la sola statua dell’Addolorata) e il mattino di sabato (con tutte le due statue). Centinaia di persone sfilano, lungo la strada principale, in religioso silenzio a dimostrazione di partecipazione e immedesimazione di tutti al dolore della madre di Cristo, la quale porta i segni, i simboli e i colori del lutto. Le varie fasi sono accompagnate da canti inerenti, che si tramandano da generazioni e “raccontano”, con la condivisione dei fedeli, l’immane sofferenza del Cristo: – Ma il culmine dell’attività rituale della Settimana Santa si raggiunge con la rappresentazione dell’incontro fra Cristo Risorto e la madre Immacolata, avvisata da S. Giovanni che per tre volte fa la spola tra le due statue con ritmi e velocità gradualmente crescenti. L’incredula madre, ancora vestita a lutto, si avvia verso il centro della piazza dove si incontrerà con San Giovanni e Gesù: è il momento di massima emozione, il Figlio incontra la Madre che lascia cadere i suoi abiti neri, rimanendo vestita con i colori della gioia e della rinascita.… La Madre esce dalla Chiesa ancora vestita a lutto, quasi incredula di tanta notizia. Cerca Gesù. Cerca la Vita. Cerca anch’ella, in un itinerario di fede che la vede sorella nostra. Una peregrinazione della fede che ce la rende ancor più vicina, come ci è stata vicina nelle lacrime, la sera del Venerdì Santo…al momento dell’incontro con il Cristo Risorto, quell’abito di lutto, lungo, nero, triste, si stacca di getto dalle spalle di Maria e cade per terra, dimenticato, per far apparire in tutta la sua bellezza un lunghissimo e radioso manto… è realmente la Pasqua… (G.Carlo Bregantini, vescovo di Locri). (Foto Affruntate e Processione del Sabato Santo) / MAGGIO. Fra i figli più illustri di Bovalino viene annoverato Camillo Costanzo, nato nel 1572 da Tommaso Costanzo e Violante Monsana, di nobile famiglia originaria della città di Cosenza. Fu beatificato a Roma il 7 maggio 1867 da Papa Pio IX , e sulla sua vita esiste una vasta bibliografia, che delinea compiutamente la figura storica e soprattutto morale. Tra le tante raccolte e pubblicazioni, interessanti sono “Breve memoria sulla vita e martirio del P. Camillo Costanzo D.C.D.G. Calabrese – Beatificato il 7 Maggio 1867” di Anonimo e senza data, Firenze; un Menologio pubblicato a Venezia nel 1870, ad opera del gesuita padre Giuseppe Antonio Patrignani, che raccoglie certosinamente tutte le notizie disponibili negli archivi della Compagnia di Gesù, sul Beato bovalinese; il breve saggio su “Camillo Costanzo S.I. scrittore e martire / Spiritualità ed esegesi del lessico sino-giapponese” di Irene Barocci, pubblicato in SOCIETAS – Rivista dei Gesuiti dell’Italia Meridionale, Anno L – Settembre / Dicembre 2002 – n.5/6, pagg. 221-224. Nel saggio si fa riferimento anche al testo “Il Beato Camillo Costanzo, di Bovalino. Con 17 lettere inedite dal Giappone e dalla Cina” di Stefano de Fiores (uno dei più attenti studioso del Nostro), Qualecultura – Jaka Book, Vibo Valentia, 2000. A Tabira, luogo di martirio del beato bovalinese, il 25 marzo 1990 è stato inaugurato un monumento a Camillo Costanzo, diventato luogo di pellegrinaggio da parte di milioni di giapponesi. In questa località era stato portato, legato ad un palo ed arso vivo non cessando un attimo di predicare la fede, alla moltitudine di gente che assisteva al supplizio, invitando i cristiani a viverla coraggiosamente ed i pagani ad abbracciarla. Dopo aver cantato il “Gloria Patri” e ripetuto per 5 volte la parola “Sanctus” e, lieto con gli occhi rivolti al cielo, spirò. Era il 15 settembre 1622 dopo 30 anni di religione e 50 d’età. – Diverse sono le preghiere e le invocazioni composte e indirizzate al glorioso martire; diffuso è l’inno al Beato Camillo Costanzo cantato dal popolo di Bovalino Superiore: Innalziamo al gran figlio d’Ignazio,/ al Beato Costanzo un bel canto:/ Egli è nostro comune gran vanto,/ che per Cristo il suo sangue versò. / Egli è nato in Calabria felice,/ di soldato la gloria sprezzando,/ il suo nome ben più venerando/ rese a noi col crudele martir. / O Costanzo, o apostolo invitto,/ deh! c’ispiri l’amor delle genti,/ che nell’ombra di morte giacenti/ voglion luce e l’amor di Gesù. / Gloria al martir che intera la vita/ consacrò al divino suo duce!/ Gloria a quanti di Cristo la luce/ alle genti infedeli daran. / Beato Camillo, nostro avvocato,/ che per la fede moristi bruciato,/ gridasti sempre “Viva il Signore!”/ con voce forte e con vivo ardore. Lo scorso anno sono iniziati, ad opera dell’Arciconfraternita, i lavori di recupero della Casa del Nostro Beato, dopo un lungo periodo di abbandono. La stessa, che dovrà ospitare anche l’Archivio dell’Arciconfraternita, potrà diventare, insieme alla Chiesa Matrice al Museo alla Chiesa del Rosario del rione Zopardo con il suo prezioso portale e ai pochi resti del Castello in fase finalmente di recupero, meta di un itinerario storico-religioso per il visitatore, che salendo dalla Marina, vuole provare le stesse sensazioni ed emozioni di un illustre visitatore del passato (Edward Lear): “Bovalino scintillante, sulla sua cretosa altura, nell’ultimo raggio di sole è un posto di considerevole grandezza ed eravamo incantati per il marcato carattere calabrese. Mentre salivamo il tortuoso sentiero, osservavamo la lunga fila di paesani che tornavano a casa, il costume delle donne era il più bello che avessimo visto finora. Ci recammo dal Conte, ci ha portato in giro per tutta la città, le chiese, il castello, i viottoli, ci ha mostrato i paesaggi”. – (Foto Casa natale del Beato Camillo Costanzo) / GIUGNO. La navata laterale destra della Chiesa Matrice contiene un altare ligneo con la statua dell’Immacolata Concezione del 1752, e un altorilievo acefalo in marmo bianco raffigurante la Madonna col Bambino dei Principi Pignatelli, di cui reca l’arme, sfigurata dai colpi di scimitarra dai Turchi assedianti ad oltraggio della fede cristiana. – La statua dell’Immacolata fu acquistata dall’Arciprete Gaspare Barletta nel 1741 e nel 1854 fu restaurata a spese di Raffaele Morisciano, vescovo di Squillace. Nel 1979 i fedeli si autotassarono (furono raccolti più di tre milioni e mezzo di vecchie lire) per un nuovo restauro della statua, che venne riesposta ufficialmente l’8 settembre 1980, con solenne rito. Il restauro fu eseguito da Jenny Rolo e Susanna Segarelli. – La statua fu portata una sola volta in processione fuori dal Borgo, il 7 settembre 1975 in festa solenne a Bovalino Marina. (Foto Altare della SS. Immacolata) / LUGLIO. La Chiesa parrocchiale di Santa Caterina d’Alessandria è situata nel sobborgo della Guarnaccia. Fu eretta nel 1586 ad opera del vescovo di Gerace, Mons. Ottaviano Pasqua. Con decreto reale del 6 giugno 1812, dopo l’occupazione francese, la Chiesa venne chiusa al culto, ma dopo qualche anno fu ripristinata. – Nell’ultima domenica di luglio si svolge la festa della Madonna del Carmelo, la cui origine è antichissima. La statua, realizzata nel 1776, è opera dello scultore napoletano Giuseppe Sarno. La Chiesa ha un portale con fogliame scolpito, proveniente da un’antica chiesetta esistente nella fortezza medioevale di Bovalino, e un’entrata laterale sormontata da uno stemma vescovile. – (Foto interni Chiesa di S. Caterina e Madonna del Carmelo) / AGOSTO. Nel mese di settembre del 2002, a cura dell’Arciconfraternita Maria SS. Immacolata di Bovalino Superiore, è stato pubblicato presso le Arti Grafiche GS di Ardore Marina il libro “Un borgo da salvare” di Antonio Ardore, con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica verso i problemi del Borgo, che per la sua interessante storia va assolutamente riportato in auge e salvato dal degrado in cui versa attualmente. La stessa Arciconfraternita ha deciso di utilizzare il ricavato della sua vendita per il restauro della casa natale del Beato Camillo Costanzo, da utilizzare come sede e archivio dell’Associazione. – L’urgenza della rivitalizzazione e del recupero del Borgo è evidenziato molto chiaramente nella Presentazione dello stesso libro: “Nel libro di Edward Lear “Diario di un viaggio a piedi” effettuato nel 1847 si legge: “Bovalino scintillante, sulla sua cretosa altura, nell’ultimo raggio di sole è un posto di considerevole grandezza ed eravamo incantati per il marcato carattere calabrese. Mentre salivamo il tortuoso sentiero, osservavamo la lunga fila di paesani che tornavano a casa, il costume delle donne era il più bello che avessimo visto finora. Ci recammo dal Conte, ci ha portato in giro per tutta la città, le chiese, il castello, i viottoli, ci ha mostrato i paesaggi”. Mutate le situazioni sociali – per fortuna – al visitatore di oggi Bovalino Superiore può fare lo stesso effetto e la stessa impressione in quanto ha mantenuto il suo aspetto suggestivo e fascinoso, ma ha perso la grandezza e la vivacità di un centro attivo e popoloso. Ha seguito nell’ultimo cinquantennio, un processo di dissanguamento e di prosciugamento delle risorse vitali, comune a tutti i paesi collinari perdenti nella competizione con la marina. La vita e la storia di Bovalino Superiore infatti sono intimamente legate a Bovalino Marina: lo sviluppo di quest’ultima frazione rappresenta il decadimento ed il degrado del vecchio paese, che vive dal punto di vista economico e sociale una situazione di marginalità se non di vera emarginazione, pur se ricca dal punto di vista culturale. Anche nella trattazione dei vari aspetti del nostro Borgo s’intrecciano e sono presenti elementi che riguardano l’intero territorio comunale. La situazione è drammaticamente chiara, e urgente s’impone una riflessione e una presa di coscienza del problema di un recupero e di cosa fare…” – Tra le urgenze il recupero del Castello e della Chiesa del Rosario. – Il Castello fu costruito agli inizi del periodo normanno (1100 circa) su volere del Gran Conte Ruggiero I d’Altavilla, e faceva parte di un sistema difensivo di 17 castelli reali. Danneggiato da terremoti e dall’assedio dei Turchi, e smembrato negli anni ’50 per la realizzazione di una strada, oggi del Castello rimangono poche strutture che però danno l’idea dell’imponenza originaria. – La Chiesa di Santa Maria delle Grazie e del SS. Rosario si trova in condizioni degradati. Collocata nel borgo dello Zopardo, è probabilmente d’epoca angioina (1256-1435) in base alla sua struttura e al suo orientamento secondo il rito greco, con rifacimenti d’epoca rinascimentale. La data del 1581, riportata in una pietra del muro esterno, si riferisce alla cappella di Santa Maria della Vittoria o Madonna del Rosario, costruita 10 anni dopo la battaglia di Lepanto, alla quale parteciparono tre zii materni del Beato Camillo Costanzo. Di grande valore artistico è il portale ogivale, d’impronta gotico-romanica del ‘400, ma di gusto siciliano, proveniente da antica chiesetta del Castello feudale e dichiarato monumento nazionale, in pietra tufacea dura, con bassorilievi di tralci di vite sulle spalle dell’arco, rose, un’aquila e puttini stilizzati sull’archivolto. Ai lati del portale nicchiette emicicle ad archetto, decorate da conchiglie litiche sul quarto sferico. La Chiesa, chiusa al culto da diversi anni, rimane da tempo in un completo stato d’abbandono. (Foto Portale Chiesa del SS. Rosario e Particolare del Castello medievale) / SETTEMBRE. I festeggiamenti religiosi prevedono il novenario, la messa e la processione; quelli civili gli inevitabili accessori di luminarie, di musica varia e di fuochi d’artificio. – La partecipazione alla Novena è sentita e corale, nonostante l’ora particolare (ore 5.00), che però soddisfa le esigenze lavorative e il sacrificio devozionale dei fedeli. Nel passato, ricordano gli anziani, il sacrificio era più evidente, in quanto l’ora di inizio della Novena era alle ore 4.00 (giorno 8 veniva anticipato alle ore 3.00 per la lettura dell’officio inerente) e molti dei devoti salivano al borgo a piedi dalle campagne circostanti. L’ora mattutina è annunciata giornalmente dai tamburini, che percorrono tutte le strade del paese per dare la sveglia ai fedeli (ore 5.00). – La processione segue un lungo e tortuoso percorso, che attraversa l’intero paese, toccando gli estremi del Calvario e dello Zopardo, quasi a simboleggiare la materna protezione dell’Immacolata su tutti gli abitanti e le loro case. – La stessa rappresenta il momento culminante dei festeggiamenti religiosi e alcuni passaggi rimangono impressi nella memoria per tutta la vita, come ricorda lo scrittore Giovanni Ruffo nel suo ultimo libro Al tempo dei canonici di legno (pag. 97): “…Avevo ereditato, per suo desiderio (del nonno), il posto che egli aveva ricoperto nella confraternita dell’Immacolata….Doveva trattarsi di un posto di prestigio nella gerarchia di quella congregazione, perché nelle processioni mi mettevano in mano un certo bastone (un pastorale?) ben più alto di me. Seguivo la processione tenuto per mano da mastro Luigi Talotta, che reggeva un bastone appena più corto del mio e, di quando in quando, mi suggeriva gridati Dimaria (Gridate Ave Maria). Io gridavo e la processione si arrestava. Dopo qualche minuto arrivava un nuovo suggerimento: gridati Patrinostru (Pater Noster). Al mio grido, la processione ripartiva. Quanto mi sentivo orgoglioso ed importante!” (Foto Processione di Maria SS. Immacolata) / OTTOBRE. Il Museo d’Arte Sacra di Bovalino S., inaugurato giorno 6 ottobre 2002, è stato allestito dall’Arciconfraternita e dall’ultimo Priore dott. Antonio Blefari. In esso è esposto il materiale-tesoro più importante che la Chiesa possiede e ha prodotto nel corso della sua plurisecolare attività. – Il Museo sorge all’interno della struttura più suggestiva della Chiesa Matrice, la Cripta detta Juditria e si propone di recuperare la memoria della storia religiosa del paese. – Molti sono i reperti interessanti, salvati con passione e tenacia dall’incuria degli uomini e dall’usura del tempo; il più importante è senz’altro il reliquario, costruito nel 1629 di ottone dorato, per l’originalità stilistica, per l’egregia fattura e per i significati religiosi e misterici che sottintende. Per l’arricchimento del Museo, l’Arciconfraternita è ancora impegnata al recupero di libri e reperti, che abbiano attinenza con la storia della Chiesa locale, sparsi nel territorio presso privati ed Enti. (Foto Museo d’arte sacra) / NOVEMBRE. Il reliquario in ottone, costruito nel 1629, contiene 126 reliquie, contenute in 112 piccoli depositi; apparteneva alla Duchessa Lucrezia Reggio Branciforte, moglie di Francesco Pescara Diano Duca di Bovalino, la quale trasferitasi nel 1719 da Saracena a Bovalino lo portò con se. (Francesco Pescara Diana, già V Duca della Saracena, con regio assenso del 30 marzo 1716 aveva acquistato per 80.000 ducati, il feudo di Bovalino ed i casali di Benestare e di Cirella con annesse giurisdizioni dal precedente feudatario, il principe Nicola Bernardino Caracciolo, e dai relativi tenutari, i coniugi Isabella Spinelli e Giuseppe Spinelli, e con successivo regio assenso del 27 giugno 1716 aveva altresì ottenuto di poter trasferire il titolo ducale della Terra di Bovalino di Saracena, alienata nel 1718 al Principe di Scalea, su quella di Bovalino, di cui ne divenne così il primo duca. Il Duca morì il 12 settembre 1719 e fu sepolto nella Chiesa del Gesù e Maria dei PP. Riformati). – Notizie del reliquario vengono riportate da un atto pubblico notarile, datato 12 maggio 1720, del Notaio Carlo Ghiozzi di Ardore:“ ….e già avendoli trasferiti in questa terra di Bovalino s’è risoluta della Signora Eccellentissima farli collocare, et asservare nel Altare Magiore della Chiesa Matrice di detta Terra, avendo già a due spese fatte fare li tabernacoli per magior custodia e decoro, et a ciò che si conservassero tinessero, et Adorassero come si conviene. Li detti Magnifici del Reggimento Universale di detta terra hanno suplicato la detta Signora Eccellentissima che mandasse in esequtione la detta sua volontà, la Medesima con la sua ardente devozione e pietà s’è già deliberata; però a convenzione che l’Università di detta terra dovesse mantenere a propri spese una lampada accesa notte e giorno avanti detti reliquariJ, e che facesse celebrare qualibet anno la festività della traslazione di detti reliquie con la vespere messa cantata solennemente nel giorno assigniando che si converrà col Reverendo Arciprete anche costituito in nostra presenza…” – L’appartenenza delle reliquie è attestata da una dichiarazione della stessa Branciforte, in cui fa una descrizione del reliquario e l’elenco delle reliquie. Le stesse vennero autenticate da Mons. Paolo Palombo, vescovo di Cassano Ionio (CS) ed in seguito da Mons. Cesare Rossi vescovo di Gerace, nel corso della visita pastorale svolta nella chiesa madre bovalinese il 30 novembre 1730:“Abbiamo ritrovato un tesoro di sacre reliquie insignie e nobili, ed abbiamo comandato che si facci la tabella distinta delle reliquie che vi sono nel reliquario maggiore ch’è collocato in mezzo all’altare maggiore… E perché l’abbiamo già ritrovate esposte alla pubblica venerazione con decreto del nostro Predecessore, che li riconobbe autentiche, perciò ordiniamo che s’espongono alla pubblica venerazione del popolo, che il Reverendo Arciprete l’esponga in tutte le feste di prima classe più solenni, e nelle feste della Beatissima Vergine……e nelle feste degli Apostoli, li di cui reliquie ivi sono, com’ancora quando sortisce giorno di Domenica ogn’altra reliquia del Santo che cascherà in quel giorno, e per ogni volta che s’espongono si accendano due candele a spese dell’Università. Che il sacrestano sotto la pena di carlini cinque debba ogni due mesi spolverarle”. – Allegata agli atti vi è l’attestazione della Duchessa, resa in Bovalino il 23 aprile 1720, relativa in particolare all’elenco delle 114 reliquie, che già erano state autenticate, come già detto, da mons. Paolo Palombo, vescovo di Cassano, con bolla del 4 novembre 1631, la quale venne trascritta dal notaio Gliozzi e inserita nell’atto di donazione. – Tra le reliquie, incapsulate in tabernacolo a modo di Chiesiola di Rame decurato con cristalli, spiccano frammenti delle vesti infantili di Cristo (de pannis infanctiaeDomini nostri Iesu Xsti), della tunica insanguinata (de veste Domini sanguine pincta) e del sudario del Salvatore (de tela qua Xstus fuit velatus), del legno della S. Croce (de ligno Sanctae Crucis, ubi Xstus oravit ad Patrem), della pietra di Betlemme e del Calvario (de petra Bthleem de Monte Calvario), del bastone di Mosè (de Virga Moysh), del legno della Croce del buon ladrone (de Cruce boni latronis). – Il Reliquario venne ufficialmente esposto alla venerazione dei fedeli, nella Chiesa Matrice, il 13 maggio 1720. Nel 1783 il reliquario rimase sepolto tra le rovine della Chiesa colpita dal terremoto, riportando solo la rottura di qualche cristallo, senza la dispersione d’alcuna reliquia. In occasione di calamità, venivano esposte in chiesa alla presenza di fedeli con il canto della litania dei santi. – Quando il venerdì santo coincideva con la festa dell’Annunciazione della Madonna il 25 marzo, durante una funzione religiosa avveniva la liquefazione del sangue rappreso sulla spina della corona di Gesù, contenuta nel reliquario. Nel 1927 il Soprintendente ai Beni Artistici della Calabria, dott. Galli, dichiarò monumenti d’arte le due piccole statuette poste ai lati del reliquario e raffiguranti San Lorenzo e San Pietro. (Foto Reliquario) / DICEMBRE. La festa del Natale è vissuta in questa Comunità con partecipazione analoga rivolta alla festa dell’Immacolata. Le due solennità vengono vissute senza soluzione di continuità, anzi in genere l’Arciconfraternita li accomuna in un programma unico, indicandone anche le comuni finalità. Il presepe è fra le più interessanti “creature” dell’Arciconfraternita. – E’ dal Natale del 1962 che viene realizzato nella Chiesa Matrice un originale presepe elettromeccanizzato. In quell’anno il nuovo parroco padre Domenico De Tommasi riusciva ad avvicinare alla Chiesa i giovani motivando la loro partecipazione alle varie manifestazioni, finalizzando le loro energie e creatività, a stimolarli appassionandoli alla realizzazione di un grande presepe. Il presepe, ogni anno rimodellato su progetto diverso, perfezionato e curato nei particolari, viene realizzato per incarico dell’Arciconfraternita, sempre attenta al recupero di riti e della tradizione, dal sig. Clemente Francesco con mani sapienti e intelligenti, con amore competenza e vera passione da quel lontano 1962. Lo stesso Clemente provvede alla creazione artigianale delle statue necessarie. In particolare vengono messe in risalto le antiche tradizioni, gli antichi mestieri e gli ambienti più caratteristici del centro storico, vengono riproposti i tipici personaggi creati artigianalmente che, con i loro lenti movimenti, ripetono i gesti dei lavori quotidiani di un mondo ancora vicino nel tempo ma lontanissimo psicologicamente.L’egregia fattura del presepe richiama ogni anno sempre più la curiosità e l’interesse dei visitatori provenienti da ogni parte, che vedono in esso un formidabile strumento di comunicazione, attraverso il linguaggio iconoco e artistico, dei valori genuini e primitivi della fede di questa comunità che li ha sempre posti al centro della vita familiare: “Anche quest’anno,/ come tutti gli anni,/ c’è lo sforzo tenace di pochi e testardi/, fedeli ai riti e alla tradizione del Borgo,/ di creare una suggestione/ di provocare un ricordo/ un rimorso un sorriso/ un po’ di nostalgia/ e un ritorno all’antico” – Ha ricevuto diversi premi speciali come miglior presepe dall’Associazione Amici del presepe di Reggio Calabria ed è sempre oggetto di servizi televisivi e di articoli di stampa. – La simbologia del presepe trova l’atto finale nel “bacio al bambinello”, che si rinnova per tradizione durante la celebrazione eucaristica dell’Epifania. (Foto Particolare del presepe monumentale elettromeccanizzato del 2005) / ULTIMA PAGINA. “Bovalino scintillante, sulla sua cretosa altura, nell’ultimo raggio di sole è un posto di considerevole grandezza ed eravamo incantati per il marcato carattere calabrese. Mentre salivamo il tortuoso sentiero, osservavamo la lunga fila di paesani che tornavano a casa, il costume delle donne era il più bello che avessimo visto finora.” Edward Lear, 1847. – Carissimi, anche quest’anno l’Arciconfraternita di M.SS. Immacolata vi propone un calendario: piccolo strumento, ma pensiamo possa esservi di grande aiuto. Un aiuto perché nelle vostre case, nelle vostre quotidiane occupazioni, quando occasionalmente lo guardate lì, appeso alla parete, dovrebbe richiamare alla vostra mente la particolare vostra devozione mariana che serve principalmente a rispolverare la nostra poca fede nel Cristo, suo Figlio. Guardando la cara immagine dell’Immacolata noi pensiamo a Maria madre di Dio e madre nostra: la ritroviamo viva e presente accanto a noi. Lei che ha compiuto il suo cammino di fede dall’Incarnazione fino alla sua attività presenza in mezzo alla prima comunità cristiana, ci auguriamo possa diventare modello, guida e forza per il nostro cammino di fede personale e comunitario. Che la Vergine Immacolata di cui tutti noi siamo devoti, ci accompagni giorno dopo giorno. Il Parroco Padre Giuseppe Pittarello – Il Priore dr. Antonio Blefari – (Foto max Statua Immacolata “montata” su una panoramica di Bovalino S.)

h) Gruppo di Preghiera CARLO SEI CON NOI
PRESENTAZIONE.
Il Gruppo di preghiera Carlo sei con noi, sorto per ricordare il piccolo Carlo Blefari, nato all’eternità il 14 novembre 1999 dopo una lunga malattia, si è costituito ufficialmente il 27 giugno 2001, ma di fatto ha iniziato ad operare come tale nel 2000. Il Gruppo, che opera in sinergia con l’Arciconfraternita, ha finalità di carattere religioso etico e formativo, oltre quello specificatamente commemorativo, come recita lo Statuto: Il Gruppo di preghiera, denominato “Carlo sei con noi” istituito per mantenere sempre vivo il ricordo del ragazzo Carlo Blefari (n. 05/11/1988 — m. 14/11/1999) salito in Cielo in tenera età dopo lunga sofferenza, è costituito da fedeli che spontaneamente si uniscono per mettere in pratica l’invito di Gesù di pregare incessantemente e di rendere testimonianza nella vita di tutti i giorni con i comportamenti dei valori cristiani, appresso indicati. / Le finalità del Gruppo non sono solo di carattere commemorativo, ma soprattutto di carattere religioso, etico e formativo. Accanto alla preghiera, attraverso la quale vengono presentate a Dio le necessità dei vivi e dei morti , gli aderenti al G. cercheranno di approfondire gli aspetti e i valori più graditi al Signore-in funzione comportamentale: l’umiltà e la carità, l’amore per gli altri e la loro accoglienza, la pazienza, l’accettazione e l’offerta gioiosa al Signore dl quello che quotidianamente ci chiede per amore suo e delle anime. / Il gruppo di preghiera si sforzerà di operare con opere di misericordia e di promuovere conoscenze e solidarietà come lievito e stimolo nella comunità. / Il gruppo vivrà ed opererà all’interno della Comunità bovalinese partecipando alla sua vita ed avrà sede presso la Chiesa di Maria SS. del Carmine in C.da Biviera di Bovalino. / Il gruppo è guidato e coordinato da un sacerdote Direttore spirituale, di gradimento del Vescovo e dallo stesso nominato. / Il Direttore spirituale sarà coadiuvato da un responsabile del gruppo nominato dal Vescovo. / Il Direttore spirituale e il responsabile cureranno che siano realizzate le finalità anzidette e che sia coordinata la vita del gruppo stesso. / Il Direttore spirituale e il responsabile durano in carica 5 anni. / Il gruppo si riunisce una volta al mese (1° venerdì alle ore 16.00) per gli aspetti e le finalità statutarie; due volte l’anno gennaio — giugno per gli aspetti organizzativi.
TRILOGIA PER CARLO (poesia di C. Ripolo)
IL “SORRISO” DI CARLO – GLI DEI HANNO UNA PARTICOLARE PREDILIZIONE / PER CHI MUORE GIOVANE. / Per tanti anni ho letto questo verso / nel testo originario greco / sulla lapide di una ragazza morta / nel momento di spiccare il volo / verso la conoscenza e l’amore. / Per tanti anni ho pensato / con dolore alla vita dei genitori / e mi sono sempre augurato / che fossero illuminati / e sorretti dalla fede. / Solo una fede forte senza riserve / che non chiede e pretende / senza limiti / può aiutare a sopportare siffatta prova / umanamente dura immane e spietata. / Anche Carlo è morto così…/ nell’età in cui i progetti non hanno limiti / e non hanno scadenza / è stato portato via / dopo lunga sofferenza / mortificando con violenza le speranze / di un’intera comunità / stretta come non mai attorno ai genitori / per lenirne il dolore / e sorreggerne la già salda fede. / E’ passato già un anno da quell’evento / per molti i ricordi cominciano a sbiadire / nella nebbia della vita di tutti i giorni / che tutto avvolge progressivamente / senza distinzione o selezione. / Io vorrei invece che il ricordo / di quell’evento infausto e drammatico / non venga subito meno / invitando tutti a colorarne i contorni / e a rinforzare le tinte. / Mi auguro che la memoria di quel fiore reciso / sia sempre con noi / attraverso i segni che ha lasciato / i suoi temi disegni gli auguri / gli interventi di amici e testimonianze autorevoli. / Vorrei che raccontassero simbolicamente / una vita normale / una personalità appena sbocciata e in rapida crescita / piena di curiosità desideri slanci speranze / una vita “data in prestito dal Signore per breve tempo…” / UNA VITA CHE SI E’ AFFACCIATA / PER UN ATTIMO / UNA VITA VISSUTA / SOLO UN GIORNO / COME QUELLA DEI FIORI PIU’ BELLI E RICERCATI. —– NONNO E NIPOTE / Nonno e nipote avevano affinità notevoli / feeling / erano in perfetta sintonia. / Naturale, spontanea, genetica. / Non solo il nome / non solo il rapporto parentale / univa nonno e nipote. / Era un rapporto privilegiato / fatto di passioni e sentimenti comuni. / Amavano insieme gli animali della grande “fattoria” / amavano, seppur timidi ma socievoli, / i momenti di aggregazione / che di stagione in stagione / animavano la vita e la cultura contadina. / Nonno e nipote avevano affinità notevoli / feeling / erano in perfetta sintonia. / Naturale ,spontanea, genetica. / Fino all’ultimo, nel lettino in coma, / durante la lunga sofferenza, / il nonno cercava con flebile voce il nipotino / o con un leggero tocco della mano. / Fino all’ultimo cercava un contatto / un modo diverso di conversare / un modo più profondo di trasmettere amore / coraggio consigli soffio vitale. / Anche lassù mano nella mano -nei prati celesti- / si ritrovano a passeggiare e a discutere / di tutte le cose e delle persone / che amavano sulla Terra. —– CARLO SEI CON NOI / Carlo sei con noi / tutte le mattine che incoraggiano lo sforzo / di dare un senso alle nostre giornate / fatte di lavoro di attesa di speranza / – e tu le riempivi di impegno scolastico gioioso / Carlo sei con noi / tutte le domeniche che vestono il tempo / dei colori della festa / sacro riposo da dedicare a Dio / e all’ozio ristoratore / – e tu le dedicavi ai giochi e agli amici prediletti / Carlo sei con noi / tutte le primavere che rinnovano la speranza / con il Cristo Risorto tra le vie del borgo / nell’esaltante geloso rito d’altri tempi / – e tu lo vivevi con attenzione curiosità e partecipazione / Carlo sei con noi / tutte le volte che il rintocco delle campane / richiamano al senso di comunità i fedeli della Biviera / uniti nella preghiera e nella conversazione leggera / sul sagrato dell’amata Chiesa / – e tu eri sempre presente con la vivacità dei tuoi anni / Carlo sei con noi / tutti i momenti che scandiscono la vita dell’uomo / nella scacchiera dove le caselle bianche si alternano a quelle nere / e gli uomini sono dei numeri o pedine / che solo a volte nei singoli scolpiscono i valori / – e tu sei stato numero pedina ma soprattutto valore / Carlo sei con noi / tutte le volte che invochiamo Dio / con la preghiera della perfezione / “aiutaci o Signore a trovare / il coraggio nel pericolo / la prudenza nell’azione / la pazienza nel dolore / l’umiltà nel successo” / – e tu sei stato sempre umile prudente paziente e coraggioso / Carlo sei con noi / tutti i giorni che portano il silenzio degli spazi infiniti / i fiori e i miracoli della natura nell’aspra terra / e il vento che accarezza le foglie degli alberi / là dove le nuvole vanno a riposare / Carlo sei con noi / tutti gli attimi che scandiscono il tempo / e svelano antichi sentori di Assoluto / i ricordi seppure dolci nella memoria / le nostalgie che ci assalgono con violenza e terrore / e accordano la brezza del mattino e il suono di violini / il pianto di un bambino / una goccia di pioggia / e tutto ciò che segnala la presenza / di un Architetto grande e misterioso / – e tu sei stato piccolo segno del suo progetto senza spazio e senza tempo (Carlo è nato il 5/11/1988 ed è volato in cielo il 14/11/1999)
ATTIVITA’ ANNO 2000
1) Un Pellegrinaggio Lourdes – Roma, che si è svolto dall’1 al 10 luglio 2000, con la partecipazione nella città di Bernadette a tutte le funzioni individuali e di gruppo, e a Roma alla Messa giubilare in San Pietro e alla benedizione all’Angelus del Santo Padre che ha salutato specificatamente il Gruppo Carlo sei con noi. Il pellegrinaggio ha ispirato riflessioni e considerazioni sintetizzate nella sottoriportata poesia di uno dei partecipanti (Carlo Ripolo): VIAGGIO A LOURDES – Ho visto e capito tante cose nella cittadina di Bernadette / con gli occhi pieni di pianto e di speranza / Ho visto pellegrini arrivare da strade lontane / carichi di storie ed esperienze diverse / tutte da capire tutte da rispettare / la stessa dignità / Ho visto la sofferenza di chi non si sente numero / ho trovato ancora vera ed umana solidarietà / Ho incontrato modelli di vita / ma anche chi non riesce a dare un senso alla sua – Ho visto e capito tante cose nella cittadina di Bernadette / con gli occhi pieni di pianto e di speranza / Ho incontrato i pellegrini dell’amore / alla ricerca di una luce e della pace / e sempre attenti alla dignità e agli altri / Ho visto uomini piangere e infermi sorridere pieni di vita / Ho incontrato saggi che sanno ascoltare ed hanno il senso della misura / Ho visto anche quelli che amano parlarsi / Ho amato i pellegrini della ricerca / Ho invidiato quelli che hanno una fede salda e duratura – Ho visto e capito tante cose nella cittadina di Bernadette / con gli occhi pieni di pianto e di speranza / Ho capito che ogni viaggio fisico / è un viaggio verso la nostra coscienza la verità / il gioco sottile della ragione e del sentimento / e la grande avventura della conoscenza / Ho visto il lungo serpente di luce / snodarsi davanti alla sacra scalinata / Ho fotografato ceri accesi di ogni grandezza / flebili fiammelle a contatto con il divino – Ho visto e capito tante cose nella cittadina di Bernadette / con gli occhi pieni di pianto e di speranza / Ho visitato la grotta santa di Massabielle / ho respirato in un’atmosfera di fede e di preghiera / Ho pure incontrato superficialità traffici e mercati / Ho capito che nulla è cambiato dai tempi di Cristo / Ho visto pellegrini pregare cantando / con voce dolce e sentimento divino / Ho visto scalare con fatica l’erta collina della Via Crucis / con gli occhi ed il cuore gonfi di gioia – Ho visto e capito tante cose nella cittadina di Bernadette / con gli occhi pieni di pianto e di speranza / Ho ascoltato una babele di lingue / che si scioglievano insieme nella preghiera / Ho vissuto brandelli di vita / già dolci nella memoria / Ho visto nel silenzio o nella preghiera farsi comunità / pellegrini realizzare la visione cristiana / dell’essere una cosa sola / Ho aggiunto un mattone al mio progetto di vita – Ho visto e capito tante cose nella cittadina di Bernadette / con gli occhi pieni di pianto e di speranza / Ho visto mani protese verso il cielo / sacri candelabri di fiori d’agavi svettanti / Ho sentito i profumi di casa mia / gli umili gerani le altere ginestre e gli oleandri / Ho visto bandiere gonfaloni e ricchi stendardi / sfarzosamente addobbati merlettati dorati colorati / Ho ammirato soprattutto modeste guide vergate con il cuore / e sul cappellino verde la significativa scritta CARLO SEI CON NOI – Ho visto sentito cercato / Ho capito trovato stanato tante cose / con gli occhi pieni di pianto e di speranza / Ho sognato ho amato ho cantato / Ho seguito ho fotografato / ho discusso e dialogato / Ho studiato ho pregato ho meditato ho contemplato / tante cose / nella cittadina di Bernadette / con gli occhi pieni di pianto e di speranza 2) Nel mese di agosto, il Gruppo si è ritrovato presso il Ristorante “Nereide” di Bianco per una serata conviviale durante la quale, tra canti balli e risate, sono stati ricordati i momenti più belli del “favoloso” viaggio a Lourdes e a Roma. 3) Memoriale – In occasione del primo anniversario della morte di Carlo (14 novembre 2000 – Chiesa di Bovalino Marina) è stato consegnata a tutti i partecipanti, al termine della funzione religiosa, la pubblicazione Carlo sei con noi, ideata e curata da Giuseppe Blefari e Carlo Ripolo. Le motivazioni e i contenuti sono indicati nell’Introduzione al libro, redatta da C. Ripolo, che viene sottoriportata: “Gli dei hanno una particolare predilezione per chi muore in giovane età”. Per tanti anni ho letto questo verso — nel testo greco — sulla lapide di una ragazza morta nel momento di spiccare il volo verso la conoscenza e l’amore; per tanti anni ho pensato con dolore alla vita dei genitori e mi sono sempre augurato che fossero illuminati e sorretti dalla Fede. Perché solo una fede forte senza riserve che non chiede e pretende senza limiti può aiutare a sopportare una prova di tale natura, umanamente dura e spietata. – Anche Carlo è morto così; nell’età in cui i progetti non hanno limiti e non hanno scadenze è stato portato via, dopo lunga sofferenza, mortificando con violenza le speranze di tutta una comunità, che si è stretta come non mai attorno ai genitori per lenirne il dolore e per sorreggerne la già solida fede. – È passato già un anno da quell’evento; per molti i ricordi cominciano a sbiadirsi nella nebbia della vita di tutti i giorni che tutto avvolge senza distinzione e/o selezione. – Noi vogliamo invece che il ricordo di quell’evento non venga meno ricolorandone i contorni e rinforzandone le tinte. – Noi vogliamo che la memoria di quel fiore reciso sia sempre con noi, attraverso i segni che ha lasciato. I suoi temi, i suoi disegni, gli auguri dei compagni, gli interventi di amici e personalità, e tutto quant’altro sarà possibile reperire e organizzare noi vogliamo che raccontino emblematicamente una vita “normale”, una personalità appena sbocciata e in rapida crescita, piena di curiosità, di desideri, di slanci, di problemi, di speranze. – Una vita che si è affacciata per un attimo, una vita vissuta solo un giorno come quella dei fiori più belli e ricercati.
ATTIVITA’ ANNO 2001
1) Iniziano gli incontri periodici: – agosto 2001. Il Gruppo si è ritrovato in una serata di agosto presso l’Azienda agrituristica del sig. Ritorto sita nel Comune di Portigliela, per una serata conviviale durante la quale, in un’atmosfera allegra e festosa, è stato visionato il filmato del pellegrinaggio a Lourdes e Fatima e ne sono stati ricordati i momenti più belli e più stimolanti. -22 settembre 2001. Il Gruppo di preghiera “Carlo sei con noi” si è riunito per la prima volta in tornata ufficiale, giorno 22/9/2001, presso la Chiesa Matrice Maria SS. Immacolata in Bovalino Superiore. Il dr. Giuseppe Blefari (capogruppo), dopo aver ringraziato i presenti ha spiegato il senso e il significato della nascita del gruppo e ne ha tracciato le finalità di carattere prettamente umanitario. Il Gruppo ha deliberato di riunirsi una volta al mese presso la chiesa di c.da Biviera. E’ seguita poi la celebrazione della Santa Messa. -14 novembre 2001. Il secondo incontro del Gruppo si è tenuto in occasione del secondo anniversario della morte di Carlo, presso la Chiesa Matrice SS. Immacolata in Bovalino Superiore. -07 dicembre 2001. Il terzo incontro si è tenuto nella Chiesa di c.da Biviera, con la presenza di quasi tutti gli iscritti. Il dr. Giuseppe Blefari, tra l’altro, ha comunicato all’assemblea che il Gruppo si ritroverà il 30/12/2001 per una cena di fine anno presso un Agriturismo del circondario. La Santa Messa è stata celebrata dall’arciprete don Emanuele Pipicella. -30 dicembre 2001. In tale data il Gruppo ha festeggiato il Natale e la fine dell’anno presso l’Azienda agrituristica del sig. Ritorto sita nel Comune di Portigliela. La partecipazione è stata quasi totale: sessanta persone hanno festeggiato e gioito. La cena è stata ricca e genuina; tutti hanno dimostrato di apprezzare le squisite pietanze, dichiarandosi soddisfatti della serata. Si è anche cantato e ballato grazie all’impareggiabile Nicola Spanò, che ha cantato e suonato la chitarra. 2) Il Pellegrinaggio “grande” di quest’anno si è svolto dal 21 luglio al 3 agosto 2001 ed ha avuto come meta Lourdes Fatima e Assisi. A Lourdes, le due giornate previste sono state dedicate alla partecipazione delle funzioni religiose e individuali e alle visite: santa messa internazionale nella basilica sotterranea, processione eucaristica, benedizione degli ammalati, fiaccolata, via crucis, bagno santo; visita alla grotta di Massabielle, alla basilica dell’Immacolata, alla cripta alla basilica sotterranea “san Pio X”, ai musei ai luoghi ricordo di S. Bernadette (le Cachot, il mulino di Boly, il mulino la Lacadè); ultimo pomeriggio visite facoltative e shopping. Anche a Fatima, le giornate sono state dedicate alle funzioni religiose e individuali e alle visite: rosario e fiaccolata, rosario e processione con l’immagine della Madonna all’altare della celebrazione, processione eucaristica, concelebrazione e processione d’addio; visita a Cova da Iria: piazzale, cappellina delle apparizioni, basilica, cappella Laus-Perenne, elce grande, monumento al Sacro Cuore di Gesù, casa di accoglienza, rettoria, casa di esercizi spirituali, muro di Berlino, croce alta, monumento al papa Paolo VI, monumento al papa Pio XII, centro pastorale Paolo VI, altro); ultimo pomeriggio visite facoltative e shopping. Il viaggio è stato commentato da Carlo Ripolo: La piccola Comunità CARLO SEI CON NOI si è messa di nuovo in cammino. Per il secondo anno consecutivo il gruppo di preghiera di Bovalino ,istituito per mantenere vivo il ricordo del giovane Carlo Blefari (5/11/1988 – 14/11/1999), salito in Cielo in tenera età dopo lunga sofferenza, e per svolgere attività varie con finalità di carattere religioso etico e formativo, ha effettuato il suo pellegrinaggio: l’anno scorso a Lourdes e a Roma per il giubileo dall’1 al 10 luglio, quest’anno a Fatima Lourdes e Assisi dal 21 luglio al 3 agosto con 58 partecipanti provenienti da diverse località della Locride. Il viaggio è stato organizzato in modo impeccabile dal dott. Giuseppe Blefari, che in questo settore ha maturato notevole esperienza per aver gestito negli ultimi anni altre iniziative di questo genere,coadiuvato dagli appassionati e infaticabili collaboratori Crupi Domenico, Tota Aiello e Totò Garreffa autista della ditta Panuzzo. Il pellegrinaggio ,compiuto per riflettere sul significato delle apparizioni della Vergine e per portare in preghiera ai piedi della Madonna i bisogni e le esigenze personali e di tutta la comunità di Bovalino e della Locride, ha vissuto diversi momenti significativi,non solo sul piano spirituale e religioso ma anche culturale e di svago,che hanno suscitato emozioni e commozione e che rimarranno sicuramente dolci nella memoria dei partecipanti. A Lourdes il Gruppo,nei due giorni previsti dal programma ha partecipato alle funzioni più importanti: la Via Crucis sull’erta collina, la Messa internazionale nella grandiosa basilica sotterranea dedicata a san Pio X, la Messa alla grotta delle apparizioni di Massabielle, la preghiera e il rosario comunitario nell’incantevole scenario notturno del parco lambito dal torrente Gave de Pau, la suggestiva fiaccolata della sera con la partecipazione di tutti i pellegrini della giornata che innalzano con le luci e i canti lodi e preghiere alla Madonna, il bagno miracoloso, la visita ai luoghi che hanno visto crescere ed operare Bernadette. A Fatima, meta nuova per tutti i partecipanti, i pellegrini, guidati egregiamente da suor Chiara, hanno vissuto nuove emozioni e momenti esaltanti di fede dinnanzi alla Cappellina delle Apparizioni che è il punto focale e di arrivo per i penitenti che in ginocchio percorrono la grande spianata che guarda il Santuario slanciato verso il cielo e durante tutte le altre manifestazioni: la visita ai luoghi che ricordano i prodigi compiuti dalla Vergine, il percorso dell’artistica Via Crucis, la visita alle tombe dei veggenti Francesco e Giacinta, la partecipazione alla sempre suggestiva fiaccolata notturna e alla Messa domenicale cara ai Portoghesi nell’affollata e assolata piazza piena di ombrelli e fazzoletti bianchi sventolanti che salutano la Madonnina in processione. A Coimbra i fedeli hanno sostato in preghiera nella Chiesa del Convento del Carmelo, che ospita in clausura la novantaquattrenne suor Lucia, e con trepidante emozione hanno affidato ad una consorella per la veggente una raccomandazione e il cappellino rosso distintivo del Gruppo per Caterina, una bambina dolce e intelligente, amata e adottata da tutti, bisognosa di cure e di preghiere. Il lungo viaggio -più di 7.000 km- è stato arricchito da altri momenti di vita e aggregazione comunitaria: le preghiere e il Rosario quotidiani sul pullman; le macarenate della vulcanica zia Pepè Panuzzo e il suo gruppo di ballo variopinto e chiassoso; le esibizioni canore del coro di voci bianche e grigie; la lettura di poesie e di notizie storiche sui luoghi attraversati; la visita guidata di Lisbona: il bellissimo quartiere di Belem con la torre e il convento di Los Jeronimos ricco di fregi, la Cattedrale, la casa natale di Sant’Antonio da Padova; le escursioni tutte interessanti alle altre città situate sul percorso: Lucca con la Cattedrale di San Martino e l’interessante Crocefisso ligneo, la cinta muraria ben conservata; la fascinosa Carcassonne; la cattedrale di Burgos con la monumentale tomba dell’eroe spagnolo El Cid e l’Arco di Santa Maria, imponente portale ornato con sette grandi statue di guerrieri, che stimolano ricordi e atmosfere di studi del mondo epico da Achille ed Ulisse ad Orlando a Re Artù e i suoi leggendari cavalieri della Tavola Rotonda; Salamanca, famosa per la sua antica e illustre Università,, con la doppia Cattedrale dalle forme e dimensioni grandiose completata in periodi e con stili diversi e la Chiesa di San Esteban decorata da moltissime sculture; Madrid visitata con veloce panoramica; Saragozza con l’imponente Basilica di Nuestra Senora del Pilar sul fiume Ebro, il più antico tempio mariano della Cristianità; Avignone con le mura e il Palazzo dei Papi ben conservati e il suggestivo ponte di Saint-Benezet; Pisa con la ricca e superba Piazza dei Miracoli; ed infine Assisi con la restaurata Basilica e la maestosa Santa Maria degli Angeli. Tutti gli aspetti organizzativi e non sono stati curati in maniera precisa e puntuale dal responsabile dott. Blefari, che con abile regia ha curato i rapporti esterni, ha organizzato i festeggiamenti per alcune ricorrenze con gioiosa sorpresa degli interessati e, cosa non usuale nei viaggi organizzati, ha gestito la distribuzione continua di acqua, bevande, tè, pasticcini e generi alimentari vari . Al rientro i partecipanti al viaggio si sono salutati con la promessa di far lievitare nelle rispettive comunità di provenienza i doni ricevuti e di essere presenti al pellegrinaggio del prossimo anno, mentre già sullo schermo dei ricordi scorrevano, come in un video -che pure è stato realizzato dagli operatori di turno-, le immagini di alcuni protagonisti spontanei che hanno caratterizzato il lungo viaggio: il capo Giuseppe Blefari autoritario e premuroso, la paziente e gentile consorte, le dolci figlie Concettina e Mariangela, l’estrosa e pimpante zia Pepè, i coniugi Romeo che hanno festeggiato l’anniversario dei 25 anni di matrimonio insieme al gruppo, Tota Aiello sempre disponibile e per la quale anche gli aggettivi superlativi sono riduttivi, la dolcissima Caterina che in poco tempo si è conquistata la simpatia e l’amore di tutto il gruppo, il rag. Crupi struttura portante dell’intera organizzazione, il sig. Macrì Francesco ottima guida spirituale, la sig. Rosanna Cesare sempre premurosa attiva e presente, i tre autisti che si sono alternati alla guida Totò Salvatore e Francesco sempre attenti prudenti e tolleranti, Nicola il chitarrista straordinario come musicista e nella sensibilità umana e spirituale; e poi…..tutti gli altri. (Agosto 2001)
ATTIVITA’ ANNO 2002
1) Diversi gli incontri periodici del gruppo: -04 gennaio 2002. Il primo incontro del Gruppo nel nuovo anno si è tenuto il 4 gennaio 2002 alle ore 17.00, presso la chiesetta di c.da Biviera. La giornata è stata funestata dalla prematura scomparsa dell’amico e fratello di confraternita Enzo Dama. Una buona parte del gruppo ha partecipato ai funerali tenutisi nella Chiesa Maria SS. Immacolata in Bovalino Superiore, in una giornata molto fredda e dinnanzi ad una marea di gente. Il dr. Blefari alla fine dell’incontro, dopo aver ringraziato tutti per la presenza, ha comunicato ai presenti che il prossimo incontro si terrà l’1 febbraio 2002 alle ore 16.00, sempre alla Biviera, sollecitando tutti a partecipare e anticipando la presenza dei frati francescani come celebranti. La Santa Messa è stata celebrata dall’arciprete don Emanuele Pipicella. -01 febbraio 2002. Il 1° febbraio 2002 (primo venerdì del mese), alle ore 16.00, si è riunito, come già concordato precedentemente, presso la chiesa di c.da Biviera, il Gruppo di preghiera “Carlo sei con noi”. Alla presenza di un folto gruppo, con la partecipazione di nuove persone, abbiamo dapprima recitato il Santo Rosario e successivamente è stata celebrata la Santa Messa da padre Alberto, parroco della parrocchia San Nicola di Bari. Il dr. Blefari, dopo la celebrazione ha ringraziato tutti per la partecipazione ed ha comunicato ai presenti che, martedì 5 febbraio p.v., alle ore 12.00, ha fissato un appuntamento con Sua Eminenza il vescovo per comunicargli la costituzione e gli scopi del gruppo. Infine ha illustrato per sommi capi il programma del pellegrinaggio, che il gruppo intende affrontare a luglio prossimo a Mediugorie in Bosnia-Erzegovina, uno degli stati costituitosi dopo lo smembramento della ex Iugoslavia. Il programma definitivo sarà comunicato al gruppo durante il prossimo incontro fissato per il 1° marzo, dopo aver ascoltato e recepito le esigenze dei singoli partecipanti. -05 febbraio 2002. Oggi 5 febbraio 2002 alle ore 12.00, i sigg. Giuseppe Blefari, Francesco Macrì, Pasquale Audino e Domenico Crupi sono stati ricevuti, dopo un’attesa di più di un’ora, nella sede vescovile di Locri da S.E. il vescovo Giancarlo Maria Brigantini. Il prof. Blefari ha partecipato al vescovo l’esistenza del gruppo di preghiera “Carlo sei con noi” che con cadenza mensile si riunisce presso la chiesetta di c.da Biviera ed ha evidenziato a Sua Eminenza la necessità di avere una guida spirituale continua. Ha comunicato inoltre che nell’ultimo incontro è stata molto gradita la presenza attiva di padre Alberto. Il vescovo ha dimostrato interesse e ha chiesto informazioni circa il numero dei soci, della cadenza delle riunioni e delle preghiere recitate. Nell’occasione al vescovo è stato illustrato il problema della Chiesa di c.da Pozzo e Bovalino Superiore per l’età avanzata e la salute malferma del parroco don Emanuele Pipicella. Il vescovo, che si è dichiarato soddisfatto di questa iniziativa, si è impegnato a risolvere le problemati-che della parrocchia di Pozzo e Bovalino Superiore. -1 marzo 2002. Oggi 1° marzo 2002, alle ore 16.00, presso la chiesa di c.da Biviera, si è riunito il gruppo di preghiera “Carlo sei con noi”. Alla presenza di una trentina di persone abbiamo recitato prima il Santo Rosario e poi celebrato la Messa presieduta dal sacerdote. Al termine il capogruppo ha ragguagliato i presenti circa il programma del pellegrinag-gio in programma per luglio p.v. -5 aprile 2002. Il 5 aprile 2002 (1° venerdì del mese) alle ore 16.00, presso la chiesa di c.da Biviera, si è riunito il gruppo di preghiera “Carlo sei con noi”. Dopo avere illustrato per sommi capi il programma del pellegrinaggio di Mediugorie previsto per i primi di luglio, l’incontro è iniziato con la preghiera del SS. Rosario e successivamente la celebrazione della SS. Messa. Al termine il sig. Macrì Francesco ha ringraziato tutti per la partecipazione. -3 maggio 2002. L’incontro si è svolto presso la Chiesa di Maria SS. Del Carmine di C.da Biviera: è iniziato con la recita del Rosario e si è concluso con la celebrazione della Santa Messa. – Con le stsse modalità si sono svolti gli incontri degli altri mesi, da giugno a dicembre. 2) Il Pellegrinaggio principale di quest’anno si è svolto dal 3 al 9 luglio 2002 ed ha avuto come meta Medjugorie in Bosnia Erzegovina. “Cari figli! Oggi gioisco con voi e prego con voi per la pace: pace nei vostri cuori, pace nelle vostre famiglie, pace nei vostri desideri, pace in tutto il mondo. Il Re della Pace oggi vi benedica e vi dia la pace: Io vi benedico e porto ognuno di voi nel mio cuore. Grazie per aver risposto alla mia chiamata!” (Dai messaggi alla Parrocchia di Medjugorie, domenica 25 dicembre 1994) Il pellegrinaggio ha ispirato riflessioni e considerazioni sintetizzate nella sottoriportata poesia di uno dei partecipanti (Carlo Ripolo): MEDJUGORJE, TRA I MONTI – Chi ha fede forte / e duratura / trova conferme. / Chi ha fede tiepida / e non radicata / trova la possibilità di rafforzarla. / Chi è dubbioso / e alla ricerca di un senso / a Medjugorje / trova emozioni. / Chi è scettico / perde sicurezza. – Il frinire delle cicale / ha sempre evocato / immagini eidetiche / ed espressioni poetiche, / mi ha sempre stimolato / a volare alto / con ali sicure / e non posticce. / Quelle di Medjugorje / mi avvicinano anche / a Dio / e al mistero del Creato. – Una chiesa uguale a tante, / due campanili visibili / a distanza, / una vallata ricca di fermenti, / le colline a circolo, / due grandi croci / a sentinella e guida. / Una marea di pellegrini / bisognosi di risposte certe / assetati di eterno / e insaziabili di pane / divino. – E’ un evento / che sfugge ad ogni logica / –come tutti i fatti similari / di tutti i tempi / e di ogni realtà geografica- / ha i caratteri della verità irrazionale / insondabile / parallela / sfuggevole / alle umane potenzialità / non completamente gestibili / e sfruttabili nella variegata interezza. – Su scaglie di roccia viva, / per fede o per conoscenza, / i pellegrini oranti / si arrampicano / per l’erta lunga via / del Podboro / nelle forme più inusitate / e del Krizevac / per la viacrucis / a piedi nudi e in ginocchio / davanti ai segni / della presenza di Maria. – Quante coincidenze / quante situazioni! / Nate lontane tra di loro / che si incrociano / e si ripropongono. / Quante conversioni! / Quanti fatti / non sempre comprensibili, / in questo posto misterioso / e dai simboli esoterici./ Umani limiti / verità divine. – E’ un fervore di iniziative / religiose economiche e culturali. / La Comunità di recupero di matrice religiosa / vive nel sociale e a suo totale carico benefico / per la grande intuizione della piccola suora Elvira. / Il valoroso ed eroico padre Slavko / morto a somiglianza di Gesù, / già santo nei discorsi della gente, / continua l’opera di conversione arricchimento / e valorizzazione del grande evento / nel luogo isocronico / tra la chiesa e l’amata croce. – Grande emozione ai piedi della croceblu / nella piccola valle accidentata / per i numerosi e curiosi spettatori indiretti / della sacra visione al veggente Ivan / in attesa sotto il cielo stellato / tra cori e canti di preparazione, / con la sgradevole sensazione / che il miracolo e l’evento eccezionale / siano vissuti dai più / come qualsiasi fatto umano / abituale abitudinario / quotidiano e commerciale. – Piccolo grande miracolo / in un piccolo povero villaggio / di una piccola comunità / cattolica / indifesa / osteggiata / e continuamente offesa / nel tentativo / di affermare e diffondere / come vuole Maria / l’ennesima parola / di pace e di speranza. – Chi ha fede forte / e duratura / trova conferme. / Chi ha fede tiepida / e non radicata / trova la possibilità di rafforzarla. / Chi è dubbioso / e alla ricerca di un senso / a Medjugorje / trova emozioni. / Chi è scettico / perde sicurezza.
ATTIVITA’ ANNO 2003
1) Tutti i primi venerdì del mese, il Gruppo di preghiera “Carlo sei con noi” si è riunito presso la Chiesa di Maria SS. Del Carmine di C.da Biviera per la recita del Rosario, la celebrazione della Santa Messa e per discutere di problematiche inerenti l’organizzazione del gruppo e dei pellegrinaggi. Nel mese di settembre il Gruppo si è riunito, in occasione della festa dell’Immacolata, presso la Chiesa Maria SS. Immacolata di Bovalino Superiore. 2) Tra i pellegrinaggi dell’anno, uno al Santuario della Madonna di Montestella e a Serra San Bruno, un altro a Paola (maggio 2003), in occasione dell’offerta dell’olio al Santuario da parte dei Comuni di Bovalino e Savelli e della Provincia di Crotone e un altro ancora a Pompei, Pietralcina, Piana Romana, Monte Sant’Angelo, San Giovanni Rotondo, Santuario dell’Incoronata – Foggia dal 17 al 19 ottobre 2003.
ATTIVITA’ ANNO 2004
1) Anche quest’anno tutti i primi venerdì del mese, il Gruppo di preghiera “Carlo sei con noi” si è riunito presso la Chiesa di Maria SS. Del Carmine di C.da Biviera per la recita del Rosario, la celebrazione della Santa Messa e per discutere di problematiche inerenti l’organizzazione del gruppo e dei pellegrinaggi. Nel mese di settembre il Gruppo si è riunito, in occasione della festa dell’Immacolata, presso la Chiesa Maria SS. Immacolata di Bovalino Superiore. 2) Tra i viaggi, escursione a Camigliatello (gennaio 2004) e pellegrinaggio a Paola (maggio 2004). 3) Il Pellegrinaggio principale dell’anno si è svolto dall’1 al 12 luglio 2004 ed ha avuto come meta Lourdes e altri centri religiosi intermedi come Torino e Assisi. – Dal Diario di bordo della pellegrina Tota Sacco le riflessioni e le considerazioni sul pellegrinaggi: Come da programma, si parte alle ore 14,30 del 1° luglio, dalla galleria con il pullman della ditta Panuzzo. Puntuale e preciso, Totò, l’autista fa sistemare bagagli e passeggeri. Al suo fianco, il secondo conducente-proprietario Francesco, il bel tenebroso! Il tempo di guardarci intorno e già Bovalino è alle nostre spalle, si vola verso Ardore e Locri, dove salgono altri pellegrini. In tutto 48 + Vincenzino di tre anni che fin dall’inizio diventa la mascotte del gruppo. E’ il primo luglio ed è il primo giorno di un lungo pellegrinaggio che si concluderà giorno 12. Fatto l’appello, distribuiti i cappellini bianchi, con la scritta “Carlo sei con noi”, denominazione del gruppo di preghiera, si parte verso la prima meta che sarà Varallo. La notte si viaggia in pullman ed è una notte alquanto insolita: un po’ fredda, un po’ calda, un po’ insonne ed un po’ scomoda, ma in compenso è ricca di fermate… per il bagno, all’autogrill. Così passa la notte, e finalmente nella prima mattinata del 2 luglio arriviamo al sacro monte di Varallo (vc), 600 metri sul livello del mare. Ci accoglie una località di montagna immersa nel verde, assieme a una grandissima frescura e a un maestoso paesaggio. I pellegrini, con il loro cappellino bianco sembrano tante formichine che si aggirano attorno alle 45 cappelle che ritraggono al vero, la vita, la passione e la morte del Redentore. Il tutto ruota attorno alla Basilica dove la Vergine Assunta è venerata nella grandiosa cupola, al di sotto della quale è ricordato il suo transito. Si parte dalla cappella dell’Annunciazione e attraverso le altre 44 si giunge a quella della morte di Gesù. Il grandioso monumento di fede e arte è stato fondato nel 1486. Le sue 45 cappelle accolgono 1000 statue e 4000 figure a fresco. Lo spettacolo che appare ai nostri occhi è unico e ci lascia attoniti e stupiti. Le numerose statue, in discreto stato di conservazione, rappresentano in maniera realistica tanto da sembrare vere, i sentimenti umani di rabbia, crudeltà, violenza, cattiveria ecc. Accaldati dopo un lungo giro, durante il quale si è potuto anche ammirare dall’alto la cittadina attorniata dal verde e attraversata dalla funivia, siamo ritornati al pullman, dopo esserci ristorati ad una invitante fontanella con parecchi zampilli. Di nuovo in viaggio verso la meta “il ristorante”vicino a Torino, che manco a dirlo è di proprietà di un paesano. Baci, abbracci, tanta fame, un pranzo luculliano e festa alla calabrese! Contenti e appanciati, saliamo sul pullman che ci porterà verso la nuova meta, Oropa (Bi). Dopo un po’ di strada di montagna saliamo attraverso i tornanti che arrivano a 1800 metri. Lo spettacolo che appare ai nostri occhi è maestoso e rilassante insieme. Uno scenario naturale, costituito da montagne in cui è incastonato un complesso edilizio che ricorda vagamente la basilica di San Pietro. L’inizio della costruzione risale al 1700 ed è continuata negli anni. Pare che al progetto abbia contribuito anche Juvara. La parte più alta si raggiunge attraverso centinaia di scalini che portano alla nuova basilica. Ai lati del primo piazzale ci sono 2 stupendi chiostri in restauro e la vecchia chiesa dove abbiamo ascoltato la messa. Nell’aria fresca e leggera dell’alta montagna regna la pace e la serenità che viene assorbita da ogni poro del nostro essere. Più tardi, durante il percorso, la visita del santuario, il sole picchia forte e gli occhi diventano due fessure che ci permettono di vedere un pozzo sormontato da una fontana posto al centro del grande piazzale. La fontana ha la forma di una coppa, ai cui bordi pendono delle catene a cui sono attaccati grossi mestoli che servono ad attingere l’acqua senza bagnarsi. Ma prima di bere bisogna buttare una monetina dentro al pozzo, per la manutenzione del santuario; è una specie di pedaggio che tutti, data la sete e la curiosità abbiamo pagato volentieri. La sera scende fredda, i maglioni spuntano fuori dalle valigie, e arriva l’ora di cena. Il ristorante “Croce Bianca” si trova all’interno del chiostro di San Sebastiano che ospita pure il museo locale. Dopo una parca e veloce cena, si va a riposare. E’ il primo pernottamento; la stanchezza è visibile su ogni volto. La mattina dopo si parte per Torino. E’ il 3 luglio. Breve visita della città: piazza Castello, Mole Antonelliana, piazza Vittorio Veneto. Visita al Duomo, alla cappella della Sacra Sindone e quella di Stupinigi. Nel pomeriggio si va a Castel Nuovo per visitare il colle Don Bosco, un complesso immerso nel verde su una dolce collina. Durante la breve visita visitiamo i luoghi cari a Don Bosco: la casetta del beato, il monumento a Giovannino giocoliere, il museo della vita contadina, il santuario di Maria ausiliatrice, il monumento a Mamma Margherita, madre del beato e il tempio di Don Bosco con la sua chiesa Superiore e Inferiore. Visitare questi luoghi ha voluto dire riscoprire e conoscere nella straordinaria personalità di don Bosco, del suo pensiero e della sua opera diffusa in tutto il mondo. Nel tardo pomeriggio incontriamo il nostro amato sindaco prof. Carpentieri, e trascorriamo insieme qualche ora in sua compagnia. Poi partenza per Bardonecchia, (4 luglio), ultima tappa prima di percorre la strada che ci porterà a Lourdes, a sud della Francia, cuore del nostro pellegrinaggio. Dopo aver predisposto l’animo con preghiere, rosari e canti, mirabilmente condotti dalla stupenda voce di Rosella, e informati da Pepè sulla storia delle apparizioni della Madonna e sulla vita di Bernadette Soubiraus, attraverso un video, arriviamo a destinazione la sera del 5 luglio, verso le ore 21,00, accolti dalla luce di un opaco sole; una cosa strana, ma laggiù a quell’ora la notte arriva tardi, come accade nei paesi nordici. A Lourdes rimaniamo 3 giorni e 4 notti (6,7,8 luglio); è un breve e lungo tempo che ogni pellegrino vive intensamente integrando ogni minuto della giornata. Varcato il cancello, ci accoglie la statua dell’Immacolata. E’ l’inizio del nostro cammino. Di fronte alla basilica, costruita al tempo di Bernadette, vi è l’esplanade, sempre piena di gente. Ognuno ha il cuore colmo di emozione e sensazione. Tutti pregano: chi per la salute dell’anima, chi per la guarigione del corpo. Sul viso di ogni pellegrino c’e’ tanta speranza, tanta volontà di cambiamento, estasi per aver trovato la pace interiore, serenità e bontà che si fondono in un timido e aperto sorriso verso il vicino. A Lourdes tutti sorridono! E’ un mondo diverso, una nuova dimensione di vita, un mondo di pace a tutto campo. Sembra di camminare in un mondo ovattato. Ci tuffiamo completamente in questa avvolgente spiritualità cercando di viverla in ogni minuto: preghiere, canti, processione eucaristica. La mattina facciamo la via Crucis, la sera, all’imbrunire, la fiaccolata. Un rito suggestivo, a cui né i malati in carrozzella, né le persone sane possono mancare. Lo scenario visto dall’alto dell’esplanada, illuminata con le “flambeaux” è veramente unico e splendente. Dopo lunghe ore di fila, davanti alle cabine, molti di noi riescono a fare il bagno nell’acqua gelida, che ti riscalda l’animo! E’ un’esperienza purificatoria che tutti vogliono fare. La sera si ascolta la Santa Messa nella basilica Pio X, dove canti e preghiera in tutte le lingue si fondono in un’unica musica celestiale e in una sola concezione spirituale che fanno accapponare la pelle!. Le note di una tromba magistralmente sonata, si levano tenere, forti e melodiosi verso il cielo, ti rapiscono e ti fanno passare un momento di pura bellezza e di intensa armonia. Per la prima volta comprendo che voglia dire il suono delle trombe degli angeli che lodano Dio. Usciamo dalla messa internazionale rapiti da tale bellezza, sereni, leggeri, quasi soavi, il peso del corpo sembra essersi annullato, avvertiamo una dimensione di perfetto equilibrio, lasciando fuori le fatiche del mondo. Durante il pomeriggio dell’ultimo giorno, lasciamo temporaneamente questo piccolo paradiso terrestre per visitare le grotte di Betarram, una località a qualche chilometro da Lourdes. Entrati nella grotta, accompagnati dalla guida, ci appare uno spettacolo inimmaginabile e allo stesso tempo inquietante. Grosse caverne scavate dall’acqua si antepongono e si susseguono a piccoli cunicoli, entrambi di natura calcarea. Il gocciolio dell’acqua, durante i millenni, ha formato le stalattiti, le stalagmiti che hanno dato vita a figure gigantesche e straordinarie. Nelle varie grotte si possono ammirare una grossa campana, un Buddha, la sala dei lampadari, quella dell’elefante, la voragine… sembra di stare tra i gironi danteschi. Le grotte, conosciute fin dal 1845, comprendono cinque piani sovrapposti, simili a quelli di una casa, piani erosi in epoca diverse: per percorrere tutti i piani sono occorse due ore di difficile cammino attraverso 100 scalini di pietra molto sdrucciolevoli, piccoli e fangosi camminamenti, ponticelli di tavola sul fiume sotterraneo, e per uscire, abbiamo attraversato il lago con una barca, e finalmente siamo saliti su un trenino, che ci ha portati a rivedere la luce del sole! Un applauso liberatorio, un meritato spuntino e partenza verso Lourdes. La sera prima della partenza ci troviamo davanti alla grotta di Massabielle. Qualcuno dei pellegrini è già venuto e ha già pregato inginocchiandosi nel punto in cui la Vergine apparve a Bernardette. Gli altri che vengono per la prima volta, affrettano il passo per vedere l’immagine bianca della Madonna stagliarsi nel verde della roccia. Tutti vogliono toccare, vedere, accarezzare il santo luogo. Gli occhi di parecchi sono lucidi, qualcuno sosta li da ore, ma tutti sono li in preghiera. Prima di lasciare il luogo, meta centrale del nostro cammino facciamo una preghiera di gruppo.Dopo le flombeau, al di là del fiume Gave, recitiamo il rosario.E’ una esperienza unica .La forza della preghiera unita al fascino del luogo illuminato portano nel cuore un grande abbandono misto ad un po’ di tristezza per la partenza. Le Ave Maria scorrono una dopo l’altra come l’acqua del fiume che pare ci porta lontano dai nostri pensieri e dai nostri affanni. “Ave Maria prega per noi” risponde Vincenzino ancora sveglio e con la voce squillante. Lentamente c’incamminiamo verso l’uscita, dopo un ultimo saluto alla Madonna, qualcuno si gira, guarda ancora un’ultima volta, un sorriso… una lacrima, “chissà quando ritornerò”, ma è giunta l’ora di ripartire. La mattina dell’otto luglio ci vede salire sul pullman salutati da un’aria pungente e dalla Signora Genoeffa che non fa altro che ringraziarci sorridendo e facendo ciondolare la testa in avanti con ritmo continuo. Au revoir. Partenza per Nizza. Lungo il tragitto ci fermiamo al ristorante Elefant a Nimes per pranzare. Ci buttiamo voracemente sulla pasta alla carbonara, che niente ha da spartire con besciamella ,cream caramelle, mostarda pasta scotta come contorno e potage, tanto potage! A sorpresa si festeggia il compleanno di Dormo, con torta e spumante tassativamente italiani. Riprendiamo il viaggio, in serata si arriva a Nizza. Dopo la passeggiata sulla Promenade des Anglais , sistemazione in hotel cena e a letto. La stanchezza ha vinto tutti. Nono giorno. Partenza per l’Italia. Prima tappa Pisa. Varcato il confine italiano i cellulari cominciano a squillare. Qualcuno canta l’inno nazionale. Arrivati a Pisa, visitiamo Piazza dei Miracoli col suo Battistero, la chiesa, il Cimitero e la Torre che pende sempre. Qualche foto e subito partenza verso Assisi. Siamo arrivati al decimo giorno. In programma c’è la visita al Monte Verna. Lungo il percorso abbiamo potuto ammirare il paesaggio dell’Appennino Toscano in provincia di Arezzo con le sue dolci colline arrotondate, dal colore unico, azzurro viola. La visita al Santuario e la spiegazione di padre Leopoldo Brilli sono state veramente cariche di significato e ci hanno fatto capire meglio la figura ed il messaggio di Francesco. La conoscenza dei luoghi, dove il Santo ha vissuto, il Corridoio delle Stimmate, il Sasso Picco, la Grotta dove pregava e dormiva, ci hanno reso tangibile il messaggio di umiltà, di semplicità e di amore di Francesco che continua ad affascinare molti giovani. La Verna, meta continua di pellegrini, che aiuta a ritrovare se stessi con la bellezza della natura e col silenzio del luogo innalzandoli verso il Divino. Decimo giorno.Visita alla città di Assisi. Le mete ad Assisi sono state: La Porziuncola, Santa Maria degli Angeli dove il Santo ricevette le stimmate e dove arde sempre una fiaccola, ed ancora la Basilica Superiore ed Inferiore già restaurate dopo il terremoto, ed infine, shopping tra le viuzze caratteristiche della cittadina. Rientrati in albergo, dopo una lauto pranzo, partenza alle ore 15.00 per il rientro a casa. Il viaggio di ritorno è stato tranquillo a causa della stanchezza accumulata, ma carico di interiorità acquisita dalle innumerevoli esperienze vissute. Sicuramente, ciascuno dei partecipanti è una persona migliore! (Una dei quarantanove partecipanti). – Il pellegrinaggio ha inoltre ispirato la sottoriportata Filastrocca cantata di Annunziata Andrizzi, sulle note della popolare “Marianna va in campagna”: ·La Marianna che va in campagna quando il sole tramonterà,/ tramonterà,/ chissà quando,/ chissà quando ritornerà. ·Si organizza un viaggio/ ci si ritrova alla galleria/ dove insieme a Totò/ c’è Vincenzo e Maria. ·La Marianna che va in campagna quando il sole tramonterà,/ tramonterà,/ chissà quando,/ chissà quando ritornerà. ·Bagagli e pellegrini/ sembra una stazione/ arriva padre Giuseppe/ e dà il via alla benedizione. ·La Marianna che va in campagna quando il sole tramonterà,/ tramonterà,/ chissà quando,/ chissà quando ritornerà. ·Si chiede “siete pronti?”/ si dice insieme “Si-i-i!”,/ osservate che sorriso/ fa il capogruppo Ciccio Macrì. ·La Marianna che va in campagna quando il sole tramonterà,/ tramonterà,/ chissà quando,/ chissà quando ritornerà. ·Siamo tanti amici/ ci sentiamo tutti uniti/ l’abbiamo pensato/ e siamo poi partiti. ·La Marianna che va in campagna quando il sole tramonterà,/ tramonterà,/ chissà quando,/ chissà quando ritornerà. ·Si va in autostrada/ e lunga è la sosta/ per fare la pipì/ sembra la fila della posta. ·La Marianna che va in campagna quando il sole tramonterà,/ tramonterà,/ chissà quando,/ chissà quando ritornerà. ·E Pepè vieta a tutti/ la pillola diuretica/ perché bisogna poi pagare/ con carta magnetica. ·La Marianna che va in campagna quando il sole tramonterà,/ tramonterà,/ chissà quando,/ chissà quando ritornerà. ·Una bella comitiva/ “Carlo sei con noi”/ che dopo la preghiera/ va in cerca della zuppiera. ·La Marianna che va in campagna quando il sole tramonterà,/ tramonterà,/ chissà quando,/ chissà quando ritornerà. ·Sorseggia il “potage”/ un piatto alla francese/ ma dopo il primo assaggio/ sogna la cucina bovalinese. ·La Marianna che va in campagna quando il sole tramonterà,/ tramonterà,/ chissà quando,/ chissà quando ritornerà. ·Due calze unite/ ha trovato il ragioniere Pelle/ e per la laboriosa divisione/ stava perdendo la colazione. ·La Marianna che va in campagna quando il sole tramonterà,/ tramonterà,/ chissà quando,/ chissà quando ritornerà. ·Ed è subito intervenuto/ il compagno Mimmo Crupi/ che rivolgendosi al personale/ ha risolto il malaffare. ·La Marianna che va in campagna quando il sole tramonterà,/ tramonterà,/ chissà quando,/ chissà quando ritornerà. ·Un’amica silenziosa/ ha sofferto durante il viaggio/ ma dopo i sapori della Sicilia/ canta ed è …… un’altra Ausilia. ·La Marianna che va in campagna quando il sole tramonterà,/ tramonterà,/ chissà quando,/ chissà quando ritornerà. ·E brava nonna Rosa/ che con la sua bacchetta/ alle grotte di Betheraam/ è salita sulla barchetta. ·La Marianna che va in campagna quando il sole tramonterà,/ tramonterà,/ chissà quando,/ chissà quando ritornerà. ·Ed per suo compleanno/ al signor Dorino/ gli è presa la lacrimuccia/ sembrava un bambino. ·La Marianna che va in campagna quando il sole tramonterà,/ tramonterà,/ chissà quando,/ chissà quando ritornerà. ·Nella bella Nizza/ Salvatore e Maria/ mano nella mano/ imboccavano la via. ·La Marianna che va in campagna quando il sole tramonterà,/ tramonterà,/ chissà quando,/ chissà quando ritornerà. ·E Titta con la scusa/ dei brindisi perfetti/ riceveva dalle donne/ tanti bei bacetti. ·La Marianna che va in campagna quando il sole tramonterà,/ tramonterà,/ chissà quando,/ chissà quando ritornerà. ·E non vi dico la Maria/ con che meraviglia/ guarda il suo Titta/ e tutta si scompiglia. ·La Marianna che va in campagna quando il sole tramonterà,/ tramonterà,/ chissà quando,/ chissà quando ritornerà. ·Per colpa di Genoeffa/ e del suo menù artificiale/ non vi dico che disordine/ a livello intestinale. ·La Marianna che va in campagna quando il sole tramonterà,/ tramonterà,/ chissà quando,/ chissà quando ritornerà. ·Non riuscendo a camminare/ si fermava alla panchina/ nei pressi del vasto piazzale/ per riposare il signor Pasquale. ·La Marianna che va in campagna quando il sole tramonterà,/ tramonterà,/ chissà quando,/ chissà quando ritornerà. ·E tre signore belle/ formavano un terzetto/ marciavano insieme/ ed a braccetto stretto. ·La Marianna che va in campagna quando il sole tramonterà,/ tramonterà,/ chissà quando,/ chissà quando ritornerà. ·I nostri piccolini/ ci hanno sopportato/ quando a perdifiato/ abbiamo noi pregato. ·La Marianna che va in campagna quando il sole tramonterà,/ tramonterà,/ chissà quando,/ chissà quando ritornerà. ·Evviva le nostre coppie/ che hanno partecipato/ e qui il loro amore/ hanno infine coronato. ·La Marianna che va in campagna quando il sole tramonterà,/ tramonterà,/ chissà quando,/ chissà quando ritornerà. ·E Francesco sopportava/ paziente la compagnia/ ma intanto ogni sera/ se la svignava via. ·La Marianna che va in campagna quando il sole tramonterà,/ tramonterà,/ chissà quando,/ chissà quando ritornerà. ·Non ci conosceva bene/ la cara Francesca/ che venendo a questo viaggio/ ha avuto un gran coraggio. ·La Marianna che va in campagna quando il sole tramonterà,/ tramonterà,/ chissà quando,/ chissà quando ritornerà. ·Mariolina e Marietta/ è una coppia perfetta/ quando l’una avanzava/ l’altra subito indietreggiava. ·La Marianna che va in campagna quando il sole tramonterà,/ tramonterà,/ chissà quando,/ chissà quando ritornerà. ·E se anche la zia Ada/ ogni tanto ha perso la strada/ l’abbiamo sempre ritrovata/ concludendo questa bella camminata. ·La Marianna che va in campagna quando il sole tramonterà,/ tramonterà,/ chissà quando,/ chissà quando ritornerà.
ATTIVITA’ ANNO 2005
I) – Tutti i primi venerdì del mese, il Gruppo di preghiera “Carlo sei con noi” si è riunito presso la Chiesa di Maria SS. Del Carmine di C.da Biviera per la recita del Rosario, la celebrazione della Santa Messa e per discutere di problematiche inerenti l’organizzazione del gruppo e dei pellegrinaggi. Nel mese di settembre il Gruppo si è riunito, in occasione della festa dell’Immacolata, presso la Chiesa Maria SS. Immacolata di Bovalino Superiore. -14 novembre 2005. L’ incontro del Gruppo si è tenuto, in occasione del sesto anniversario della morte di Carlo, presso la Chiesa della Biviera alle ore 16.00. E’ stata celebrata la S. Messa e recitata la coroncina della Divina Misericordia, unitamente a canti e alle seguenti preghiere: a) “Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a Te, o Dio”. Quando i petali del suo essere si aprirono al sole della vita, Carlo iniziò il pellegrinaggio verso il Signore per adorarlo in spirito e verità. Vi sono fiori di tale e tanta fragranza che, se pure hanno corta vita, lasciano tutto intorno un tale soavissimo profumo che sembra si siano appena dischiusi ai tiepidi raggi del sole primaverile, per cui molti ne vanno tuttora dolcemente inebriati. Questo fenomeno succede spesso anche nel campo spirituale, nei verdi giardini in cui pasce l’agnello immacolato, i cui fiori olezzanti di ogni virtù coltiva la mano di Dio. E sembra che l’Altissimo ne faccia spuntare alcuni ricchi di tale fragranza che lasciano di sé una tale ammirazione che, né col passare degli anni e né col mutare degli venti, si possono dimenticare. Uno di questi fiori è stato certamente Carlo! Carlo…! Da quando sei andato via ci hai lasciato un vuoto che allo stesso tempo si colma ogni volta che pensiamo alle tue dolci parole, ogni volta, quando ci ritroviamo ogni primo venerdì del mese tutti insieme col Gruppo di preghiera “Carlo sei con noi”, ricordandoti nella preghiera; e in ogni pellegrinaggio fatto in tuo onore. Tutto questo perché possa rimanere sempre vivo nel nostro cuore il ricordo di te Carlo. Dentro di noi è rimasto qualcosa…! In ciascuno di noi, Carlo ha seminato qualcosa di bello, di vero, di grande. Grazie Carlo! b) Preghiera. La “Luce Eterna”/ splenda su coloro / che hanno già portato a termine / il pellegrinaggio terreno / mediante la fede. / Che in questa luce / vedano Dio “come Egli è”. / Che diventi per loro accessibile / il volto di colui / che “abita una luce inaccessibile”! / Che li abbracci / e li penetri la Luce / della Gloria di Dio!7 Amen.(Giovanni Paolo II) -25 novembre 2005. Morte di Don Mimmo Lamberti. Il Gruppo di preghiera ha partecipato in forma solenne ai funerali a Paulonia Superiore e ha espresso il suo cordoglio con un necrologio pubblico. -02 dicembre 2005. L’incontro del Gruppo, al primo venerdì del mese, è avvenuto nella cappella dell’Immacolata a Bovalino Superiore, durante la novena dell’Immacolata, alla presenza di 53 iscritti. -08 dicembre 2005. Il gruppo ha partecipato alla festa liturgica dell’Immacolata, alla presenza di Sua Eccellenza il vescovo Brigantini, che ha celebrato la Santa Messa delle ore 6.00. -30 dicembre 2001. In tale data il Gruppo, in agape fraterna e gioiosa, ha festeggiato il Natale e la fine dell’anno presso l’Hotel Ristorante Costa Blu sito in Contrada Mandorleto nel Comune di Locri. All’incontro, che è servito anche per discutere sulle attività e sui pellegrinaggi del prossimo anno, hanno partecipato 42 persone del gruppo. – II) Il Pellegrinaggio principale di quest’anno si è svolto dal 19 al 28 luglio 2005 ed ha avuto come meta Medjugorie in Bosnia Erzegovina. “Cari figli, oggi, in questo giorno di grazia con il piccolo Gesù tra le braccia, vi invito in modo particolare ad aprire i vostri cuori e a cominciare a pregare. Figlioli, pregate Gesù affinché nasca nel cuore di ciascuno di voi e cominci a governare nella vostra vita. Pregatelo affinché vi dia la grazia di poterlo riconoscere sempre e in ogni uomo. Figlioli, cercate da Gesù l’amore perché solo con l’amore di Dio potete amare Dio e tutti gli uomini. Vi porto tutti nel mio cuore e vi dono la mia materna benedizione.” (Messaggio del 25 dicembre 2004) – Il pellegrinaggio ha ispirato la sottoriportata Filastrocca cantata di uno dei partecipanti (Tota Sacco): FILASTROCCA CANTATA, DEDICATA CON SIMPATIA ED AFFETTO AD ALCUNI PELLEGRINI DEL GRUPPO, CON MOLTE SCUSE A CHI NON E’ STATO NOMINATO. – NON SI VA IN CIELO ·Non si va in cielo, non si va in cielo/ con l’autista,/ perché in cielo, perché in cielo/ manca la pista. ·Non si va in cielo, non si va in cielo/ con l’organizzatore,/ perché in cielo, perché in cielo/ non c’e’ niente da fare. ·Non si va in cielo, non si va in cielo/ con Macrì Ciccio,/ perché in terra, perché in terra/ deve sbrogliare qualche pasticcio. ·Non si va in cielo, non si va in cielo/ con Cata Signati,/ perché in cielo, perché in cielo/ i posti non sono assegnati. ·Non si va in cielo, non si va in cielo/ con Donna Memè,/ perché in terra, perché in terra/ tanto bisogno d’allegria c’è. ·Non si va in cielo, non si va in cielo/ con la Quattrini,/ perché in terra, perché in terra/ deve aiutare a far nascere i bambini. ·Non si va in cielo, non si va in cielo/ con il ragioniere,/ perché in cielo, perché in cielo/ mancano le pietre di Medugorije. ·Si va in cielo, si va in cielo/ con Don Parrello,/ perché in cielo, perché in cielo/ c’e’ il Bambinello. ·Non si va in cielo, non si va in cielo/ con il gruppo di Fossato,/ perché in cielo, perché in cielo/ Don Carmelo non è ancora beato! ·Non si va in cielo, non si va in cielo/ con Valeria e suo marito,/ perché in cielo, perché in cielo/ il latte per le gemelle è già finito. ·Non si va in cielo, non si va in cielo/ con la signora Morabito e figlia,/ perché in cielo, perché in cielo/ Mena con la cine chi ripiglia? ·Si va in cielo, si va in cielo/ con la moglie di Ciccio,/ perché in cielo, perché in cielo/ non ha nessun “piccio”. ·Si va in cielo, si va in cielo/ con la signora Franca,/ perché anche in cielo, perché anche in cielo/ la voce non le manca. ·Non si va in cielo, non si va in cielo/ con Davide Codespoti,/ perché in cielo, perché in cielo/ leggere non si poti. ·Si va in cielo, si va in cielo/ con zia Pepè/ perché in cielo, perché in cielo/ la frontiera non c’è. ·Non si va in cielo, non si va in cielo/ con Mimmo Crupi/ perché in Comune, perché in Comune/ deve lottare con i lupi. ·Non si va in cielo, non si va in cielo/ con le signore Napoli e Ferrò/ perché in cielo, perché in cielo/ zoppicare non si può. ·Non si va in cielo, non si va in cielo/ con il signor De Maria/ perché in cielo, perché in cielo/ a chi darà della Madonna la fotografia? ·Non si va in cielo, non si va in cielo/ con Cataldo Salvatore/ perché in cielo, perché in cielo/ non si può svegliare a tutte le ore. ·Si va in cielo, si va in cielo/ con Cata e Concettina/ perché anche in cielo, perché anche in cielo/ staranno insieme dalla sera alla mattina. ·Non si va in cielo, non si va in cielo/ con la sottoscritta/ perché in cielo, perché in cielo “vietato scrivere” vi è su una scritta. – Per vivacizzare l’ultima parte del viaggio, i responsabili del Gruppo, con ironica intelligenza e spirito gioioso, hanno assegnato dei titoli divertenti, con relativo verbale che viene sottoriportato, certi di incontrare negli interessati analoga ironica intelligenza e gioioso spirito nel recepirli. Verbale di assegnazione TITOLI: La giuria, composta dal Presidente Giuseppe Blefari, dal Vcepresidente Francesco Macrì e dal Segretario Domenico Crupi, a suo insindacabile giudizio e senza possibilità di ricorsi, che risulterebbero comunque infondati, ha assegnato per il pellegrinaggio 2005 del Gruppo di preghiera “Carlo sei con noi”, unito in questa occasione (e speriamo anche in altre) ai graditi ospiti di altre località della Locride, i seguenti titoli e punti di merito, da utilizzare nei prossimi viaggi: 1) Titolo per il più indisciplinato pellegrino del gruppo – all’unanimità: al rag. Giuseppe Pelle (anche se nelle ultime ore e fasi del pellegrinaggio ha manifestato evidenti tentennamenti nella tenuta generale). 2) Titolo per il più disciplinato pellegrino – all’unanimità: ex-equo ai giovanissimi Davide Codispoti e Rossella Moio. 3) Titolo per la puntualità – all’unanimità: al sig. Salvatore Cataldo. 4) Titolo per il ritardo cronico – all’unanimità: alla sig.ra Franzè, colpita da ben due ammonizioni, di cui una con cartellino giallo e recupero con jeep e l’altro non sanzionata per recupero taxi a spese proprie. 5) Titolo per le stonature nei canti – a maggioranza: al sig. Salvatore Cataldo (con una nota di merito per il coraggio dimostrato nel partecipare attivamente a tutti i canti). 6) Titolo per la voce più dolce e intonata – all’unanimità: alla sig.ra Francesca Virgara. 7) Titolo per l’artista del gruppo – all’unanimità: al sig. Sebastiano De Maria (unito alla generosità dimostrata sempre, facendo dono delle sue creazioni). 8) Titolo per il fornitore-produttore dei prodotti doc, messi a disposizione del Gruppo (pane, capicollo e soprattutto “formaggiu i casa”) – all’unanimità: al sig. Sebastiano De Maria. 9) Titolo per la coppia più affiatata (si fa per dire) – all’unanimità: alle sigg.re Caterina Signati e Concetta Carpentieri. 10) Primo arrivato sulla Via Crucis – andata e ritorno – all’unanimità: al sig. Sebastiano De Maria. 11 )Maglia nera – per l’ultimo arrivato sulla Via Crucis – all’unanimità: al sig. Giuseppe Pelle, battuto al fotofinish, con prova video, dalla sig.ra Tota Sacco e Francesca Mezzatesta). 12 )Titolo come migliore guida spirituale laica del Gruppo (per mancanza di altri concorrenti) – a maggioranza: Francesco Macrì, vicecapogruppo (titolo assegnato anche se il soggetto manifesta nell’ultimo periodo segni evidenti di omissioni in parole e opere). 13) Miss pellegrina – all’unanimità: alla sig.ra Memè Medici. 14 )Mister pellegrino – all’unanimità: a don Carmelo Perrello, per aver avuto l’alto onore e la gratificazione di celebrare e concelebrare al suo primo pellegrinaggio il sacro rito. III) TESTIMONIANZE – Carlo è sempre con noi. Carlo manda continui segnali ai genitori per dire che è a loro vicino, e forse anche a noi del Gruppo per comunicarci che è presente ed è contento di noi. – Leggete quanto segue e riflettete. – Nel mese di marzo del 1999, Carlo piantò un bulbo di giglio, cosiddetto di sant’Antonio (lilium candidum), in un vaso di medie dimensioni, in prospettiva preparazione e attesa della sua Prima Comunione, che avvenne il 6 giugno dello stesso anno, alle ore 18.00, nell’amata chiesetta di Biviera. – Da allora la pianta, che è rimasta nello stesso vaso e nello stesso posto, presso l’abitazione della famiglia di Bovalino Superiore, continua a fiorire, ma non una sola volta all’anno come è caratteristica del giglio, bensì due volte, in primavera avanzata e a novembre, dopo essere “morta” in estate per il caldo e in inverno per il freddo. – Le fioriture non sono casuali: la prima coincide con l’anniversario della prima comunione e l’incontro di Carlo con Gesù, la seconda con l’anniversario della sua morte, avvenuta il 14 novembre 1999, e l’inizio della sua nuova vita in cielo. – E’ come se Carlo volesse dare un ulteriore segno della sua vicinanza, soprattutto alla madre; in effetti, dal giorno della morte, continui e decifrabili sono i segnali della sua presenza, come l’ultimo sottoindicato, in ordine di tempo. – Giorno 13 ottobre 2005 ad un’insegnante di religione della Locride, ex collega della madre di Carlo, sig.ra Carmela Caccamo, appare in sogno la figura di un ragazzo, che la stessa però non ha mai conosciuto, con il seguente massaggio da far recapitare: “Sono il figlio di Elisa Andrizzi, dì a mia madre che le sono sempre vicino e quando suona il “campanellino” le metto anche la mano sulla spalla”. – In realtà la madre ha sempre confessato che, nella chiesetta della Biviera, alla quale Carlo come tutti sanno era molto legato, durante le celebrazioni eucaristiche in cui viene utilizzata la campanellina di richiamo al rispetto del momento sacro, ormai in disuso nelle altre chiese, ha sempre avuto la sensazione, quasi una profonda percezione, che Carlo sia presente e particolarmente vicino. IV) MEMORIALE Oggi 4 novembre 2005, festa di San Carlo Borromeo, il Gruppo di preghiera ricorda Carlo Blefari con grande affetto, che a distanza di sei anni dalla sua dipartita, continua ad essere presente nel cuore di tutti noi. ·Presente, col suo sorriso sempre anche nei momenti di sofferenza, così noi lo ricordiamo. ·Presente, con la sua preghiera fresca spontanea profonda, così noi lo ricordiamo. ·Presente, con la sua espressione di attesa e di speranza nel giorno della sua Prima Comunione, così noi continuiamo a ricordarlo. ·Presente, in alcuni segni che ce lo fanno sentire molto vicino, così come fa la pianta del giglio di San’Antonio (che noi vediamo vicino all’altare). Il bulbo è stato deposto nella terra proprio da Carlo nella primavera del 1999 come preparazione all’incontro sacramentale con Gesù avvenuto il 6 giugno. Per noi, che continuiamo a pensarlo e ad amarlo, è una pianta speciale e sembra voglia dircelo essa stessa, con una sua particolarità che annualmente manifesta. Infatti il bulbo vegeta non una volta, ma due volte con una doppia fioritura. Fiorisce a giugno come cosa normale, secca durante l’estate e poi riprende a settembre a riformare le foglioline fresche e verdi e a rifiorire infine nuovamente a novembre. Presente, fortemente in questo mese: il 4 con il suo onomastico, il 5 con il suo compleanno, il 14 con la sua nascita a nuova vita, quando il giglio con il suo candore si eleva verso il cielo e fa aprire i suoi petali nelle braccia del Padre celeste. Oggi 4 novembre 2005, memoria di San Carlo, offriamo a te Carlo auguri di vera festa, unitamente al tuo nonno Carlo che ha edificato questa chiesetta e all’amabile Papa Karol Woityla, del quale serbiamo caro ricordo, sapendo che con la vostra preghiera vegliate su tutti noi.
ATTIVITA’ ANNO 2006
1) -06 gennaio 2006. Il primo incontro del Gruppo nel nuovo anno si è tenuto il giorno dell’Epifania alle ore 16.00, presso la Chiesa di Maria SS. del Carmine di c.da Biviera. Dopo la celebrazione della Santa Messa, officiata dal parroco don Giuseppe Pittarello, il Gruppo, abbastanza numeroso, ha recitato il Santo Rosario. -05 maggio 2006. Il Gruppo di preghiera, che di solito ogni primo venerdì del mese si riunisce presso la Chiesa di Maria SS. Del Carmine di c.da Biviera, in data odierna eccezionalmente si è trasferito presso la dimora di un autorevole suo componente il sig. Francesco Macrì, in contrada Pozzo di Bovalino, per partecipare al rito della benedizione di una statua della Madonna di Medjuogorie, acquistata nella stessa località durante il pellegrinaggio dello scorso anno. La bella statua è stata collocata nel giardinetto antistante l’abitazione, in una cornice incantevole e in posizione strategica per essere visibile anche dalla strada provinciale. L’evento è stato importante sia per l’interessato, il quale ha realizzato così un antico desiderio, che per il Gruppo di preghiera ampiamente rappresentato alla cerimonia e la comunità tutta del circondario. La cerimonia si è svolta attraverso vari momenti intensi: la recita del Santo Rosario, la celebrazione della Santa Messa, officiata dal parroco don Giuseppe Pittarello, la benedizione della statua, i canti mariani e il ricco rinfresco finale. Toccanti le parole di F. Macrì, che ha voluto ringraziare tutti con il seguente intervento: “Buona sera a tutti e un grazie dal profondo del cuore. Per primo al nostro carissimo padre Giuseppe Pittarello, che è stato pronto e disponibile ad officiare questa cerimonia. Un grazie affettuoso ai componenti del coro, la cui presenza mi ha reso veramente felice. Un grazie a tutti voi, carissimi amici presenti così numerosi, compresi quelli venuti da Crotone con sacrificio, per partecipare all’Eucarestia in onore della nostra Mamma celeste “Regina della pace”. Un grazie particolare al Gruppo “Carlo sei con noi” e un pensiero affettuoso al nostro caro Carlo: sono certo che questa sera Carlo è presente qui in mezzo a noi e sono convinto che è molto contento che il Gruppo di preghiera, a lui dedicato e del quale porta il nome, questa sera si è trasferito qui per partecipare a questa festa in onore della nostra mamma “Regina della pace”. E a Carlo chiediamo perdono se a volte ci succede di fare degli errori, deboli come siamo con i nostri difetti, con il nostro orgoglio, con la nostra indifferenza; e a Lui chiediamo di pregare per tutti noi e di starci sempre vicino. E infine un grazie speciale a te, mamma celeste, per questo mio grande desiderio, che questa sera si è realizzato dopo 17 anni. Da quel lontano 26 agosto 1989, quando hai voluto salvarmi tirandomi indietro da quella strada e da quella decisione che stavo per prendere. Tu mi hai preso per mano e mi hai indicato la strada opposta. Da allora mi sei stata sempre vicina in questa strada piena di ostacoli e tanto difficile da percorrere. Quante sofferenze da allora, quanti problemi, quante mortificazioni e umiliazioni e quante offese ho ricevuto, anche di recente. Ma io questa sera voglio perdonare tutti e non solo, voglio dire loro anche…grazie, grazie perché è attraverso le sofferenze si cresce nella fede. Grazie, mamma celeste, perché mi sei stata e mi stai sempre vicina, tenendomi per mano e guidandomi nella retta via, tu che se la scorciatoia che porta a Gesù. Ed ora mi permetto di chiederTi, vergine santa, di benedire tutte queste persone che sono venute qui stasera per onorarTi. Benedici loro e i loro cari che sono rimasti a casa, specialmente i loro cari ammalati. Grazie Vergine bella, grazie Regina della pace; e ancora grazie a tutti voi che avete presenziato.” Alla indimenticabile cerimonia, che si è svolta ad iniziare dalle ore 18.30, hanno partecipato, oltre al Gruppo di preghiera, numerosi amici e fedeli del circondario… “Padre Giuseppe Pittarello, Macrì Francesco, Ielasi Maria, Sofia Luciano, Macrì Rossella, Sofia Antonella, Blefari Giuseppe, Andrizzi Annunziata, Panuzzo Vincenzo, Macrì Loredana, Panuzzo Thomas, Blefari Antonio, Andrizzi Elisa, Blefari Pasquale, Blefari Chiara, Codispoti Antonio, Macrì Carmelina, Codispoti Antonella, Codispoti Bruno, Ripolo Carlo, Blefari Valeria Renata, Tassone Fioravante, Blefari Ida, Crupi Domenico, Audino Pasquale, Antico Francesco, Antico Domenico, Macrì Concetta, Linarello Vincenzo, Antico Maria, Dattilo Rosina, Macrì Antonio, Morabito Pina, Ceravolo Francesco, Lombardo Paolo, Alvaro Maria, Lentini Francesca, Lentini Carmelina, Lentini Rosaria, Lentini Patrizio, Ceravolo Concettina, Cicero Samuele, Strangio Paola, Scopacasa Maria, Scopacasa Anna, Fazzari Paola, Canale Lina, Signati Caterina, Bartolo Mariolina, Nastasi Domenico, Garreffa Maria, Zito Francesco, Ielasi Vittoria, Zito Vittoria, Ielasi Antonia, Mittiga Saro, Iaria Elisabetta, Mitiga Giuseppe, Marzano Mario, Andrizzi Pasquale, D’Agostino Maria, Melia Antonio, Serpini Rosa, Melia Daniele, Romeo Domenico, Virgara Francesca, Ferrò Maria Giuseppa, Romeo Tonino, Lamberto Clementina, Morabito G. Battista, Brizzi Maria, Morabito Filomena, Caristo Francesco, Sergi Maria, Caristo Barbara, Crisafi Concetta, Romano Ada, Ceravolo Carmela, Longo Rosamaria, Longo Giuseppina, Virgara Mena, Zappavigna Valentina, Oliva Caterina, Garreffa Aurelia, Clemente Francesca, Clemente Melania, Clemente Giovanni, Arcuri Manuela, Arcuri Concettina, Arcuri Salvatore, Garreffa Antonio, Portolesi Maria, Garreffa Vincenzo, Gioffrè Maria, Giorni Ilaria, Sofia Lina, Iachino Loredana, Cutugno Rosetta, Marando Francesco, Clemente Marinella, Lentini Chiara, Giordano Pino, …” Al termine della cerimonia, Francesco Macrì ha consegnato ad ogni partecipante un’immaginetta-ricordo della serata, riportante la foto della statua con gli estremi identificativi; “SOLENNE BENEDIZIONE MARIA SS. DI MEDJUGORJE ‘Regina della Pace’ – Fam. Francesco Macrì – 5 Maggio 2006 Pozzo di Bovalino (RC)”- All’interno, l’invito della Madonna fatto in occasione di un’apparizione a Medjugorie: “Cari Figli! Oggi gioisco con voi e prego con voi per la pace: pace nei vostri cuori, pace nelle vostre famiglie, pace nei vostri desideri, pace in tutto il mondo. Io vi porto la pace, io sono la vostra Madre e Regina della Pace. Vi benedico con la benedizione della gioia, affinché Dio sia tutto per voi nella vita. Grazie per aver risposto alla mia chiamata” e l’affidamento a Maria del Gruppo: “IL GRUPPO DI PREGHIERA ‘Carlo sei con noi” nell’occasione rinnova il proprio atto di totale affidamento a Maria e a Gesù”. Sul retro una preghiera: “Vergine Bella, quando nel mondo infuria la procella, se si fa sera, se ci circonda ovunque la bufera, non ti scordar di noi, Madre del cielo! Ricoprici col tuo vergineo velo! Soccorici nei momenti difficili; benedici le nostre famiglie, spargi copiose le tue grazie sulla moltitudine che ti circonda e ti ama! Amen” -07 luglio 2006. Nell’incontro di questo mese, che si è si è tenuto come al solito alle ore 17.00 sempre presso la Chiesa di Maria SS. Del Carmine di c.da Biviera, il Gruppo, abbastanza numeroso, ha voluto commemorare, con spontaneità e delicatezza la sig.ra Maria Rosa Monteleone, deceduta il 22 maggio 2006, madre di uno dei soci. Dopo la recita del Santo Rosario è stata celebrata la Santa Messa, officiata dal parroco don Giuseppe Pittarello. Alla cerimonia hanno partecipato eccezionalmente diversi parenti amici e conoscenti della defunta. Al termine il capogruppo Giuseppe Blefari ha informato i soci sui preparativi del pellegrinaggio, la cui partenza è programmata per giorno 19 luglio, con meta Fatima Lourdes e Santiago di Compostela. -16 luglio 2006. In data odierna il Gruppo di preghiera ha presenziato alla solenne festa della Madonna del Carmelo, che si è svolta nell’omonima Chiesa di Contrada Biviera, animandone i vari momenti rituali. La Chiesa, a navata unica, è stata costruita, come si evince da una lapide collocata sulla facciata, per devozione negli anni ottanta dal Sig. Carlo Blefari, iscritto alla Confraternita come gli illustri suoi figli Giuseppe e Antonio, entrambi fattivi priori. E proprio questi ultimi hanno preparato la festa, che rappresenta senz’altro l’evento aggregativo più importante della contrada, con molta cura e attenzione, come tutti gli anni. Nei giorni precedenti, in orario serale, si è svolto un triduo di preghiera, di preparazione alla festa odierna, mentre i “tamburini” due volte al giorno invitavano la gente della contrada alla preghiera e a vivere gioiosamente le giornate festive. Il programma odierno è stato ricco di momenti intensi: la recita del Santo rosario alle ore 18.45, la messa celebrata dal parroco di Bovalino Superiore don Giuseppe Pittarello alle ore 19.45 e infine la solenne processione con la statua della Madonna attraverso un percorso invariato che va dalla località Petto d’Adamo, teatro nei secoli passati di cruente battaglie tra bovalinesi e turchi invasori, al Dromo, l’antica strada consolare romana che attraversa parallelamente alla costa l’abitato costiero. I fuochi d’artificio e il tradizionale “cavalluccio” hanno chiuso luminosamente i festeggiamenti, che hanno visto la partecipazione devota di molti fedeli della contrada e del circondario. -04 agosto 2006. Come tutti i primi venerdì del mese, anche in data odierna il Gruppo di preghiera “Carlo sei con noi”, rientrato da poco dal pellegrinaggio effettuato a Fatima Santiago e Lourdes, si è riunito presso la Chiesa di Maria SS. Del Carmine di C.da Biviera per la recita del Rosario, la celebrazione della Santa Messa e per discutere di problematiche inerenti l’organizzazione del gruppo e dei pellegrinaggi. In particolare si è parlato di come onorare l’invito ricevuto da parte di Fr. Domenico M. Crupi per la sua Ordinazione Diaconale prevista per giorno 6 agosto 2006 presso il Santuario-Basilica di San Francesco di Paola; si è discusso dell’organizzazione dei pellegrinaggi a Polsi e Cascia, previsti per agosto e settembre; si è preso infine l’impegno di ritrovarci in questo mese per un’agape fraterna presso un ristorante della zona. -01 settembre 2006. In data odierna il Gruppo si è riunito, in occasione della novena per la festa dell’Immacolata, presso la Chiesa Maria SS. Immacolata di Bovalino Superiore, dove ha animato, ormai per tradizione, le odierne funzioni religiose -03 novembre 2006. Nell’incontro di questo mese, che si è si è tenuto alle ore 16.30 sempre presso la Chiesa di Maria SS. Del Carmine di c.da Biviera, il Gruppo, abbastanza numeroso, ha voluto commemorare con solennità e ricordare con commozione, alla presenza di un centinaio di persone, il compleanno di Carlo, che il 5 novembre avrebbe compiuto 18 anni. Dopo la recita del Santo Rosario è stata celebrata la Santa Messa, officiata dal parroco don Giuseppe Pittarello. L’eccezionale profilo umano di Carlo è stato tracciato dal parroco nella sua omelia e dallo zio Giuseppe Blefari, intervenuto a conclusione del rito religioso. Per l’occasione è stato consegnato ai numerosi presenti il rituale pane a suffragio del giovane, offerto dal parente Giovambattista D’Agostino, e distribuito a ricordo una piccola pubblicazione ideata e curata dai familiari, contenente una letterina scritta da Carlo ad una bambina affetta da distrofia muscolare, una poesia della zia Rossella, una riflessione della cugina Cetty e una preghiera, come sottoriportate: “Letterina a Dorabella. Cara Dorabella, mi chiamo Carlo Blefari ed ho nove anni. Sono un bambino che frequenta la quarta elementare della scuola Francesco Sofia Alessio di Bovalino ed abito in via Talete n°24. Pochi giorni fa ho saputo di te dalle mie maestre ed ho deciso di scriverti per farti capire che non sei sola, ma che io, insieme a tantissimi altri bambini, abbiamo deciso di aiutarti standoti vicino. Io ti capisco perché anch’io sono stato per tanto tempo ammalato e quindi costretto a stare chiuso in casa o in ospedale. All’inizio è stato durissimo, ma poi, grazie alla compagnia dei miei cugini, dei miei amici e della mia famiglia sono riuscito a sopportare meglio la cura. Perciò, ti voglio dire di non perdere mai la speranza, di continuare a lottare, perché un giorno con l’aiuto di Dio riuscirai a camminare con le tue stesse gambe.” (Dorabella, bambina affetta da distrofia muscolare e conosciuta da Carlo indirettamente nel 1997 in occasione di una giornata di sensibilizzazione per tale patologia.) – “Petali d’amore. Se sono fiori sono straordinariamente belli e stupendi / perché fiori! / Non conta che abbiano pochi o che abbiano tanti petali / conta che siano fiori / Fiori fatti di colori, di profumo / Fiori segni di freschezza e di innocenza / Fiori intrisi di dolore e di lacrime / Fiori impregnati di incenso e di preghiera / Fiori di pochi, tanti petali / Fiori! / Fiori muti e silenziosi, con pochi, con tanti petali / ma straordinariamente belli e stupendi. / Fiori misteriosi, dischiusi alla vita / Fiori che si donano e aprono i loro preziosi, indimenticabili / petali / nel verdeggiante e ridente / Giardino dell’Amore e della Pace. / Un grazie a Carlo per la bellezza intramontabile della sua vita.” (Zia Rossella) – “Un pensiero al nostro Carlo. Non serve essere eroi per avere tanto coraggio, / coraggio in questa vita, ma anche coraggio nella morte / ma serve solo essere grandi Cristiani…. / Era il 5 Novembre 1988, appariva come un giorno d’autunno / come tanti altri, e invece… / Mamma Lisa, mamma coraggio metteva alla luce il nostro / piccolo grande eroe! / Eroe d’esempio di vita, di sofferenza, di gioia, dolore / di morte e Resurrezione. / Oggi Cristo è qui con noi, in questa Chiesa, / insieme a noi, con tutta la gioia e il dolore / che questo giorno porta con sè. / Solo con Cristo e la fede possiamo urlare ‘Auguri alla nostra Gioia’. / Un urlo a gran voce che giunga fino al cielo, / un augurio di Pace e speranza, un inno alla vita, / a quella vita che Cristo ci insegna, / che vince oggi sulla morte. / Per la tua nuova vita oggi tutti noi gioiamo. / Il nostro gruppo di preghiera “Carlo sei con noi” / a te dedicato, oggi volge con fierezza / gli sguardi e i cuori al cielo, / pregando che il nostro piccolo angelo vegli sempre su di noi / e ci accompagni e ci guidi con i suoi piccoli passi / nel nostro cammino di Resurrezione… / Resurrezione ad una nuova vita… / Il mio vuole essere un messaggio di gioia e speranza Cristiana, in questo giorno non di lutto, ma di Festa. / Oggi c’è una grande festa nel giardino di Dio, di colori e fiori. / E tu, nostra piccola foglia d’autunno cadi a terra, ma Rinasci… / Come diciotto anni fa colorasti d’esempio le nostre vite, oggi / splendi d’immenso nel giardino di Dio. / Un Ave Maria va al nostro Angelo… A ve o Maria, Angelo di Dio, L’eterno riposo.” (Con affetto Cetty Blefari del gruppo di preghiera ‘Carlo sei con noi’ Chiesa ‘Maria SS del Carmine’ di Biviera – Domenica 5 Novembre 2006) – “E risorto il mio sogno. Dio grande e buono! / Il povero mio sogno ora è risorto: / è risorto quando meno me l’aspettavo / alla sera di una giornata dolorosa / e per questo m’è ancor più caro, / più consolante. / Dio, com’è grande / la tua misericordia e la tua bontà! / Tu che fai fiorire / il giglio vicino alle spine, / il sereno nella tempesta, / la gioia nel dolore! / Sia benedetto nel tuo nome il dolore, / il dolore che prepara l’anima / alla voce dei tuoi angioli, / nunzi dei tuoi misteri d’amore agli uomini. / Grazie, Signore, grazie! / Come m’è dolce posare / nella quiete solenne della sera / sul tuo seno che mi schiude / l’infinito. / Padre buono, domandai la luce / e tu m’illuminasti: / ebbi sete, e tu mi hai dissetato: / abbisognavo d’una tua parola / e tu m’inviasti un angelo / che me la disse nel cuore / con la dolcezza che viene / dal tuo amore! / Io camminerò nella tua luce / e la tua parola mi sosterrà / nella vita e nella morte! / Grazie, Signore, grazie.” -30 dicembre 2006. In data odierna il Gruppo si è ritrovato presso l’Hotel-Ristorante “Costa Blu” di Locri per un’agape fraterna e una serata conviviale per lo scambio degli auguri di fine anno, durante la quale, tra canti balli momenti di preghiera e risate, sono stati ricordati e visionati, attraverso le immagini dei filmati effettuati dal sottoscritto, i momenti più belli del “grande” viaggio, che durante l’estate ci ha portato a Fatima Santiago e Lourdes. Durante la cena diversi e a più riprese sono stati gli interventi del responsabile del Gruppo il dott. Giuseppe Blefari, di varia natura e ricchi di spunti. Da ricordare: ·la lettura degli auguri graditissimi di padre Biagio Boron (la guida spirituale dell’ultimo pellegrinaggio) e di padre Severino Consalvo che opera a Bovalino e temporaneamente ospite presso la Casa S. Cuore dei Frati Minori di Saccolongo in provincia di Padova: “Natale 06 – A Lei e a tutto il Gruppo ‘Carlo sei con noi’ i più cordiali e sinceri Auguri di un Santo Natale e di un Felice Anno nuovo. Con stima e sincera amicizia.”; ·la lettura degli auguri di Fra Domenico M. Crupi, sempre vicino al nostro Gruppo, accompagnati da una interessante riflessione sul Natale: “Ave Maria! La solennità della Natività di nostro Signore Gesù Cristo, ci richiama ancora una volta a quell’essenzialità che deve caratterizzare la nostra vita di Cristiani in cammino verso la Patria. L’angoscia, il dolore, i problemi che spesso attanagliano la nostra quotidianità alla Luce del Natale diventano ‘luogo’ di salvezza e fonte di vita. L’esempio dei nostri santi e in particolare del Glorioso Padre San Francesco di Paola ci proietta nella dimensione dell’umiltà che Gesù ha assunto con l’Incarnazione nel grembo di Maria. L’augurio allora, per quest’anno è quello di diventare ‘Minimi’ perché solo attraverso la via dell’abbassamento si possono comprendere le meraviglie che il Signore opera ancora nella nostra vita. Auguri di un Santo Natale e di un Felice Anno 2006. Fra Domenico M. Crupi O.M. – Santuario San Francesco – Paola 28/11/2006”; ·l’indicazione delle prossime iniziative del Gruppo: “escursione in Sila per la fine di gennaio e pellegrinaggio estivo presso santuari italiani o ‘Sulle orme di San Paolo in Grecia’; ·l’ipotesi di trasformare il Gruppo in “Fondazione”, per una maggiore capacità di intraprendere iniziative culturali e sociali di più ampio respiro. L’incontro è stato anche un’occasione per festeggiare, con i rituali torta e spumante, il 60° anniversario di matrimonio della coppia Sacco-Ferrò, coincidente in quella data. Per l’occasione il dott. Giuseppe Blefari, che è stato l’artefice dell’iniziativa, nel ricordare la presenza costante ai pellegrinaggi della signora Sacco ha formulato alla coppia gli auguri più sentiti e a nome del Gruppo ha regalato loro un piccolo artistico presepe, in sintonia con il periodo natalizio. In onore della coppia sono state lette due preghiere, la prima da Valeria Blefari: “Preghiera a Maria. O Maria, accogli sotto il tuo manto i tuoi figli Domenico e Rosa uniti per 60 anni dal sacro vincolo del matrimonio; proteggili da ogni avversità e fa che essi sul tuo esempio lodino sempre il Signore; guidali affinché la loro vita sia un ‘si’ perenne alla volontà del tuo Figlio; fa che la loro unione, modellata sulla famiglia di Nazareth, continui ad essere esempio ed aiuto a tutti coloro che incontreranno; tu, o Maria, che hai sempre amato ogni persona e continui ad amarla, prega affinché questi sposi sappiano trasmettere a tutte le altre coppie e in particolare a quelle novelle, che solo donando si riceve e solo amando si viene amati” e la seconda ispirata da Giovanni Crisostomo, da Rossella Andrizzi : “La vita in due. Grazie, Signore, perché hai dato loro l’amore capace di cambiare la sostanza delle cose. Quando un uomo e una donna diventano uno nel matrimonio, non appaiono più come creature terrestri ma sono l’immagine stessa di Dio. Così uniti non hanno paura di niente. Con la concordia, l’amore e la pace l’uomo e la donna sono padroni di tutte le bellezze del mondo. Possono vivere tranquilli, protetti dal bene che si vogliono secondo quanto Dio ha stabilito. Grazie, Signore, per l’amore che hai regalato a Domenico e Rosa”. Prima della cena c’era stato un intervento augurale e la lettura di una preghiera di ringraziamento per il cibo concesso. Il primo intervento è stato di Francesco Macrì: “Cominciare un anno con te o Signore. Grazie Signore… Per la vita che ci hai dato in quest’anno. Per la fede cristiana alla quale ci hai chiamati. Per averci comunicato la tua santa grazia. Perché siamo cresciuti nel tuo amore. Per le conquiste e i successi, ma anche per le sconfitte che ci hanno insegnato qualcosa. Per le volte che abbiamo amato e siamo stati amati. Per ogni volta che abbiamo perdonato e che siamo stati perdonati. Per il cibo che ci doni ogni giorno… per il vestito, la casa, la serenità e la libertà… Per la gioia eterna che ci hai promesso. Per tutte le persone che con il loro sacrificio, la loro generosità, il loro amore, hanno regalato un attimo di gioia all’umanità. Fa’ o Signore che cominciamo il nuovo anno, con tanto entusiasmo nei nostri cuori. Fa’ che riusciamo a contagiare di entusiasmo, i nostri fratelli, i nostri amici, il mondo intero. Nella certezza che il nuovo anno, tutto bianco, ancora da scrivere, tutto pronto per essere costruito; tutto nuovo, ancora da spacchettare, è un regalo che tu ci affidi. Ce la metteremo tutta, insieme ad ogni persona di buona volontà, perché sia l’anno più bello. Con te, Signore ce la faremo!!! Buon Anno nel Signore.”; la seconda preghiera è stata letta da Mariangela Blefari. “Signore, Re della creazione, ti ringraziamo per questo pasto che ci riunisce, sii benedetto per questa mensa preparata davanti a noi alla fine di ogni giorno, concedici di prendere il nostro cibo con gioia e semplicità di cuore. Assidui nel lodarti e ringraziarti. Per Cristo nostro Unico Signore. Amen.” – L’incontro è stato allietato da diversi elettrizzanti momenti musicali, per la gradita presenza di un trio di organetto e tamburelli, formato da Francesco Zappia, Vincenzo Giorgio e Giuseppe Ceravolo. Un’allegra tombolata organizzata e gestita da Cetty e Mariangela Blefari ha conclusa la bella e indimenticabile serata. Dei presenti ho memoria dei seguenti partecipanti: la famiglia al completo del capogruppo Giuseppe Blefari, accompagnato dai gentili suoceri Andrizzi; la famiglia di Totò Blefari, anch’essa al completo con in primo piano la vivace Chiara; la famiglia Marra, genitori e figli; le famiglie Sacco madre e figlia al completo, circondate per l’occasione dell’anniversario di matrimonio da amici; le famiglie dei tre autisti Antonio Garreffa, Giuseppe Giorgio e Salvatore Ielasi; le famiglie Romeo e Panuzzo, con la partecipazione “straordinaria” della vulcanica zia Pepè; Franco Macrì e consorte; Nicolino Dattilo, accompagnato dai genitori; le famiglie Marzano e Morabito; e ancora Mimmo Crupi, Valeria Blefari, la signora Signati e la signora Concetta Crisafi. Per gli altri dimenticati chiedo venia. 2) Pellegrinaggio Assisi – Roma dal 24 al 26 aprile 2006, con udienza nella sala Nervi dal santo papa Benedetto XVI e visita alla tomba del Santo Papa Giovanni Paolo II (Karol Wojtila) ed alla Basilica di San Pietro All’udienza generale il papa Benedetto XVI, all’interno del ciclo di catechesi sul “Mistero del rapporto tra Cristo e la Chiesa, ha trattato il tema della “Tradizione come comunione nel tempo”. In particolare ha sottolineato che “La Tradizione non è trasmissione di cose o di parole. La Tradizione è il fiume vivo che ci collega alle origini, il fiume vivo nel quale sempre le origini sono presenti. Il grande fiume che ci conduce al porto dell’eternità”. Della presenza del Gruppo “Carlo sei con noi” si fa riferimento sull’Osservatore Romano di giovedì 27 aprile 2006, esattamente a pag. 4. L’udienza è stata possibile a seguito di una specifica richiesta, datata 24 febbraio 2006, del capogruppo Giuseppe Blefari,, vistata dal nulla-osta del parroco Padre Giuseppe Pittarello, indirizzata alla Prefettura della Casa Pontificia della Città del Vaticano: “Il sottoscritto Blefari Giuseppe nato a Bovalino il 29 gennaio 1949 ed ivi residente in via Fratelli Bandiera 203 – 89034 Bovalino (RC), cell. 3332793665, nella qualità di capo gruppo del Gruppo di Preghiera “Carlo Sei Con Noi” di Bovalino, con grande intensità spirituale, con la presente CHIEDE di essere invitato, insieme a tutto il gruppo, alla cerimonia del mercoledì 26 aprile 2006 con il Santo Padre Papa Benedetto XVI. Si rappresenta, che il gruppo è composto da n. 53 (cinquantatre) partecipanti. Fiducioso, ed in attesa ringrazia anticipatamente.” La risposta porta la data del 7 marzo 2006: “Prefettura della Casa Pontificia – Città del Vaticano, 07 Marzo 2006, Fax 06-69885863. Egregio Signore, In riscontro alla Sua lettera del 24 febbraio u,s., con la quale inoltra richiesta di partecipazione all’Udienza Generale del Santo Padre di mercoledì 26 aprile p.v., a favore di un gruppo di Preghiera “Carlo sei con noi” di Bovalino. Al riguardo mi premuro confermare tale prenotazione, con l’assicurazione che il gruppo verrà menzionato nell’ambito dell’Udienza. Essa inizierà alla 10,30 in Vaticano e terminerà con la Benedizione Apostolica impartita a tutti i presenti. Presentando questa lettera, si potranno ritirare i 53 biglietti d’accesso – con le indicazioni utili – al Portone di Bronzo del Palazzo Apostolico (Piazza S. Pietro – Colonnato di destra) il giorno precedente l’Udienza Generale dalle ore 15,00 alle ore 20,00, oppure lo stesso giorno dell’Incontro Papale dalle ore 8,00. L’occasione mi è gradita per porgerLe distinti saluti.+ James M. Harvey, Prefetto” 3) Il Pellegrinaggio principale di quest’anno si è svolto dal 19 al 29 luglio 2006 ed ha avuto come meta Fatima, Santiago di Compostela e Lourdes. – Il viaggio, organizzato dal Gruppo di preghiera “Carlo sei con noi” di Bovalino e svoltosi con le Autolinee “Panuzzo” – Linee Internazionali Turismo Religioso di Bovalino, al costo di 850 euro a persona, ha seguito il seguente itinerario: Mercoledì 19 luglio 2006 – Bovalino/Civitavecchia (km 790 circa) ·ore 06.00: partenza da Bovalino per Civitavecchia, sosta lungo il percorso e pranzo al sacco a cura dei partecipanti, in serata arrivo a Civitavecchia ·ore 17.00: incontro con il padre spirituale don Boron Fioravante proveniente dal Veneto ed operazioni d’imbarco sulla nave traghetto Eurostar Barcelona del Gruppo “Ferries Prestige” Grimaldi ·ore 19.00: partenza per Barcellona, cena sulla nave – Giovedì 20 luglio 2006 – Barcellona/Saragozza (km 300 circa) ·ore 08.00: prima colazione ·ore 13.30: pranzo ·ore 15.00: arrivo a Barcellona e sbarco ·ore 16.30: partenza per Saragozza, soste lungo il percorso, arrivo in serata, sistemazione nell’hotel Via Romana (nel centro storico della città), cena libera escursione e pernottamento – Venerdì 21 luglio 2006 – Saragozza /Fatima (km. 880 circa) ·ore 07.00: sveglia ·ore 07.30: colazione in hotel e partenza per Fatima ·ore 13.00: sosta lungo il percorso per la consumazione del pranzo a sacco fornito dall’hotel prima della partenza ·ore 21.00: arrivo a Fatima, sistemazione nell’hotel Cinquantenario (vicinissimo al Santuario), cena e pernottamento – Sabato 22 luglio 2006 – Fatima ·giornata dedicata alle funzioni religiose, alla Via Crucis e alla visita dei luoghi benedetti – Domenica 23 luglio 2006 – Fatima/Santiago di Compostela (km 400 circa) ·ore 10.00: Messa solenne ·ore 12.30: pranzo e partenza per Santiago ·ore 22.00: arrivo a Santiago, sistemazione nel centrale hotel Hesperia Peregrino, cena e pernottamento (durante il viaggio si è verificata una seria avaria al pulman, che ha ritardato l’arrivo – il guasto è stato poi riparato presso l’indomani presso un’officina specializzata) – Lunedì 24 luglio 2006 – Santiago di Compostela/Lourdes (km 800 circa) ·ore 7.00: sveglia e colazione ·ore 9.30: visita guidata alla Cattedrale di San Giacomo e foto-ricordo di gruppo ·ore 12.30: pranzo ·ore 19.00: cena e partenza per Lourdes, notte in viaggio – Martedì 25 luglio 2006 – Lourdes ·mattinata in viaggio ·ore 11.30: arrivo a Lourdes, sistemazione nell’ormai familiare hotel Saint Sacrement (vicinissimo al Santuario), visita alla grotta, cena, partecipazione alla fiaccolata e pernottamento – Mercoledì’ 26 luglio 2006 – Lourdes – Giovedì 27 luglio 2006 – Lourdes ·le due giornate sono state dedicate alla partecipazione delle funzioni religiose e individuali e alle visite: santa messa internazionale nella basilica sotterranea, processione eucaristica, benedizione degli ammalati, fiaccolata, via crucis, bagno santo; visita alla grotta di Massabielle, alla basilica dell’Immacolata, alla cripta alla basilica sotterranea “san Pio X”, ai musei ai luoghi ricordo di S. Bernadette (le Cachot, il mulino di Boly, il mulino la Lacadè) e a luoghi di interesse culturale; foto-ricordo di gruppo – Venerdì 28 luglio 2006 – Lourdes/Carcassonne/Barcellona (km.660 circa) ·ore 06.30: sveglia ·ore 07.00: prima colazione in hotel e partenza ·ore 10.00: visita alla città fortificata di Carcassonne, pranzo e partenza per Barcellona ·ore 17.00: operazioni d’imbarco sulla nave traghetto Eurostar Roma del Gruppo “Ferries Prestige” Grimaldi ·ore 19.00: partenza per Civitavecchia, cena sulla nave – Sabato 29 luglio 2006 – Civitavecchia/Bovalino (km.790 circa) ·ore 08.00: prima colazione ·ore 13.30: pranzo ·ore 15.00: arrivo a Civitavecchia e sbarco ·ore 16.30: partenza per Bovalino, con soste lungo il percorso – Domenica 30 luglio 2006 – Bovalino ·ore 04.00: arrivo a Bovalino – Al viaggio hanno partecipato 55 pellegrini. – Il viaggio, valutato interessante da tutti i partecipanti, è stato oggetto da parte di alcuni pellegrini di riflessioni e relazioni scritte, che qui di seguito vengono riportate. Il primo è il resoconto di un pellegrino ormai “veterano”, che cerca di cogliere con occhi non sempre completamente distaccati i vari aspetti e significati di un gruppo che per l’intero viaggio si sforza di diventare, tra crisi e problemi di convivenza, una piccola comunità: “E’ l’ora che pia…”. Un’altra scommessa con la fede è stata “vinta”. Anche il pellegrinaggio di quest’anno si è svolto nel rispetto del programma prefissato sia sul piano organizzativo che su quello rituale. I pellegrini, che provengono da esperienze diverse ma tutti alla ricerca del “sacro graal” interiore, si sono sforzati di coltivare la loro dimensione comunitaria per dare un carattere e un senso unitario al loro impegno e alla loro preghiera. Hanno cercato poi, in base al loro livello individuale, di rafforzare in alcuni casi e di “cercare” in altri motivi di fede, di ampliare l’orizzonte conoscitivo e di prendere coscienza delle problematiche religiose, ma come una “variegata scolaresca” in cammino, i pellegrini si sono anche diversificati per comportamento e impegno: seri attenti e riflessivi alcuni, superficiali e approssimativi altri, completamente distratti una minoranza. Tutti comunque hanno riportato a casa emozioni e ricordi, diventati già da subito dolci ed epici nella memoria individuale e collettiva. Diversi i problemi, piccoli e grandi, che hanno messo ancora una volta a dura prova l’esperienza degli organizzatori: avaria meccanica del pullman, stato di salute dei pellegrini, contrattempi contrattuali, ritardi sulle tabelle-orario e altro. Ma i responsabili, come al solito, si sono dimostrati all’altezza del loro ruolo, risolvendoli “brillantemente” e non facendoli pesare sull’economia generale del viaggio. In merito alle mete del pellegrinaggio, Fatima e Lourdes hanno rappresentato un felice ritorno, mentre le vere novità, rivelatesi poi gradite sorprese, del programma sono state altre: il viaggio in nave da Civitavecchia a Barcellona e ritorno, diventati per il gruppo vere minicrociere, e la visita a Santiago, che ha lasciato in più di uno rimpianto ed amarezza per la brevità della visita (appena 24 ore) e per avere lasciato la città del “Camino” al culmine dei festeggiamenti dedicati a San Giacomo (24/25 luglio). Un gruppo composito, per esigenze e per età, ma ognuno ha cercato di convivere con le abitudini degli altri: i giovani, con la loro esuberanza e il bisogno di conciliare il sacro con il profano, hanno cercato di rispettare il “conservatorismo” degli adulti, anche quando lo stesso assumeva il carattere della “chiusura mentale”; questi ultimi si sono sforzati di convivere con le contraddizioni proprie e degli altri. Una menzione particolare meritano i comportamenti dei tre “piccoli” Vincenzo e Martina Garreffa e Pasquale Portolesi, i quali adottati dall’intero gruppo, hanno sopportato egregiamente da veri pellegrini le fatiche dei lunghi ed estenuanti trasferimenti. Anche gli autisti Giuseppe Giorgio e Totò Garreffa (vero punto di riferimento del viaggio in tutte le sue fasi) meritano una sottolineatura, per aver svolto il loro ruolo con serietà e professionalità e affrontato tutte le situazioni “critiche” con calma e padronanza, trasmettendo a tutti i passeggeri sicurezza e tranquillità. Nello specifico del programma, i pellegrini hanno partecipato a tutte le funzioni più importanti che si svolgono a Fatima e a Lourdes (messa in italiano, messa internazionale, fiaccolata, via crucis, processione eucaristica) ed hanno visitato i luoghi santi più significativi dei due paesi “benedetti”; a Santiago hanno effettuato una visita guidata al Santuario di San Giacomo e all’interessante centro storico durante i preparativi dei festeggiamenti del Santo previsti per il 25 luglio; a Lourdes e Santiago ancora hanno posato per due artistiche foto-ricordo; a Saragozza hanno visitato il Santuario dedicato alla Madonna del Pilar, la stessa apparsa miracolosamente all’apostolo Giacomo, e a Carcassonne la bella e interessante città fortificata, ancora integra e ben tenuta; durante i trasferimenti via mare, vere minicrociere, si sono divertiti ma anche pregato durante le due messe comunitarie, che ha visto la partecipazione di altri gruppi, officiate dal padre spirituale, don Biagio Fioravante Boron. Quest’ultimo si è rivelato un’ottima guida spirituale e una felicissima sorpresa sul piano del rapporto umano. Infatti, pur provenendo da una realtà socio-culturale diversa dalla nostra, padre Biagio (nato l’8 dicembre 1924 in Veneto, ordinato sacerdote nel 1950, parroco in Monfalcone per 17 anni, assistente religioso per 21 anni presso l’Ospedale di Vicenza, attualmente vice direttore presso la Casa di riposo Sacro Cuore di Saccolongo in provincia di Padova) si è integrato con facilità nel gruppo, rivelando notevoli capacità di adattamento, dando un considerevole contributo alla buona riuscita del pellegrinaggio, sia sul piano prettamente religioso e dottrinale che su quello culturale .Le sue doti umane e i suoi modi affabili l’hanno reso simpatico a tutti e ben accetto, tanto che si è trepidato all’unisono quando lo stesso padre a Santiago ha avvertito un malore, che ha richiesto anche un breve ricovero in Ospedale, accompagnato da Tonino Romeo, il quale anche in questa occasione ha dimostrato signorilità e generosità rinunciando alla tanta attesa visita guidata della città. Ai pellegrini, che hanno visto nei comportamenti nei modi e nelle tradizioni popolari degli spagnoli una certa comunanza e affinità con i nostri, c’è da ricordare che sono stati proprio gli spagnoli, in particolare gli Aragonesi, a portar, durante la loro presenza nell’Italia meridionale, i loro riti civili e religiosi, ma anche i loro modelli linguistici comportamentali e culturali in genere, che ancora sopravvivono in Calabria, soprattutto nella provincia di Reggio, come i riti della Settimana santa, con le varie ‘affruntate’ le austere processioni l’organizzazione delle Confraternite, i Giganti ‘Mata e Grifone’, ‘u cavallucciu’, il formalismo e l’eccessivo individualismo. Comunque da tutti gli spagnoli e portoghesi, contattati nei giorni del pellegrinaggio, abbiamo ricevuto attestati di stima ed espressioni di gioia vera e sentita, per aver l’Italia del calcio sconfitto nella finale ai recenti mondiali la Francia degli “antipatici” francesi. Infine le note curiose: il prete siciliano che, durante la confessione, “confessa” a Tonino Romeo di avere nostalgia del peperoncino calabrese e viene subito dallo stesso nostro compaesano soddisfatto nella sua richiesta con qualche “diavoletto” che aveva provvidenzialmente nel portamonete; i ritratti di Domenico Romeo e Giuseppe Pelle, colti, mentre sulla nave Roma erano intenti a giocare un’accesa partita a carte, da un bravo artista spagnolo, il quale vistosi “scoperto” da Tota Sacco, le regala l’opera finita; le manie telefoniche di alcuni, intenti sempre a telefonare, anche durante la celebrazione della Messa e lo svolgimento della Via Crucis; i pressanti bisogni nutritivi di altri sempre pronti a sgranocchiare qualcosa o mangiare gelati biscotti e dolciumi vari. Tutto o quasi è stato giusto e perfetto, con un solo rimpianto: non aver potuto visitare, per ritardi legati alle lunghe soste vanamente regolamentate, luoghi e monumenti sognati seppur non previsti nel programma, la turrita fredda e ventosa Avila, patria della mistica Santa Teresa, l’incompiuta Sagrada Famiglia di Gaudì a Barcellona, la Madonnina miracolosa di Civitavecchia; e non aver potuto partecipare ai festeggiamenti di San Giacomo a Santiago, con il curioso rito del “Botafumeiro” e dell’ingresso da pellegrini sulla strada che da Roncisvalle porta a Burgos Leon Astorga e infine a Ponferrada prima dell’ultima esaltante fatica.(Carlo Ripolo) Quelle che seguono sono le impressioni di un giovane alla sua prima partecipazione, che si sforza di cogliere, tra l’ironico e lo scanzonato, situazioni e comportamenti qualche volta contradditori e di esprimere valutazioni ed emozioni anche forti: “Capitare nel posto giusto al momento giusto” è una particolare condizione spazio-temporale che viene a verificarsi non di certo con estrema facilità, forse con una periodicità predeterminata, proprio come accade con le posizioni astrali. Trovarsi a Santiago de Compostela il 24 di luglio, nel vivo della festa di S. Giacomo, patrono della città, è una vera fortuita sorpresa, un’opportunità la qual volontaria rinuncia esplica una sospetta ignoranza fortemente, credo, autodeterminata e un’ostinata presa di posizione, a mio avviso, altamente contestabile, soprattutto dagli organizzatori vista la loro diligente tempestività e prodigalità a esservi presenti per godere della festa. Da Fatima, raggiungere la magica e medievale città nord-occidentale spagnola non ha comportato gravi difficoltà. È sufficiente, percorrendo la metà settentrionale del Portogallo, varcare il confine ispanico-portoghese e percorrere un tot di chilometri, il tutto stando “scomodamente accomodato” su uno dei qualsiasi sedili, con reclinazione posteriore automatizzata (e anche indesiderata), dell’autobus “audinese” (e non, purtroppo, “panuzziano”) molto poco, mi duol dire, GT. Cos’è un viaggio senza i fatali imprevisti? Notizie dell’ultim’ora, direttamente dall’agenzia Blefari alla partenza da Bovalino, rivelano una sostituzione repentina del nostro mezzo (“mezzo” funzionante) di locomozione. In effetti per me e i copellegrini le uniche difficoltà riscontrate sono state quelle di impegnarsi in ardui calcoli aritmetici sui chilometri percorsi o rimanenti oppure accaparrarsi il o i, a seconda delle esigenze, portabagagli più capienti e, ovviamente, con inspiegabili giochi di prestigio (prendendo forse monito dalla borsa disneyana della tata più desiderata al mondo dai bambini, la fantomatica Mary Poppins) riempirli sempre più; e se i due scomparti TV dedicati si fossero potuti liberare da quei due apparati di mass-media, prepotentemente e perennemente “turned on”, quasi sicuramente, in men che non si dica, nemmeno un mm3 sarebbe andato sprecato. Altra ardua problematica, per alcuni di noi pellegrini, era la straziante indecisione sulla carta da buttare, un carico potenzialmente perso o la briscola più piccola, tanto per non sprecare l’asso. Nonostante l’età media del gruppo fosse piuttosto alta (o, per non essere scortese, parliamo di mediana abbastanza discostata) quanto a prestazione fisica, quasi olimpionica, non v’è nulla da dire; e le signore nulla hanno da invidiare, alla vista di un WC, ai grandi fondisti mondiali: in un batter d’occhi sparivano, con relativa nube di polvere, all’orizzonte, tagliando il traguardo toilettiano, a volte pure svoltando nella direzione opposta, ritrovandosi così a fare compagnia ai colleghi uomini. Purtroppo, per i nostri due autisti, non deve essere stato altrettanto facile lottare con un capriccioso radiatore dai bollenti spiriti, a dismisura assetato e con gravi problemi di “incontinenza”. Fatto sta, dicevo all’inizio, nel momento giusto siamo giunti a Santiago, peccato però che l’abbiamo dovuta (a malincuore dei tanti) lasciare al momento sbagliato. Forse si credeva che assistere ai festeggiamenti mondani di questa città, a pochi chilometri dalle affascinanti coste atlantiche, equivalesse assistere a quelle nostrane. Mi tocca rettificare a gran voce; visitare Santiago il 24 luglio significa partecipare non solo agli usuali festeggiamenti, ma immergersi nel pieno del folckore locale, con danze, bande diligentemente vestite dei costumi tipici, artisti di strada di ogni genere ed artistici spettacoli pirotecnici, con il loro tripudio di colori e il brusio della gente che prende parte attiva allo spettacolo.Beh, io che sono stato uno pseudospettatore, tutto ciò l’ho semplicemente potuto dedurre dagli ormai ultimati preparativi e dall’organizzazione manifesta. Protagonista assoluta, la basilica: imponente,maestosa,col suo stile baroccheggiante da ammirare con parsimoniosa sensorialità, per non incorrere in qualche effetto collaterale stendhaliano. Usanza caratteristica è infuocare la sua facciata, adornata da un numero discreto, seppur indefinito, di petardi, quasi fosse un pino “dicembrino”; non temete, la facciata non viene distrutta, solo la sua stilizzata riproduzione in compensato. Ma Santiago è culla dei pellegrini di ogni angolo terrestre anche nei più placati lunedì invernali; per antonomasia è la meta dell’omonimo e famosissimo “cammino”; la nostra è stata più che altro una “passeggiata di Santiago”, ma che, nonostante ciò, ha permesso di ottenere un certificato di gruppo di partecipazione, le cui successive fotocopie mi hanno rievocato l’epica contesa della mela. Mentre i due efficienti autisti si prodigavano a riparare il nostro pullman, altri imprevisti, ovviamente, si sono a noi presentati. Il buon silenzioso padre spirituale, non soddisfatto dell’itinerario stilato, ha ben pensato di far visita all’ospedale locale; fortunatamente nel pomeriggio è tornato sui suoi passi. Altrettanto “fortunatamente” c’era chi compensava la gradita e silenziosa discrezione del don e di altri pellegrini con un’invidiabile e rumorosa eloquenza, ovviando, almeno, ad un’eventuale scomparsa, così usuale tra di noi. C’è anche chi, per sua lodevole premurosità, ha rinunciato, per tutta la mattinata, a deliziarsi con tutto ciò che la città ha da offrire. Particolarmente mi rammarico per la sua impossibilità ad assistere alla straordinaria perfomance di uno dei nostri compagni di viaggio; inaspettatamente ha dato prova di capacità telecinetiche: dissolversi nel nulla e riapparire nel dove in seguito avrei esortato a impadronirci di qualche ora aggiuntiva, non è cosa da tutti. Precedentemente già nominati, tutt’altro che inosservati, passavano sotto i nostri occhi svariati pellegrini, di ogni età, genere e condizione sociale; che si trattasse di famiglie, gruppi di amici o devoti pellegrini solitari, un minimo comune multiplo li contraddistingueva esponenzialmente. Dopotutto basta poco per diventare pellegrino: cappellino, zaino in spalla, pantaloncini e l’immancabile bastone adornato dall’emblema marino e dalla borraccia, certamente non colma d’acqua di Lourdes, ma comunque, in condizioni disperatamente allarmanti (o meno drasticamente e in parole povere, se assetati) definibile “santa”. Ah dimenticavo: ingrediente fondamentale è il lievito della costanza, in grado di fermentare la volontà a percorrere gli interminabili 800km del cammino (seppur ratealizzabili). Volendo ora riappropriarmi degli abiti finora dismessi, rinunciando a quel pizzico di innocente ironia, mi accingo a concludere; e come se non manifestando la mia piena soddisfazione per questa e tutte le altre tappe dell’intero iter pellegrino? Con il desiderio di potervi ritornare, ne approfitto per salutare ogni singolo partecipante, con la speranza di avervi, anche in minima parte, divertito e lasciato uno spunto per ricordare con allegria ogni momento, con le dovute ma confacenti fatiche, di questo viaggio che ne derivano. (Stefano Marra) – Questa parte è dedicata agli interventi del noto Francesco Macrì, con i quali lo stesso ha voluto alla partenza introdurre i motivi del pellegrinaggio e alla fine del viaggio chiudere con una preghiera di ringraziamento per la crescita spirituale ottenuta: “Inizio viaggio – preghiera di partenza”.Carissimi, all’inizio del nostro pellegrinaggio richiamiamo alla mente con quale animo abbiamo maturato questo proposito. I Santuari, che desideriamo visitare, attestano la devozione del popolo di Dio e dei fedeli che vi accorrono da ogni parte per ritornare a casa confermati nella vita cristiana e stimolati alle opere di carità. Ma anche ai fratelli e alle sorelle, che incontreremo in quei luoghi, dobbiamo portare in dono l’esempio della nostra fede speranza e carità, perché tutti insieme, residenti e pellegrini, possiamo arricchirci nella mutua edificazione. “Preghiera dei fedeli”. Chiediamo ora la protezione del Signore sul nostro pellegrinaggio: ·perché allontani da noi ogni pericolo; ·perché regnino in mezzo a noi la gioia e la carità; ·perché il nostro pellegrinaggio sia un atto di fede, di speranza e di amore. E ora invochiamo con fede Dio, principio e fine di tutte le strade, e diciamo insieme:Guida, Signore, il nostro cammino. 1) Padre Santo, che al tuo popolo pellegrinante nel deserto ti offristi come luce e guida, veglia sui nostri passi, perché liberi da ogni pericolo, possiamo arrivare alla meta e tornare lieti alle nostre case. Preghiamo: guida, Signore, il nostro cammino. 2) Tu ci hai dato il tuo unico figlio come via per giungere a te, fa’ che lo seguiamo sempre con fedeltà e perseveranza. Preghiamo: guida, Signore, il nostro cammino. 3) Tu in Maria sempre vergine ci hai donato l’immagine modello della sequela di Cristo, fa’ che guardando a lei camminiamo in perenne novità di vita. Preghiamo: guida, Signore, il nostro cammino. 4) Tu per mezzo dello Spirito Santo conduci a Te la Chiesa pellegrina nel mondo, fa’ che cercandoti sopra ogni cosa corriamo nella via dei tuoi precetti. Preghiamo: guida, Signore, il nostro cammino. 5) Tu ci chiami a Te attraverso i sentieri della giustizia e della pace, fa’ che al termine della vita possiamo contemplarti nella patria beata. Preghiamo: guida, Signore, il nostro cammino. Padre Nostro……. Preghiamo: Dio Onnipotente e misericordioso, tu provvedi a chi ti ama e sempre e dovunque sei vicino a chi ti cerca con cuore sincero; assisti noi tuoi figli nel pellegrinaggio e guida i nostri passi nella tua volontà, perché protetti dalla tua ombra nel giorno e illuminati dalla tua luce nella notte, possiamo giungere alla meta desiderata. Per Cristo nostro Signore. Amen. E con l’aiuto del Signore possa giungere felicemente a termine questo pellegrinaggio che iniziamo nel suo nome. E ci benedica, ci preservi da ogni male e ci conduca alla vita eterna Amen. Nel nome del Padre…“Fine viaggio – preghiera di ringraziamento e ringraziamento personale”. Siamo quasi al termine del nostro viaggio. Abbiamo trascorso giorni di grazia, giorni meravigliosi, colmi di emozioni come se fosse la prima volta che andiamo in pellegrinaggio e visitiamo questi posti affascinanti e benedetti. Anche Dio, che spesso crediamo e sentiamo lontano, ci è sembrato più accessibile e più vicino. Abbiamo gustato un modo diverso di vivere, di stare insieme. Si, è un modo indicatoci dal vangelo. Ma tutto questo finirà col pellegrinaggio o potrà continuare? Tutto non potrà continuare. I canti, il clima spirituale, i momenti di ritrovo: ciò fa parte solo di questi giorni. A questo punto facciamoci una domanda: qual è per noi l’essenziale, dopo questa esperienza? Riprenderemo semplicemente le nostre vecchie abitudini o cambierà qualcosa? Nella nostra vita personale, nella nostra preghiera? Nei nostri rapporti con gli altri? Nella partecipazione alla vita della nostra Comunità? Nel nostro ambiente di lavoro, nel mondo? L’essenziale è qui, in queste cose. Se dipendesse solo da noi, probabilmente tutto tornerebbe come prima. Ma noi siamo stati ad un appuntamento con Dio e con Maria, la madre. Non si ritorna mai a mani vuote. Nella nostra debolezza Dio può agire con la sua potenza, chiediamolo con preghiera fiduciosa e insistente. Ringraziamo il Signore, con la mediazione di Maria, per tutto quello che abbiamo ricevuto in questi giorni. Diciamo insieme: grazie, o Signore. ·Per tutte le sante emozioni che abbiamo provato in questi giorni, ti diciamo: grazie, o Signore. Per il miglioramento del nostro spirito nel fervore della preghiera e della carità verso i fratelli, ti diciamo: grazie, o Signore.·Per l’abbondante misericordia concessaci attraverso Maria SS., Ti diciamo: grazie, o Signore. ·Per il buon esempio che abbiamo ricevuto dai nostri fratelli, Ti diciamo: grazie, o Signore.·Per l’assistenza ricevuta da tutti Ti diciamo: grazie, o Signore.·Perché possiamo essere portatori di speranza e di gioia, Ti diciamo: grazie, o Signore. ·Perché nelle ore di stanchezza e di sfiducia possiamo ricordarci delle parole della vergine e santa Bernardette “Io non ti prometto di farti felice in questo mondo, ma nell’altro”, Ti diciamo: grazie, o Signore. Preghiamo: o Dio, mentre Ti adoriamo per la bontà infinita e misericordiosa che attraverso l’intercessione della vergine ss. hai voluto concedere a noi, accetta la nostra riconoscenza e benedici quanti hanno cooperato a favorirci in questo pellegrinaggio; dona a noi di continuare ad essere in mezzo al mondo veri testimoni del tuo amore e membri attivi del popolo di Dio. Per Cristo, nostro Signore. Amen. Qualcosa rimane, ho letto prima. Io mi auguro, anzi ne sono certo, che qualcosa è rimasto in noi. E allora questo qualcosa non teniamocelo dentro di noi, ma trasmettiamolo agli altri, come si legge nel vangelo di Matteo “Non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché possa illuminare”. Trasmettiamolo a tutti quelli che incontreremo. Incontrando le persone che ci conoscono, possono accorgersi del nostro cambiamento, che ci possano dire: ma che cosa ti è successo, ti vedo cambiato, ti vedo felice, ti vedo gioioso. Rispondiamogli allora: si, sono cambiato, sono felice, perché ritornando da questo pellegrinaggio, da quei posti, da quella terra benedetta da Maria, la nostra dolcissima mamma, mi sono ricaricato di tanta gioia, di tanta fede, di tanta speranza, di tanta carità. Ecco, portiamo tutto questo cambiamento non soltanto a quelli che incontreremo, ma soprattutto portiamolo ai nostri cari, ai nostri famigliari, ai nostri parenti, specialmente ai nostri cari ammalati che abbiamo lasciato a casa. Termino, ringraziandovi tutti per la vostra bellissima compagnia. Sono stato veramente bene in questi giorni insieme a voi. Siamo stati veramente una grande famiglia. Mi scuso e vi chiedo perdono se ho mancato in qualcosa, se non tutto è andato per il verso giusto. Mi auguro che ci incontreremo ancora in altri pellegrinaggi. Una cosa è certa, e ve lo dico con tanta sincerità e senza ipocrisia, che vi voglio tutti bene e vi porterò sempre nel mio cuore. Grazie ancora e … alla prossima. – A conclusione del viaggio è stata inviata, dal responsabile del Gruppo alla “Grimaldi Tour Operator” di Napoli, una lettera per evidenziare alla Compagnia pregi e disfunzioni dei servizi erogati sulle navi utilizzate: “Alla cortese attenzione della GRIMALDI TOUR OPERATOR – NAPOLI / In merito al viaggio effettuato dal Gruppo “Garreffa” tramite la Vs. Agenzia, mi permetto evidenziare pregi e disfunzioni dei servizi e mezzi utilizzati. 1) I viaggi di andata e ritorno tra Civitavecchia e Barcellona sulle navi EUROSTAR BARCELONA ed EUROSTAR ROMA ad una valutazione generale hanno risposto positivamente, per i servizi offerti, alle esigenze del gruppo e a quanto indicato da voi. Nel particolare però hanno evidenziato alcune disfunzioni, quali il mancato rispetto delle fasce-orario annunciate per i pasti dei vari gruppi, per cui in pratica ad ogni tornata si creavano lunghe code e lunghe attese, e le lunghe operazioni di sbarco dei mezzi, con notevole perdita di tempo sull’economia generale del viaggio, evitabile se i pullman venissero imbarcati per ultimi e fatti uscire per primi. Inoltre sulla nave ROMA la posizione del self-service a ridosso del bar centrale impedisce per un paio d’ore l’uso agevole e funzionale di quest’ultimo. 2) Per quanto riguarda gli alberghi , niente da eccepire sulla loro posizione centrale e comoda, né sulla buona qualità dei servizi e sulla disponibilità del personale. Le disfunzioni notate (e fatte presenti sul posto) afferiscono al fatto che gli alberghi in questione sono sforniti di letti matrimoniali, caratteristica richiesta specificatamente da noi e da voi accettata, e nel ristorante di Santiago una diversa interpretazione, poi risolta, sulla quantità di bevanda (nel caso specifico vino) concordata per singola persona. / Il Responsabile del Gruppo.” – In data 29 agosto 2006 don Biagio Fioravante Boron, che durante il viaggio ha svolto egregiamente il ruolo di padre spirituale, ha fatto pervenire dalla Casa Sacro Cuore di Saccolongo (PD) al capogruppo prof. Giuseppe Blefari la sottoriportata dolcissima e toccante lettera: “Ill.mo dr. Blefari, con la presente vorrei tramite la Sua persona trasmettere a tutti i pellegrini il mio cordiale saluto, e il mio doveroso ringraziamento per l’accoglienza più che fraterna riservatami e dimostratami nei giorni del pellegrinaggio. Ho potuto toccare con mano la affettuosa sensibilità di persone che, pur non conoscendo, mi hanno fraternamente assistito nei giorni del mio disagio, dal quale mi sono perfettamente ripreso. Ora sto bene e sto preparando il Pellegrinaggio a Fatima e Santiago nei giorni 23-28 sett.pr.. La prego di salutare tutto il gruppo dei pellegrini e assicurare tutti del mio ricordo al Signore. Con profonda stima ed affetto saluto e benedico. Fr. Biagio Boron
ATTIVITA’ ANNO 2007
1) -05 gennaio 2007. Il primo incontro del Gruppo del nuovo anno, tenutosi alle ore 15.00 presso la Chiesa di Maria SS. del Carmine di c.da Biviera, ha coinciso con il funerale del sig. Giuseppe Codispoti, “confratello” dell’Arciconfraternita Maria SS Immacolata e residente nella stessa contrada. La coincidenza ha reso necessarie delle variazioni al programma, che prevedeva fra l’altro la celebrazione di una messa, rinviata, in suffragio di don Mimmo Lamberto, parente dei coniugi Tina e Tonino Romeo. Dopo il rito funebre, officiato dal parroco don Giuseppe Pittarello, il Gruppo ha recitato il Santo Rosario. Al termine ha preso la parola il prof. Giuseppe Blefari per le rituali conclusioni. Nel suo intervento, in primis ha delineato la figura e la personalità di don Mimmo Lamberto ed ha letto quanto scritto sui ricordini alla memoria del sacerdote, preparati dai coniugi Romeo e consegnati a tutti i presenti: “Sac. Don Mimmo Lamberto α 9.03.1930 Ω 23.11.2005 – ‘Lascio il mio corpo alla terra l’anima a Dio il cuore alla Madonna (dal testamento spirituale) – Vergine Addolorata dei Martiri Regina prega, oh, dolente, impetraci dal Figlio tuo pietà! (Madonna Addolorata che si venera nella chiesa del Rosario in Caulonia, a lungo invocata con cuore appassionato da don Mimmo Lamberto) – ‘Una cosa ho chiesto al Signore abitare nella Sua Casa per tutti i giorni della mia vita’ ‘Lo ha provato come l’oro nel crogiolo e lo ha gradito come un olocausto’.” Di seguito ha consegnato copia del programma dell’escursione prevista per giorno il 21 c.m.: “Gruppo di preghiera ‘Carlo sei con noi’ 89034 Bovalino – Escursione sulla neve a Lorica giorno 21 gennaio. Partenza da Bovalino ore 6.30 con rientro in serata. Pranzo e viaggio in pullman a carico dell’organizzazione del gruppo. Costo complessivo euro 35.00. Per prenotarsi occorre versare la quota di euro 15.00.” Infine il prof. Blefari ha fatto cenno ai preparativi del prossimo pellegrinaggio, la cui meta saranno I luoghi visitati da San Paolo. Nei prossimi incontri saranno definiti tempi modalità e percorso del viaggio. -06 maggio 2007. Giorno 6 maggio, alle ore 16.30, il Gruppo si è incontrato presso la Chiesa Matrice di Bovalino Superiore con l’Associazione Consolatrice del SS. Rosario di Cannitello di Villa San Giovanni per uno scambio di esperienze e per una preghiera comune. L’interessante e proficuo incontro era stato sollecitato, in data 14 marzo, dal capogruppo dott. Giuseppe Blefari e autorizzato dal parroco padre Giuseppe Pittarello. Nell’occasione il capogruppo ha rivolto ai graditi ospiti il seguente saluto: “Mi rivolgo a tutti voi qui presenti, con un saluto affettuoso e fraterno, ed esprimo gratitudine ai fratelli dell’associazione ‘Regina Consolatrice del Santo Rosario’ con sede in Cannitello di Villa San Giovanni, stasera qui presenti e così tanto numerosi a questo incontro di preghiera comunitaria. Ci troviamo insieme a pregare in questa antica Chiesa di Bovalino Superiore, che ha il sapore dei secoli e racconta la sua storia, dove si festeggia in modo particolare l’8 settembre e l’8 dicembre l’Immacolata Concezione’. Condividiamo insieme questi momenti d’intensa spiritualità e intendo proporvi stasera di portare dentro di noi tutti un’unica immagine tanto cara: La fiaccola e la lampada / Una preghiera che si eleva, / una luce che si fa più splendente, / una stella che brilla nel cielo, / una lampada che illumina / e poi alla fine porta tutta se stessa in alto. Tutti insieme, stasera, per accendere tante fiaccole, per dire a Dio di renderci sempre desti e svegli per mantenere sempre costantemente vivo questo entusiasmo che ha invaso tutti noi; per dire a Dio di concederci la fortezza affinché possiamo avere sempre la riserva di luce per le nostre fiaccole. Un momento d’incontro, di amicizia, di catechesi, di forte spiritualità. Camminiamo insieme e portiamo tutti la nostra lampada accesa per far crescere la nostra fede, perché Dio chiama ognuno di noi a costituire la sua Santa Chiesa e il suo popolo eletto. Con la certezza che il nostro cammino di ‘Carlo sei con noi’ e il vostro percorso itinerante di preghiera, intrapreso ormai da molti anni, ci consente stasera d’assaporare i frutti della preghiera comunitaria, convinti che questo incontro ci farà tornare alle nostre case con una bisaccia, sicuramente piena di vari beni per la nostra vita cristiana e spirituale. Grazie, un abbraccio fraterno con la certezza che vi porteremo tutti nel nostro cuore.” 2) Escursione a Lorica e Camigliatello. Il viaggio si è svolto il 21 gennaio in un clima di fraterna allegria. La poca neve presente in Sila, per le particolari miti condizioni climatiche di quest’inverno, non ha impedito al gruppo di trovare nuove fonti di curiosità, tipo la salita con la funivia sul monte Botte Donato, il più alto dell’Altopiano. Il pranzo, la passeggiata e lo shopping nei due paesi silani hanno riempito la simpatica giornata. Il costo complessivo è stato di 35 euro. 3) Il Pellegrinaggio principale di quest’anno si è svolto dal 18 al 25 luglio 2007 ed ha avuto come itinerario “Sui passi di San Paolo in Grecia”. Il viaggio, organizzato dal Gruppo di preghiera “Carlo sei con noi” di Bovalino è stato effettuato con le Autolinee “Panuzzo” – Linee Internazionali Turismo Religioso di Bovalino, al costo di 690 euro a persona, ed ha seguito il seguente percorso: Mercoledì 18 luglio 2007 – Bovalino/Brindisi (km 470 circa) / Ore 06.00 – Partenza da Bovalino per Brindisi, recupero a Crotone di un secondo gruppo di pellegrini (17), sosta lungo il percorso e pranzo al sacco a cura dei partecipanti, nel pomeriggio arrivo a Brindisi, operazioni d’imbarco sulla nave Elli T della Endeavor Lines e partenza alle ore 19.00 per Igumenitza, cena e pernottamento sulla nave. Giovedì 19 luglio 2007 – Igumenitza/ Salonicco (km 430 circa) / Ore 4.00 sbarco a Igumenitza, incontro con la guida e partenza per Kalambaka, via Metsovo. Visita alle maestose rocce delle Meteore e al Monastero più significativo, per approfondire la profonda religiosità ortodossa, che si riflette sugli affreschi e sull’atmosfera dei luoghi. Pranzo in ristorante del luogo, esattamente il Bakos. In serata arrivo a Salonicco, sistemazione nell’hotel El Greco al centro della città. Cena, libera escursione e pernottamento. (Kalambaka-Meteore:dei 24 Monasteri Bizantini esistenti, oggi ne restano in piedi sei – I più noti: Agìa Roussanou, Megalo Meteoro, Monastero di Varlaam.) Venerdì 20 luglio 2007 – Salonicco/Filippi (km 165)/Kavala (km 20)/Salonicco (km. 160) / Colazione in hotel e partenza per Salonicco, Filippi e Kavala. Pranzo a Kavala presso il ristorante sul porto Orea Mitilini. In serata rientro in hotel e cena. Libera escursione e pernottamento. (Filippi: complesso archeologico, lettera di S. Paolo ai Filippesi. Kavala è l’ex Neapolis. Salonicco: le Mura, la Chiesa dei Fabbri con i ricordi di S. Paolo, l’Arco di Galerio, la Cittadella, il Monastero di Vlatadon, Le Basiliche Panagìa Achiropatos e Agio Dimitrios, Lettera ai Tessalonicesi. Sabato 21 luglio 2007 – Salonicco/Veria (km 75)//Delfi (km 300 circa) / Colazione in hotel e partenza per Veria, con sosta a Vergina per la visita alle tombe dei reali macedoni e per il pranzo presso il ristorante Filippiol. In serata arrivo a Delfi. Sistemazione nell’hotel Anemolia di Arahova, cena libera escursione e pernottamento. (Delfi: Monastero di Ossos Loukas di Livadia-Monastero di Delfi -mosaico dell’XI sec. raffigurante San Paolo. All’incirca una ventina d’anni fa, Venezia donò al monastero le reliquie del suo fondatore, il beato Luca, appunto, che erano custodite da lungo tempo a Venezia-; Museo; Santuario di Apollo) Domenica 22 luglio 2007 – Delfi/Atene (km 177 circa) / Colazione in hotel e visita di Delfi, centro religioso del mondo antico. Sul monte Parnaso, in un magnifico panorama, si è visitato il Santuario di Apollo e il Museo, dove è custodita la statua dell’auriga offerta da Polizialo principe siciliano. Pranzo nella Taverna Attelos. In serata trasferimento ad Atene. Sistemazione nell’hotel Oscar, cena libera escursione e pernottamento. Lunedì 23 luglio 2007 – Atene / Colazione, pranzo e cena in albergo. La giornata è stata dedicata alla visita di Atene (Piazza Costituzione o Sintagma, dove si trovano il Parlamento ed il monumento al Milite Ignoto; via Venizelu, dove si trovano i monumenti neoclassici dell’Accademia, dell’Università e della Biblioteca Nazionale; via Erode Attico, dove si trovano la residenza del Presidente della Repubblica e gli Eufoni in costume nazionale. – Tempio di Giove Olimpico, Arco di Adriano e Stadio Panathinaico, dove si sono svolte le prime Olimpiadi del 1896. – Acropoli: museo, Partendone, Eretteo e il Tempio di Atena Nike – Agorà – Museo Archeologico Nazionale – Areopago – Monastero di S.Lucia – Plaka – La Cattedrale, dedicata a San Dionigi l’Aeropagita). Martedì 24 luglio 2007 – Atene/Patrasso (kmm 210 circa) / Colazione e partenza per il tour dell’Argolide (sosta sul canale di Corinto, Lettera ai Corinzi – Visita al Teatro di Epidauro e Museo – Micene, la città degli Atrei: Porta dei leoni; Mura ciclopiche; Cittadella con le tombe reali e la tomba di Agammenno – Nauplia), sosta nel ristorante Homer per il pranzo. In serata trasferimento a Patrasso e imbarco per Brindisi sulla nave Erotokritos della Endeavor Lines. Partenza alle ore 19.00 con un’ora di ritardo rispetto all’orario previsto. Mercoledì 25 luglio 2007 – Brindisi/Crotone/Bovalino (km 500 circa). Arrivo a Brindisi alle ore 9.30 e trasferimento per visita di Alberobello, con pranzo nel ristorante locale Terminala. In serata arrivo a Crotone e Bovalino. – Nota finale del viaggio: “L’importante non è l’andare, ma il tornare: il senso del pellegrinaggio è nel ritorno, in quella responsabilità, in quella coscienza che ci si riporta indietro”. I viaggi missionari (per l’esattezza il secondo e il terzo, che si sono svolti soprattutto in Grecia) e le mille peripezie dell’apostolo Paolo hanno accompagnato e scandito le giornate dei pellegrini del Gruppo ‘Carlo sei con noi’, che hanno attraversato in pullman da nord a sud gran parte della Grecia. Sono riemersi di continuo e, talora, preso luce nuova i suoi incontri e i suoi percorsi narrati dal libro degli Atti o emergenti dalle lettere apostoliche, le conversioni scaturite dall’annuncio del Vangelo, le non poche difficoltà e le persecuzioni subite, i primi passi delle comunità da lui fondate, le sue infinite e premurose preoccupazioni pastorali, il costante (e delicatissimo) confronto con le filosofie e i grandi miti, le magie e le scaramanzie, le abitudini e i costumi del mondo di allora forse non meno complicato di quello di oggi.” – Come al solito, durante il viaggio si sono alternati momenti di riflessione e di preghiera ad altri più leggeri e scanzonati; fra questi ultimi l’allegra filastrocca di Rossella Andrizzi, cantata sulle note di “Fiorin Fiorello”: “Fiorin fiorello, il tour è bello, il tour è bello… è bello si! / Fiorin Fiorello, il tour è stop, il tour è stop… per la pipì! / E San Paolo conosciamo / e la Grecia affrontiamo / per capire i suoi viaggi / raggiungiamo tutti i villaggi. / Fiorin fiorello, il tour è bello, il tour è bello… è bello si! / Fiorin Fiorello, il tour è stop, il tour è stop… per la pipì! / E Carlo Ripolo è in testa / e a Crotone è già festa / diciassette i numerati / per essere subito imbarcati. / Fiorin fiorello, il tour è bello, il tour è bello… è bello si! / Fiorin Fiorello, il tour è stop, il tour è stop… per la pipì! / Per l’apostolo convertito / il gruppo via… ed è già partito / e dopo tutte le varie quote / quasi subito si è sulle ruote. / Fiorin fiorello, il tour è bello, il tour è bello… è bello si! / Fiorin Fiorello, il tour è stop, il tour è stop… per la pipì! / E a Igumenitsa / si pensa già alla nostra pizza / perché in Grecia in cucina / manca forse la farina. / Fiorin fiorello, il tour è bello, il tour è bello… è bello si! / Fiorin Fiorello, il tour è stop, il tour è stop… per la pipì! / E a Kalambaka / il caro Manos ci appassiona / con le meteore e i monasteri / che ne hanno sai di misteri. / Fiorin fiorello, il tour è bello, il tour è bello… è bello si! / Fiorin Fiorello, il tour è stop, il tour è stop… per la pipì! / E l’autista / è sempre in pista e sempre va… / fin quando la cinghia / non si spacca e fa poi ppàh! / Fiorin fiorello, il tour è bello, il tour è bello… è bello si! / Fiorin Fiorello, il tour è stop, il tour è stop… per la pipì! / Viva Reggio e Crotone / oih che stupenda organizzazione! / E’ un’amicizia duratura / che nel tempo ormai perdura. / Fiorin fiorello, il tour è bello, il tour è bello… è bello si! / Fiorin Fiorello, il tour è stop, il tour è stop… per la pipì! / Siamo quasi tutti affascinati / da vari miti e da leggende / e vari sono i suggerimenti / che a noi fanno da insegnamenti. / Fiorin fiorello, il tour è bello, il tour è bello… è bello si! / Fiorin Fiorello, il tour è stop, il tour è stop… per la pipì! / Ci piace tanto ascoltare / la guida che si fa apprezzare / e per la fede due professioni / che nei secoli hanno divisioni. / Fiorin fiorello, il tour è bello, il tour è bello… è bello si! / Fiorin Fiorello, il tour è stop, il tour è stop… per la pipì! / Siamo tutti figli di uno stesso Padre / il quale pare ci voglia amare / e a San Paolo dà la missione / di annunciarci la sua intenzione. / Fiorin fiorello, il tour è bello, il tour è bello… è bello si! / Fiorin Fiorello, il tour è stop, il tour è stop… per la pipì! / Vuole una Chiesa che sia unita / fra occidente ed oriente / si vorrà avere un unico cuore / e ciò che conta è solo amore. / Fiorin fiorello, il tour è bello, il tour è bello… è bello si! / Fiorin Fiorello, il tour è stop, il tour è stop… per la pipì! / Sarà un istmo come a Corinto /ad unire i due mari / e l’occidente e l’oriente / andranno verso una stessa corrente. / Fiorin fiorello, il tour è bello, il tour è bello… è bello si! / Fiorin Fiorello, il tour è stop, il tour è stop… per la pipì! / Ad Atene un pellegrino / si purifica in piscina / perché a Delfi per un oracolo / non ce l’ha fatta quella mattina. / Fiorin fiorello, il tour è bello, il tour è bello… è bello si! / Fiorin Fiorello, il tour è stop, il tour è stop… per la pipì! / Quanti biglietti da pagare / per le visite da effettuare / e che fortuna per chi ha l’età / e la ridotta può ingranare. / Fiorin fiorello, il tour è bello, il tour è bello… è bello si! / Fiorin Fiorello, il tour è stop, il tour è stop… per la pipì! / Nel Museo Nazionale / le nude statue da inquadrare / ed il custode meravigliato / trova a terra un indumento appoggiato. / Fiorin fiorello, il tour è bello, il tour è bello… è bello si! / Fiorin Fiorello, il tour è stop, il tour è stop… per la pipì! / “M chi l’ha perso?” chiedeva a noi / perché era certo che i suoi soggetti / erano stati ormai da secoli / tutti quanti nudi e perfetti. / Fiorin fiorello, il tour è bello, il tour è bello… è bello si! / Fiorin Fiorello, il tour è stop, il tour è stop… per la pipì! / Ed in albergo / le valigie hanno tutte le rotelle / e cambian stanza / solo con poche spintarelle. / Fiorin fiorello, il tour è bello, il tour è bello… è bello si! / Fiorin Fiorello, il tour è stop, il tour è stop… per la pipì! / Ed è così che la Rosetta / per una notte non ha borsetta / e su e giù e qui e là / fin quando poi la trova e va! / Fiorin fiorello, il tour è bello, il tour è bello… è bello si! / Fiorin Fiorello, il tour è stop, il tour è stop… per la pipì! / Che gran caldo abbiam trovato / tanto che il viso abbiam bagnato / e la pipì non viene più / se tu il tè non mandi giù! / Fiorin fiorello, il tour è bello, il tour è bello… è bello si! / Fiorin Fiorello, il tour è stop, il tour è stop… per la pipì! / Bravi i bambini / che accaldati guardan le spiagge e son sudati / ma sempre pronti la mattina / per la partenza così vicina. / Fiorin fiorello, il tour è bello, il tour è bello… è bello si! / Fiorin Fiorello, il tour è stop, il tour è stop… per la pipì! / E va il gruppo che viaggia tanto / con zia Pepè che avanti rema / e lei si gira guardando noi / che procediamo in forza estrema. / Fiorin fiorello, il tour è bello, il tour è bello… è bello si! / Fiorin Fiorello, il tour è stop, il tour è stop… per la pipì! / Il capogruppo il nostro Blefari / inquadra tutti coi documenti / per esser certo che in questo viaggio / siano tutti bravi elementi. / Fiorin fiorello, il tour è bello, il tour è bello… è bello si! / Fiorin Fiorello, il tour è stop, il tour è stop… per la pipì! / E sulla nave la cara Tota / alza i tacchi… e via e va… / e mentre poi il fumo avanza / vorrebbe buttarsi su una paranza. / Fiorin fiorello, il tour è bello, il tour è bello… è bello si! / Fiorin Fiorello, il tour è stop, il tour è stop… per la pipì! / Un incendio è ormai divampato / e un titanic è già iniziato / e sulle piste di emergenza / si cercano luoghi di capienza. / Fiorin fiorello, il tour è bello, il tour è bello… è bello si! / Fiorin Fiorello, il tour è stop, il tour è stop… per la pipì! / Oilì, oilà, oilì, oilà / un grazie a tutti con parità / e dopo questa di Alberobello / ci salutiamo… col greco ombrello! / Fiorin fiorello, il tour è bello, il tour è bello… è bello si! / Fiorin Fiorello, il tour è stop, il tour è stop… per la pipì! “ – Nella mia relazione finale, a consuntivo del pellegrinaggio, mi ha fatto piacere evidenziare, attraverso i commenti di tutti i partecipanti, la buona riuscita del viaggio, ritenuto interessante e stimolante, l’ottima organizzazione, l’indovinata scelta della guida, che ha saputo trasmettere con passione e partecipazione contenuti culturali e soprattutto emozioni, la presenza dell’autista-tuttofare Totò Garreffa, vera colonna portante di tutti i nostri viaggi, che ha saputo anche questa volta far fronte egregiamente alle avarie del pulmann, riparando la rottura di alcune cinghie del compressore e di un manicotto dell’olio, ma patendo delle ustioni per il contatto con parti roventi del motore, e trasmettendo tranquillità allorquando sulla nave di ritorno si è verificato un principio d’incendio, che faceva serpeggiare fra i passeggeri ansia e panico… “Torniamo con l’auspicio che ogni pellegrino abbia trovato nel viaggio ciò che cercava e abbia soddisfatto ogni personale esigenza conoscitiva e di coscienza, rammentando che ogni viaggio non è solo un visitare o rivisitare posti luoghi beni e opere d’arte per accrescere le proprie conoscenze e ampliare gli orizzonti culturali, ma anche e soprattutto una rivisitazione della propria esperienza interiore per aumentarne le capacità introspettive e di analisi. / Torniamo con la certezza che ognuno si è sentito a suo agio nello sforzo di dare un contributo di comprensione e di tolleranza per trasformare un gruppo composito e le sue contraddittorie dinamiche in piccola comunità in cammino, con obiettivi comuni, salvo pochissimi casi di autoesclusione per pregiudizi o limiti caratteriali. / Torniamo con la sicurezza che ognuno ha trovato nell’altro e nel vicino una risorsa e uno stimolo di crescita mai un compagno da sopportare con fastidio per la convivenza forzata. / Torniamo con la speranza che tutti abbiano affrontato il viaggio con lo spirito giusto di chi va a far visita ad amici e parenti nel rispetto dei comuni avi partiti dalla Grecia per fondare da noi tante città che hanno dato “magno” lustro nel tempo. / Torniamo con la certezza che molti si sono sforzati con equilibrio di sperimentare lo spirito dell’illustre itacese, che ha sempre incarnato lo sforzo dell’uomo di spostare i propri limiti conoscitivi tanto da fargli arringare dal sommo poeta i timorosi compagni di viaggio con accorata convinzione ‘… considerate la vostra semenza, nati non fummo a viver come bruti ma per seguire virtute e conoscenza’ attraverso un mare che divide unendoli popoli e civiltà; ma anche con adeguatezza lo spirito religioso per capire il ruolo di San Paolo che, dopo la drammatica conversione, mosse soprattutto in Grecia i primi passi del suo apostolato; e lo spirito di ricerca interiore del chiomato di Samo, che attraverso l’iscrizione sul frontone della sua scuola a Crotone ci invita ancora oggi a comportamenti positivi ‘chi non sa quel che deve sapere è bruto fra uomini, chi sa quel che deve sapere è uomo fra uomini, ma chi sa più di quel che deve sapere è dio fra gli uomini’. / Torniamo dalla Grecia con la gioia di aver trovato elementi concreti di continuità e legami con le nostre abitudini e tradizioni: · a Salonicco ci siamo calati nel fascino e nella magia di una città-porta d’Europa e incrocio di tre culture e religioni; · a Filippi ci siamo sforzati di cogliere il senso del battesimo di Lidia la prima cristiana in terra d’Europa dopo il sogno profetico che impose a Paolo di passare in Macedonia; · nel tempio di Apollo a Delfi abbiamo cercato di interpellare l’oracolo alla ricerca di una piccola nascosta verità come i nostri padri ecisti che partivano dall’Oriente per fondare colonie; · nell’agorà di Atene abbiamo cercato di cogliere le voci e gli echi delle profonde dispute tra Paolo e i filosofi ma anche i sentimenti della grande conversione di Dionigi, futuro vescovo di Crotone; · nei posti di mare abbiamo cercato di evocare le suggestioni di una partenza significativa verso Reggio Calabria nel quarto viaggio di Paolo per portarvi la buona novella e a Roma il suo martirio. / Torniamo con la certezza di aver trovato nel contatto con i greci e nelle loro abitudini l’atmosfera delle nostre sagre paesane e religiose e nel sirtaki la travolgente vivacità della tarantella non dissimile di quanto provato lo scorso anno davanti ai giganti e ai balli folkloristici per la festa di San Giacomo a Santiago di Compostela.” – A conclusione del viaggio è stata inviata dal responsabile del Gruppo all’Agenzia organizzatrice una lettera, come avviene di consuetudine, per evidenziare pregi e disfunzioni dei servizi erogati: “Alla cortese attenzione dell’Agenzia… / In merito al viaggio in Grecia, effettuato dal Gruppo di preghiera “Carlo sei con noi”, tramite la Vs. Agenzia, in qualità di responsabile dello stesso, desidero segnalare la nostra soddisfazione per i servizi e i mezzi utilizzati, che hanno risposto nel complesso positivamente alle esigenze del gruppo e a quanto indicato da voi nel programma. Le navi hanno corrisposto i servizi previsti; gli alberghi, situati in posizione centrale e comoda, hanno offerto servizi qualitativamente buoni e il personale si è sempre dimostrato disponibile. Ma la nota altamente positiva, che ha reso il viaggio ancor di più interessante, è da riferirsi alla presenza della vostra guida, che ha saputo trasmettere con passione e partecipazione contenuti culturali e soprattutto emozioni, evidenziando in egual misura umanità, disponibilità e professionalità, che sono state molto apprezzate da tutti i partecipanti, apprezzamento che vorrei, tramite voi, fosse fatto presente anche all’interessato / Il Responsabile del Gruppo.” Lo stesso responsabile comunque aveva già consegnato alla guida, l’ultimo giorno di pellegrinaggio, una busta contenente un “ringraziamento” in denaro raccolto fra i partecipanti e la seguente lettera di apprezzamento: “Atene 24 luglio 2007 / Caro Emanuele, la tua umanità e disponibilità, andata oltre la professionalità, è stata molto apprezzata. Riconoscenti, ti offriamo la nostra fratellanza. Con affetto e simpatia. L’Associazione ‘Carlo sei con noi’ di Bovalino/R.C., gli amici di Crotone e di Isola Capo Rizzato. Il Capo-gruppo dell’Associazione Giuseppe prof. Blefari.”

BIBLIOGRAFIA
ARDORE ANTONIO, Bovalino un borgo da salvare, Ed. AGE, Ardore, 2002
BLEFARI-RIPOLO, Carlo sei con noi, Ed. AGE, Ardore, 2000
DE FIORES STEFANO, Il Beato C. Costanzo di Bovalino, Qualecultura, VV, 2000
Padre FIORE, Calabria Santa
L’Osservatore Romano del 2-3 aprile 1984
OPPEDISANO ANTONIO, Cronistoria di Bovalino Superiore, inedita
PASCHINI P., Confraternita (in Enciclopedia Cattolica)
PATRIGNANI GIUSEPPE ANTONIO, Menologio di pie memorie, Venezia, 1730
RACCO FILIPPO, Su un antico reliquario bovalinese (in Calabria Sconosciuta)
RUFFO GIOVANNI, Al tempo dei canonici di legno, Rubbettino, S. Mannelli, 2003
SANTAGATA GIUSEPPE, Calabria sacra, Ed.Parallelo 38, RC, 1975 (rist. FPE, Locri, 2003)
ZINGHINI’ GIUSEPPE, Leggenda di suor Maria Cecilia, inedita
Sito web: www.SBTI.ORG

ALLEGATI E FOTO
STATUTI CONFRATERNITA
1) Copia Statuto riconosciuto e approvato dal re Ferdinando IV con Decreto del 26 novembre 1779, in latino. (10 fogli)
2) Copia Statuto riconosciuto e approvato dal re Ferdinando IV con Decreto del 26 novembre 1779, traduzione italiana. (9 fogli)
3) Copia Statuto dell’11 maggio 1975, priore Vito Cavallo (4 fogli)

INDICE
PREFAZIONE pag. 5
CAPITOLO PRIMO – CENNI STORICI pag. 9
CAPITOLO SECONDO – I DOCUMENTI E GLI ARCHIVI pag. 19
CAPITOLO TERZO – LO STATUTO pag. 23
CAPITOLO QUARTO – IL GOVERNO DELLA CONGREGA pag. 31
CAPITOLO QUINTO – I CONFRATELLI pag. 37
CAPITOLO SESTO – IL RITO DELLA VESTIZIONE pag. 49
CAPITOLO SETTIMO – I RITI DELLA SETTIMA SANTA pag. 55
CAPITOLO OTTAVO – IL CULTO DELL’IMMACOLATA pag. 69
CAPITOLO NONO – IL PRESEPE pag. 89
CAPITOLO DECIMO – IL MUSEO D’ARTE SACRA pag. 97
CAPITOLO UNDICESIMO – “UN BORGO DA SALVARE” A. ARDORE pag.107
CAPITOLO DODICESIMO – LE CHIESE DI BOVALINO SUPERIORE pag. 111
CAPITOLO TREDICESIMO – PREGHIERE E CANTI TRADIZIONALI pag. 139
APPENDICE pag. 145
a) IL BEATO CAMILLO COSTANZO 147
b) LA LEGGENDA DI SUOR MARIA CECILIA 199
c) IL BEATO FRANCESCO MAZZACARA / TEODORO 241
d) Associazione culturale “AMICI DELLA MUSICA – M. SS. IMMACOLATA” 243
e) Contrada BIVIERA 247
f) Parrocchia di “SAN NICOLA DI BARI” di Bovalino Marina 253
g) Il Calendario dell’Arciconfraternita 261
h) Guppo di Preghiera CARLO SEI CON NOI 275
BIBLIOGRAFIA pag. 317
ALLEGATI E FOTO pag. 319

… m’hai relegato in un rupestre borgo
dove la mia battaglia quotidiana
affronto nel silenzio,
e benché trascurato e non amato,
non oso abbandonarlo…
(del gaudio)

Quaderni Bovalinesi
00) Note di presentazione
01) Arciconfraternita Maria SS. Immacolata di Bovalino Superiore (ed. 2009)
02) Storia di una congrega, tra fede tradizione e voglia di riscatto (ed. 2019)
03) Il sito cancellato (i testi/le foto/i video/le musiche)
04) Il Beato Camillo Costanzo, missionario gesuita bovalinese…
05) Atti Convegno Nazionale “L’azione apostolica del Beato Camillo Costanzo…..”
06) Il giorno del miracolo (8 settembre 1594)
07) Suor Maria Cecilia da Bovalino, tra storia e leggenda
08) I luoghi e le persone
09) Tra fede e poesia
10) Le Chiese di Bovalino
11) Carlo sei con noi
12) Gruppo di preghiera “Carlo sei con noi”
13) Padre Stefano de Fiores: l’uomo, il teologo, lo scrittore
14) Il teologo e il matematico: Stefano de Fiores e Carmine Mazzei…
15) Tracce di storia tra Ardore e Bovalino…
16) Frammenti di storia bovalinese
17) Diario tra cronaca e storia… quasi uno zibaldone
18) I beni dimenticati
19) I paesi e i volti della memoria
20) Album di ricordi

mi corre l’obbligo di ringraziare
soprattutto quelli che ogni giorno,
dai familiari ai politici,
dagli amici ai concittadini,
con i loro comportamenti negativi e discutibili,
mi aiutano a capire quelli positivi,
ad apprezzarli e a sforzarmi di seguirli…

L’autore
Carlo Ripolo è nato ad Ardore (RC) il 1946 e vive a Crotone.
Laureato in filosofia, ha insegnato Materie letterarie nella Scuola Media e successivamente nello stesso ordine di scuola ha operato come preside.
Ha scritto le raccolte di poesie Percorsi e Peregrinatio dromi; il romanzo Le more di gelso; il saggio Progetto Pitagora; i racconti brevi Da Pintammati alla Valle del Neto; la raccolta di favole Nonno mi racconti una storia…; le miscellanee Il filo di Arianna, Progetto Scuola e Il Gruppo di preghiera “Carlo sei con noi”; alcuni testi di argomento esoterico e altri in collaborazione di vario genere.

You cannot copy content of this page