Poesia

Tra attese e speranze

Per dare senso a dignitosa esistenza,

sospeso tra attese e speranze,

vivo spesso nel ricordo di un “ricco” passato,

straniero sognatore e combattente visionario,

con occhi a volte stanchi, ma sempre

curiosi attenti e indagatori,

vagando da Pintammati alla Valle del Neto,

tra la Locride e il Marchesato,,,

A consigliarmi, in sogno, avanza Nosside,

leggiadra nel portamento,

la poetessa dai versi melodiosi…

Straniero, se navigando ti recherai a Mitilene dai bei cori,
per cogliervi il fior fiore delle grazie di Saffo,
dì che fui cara alle Muse, e la terra Locrese mi generò.
Il mio nome, ricordalo, è Nosside. Ora va’!”

 

Ma andare dove? Sicuramente da emigrante,

qui i tempi sono e sono stati sempre tristi,

lo ricorda ancora Alvaro, con magistrale

e cesellata maestria…

“Non è bella la vita dei pastori in Aspromonte, d’inverno, quando i torbidi torrenti corrono al mare, e la terra sembra navigare sulle acque. I pastori stanno nelle case costruite di frasche e di fango, e dormono con gli animali. Vanno in giro coi lunghi cappucci attaccati ad una mantelletta triangolare che protegge le spalle, come si vede talvolta raffigurato qualche dio greco pellegrino e invernale. I torrenti hanno una voce assordante.”

 

Assordante come la voce del grande stilese,

che dal monte Consolino, ancora ammonisce,

con indice inquisitore…

“Io nacqui a debellar tre mali estremi:
tirannide, sofismi, ipocrisia;
carestie, guerre, pesti, invidia, inganno,
ingiustizia, lussuria, accidia, sdegno,
tutti a que’ tre gran mali sottostanno,
che nel cieco amor proprio, figlio degno
d’ignoranza, radice e fomento hanno.”

 

Ma debellar mali è difficile qui e forse inutile,

ce lo ricordano tutti i martiri, compresi

quelli uccisi nella bella Gerace..

Ripetano i secoli che qui vennero fucilati il 2 ottobre 1847 Michele Bello da Siderno, Pietro Mazzoni da Roccella, Gaetano Ruffo da Bovalino, Domenico Salvadori da Bianco, Rocco Verduci da Caraffa. Precursori di libertà.

 

E gli fa eco “speranzoso” dalla Petrosa tirrenica,

per amore e passione della terra natia,

il più noto scrittore palmese…

“Quando fu il giorno della Calabria Dio si trovò in pugno 15000 km. quadrati di argilla verde con riflessi viola. Pensò che con quella creta si potesse modellare un paese di due milioni di abitanti al massimo. Era teso in un maschio vigore creativo il Signore, e promise a se stesso di fare un capolavoro…// Operate tutte queste cose nel presente e nel futuro il Signore fu preso da una dolce sonnolenza, in cui entrava il compiacimento del creatore verso il capolavoro raggiunto. Del breve sonno divino approfittò il diavolo per assegnare alla Calabria le calamità: le dominazioni, il terremoto, la malaria, il latifondo, le fiumare, le alluvioni, la peronospora, la siccità, la mosca olearia, l’analfabetismo, il punto d’onore, la gelosia, l’Onorata Società, la vendetta, l’omertà, la violenza, la falsa testimonianza, la miseria, l’emigrazione. Dopo le calamità, le necessità: la casa, la scuola, la strada, l’acqua, la luce, l’ospedale, il cimitero. Ad esse aggiunse il bisogno della giustizia, il bisogno della libertà, il bisogno della grandezza, il bisogno del nuovo, il bisogno del meglio…”

 

Già duemilacinquecento anni fa,

il chiomato di Samo, sentenziava…

“In ogni cosa il meglio è la misura.”

 

da “Ultimi Percorsi – E’ giunta già la sera”

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