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Letterina di Natale 2022

Carissimi, quando mi trovo a riflettere sui Natali del Terzo millennio, scopro con dispiacere che sono profondamente diversi da quelli della mia infanzia, non più carichi di stupore per la Grande Attesa e di meraviglia dinnanzi a quella che era la festa più semplice e misteriosa della Chiesa cattolica. Oggi altre atmosfere a ridosso della festa: luminarie eccessivamente sfarzose, ritmi frenetici e corse agli acquisti e ai regali, che stancano, distraggono e non permettono il dispiegarsi di sentimenti ed emozioni dinnanzi al mistero della nascita di Gesù, che già guarda la croce del riscatto umano. Natali telematici e televisivi, asettici e fuorvianti…

Quando mi trovo a riflettere su questi Natali e a fare raffronti con i miei dell’infanzia ricchi di suggestioni emozioni e sentimenti, provo, con estrema difficoltà e con gli occhi lucidi e un nodo in gola, a spiegarlo alle nipotine, nate con prospettive diverse e schemi mentali nuovi, immerse in atmosfere futuristiche, destinate a chiudere definitivamente col passato, sia nella forma che nella sostanza…

 

 

Provo con disagio a raccontare che, diversamente da oggi, la festa del Natale ogni anno tornava a scaldare per pochi giorni la nostra anima. Si accendono, è vero, oggi nell’era del benessere e del superfluo, le strade, le piazze, le case di luci di splendori e di suggestioni… ma il cuore dei miei coetanei, bisognoso di affetti, torna ad altri Natali. Torna nel borgo antico, al Natale della nostra infanzia. Nelle pieghe segrete della nostra memoria suonano ancora dolci nell’aria le cornamuse dei pastori che, nove giorni prima dell’Avvento, scendevano a valle dai monti per cantare le nenie davanti alla capannina di sughero dei presepi, bussando alla porta di ogni casa. Aspettavamo il Natale per rifare il presepe ed aggiungere altre statuine di terracotta, fatti tutti a mano da abili artigiani. Partecipavamo con allegria ai preparativi della festa, riunendoci nelle case quasi ogni sera, dal giorno dell’Immacolata all’Epifania, con amici e parenti per giocare a tombola, a sette e mezzo, a monachello o alla stoppa. Ci radunavamo attorno ai fuochi di Santa Lucia, simbolico segno di ripresa della luce dopo la lunga notte solstiziale, il 13 dicembre primo giorno dei catamisi, dai quali trarre auspici e previsioni per i successivi dodici mesi dell’anno nuovo:

“ha bruciato / -scoppiettante- / nella serata fredda ed umida / con i ragazzi / costruttori / -tutt’intorno- / felici e saltellanti / custodi gelosi / di un rito antico / che ha i tempi lunghi / della preparazione / inconsapevoli / di un vissuto importante/ ha bruciato / -scoppiettante- / l’architettonica struttura / progettata da menti / ispirate / per l’ultimo falò / del secondo millennio / consumato e disperso / il giorno di Santa Lucia / vissuto nei tanti rioni da cittadini / con trepidante attesa il 13 dicembre / inconsapevoli / di un vissuto importante.”

 

Ma il senso antico e sacro della festa si ritrovava in particolare alla vigilia di Natale…

Provo a spiegare alle incuriosite nipotine, come in una rappresentazione teatrale, la prima scena di questo tuffo nel passato: la Novena.

E’ la sera della vigilia. La novena viene completata. Per nove sere il piccolo gruppo musicale (organetto, chitarra, flauto) ha percorso le vie di sua competenza e ha visitato le stesse famiglie portando l’annunzio della nascita di Gesù Bambino:

1° Giorno – La novena principiamo / in onore del Messia / e le lodi gli cantiamo / a San Giuseppe ed a Maria.

2° Giorno – Maria si mise il velo / e insieme a suo figlio pregò / “è nato e creato” / tutto il mondo lo annunciò / cantavano gli angioletti / la gloria del Signore / dicendo ai poveretti / “è la fine del dolor”.

3° Giorno – San Giuseppe dispiaciuto / a Maria le parlò / che il Divino Redentore / nel suo seno si incarnò. / E con questo bando reale / Maria Santa rispondeva / “Caro sposo mio regale, / così volle l’Alto Dio”.

4° Giorno – Nelle terre dell’Egitto / si piangeva un piatto rotto / perché il sangue di innocenti / fu versato nel fiume nero / ed Erode il traditore, / che alla struggia non fece in tempo / per trovare il Nazareno / una gran struggia ordinò.

5° Giorno – In Egitto si è trovato / in quel tempo che regnava / Re Cesare chiamava / e a tutti ordinava / sta novella assai perfetta. / San Giuseppe che piangeva / la sacrata verginella / in custodia la teneva.

6° Giorno – I Re Magi gli portano in dono / oro mirra e incenso a Gesù. / Dormi dormi / che oggi dal trono dei Cieli / scendesti quaggiù.

7° Giorno – Mezzanotte sacrava all’altare, / la Madonna soffriva il dolor. / Nevicando lampando e tuonando / quando nascesti mio dolce tesor.

8° Giorno – Un suono di zampogne si sente da lontano / è sceso il Redentore con rose e fiori in mano. / Pochi pastori si prostrano all’umile capanna / cantando “Pace e Osanna al celeste Bambino d’amor”.

9° Giorno – Una notte troppo buia, / poco o niente si vedeva, / una stella per fortuna / tutto il mondo illuminò. / E svegliatevi, o pastori, / che andiamo a trovare Gesù / per trovare il Re degli Angeli / non si può dormire più.

Era l’ultima gioiosa fatica. Ora i tre ragazzi, Omar Luca e Francesco, divideranno il denaro offerto dalle famiglie visitate, l’ultima sera della novena. Seduti per terra, gioiosamente fanno la conta di quanto raccolto e commentano…

Omar: Non è andata male, pensavo peggio…

Luca: Due milioni è una bella cifra.

Francesco: Nonostante la concorrenza di Associazioni varie, che in questo periodo di tredicesima sempre di più svalutata organizzano raccolte di fondi, e dei grossi impegni che hanno le famiglie a tappare buchi economici e ad affrontare spese di fine anno, la gente ha apprezzato la nostra iniziativa offrendoci secondo possibilità…

Luca: …e secondo la generosità e la tircheria individuale.

Omar: Non scendiamo nei particolari, spesso sono proprio le persone danarose le più tirate e avare.

Breve pausa.

Luca: Con la mia parte comprerò un giubbotto per me e con quello che rimane un piccolo regalo per tutti i familiari.

Omar: Io li metto da parte per pagarmi, la prossima estate, un viaggio all’estero, forse in Grecia alla ricerca delle nostre radici.

Francesco: Io non ho idee chiare, comunque mi serviranno a non dipendere per un po’ dai genitori.”

 

Provo a descrivere ancora la seconda scena di questa infinita sacra Commedia: la Notte Santa di Guido Gozzano.

“E’ difficile oggi creare l’atmosfera giusta del Natale, quella che parte dal cuore e tocca i sentimenti con dolce incanto, ma non impossibile. Basta chiudere gli occhi… e condividere le peripezie di Giuseppe e Maria alla ricerca di un giaciglio, dove far nascere il Re dei Re…

Giuseppe: Consolati, Maria, del tuo pellegrinare! Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei. Presso quell’osteria potremo riposare, chè troppo stanco sono e troppo stanca sei.

Voce narrante: Il campanile scocca lentamente le sei.

Maria: Avete un po’ di posto, o voi del Caval Grigio, un po’ di posto avete per me e Giuseppe?

Primo Oste: Signori, me ne duole; è notte di prodigio, son troppi i forestieri; le stanze ho piene zeppe.

Voce narrante: Il campanile scocca lentamente le sette.

Giuseppe: Oste del Moro, avete un rifugio per noi? Mia moglie più non regge ed io son così rotto!

Secondo oste: Tutto l’albergo ho pieno, soppalchi e ballatoi, tentate al Cervo Bianco, quell’osteria più sotto.

Voce narrante: Il campanile scocca lentamente le otto.

Giuseppe: O voi del Cervo Bianco, un sottoscala almeno avete per dormire? Non ci mandate altrove!

Terzo Oste: S’attende la cometa. Tutto l’albergo ho pieno d’astronomi e di dotti, qui giunti d’ogni dove.

Voce narrante: Il campanile scocca lentamente le nove.

Maria: Ostessa dei Tre Merli, pietà d’una sorella! Pensate in quale stato e quanta strada feci.

Ostessa: Ma fin sul tetto ho gente: attendono la stella… Son negromanti, magi persiani, egizi, greci…

Voce narrante: Il campanile scocca lentamente le dieci.

Giuseppe: Oste di Cesarea…

Quarto Oste: Un vecchio falegname? Albergarlo? Sua moglie? Albergarlo per niente? L’albergo è tutto pieno di cavalieri e dame: non amo la miscela dell’alta e bassa gente.

Voce narrante: Il campanile scocca l’undici lentamente.

Maria: La neve!

Giuseppe: Ecco una stalla! Avrà posto per due?

Maria: Che freddo!

Giuseppe: Siamo a sosta!

Maria: Ma quanta neve, quanta!

Giuseppe: Un po’ ci scalderanno quell’asino e quel bue…

Voce narrante: Maria già trascolora, divinamente affranta… Il campanile scocca la Mezzanotte santa.

Coro: E’ nato! Alleluia! Alleluia! / E’ nato il Sovrano Bambino. / La notte, che già fu sì buia, / risplende d’un astro divino. / Orsù, cornamuse, più gaie / suonate: squillate campane! / Venite pastori e massaie; / o genti vicine e lontane! / Non sete, non molli tappeti, / ma, come nei libri hanno detto / da quattro mill’anni i Profeti / un poco di paglia ha per letto. / Per quattro mill’anni s’attese / quest’ora su tutte le ore. / E’ nato! E’ nato il Signore! / E’ nato nel nostro paese! / Risplende d’un astro divino / la notte che già fu sì buia. / E’ nato il Sovrano Bambino. / E’ nato! Alleluia! Alleluia!…

Come era stato previsto il grande evento si sta compiendo con le modalità stabilite dall’Eterno, mentre l’occhio divino osserva con comprensione l’umana libertà e il suo uso non sempre eticamente accettabile…”

 

Provo poi, con profonda emozione e nostalgia, a raccontare le atmosfere particolari della terza scena: il rito del Cenone.

“Sono le ore 20.00 del 24 dicembre. E’ il momento in cui le famiglie riunite prendono posto a tavola per il rituale cenone di Natale. Le strade sono deserte, dopo l’animazione e la frenesia dell’intera giornata per gli ultimi acquisti. Al termine del cenone tutti in Chiesa per la messa di mezzanotte.

Nonno Antonio: E’ un appuntamento che aspetto tutto l’anno per avere tutti i figli e le rispettive famiglie vicini, seduti attorno a questo tavolo. Sono felice. Questa sera bisogna celebrare i riti di purificazione con i piatti della penitenza, composti esclusivamente da cibi di magro e come vuole la tradizione in ricordo dei discepoli di Gesù, bisogna assaggiare tredici pietanze…

Caterina: E’ tutto pronto. In nome della tradizione abbiamo cucinato la pasta con acciughe salate e pane grattugiato, il baccalà fritto e in umido, i peperoni arrostiti, le olive verdi in salamoia, le rape lessate e condite con olio e aceto, i cavolfiori infarinati e fritti, la verza affogata con una spolverata di pepe rosso, i broccoli neri saltati in padella, nocciole, fichi secchi imbottiti di mandorle, castagne infornate, mele arance melograni uva mandarini e finocchi, torrone di miele e mandorle, “i crustuli”, “i tardiddri”, “a pitta ‘mpigliata”, le crespelle…

Nonno Antonio con voce commossa: Prima di cominciare, voglio ringraziare il Signore per avere concesso a me e ai miei figli questi momenti di profonda emozione. In questa notte magica, ringrazio il Signore per avermi dato la possibilità di vivere ancora questa ricorrenza accanto ai miei figli e ai miei nipoti, che per l’occasione hanno sospeso le loro abituali occupazioni e disdetto i loro impegni per dedicarmi un attimo della loro vita. In questa notte santa, ringrazio il Signore per avermi dato ancora la possibilità di provare le emozioni della festa più bella e importante dell’anno, che mi riporta ai dolci ricordi di tanti Natali d’altri tempi. In questa notte divina, ringrazio di cuore il Signore e a Lui chiedo per tutti e per i miei la salute e la pace interiore, le sole che servono per vivere una vita dignitosa e decorosa. In questa notte, riuniti nel nome del Bambin Gesù, ringrazio il Signore per il cibo e l’abbondanza che ha messo a nostra disposizione, oggi e sempre.

Il cenone diventa per tutti occasione di riflessioni e di rappresentazioni. Gli adulti addolciscono i loro comportamenti, i figli promettono con letterine, infilate sotto il piatto, di diventare più buoni e di impegnarsi con costanza e vero interesse allo studio.

A conclusione del cenone, che va avanti rumoroso e in allegria per tutta la serata, tutti si recano, dopo aver indossato abiti pesanti, in Chiesa per assistere con partecipazione alla tanto attesa Messa di mezzanotte. Il suono delle ciaramelle riceve i fedeli sul sagrato della Chiesa, evocando i versi dal sapore antico del poeta Pascoli:

Udii, tra il sonno le ciaramelle / ho udito un suono di ninne nanna. / Ci sono in cielo tutte le stelle, / ci sono i lumi nelle capanne. / Sono venute dai monti oscuri / le ciaramelle senza dir niente; / hanno destata ne’ suoi tuguri / tutta la buona povera gente. / Ognuno è sorto dal suo giaciglio; / accende il lume sotto la trave: / sanno quei lumi d’ombra e sbadiglio, / di cauti passi, di voce grave. / Le pie lucerne brillano intorno / là nella casa, qua su la siepe: / sembra la terra, prima del giorno, / un piccoletto grande presepe. / Nel cielo azzurro tutte le stelle / paion restare come in attesa; / ed ecco alzare le ciaramelle / il loro dolce suono di chiesa; / suono di chiesa, suono di chiostro, / suono di casa, suono di culla, / suono di mamma, suono del nostro / dolce e passato pianger di nulla”

 

Provo infine a spiegare il simbolo più completo del Natale, il presepe della quarta scena.

“La famiglia è ritornata dalla Chiesa, dove tra l’altro ha partecipato alla posa del Bambinello nell’artistico presepe del Borgo:

Anche quest’anno, / come tutti gli anni / quasi ininterrottamente / dal millenovecentosessantadue, / nell’antico Borgo / di Bovalino Superiore, / l’artistico presepe elettromeccanico / è nato dalle mani sapienti e intelligenti / del signor Ciccio Clemente, / su incarico del priore / della locale Arciconfraternita / sempre attenta al recupero / di riti e della tradizione. / Anche quest’anno, / come tutti gli anni, / rimodellato su progetto diverso, / ricostruisce vicoli e scorci / del centro storico / e ripropone i tipici personaggi / creati artigianalmente che,/ con i loro lenti movimenti, / ripetono i gesti dei lavori quotidiani / di un mondo ancora vicino nel tempo / ma lontanissimo psicologicamente. / Anche quest’anno, / come tutti gli anni, / il successo di visitatori / al presepe, aperto fino a febbraio, / è già assicurato. / Molti gli appassionati in visita / -e del sottostante Museo d’arte sacra / inaugurato a settembre del 2002-, / molti i riconoscimenti, come è giusto / e meritati nel corso degli anni, / dall’Associazione specialistica con sede a Reggio Calabria. / Anche quest’anno, / come tutti gli anni, / c’è lo sforzo tenace / di pochi e testardi, / fedeli ai riti / e alla tradizione del Borgo, / di creare una suggestione / di provocare un ricordo / un rimorso un sorriso / un po’ di nostalgia / e un ritorno all’antico”.

La famiglia in corteo si avvia verso il presepe fatto in casa per depositare il bambinello benedetto in Chiesa; è la più piccola della famiglia, a portare con dolcezza il Figlio di Dio, mentre recita davanti alla grotta dolcissimi versi:

Buio. / Poi una due cinque tante luci / illuminano / un albero / un presepe / palline colorate / pastori / neve / rami / una grotta / un bambino / nudo / caldo / ai soffi di un bue e un asinello! / Genitori / piccoli / miseri / grandi / una mamma e un papà / commossi / piangono / mentre / lassù / angeli bianchi / cantano l’inno della carità: / “Gloria a Dio nell’alto dei Cieli / e pace in Terra agli uomini di buona volontà”.

Con commozione, davanti al presepe illuminato per l’arrivo del Bambinello, in coro, tutti i componenti della famiglia cantano il canto più noto dedicato a Gesù Bambino:

Tu scendi dalle stelle, o Re del Cielo. / E vieni in una grotta al freddo, al gelo. / O bambino, mio divino / Io ti vedo qui tremar: o Dio beato! / Ah quanto ti costò l’avermi amato! / A te che sei del mondo il Creatore, / Mancano panni e fuoco o mio Signore: / Caro, eletto – pargoletto. / Quanto, questa povertà – Più m’innamora / Giacché ti fece amor povero ancora. / Tu lasci del tuo Padre il divin seno / Per venire a penar su poco fieno, / Dolce amore del mio cuore, / Dove amor ti trasportò – O Gesù mio / Perché tanto patir? per amor mio! / Ma se fu tuo volere il tuo patire / Perché vuoi pianger poi, perché vagire? / Sposo mio, amato Dio, / Mio Gesù, t’intendo, si; Ah, mio Signore! / Tu piangi non per duol, ma per amore / Tu piangi per vederti da me ingrato, / Dopo sì grande amor, sì poco amato. / O diletto del mio petto / Se già un tempo fu cosi – Or te sol bramo / Caro non pianger più, ch’ io t’amo, io tamo / Tu dormi, o Gesù mio, ma intanto il cuore / Non dorme, no, ma veglia a tutte l’ore: / Del mio bello e puro agnello / A che pensi dimmi tu?- O amor immenso / A morire per te, rispondi, io penso / Dunque a morire per me tu pensi, o Dio; / E che altro, fuor di te, amar poss’io? / O Maria speranza mia: / Se poc’amo il tuo Gesù – Non ti sdegnare. / Amalo tu per me, s’io nol so amare”.

Di seguito la famiglia si sposta nei pressi dell’albero di Natale, dove ognuno ritira il proprio regalo, in un clima di festosa gioia e di rinnovata e sentita commozione. Valeria e Rossella con gli occhi sgranati già mi chiedono, mentre mi asciugo il viso umido di pianto, un’altra ancora bella favola d’altri tempi…

BUON NATALE

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