Viaggio a Polsi
E’ un’esperienza esaltante un viaggio a Polsi. Soprattutto per chi lo effettua la prima volta. Un viaggio ricco di suggestioni, attraverso paesaggi di primitiva bellezza e percorsi mai domi. Non solo. Un pellegrinaggio verso la riscoperta di una pietà popolare e di riti ancestrali. Ma anche un viaggio all’interno di una memoria collettiva e personale, fatta di gesti comportamenti e linguaggi, che affondano in una cultura particolare e significativa.
Ed il pensiero va ai tanti racconti che mia nonna legava a questo territorio e al santuario in particolare, che per la Locride era faro e punto di riferimento, soprattutto nei momenti di travaglio e di dolore. Amava ricordare le avventure tragico-comiche, ambientate in queste zone, del popolare Giufà, con finali gioiosi; le carognate dell’invidiosa maga Sibilla, in lotta continua con la predestinata benedetta Maria, madre di Gesù, racconti accompagnati dal rito dell‘asciumico, con preghiere acqua ed olio, per allontanare possibili effetti malefici; gli improbabili viaggi in Aspromonte di Gesù con i suoi discepoli fra le pietre e le rocche della valle del Buonamico; l’amore contrastato di Mata e Grifone e le avventure dei paladini, nella Canzone d’ Aspromonte, sempre in lotta con i Mori, oggi ancora rievocate, nelle sagre paesane, dai giganti e dal ballo del cavalluccio…Ai miei occhi ingenui di bambino, tali figure si sovrapponevano a quella di Bruno ‘u murcu (privo di una mano), il saggio della comunità, che annualmente, in sella di un asino, si recava “al Santuario di Polsi nell’inaccessibile Aspromonte, con il piglio guerresco di El Cid in guerra, anche lui, contro i Mori…
Ma soprattutto amava sempre ricordare il miracolo che la Madonna di Polsi aveva benevolmente colpito il fratello Bruno, nato con un piede torto, irreversibile e intrattabile a detta dei medici, in un periodo in cui le metodiche riabilitative nel settore sanitario erano di tipo approssimativo o tutt’al più di tipo sperimentale. Un brivido coglieva noi piccoli, quando la nonna sceneggiava il sacro intervento: “Bruno tornava verso casa, dopo aver sbrigato alcune faccende in paese; tornava con la solita difficoltà per il piede arcuato quasi ad angolo retto, quando all’improvviso sentì, nell’assolata e solitaria campagna, una voce femminile che, con determinazione e dolcezza, gli impose ‘ora basta, è ora di camminare’… e uno strano formicolio al piede, che subito si raddrizzò, permettendogli di camminare in modo normale in modo normale, che lui disconosceva…; l’attonita sorpresa, un pianto liberatorio e di ringraziamento, la percezione di un miracolo attribuito alla Madonna di Polsi, la conversione, la preghiera, il rosario, il coinvolgimento di tutta la famiglia”.
La bellezza della “valle delle Pietre” (la maestosa Petra Cappa, l’affilata Petra Longa, la turrita Petra Castello) fa da contrasto con i quotidiani e difficili problemi di convivenza, con comportamenti diffusamente illegali e malavitosi, naturali e spontanei ma anche organizzati. Il trionfo del relativismo etico, portato alle estreme conseguenze; tutto e il contrario di tutto è permesso e lecito: lo sfruttamento per fini personali del territorio, l’abusivismo, la malasanità, le difficoltà della Scuola, la politica del non-servizio, la non-condivisione delle regole, la violenza, lo scaricare le proprie responsabilità sugli altri o giustificare il proprio operato, qualsiasi esso sia, con il coinvolgimento degli altri, con il fatto che se lo fanno gli altri è quasi giustificato, diventa prassi normale. La malavita organizzata, diffusa tra le balze che conducono a Polsi, trova terreno fertile in tale contesto…
La vista del Lago Costantino addolcisce i pensieri, li intenerisce, li culla e li affonda, per riflesso condizionato, nei ricordi, riproponendo quesiti mai risolti, come quelli relativi al nonno materno, partito per l’Australia in cerca di fortuna e mai tornato, lasciando nell’abbandono moglie e figli… Oppure la dolce storia di mio suocero, nascosto e salvato, dopo l’8 settembre 1943, da una famiglia generosa nelle montagne della Tolfa, da lui mai più rivista, ma sempre viva e con nostalgia nei suoi discorsi…
Ma anche la saggezza delle conversazioni libere ed oziose, che spaziano a 360° e si svolgono con impotente serietà, sui problemi di varia attualità, nei giardini, nelle osterie, durante lo struscio serale, i matrimoni, i funerali, le feste religiose e le grandi occasioni aggreganti delle piccole comunità. Esperienza interessante sul piano del confronto e della conoscenza, delicatissima e tenera sul piano umano.
E’ soprattutto sul calcio, che si aprono discussioni infinite, senza possibilità di conclusioni condivise, tra chi giustifica -per esempio- gli stipendi alti dei giocatori e guarda con occhio comprensivo la violenza negli stadi, e chi invece invoca provvedimenti rivoluzionari quali il ridimensionamento degli stipendi “scandalosi” ai giocatori, o la formazione di squadre con giocatori indigeni, che possano garantire maggiore attaccamento ai colori sociali e genuina espressione di valori locali…
Tra sacro e profano è immersa la vita del Santuario e il percorso dei pellegrini, carnale e spirituale è il rapporto dei fedeli con il trascendente: i profondi silenzi e i canti gridati, le sfrenate tarantelle e le preghiere convinte, l’odore intenso della terra e quello aspro del sangue caprino. Forti contrasti, ma anche evidenti verità…
Al visitatore questo luogo indica con chiarezza che il mondo di oggi deve ritrovare equilibrio e sobrietà, che le comunità devono recuperare il senso sacro della vita, che l’uomo deve costruire la sua esistenza, non solo su basi economico-materialistiche, pur necessarie per i complessi modelli organizzativi moderni, ma soprattutto esaltando gli aspetti spirituali, etici e culturali, i soli che danno valore e dignità ad ogni esistenza…
Un viaggio a Polsi ti cambia la prospettiva delle cose e dei pensieri. Al ritorno già osservi cose e persone con occhi diversi e più riflessivi, disincantati ma più partecipativi nella condivisione… E’ l’esperienza di tanti pellegrini, compresa la mia, che porta a tali conclusioni: un percorso interiore di sgrossatura della pietra grezza e il tentativo di trarre ordine dal caos dei sentimenti e dei pensieri in libertà, attraverso la costruzione di recinti logici e comprensivi, anche in forma ironica, con aforismi e lapidari motti e caratteri:
– Potenza dei mass-media, spesso è quella di distruggere riti, abitudini, tradizioni culturali e tutto ciò che sfugge alle logiche globalizzanti. Costruire e formare solo per caso…
– Contraddittoria è la vita in città: si vive sempre insieme a folle oceaniche, ma spesso estranee al singolo, da estranei…
– L’amore (ma anche ogni percorso spirituale) è come il gioco a dama: mosse sempre in avanti, una alla volta, strategiche; con calma pazienza e intelligenza, si arriva in fondo libero…
– Nell’organizzazione sociale, che è frutto di equilibri, il buon senso e la logica proporrebbero senz’altro che l’età della pensione precedesse quella del lavoro: solo così possono essere soddisfatte le esigenze individuali con le energie giovanili, da vecchi non serve, è un trascinarsi, è un sopravvivere…
– La vita insegna che vige sempre la legge del più forte, espressa con forme contestualizzate e modalità diverse: un tempo con la guerra e la schiavitù, oggi con i sofismi, i cavilli e le sottigliezze formali… La legge ha sempre garantito i più forti…
– Gli illegali di Agrigento sono emblematici di come funziona l’operazione abusivismo. I servizi televisivi da Agrigento, Selinunte, Triscina hanno fatto vedere le proteste degli abusivi edilizi (guidati dal sindaco e dal parroco!), i quali, minacciando di adire le vie legali, hanno dimostrato di essere diventati “legali di diritto”… e che i pochi politici, che vogliono applicare la normativa vigente ed essere legali, diventano elementi di diritto. Anche nella scuola i docenti, che vogliono ispirarsi nella loro condotta quotidiana ai principi di legalità e moralità, diventano motivo di discriminazione durante gli esami e di disturbo continuo nell’acqua stagnante del quieto vivere o del compromesso.
– La storia e la memoria collettiva si costruiscono anche attraverso gli umili oggetti e i piccoli eventi del quotidiano…
– Carattere comune delle famiglie meridionali (allargate agli zii, ai cognati e ai nipoti) è la “copertura” dei difficili rapporti privati e pubblici con un velo di ipocrisia, per mantenere un equilibrio esistenziale accettabile, seppur precario…Però, nel momento in cui, per curiosità o per scelta, le persone “libere” della famiglia (libere da pregiudizi e dall’ignoranza – per fortuna ci sono sempre) cominciano a sollevare il velo, la costruzione si sbriciola e viene giù, facendo emergere e portare alla luce i volti della meschinità, della falsità, della pochezza…
– Nuvole sfrangiate si allungano dall’Aspromonte alla Marina di Bovalino. Tempo di ponente o i susu, il mare che tira a largo verso la Grecia. I pesci stazionano a riva alla ricerca di residui alimentari. Il paesaggio da cartolina, appena mosso dal passaggio del treno e dai primi bagnanti in movimento… l’alba di una giornata estiva. Due pescatori, il professionista del Nord e il dilettante bambino di San Luca, si trovano, per caso, a pescare vicini, con armi diverse: quindici canne da pesca attrezzatissime e ultramoderne contro un vaso di vetro, croste di formaggio stantio e puzzolente e di pane raffermo… Un’ora dura la partita tra le canne perfettamente allineate sulla riva del mare, con tanto di campanellini e farfalle segna-abbocco e il vaso da immersione, forato nella chiusura plastificata per fare entrare agevolmente la preda. Il risultato finale vede la schiacciante vittoria del monello sull’attonito e incavolatissimo medagliato pescatore: 10 pesci a 0.
– Diceva la madre di un mio amico, agricoltore dilettante, che “piantare noci porta sfortuna, perchè, quando l’albero comincia a vedere il mare, il proprietario che lo ha piantato è destinato a morire. Si può evitare la sventura, facendola piantare da altri…” Dimenticava la signora che tali piante sono a crescita lenta, di gran lunga più lenta della vita di un uomo…
– Poche cose sono amministrate in Italia con criteri razionali e “da buon padre di famiglia”. Tutte le altre, purtroppo, sono gestite in modo truffaldino… Non fa eccezione la gestione delle “Case Popolari”: alta percentuale di appartamenti venduti a terzi o fittati senza contratto, perchè assegnati a chi non aveva bisogno; pochissimi gli inquilini che pagano il canone di affitto; esattori minacciati o picchiati… In sintesi: la “solita buffonata all’italiana”…
– Tra le tante contraddizioni italiane, colpisce la definizione di paese “cattolico”: sede del Papato e religioso per definizione, nei fatti e nei comportamenti, al contrario, gli italiani hanno comportamenti decisamente illegali e immorali…
– Il consenso elettorale, alle nostre latitudini, si ottiene più sulle parole che sui fatti, non è necessario che le “promesse” siano trasformate in “fatti”… Il politico gode e vive su questa “ambiguità”…
da “I Racconti della sera” di Carlo Ripolo