Narrativa

La strana richiesta

Non immaginava che una sua semplice richiesta potesse scatenare un putiferio e il coinvolgimento delle massime autorità civili, militari, politiche e religiose, nonchè di alcune associazioni culturali, sempre in lotta a difesa dei diritti e della dignità dell’uomo.

Angelina è una donna esile nel fisico, semplice e anonima, dalla voce stridula, monocorde nei comportamenti, abitudinaria nell’organizzazione della sua vita, timida e chiusa nel suo mondo. Un mondo monotematico, fatto solo di lavoro presso una delle tante scuole della città, con le mansioni di applicata di segreteria.

Educata al senso del dovere, come si usava un tempo, e del rispetto da portare agli anziani, ai superiori, ma anche al padrone o al datore di lavoro (valori poggiati però su una struttura psichica, fortemente complessata e condizionata da un ambiente primitivo e provinciale), Angelina ha applicato sempre nella sua vita una regola semplicissima: dedicare tutti i giorni, con passione rigore e vero interesse, al lavoro del suo ufficio, caricandosi anche delle responsabilità dei suoi superiori. Una gioia e una fortuna per tutti i colleghi, presidi, segretari e docenti, potendo tutti scaricare sulle sue deboli spalle il complesso lavoro burocratico della scuola, notoriamente barboso e noioso, ma non per Angelina, che solo in quelle attività si è sempre realizzata e annullata, ha trovato il suo senso della vita. Congedi, tempo libero, partecipazione alla vita sociale e culturale, per lei in queste condizioni diventano concetti e mondi sconosciuti. Un vero autoisolamento di tipo autistico. Tutti i giorni, le settimane, gli anni modulati sul lavoro: di mattina a scuola, di pomeriggio e nei giorni festivi a casa.

Stakanovista all’ennesima potenza, dal bunker del suo ufficio, moderna caverna platonica, osserva da schiava convinta le ombre del suo isolamento, innalzando giorno dopo giorno alti e invalicabili muri davanti alla vita e alle persone. E come il tenente Drogo de Il deserto dei tartari è sempre in difesa di una fortezza Bastiani e in attesa di un combattimento e di nemici, presenti solo nella sua mente alienata.

Per onestà bisogna dire che lei è stata sempre felice di questa condizione, meno i famigliari, i parenti e gli amici, che sistematicamente, esclusi dagli affetti e dai rapporti di Angelina, si sono nel tempo allontanati psicologicamente e fisicamente. I figli sono stati costretti a crescere da orfani (anche del padre per motivi diversi, ma questa è un’altra storia da approfondire a parte), il marito da vedovo, le sorelle e i genitori orbi e privi di un aiuto o di un sostegno. Per Angelina non avere nipotini, a cui dover dedicare tempo da sottrarre alla Scuola, è stata una fortuna. I figli infatti, per non creare problemi e dispiacere alla madre, hanno persino evitato contatti e rapporti con l’altro sesso.

Sfruttata sul lavoro, l’unica sua gioia consiste nel sentirsi necessaria nel piccolo mondo, rappresentato dalla sua scuola, nella quale raccoglie come una mendicante le briciole affettive di un personale ipocrita, che alle spalle ride delle stranezze patetiche dei suoi comportamenti. La realtà, i problemi sociali, la visione del mondo, pensieri e prese di posizione, tutto in lei viene filtrato dalla sua scuola; autonomia di giudizio e libertà di scelta sono due concetti a lei sconosciuti. Il suo mondo è racchiuso in un ufficio di quindici metri quadrati. Il suo orizzonte culturale si è sempre identificato con i due metri quadrati del suo tavolo di lavoro. Nè ha mai manifestato intenzione di ampliarlo, anzi tale staticità le dà ampia sicurezza e serena tranquillità e mantiene lontana, dal suo mondo psicologico, ogni tentazione di scontrarsi con le “angosce leopardiane”, le “crisi esistenziali” o la “logica aristotelica”.

Stanca, stressata, schizzata, schiacciata da responsabilità non sue, decide nel duemila di chiedere il pensionamento anticipato, con un credito di centinaia di giorni di ferie non godute, nè mai da lei reclamate o dall’Amministrazione indennizzate, come previsto dalla normativa vigente. In effetti anche i pochissimi giorni di vacanze si trasformavano in lavoro telefonico, considerato che l’attività nella scuola si bloccava e la posta non veniva aperta nè protocollata. Veniva accantonata, conservata e consegnata ad Angelina al suo rientro. La chiusura della Scuola, durante le festività previste, non rallentava il suo lavoro, plichi di pratiche venivano trasferite a casa e da lei trattate amorosamente.

Con il pensionamento -era convinzione dei pochissimi amici sopravvissuti e di qualche sua collega, non direttamente interessata al lavoro della collega perchè già in pensione-, che Angelina potesse recuperare il tempo perduto fra le scartoffie, e potesse rientrare nella vita dei “normali”. Con gioia le avevano dedicato anche un’ augurale e liberatoria poesia, dal titolo Primo settembre duemila:

Angelina carissima, / nel momento in cui ti appresti a lasciare / l’amata Scuola per il meritato riposo / sentiamo il bisogno anche nel ruolo / di operatori scolastici, / interpretando i sentimenti / di tutti quelli che ti conoscono, / di ringraziarti per ciò che hai dato / e significato per l’intera Istituzione / e per avere svolto il tuo compito / con altissimo senso del dovere, / al di là delle competenze riconosciute / e riservate al tuo profilo professionale, / con passione -ai più incomprensibile- / con impegno vero stacanovista / senza soluzione di continuità / con spirito di servizio /senza aggiuntive gratificazioni / economiche o morali, / con l’orgogliosa risibile presunzione / di appartenere alla Scuola migliore / di tutta la Provincia, / con la quale ti identificavi / e tutti ti identificavano, / sacrificando spesso e fino agli ultimi giorni ferie / tempo libero e tutta la tua vita personale; / sentiamo altresì il bisogno di dirti / che per tutti quelli che operano nella Scuola / tu hai rappresentato, senza ombra di dubbio / o arzigolate interpretazioni, / un Esempio Unico di dedizione totale, / un Modello Inimitabile; / di sottolineare che la tua “festa di commiato” / non sarà certamente Solita e Rituale, / -come sapranno organizzare certamente la Preside, / che ha avuto la fortuna di averti per tanti anni validissima “collaboratrice”, / e tutti gli operatori della tua Scuola-, ma speciale e unica / perché speciale e unica sei stata tu / nel variegato e comp1icato mondo della Scuola, / e tu in quell’occasione non dovrai sentirti insufficiente e limitata come spesso accade, / ma fiera e sicura di aver fatto sempre / il tuo dovere e con grande dignità.

Angelina stimatissima, / nel giorno in cui ti appresti a lasciare la Scuola per il meritato riposo / sentiamo il bisogno questa volta / nel ruolo di pensionati / di dirti con estrema convinzione ed esperienza / che è Tempo di organizzare ed approntare / il bilancio di previsione più difficile / della tua vita, la quale fino ad oggi / ha conosciuto solo lavoro e sacrificio, / e che è arrivato il Momento / di recuperare il rapporto con gli altri, / con i figli le sorelle il padre / e soprattutto con te stessa / le tue esigenze i tuoi bisogni i tuoi desideri; / sentiamo il bisogno di farti capire / che per molto tempo hai sacrificato e represso / in attesa di tempi migliori, / anche nel momento del bisogno e della solidarietà, / in nome di un senso del dovere inumano e crudele, / l’amore concreto verso i figli, / il ruolo di guida morale delle sorelle minori, / la possibilità di assistere / e di essere vicina ai genitori / che ti hanno sempre considerata / la più capace delle figlie, / il tempo e le occasioni per dare / un sorriso ristoratore agli altri, / l’umana ricerca di soddisfare / desideri bisogni ed esigenze.

Angelina rispettabilissima, / nel momento in cui ti appresti / a lasciare la Scuola per il meritato riposo, / sentiamo l’esigenza in questa parte del discorso / nel ruolo di amici / di Augurarti ogni bene, la salute / e tutto ciò che desideri per questo nuovo / capitolo della tua vita; / di Sperare che in questa fase di passaggio / tu non rimanga sola / e che tutti quelli che ti hanno conosciuto / ti siano vicini per aiutarti / a scoprire la vita l’ozio / il sottile piacere di una passeggiata / o di una serata al cinema o a teatro, / l’intrigante impegno di una conversazione / fatta di nulla o di una cena fra amici, / l’impegnativa gioia nel recuperare / il mai tardivo ruolo di genitore, / la dolce fragranza di un cornetto alla nutella appena sfornato / e tante altre cose / che rendono vivibile la vita.

Angelina “applicatissima” / nel giorno in cui ti appresti a lasciare la Scuola per il meritato riposo / sentiamo il bisogno infine come esseri umani / di farti Presente e possibilmente farti Capire / -il tempo poi e le tue riflessioni / aggiungeranno la Convinzione- / che la tua vera vita inizia proprio oggi / – primo settembre duemila -, / che è importante che le tue energie / siano indirizzate e rivolte / verso quelle attività / che danno gratificazione e piacere; / sentiamo la necessità di farti Notare / che la vita ha offerto a te / una delle sue coincidenze strane e misteriose: / nel momento in cui hai riacquistato / l’autonomia, la tua Scuola, / alla quale eri particolarmente legata / ha perso la sua, aggiungendo dolore / alla tristezza del tuo commiato; / sentiamo il bisogno per concludere / di chiederti perdono e comprensione / per tali brevi note / se risulteranno noiose, seccanti o sgradevoli, / di considerarle dettate dal cuore / spontanee affettuose trepidanti / e moralmente corrette e necessarie, / e con tali sentimenti a chiusura / ti abbracciamo con rinnovato affetto.

Un’illusione: il primo settembre duemila si presenta a scuola regolarmente, e da quel giorno tutti i giorni degli anni a venire, con lo stesso impegno di prima. Il tentativo di qualche preside di mandarla via non sortisce alcun effetto. Piange, prega, si raccomanda, si dispera, è pronta anche a pagare pur di essere accettata a scuola… I pochi amici e sinceri colleghi della poesia suindicata, sempre più ridotti di numero, sono costretti ad aggiungere ancora, sempre in versi, due aggiornamenti, il primo datato primo giugno 2003 e il secondo primo giugno 2016:

Il meritato riposo non è arrivato, / nonostante sia arrivato / il decreto di pensionamento. / Per scelta personale dal 1°settembre 2000, / Angelina continua ad andare a Scuola / senza alcuna gratificazione, / e lo farà fin quando non sarà mandata via / per la sua posizione illegale e abusiva; / la stessa continua a lavorare / esattamente come prima / con gli stessi orari abitudini e schemi mentali / senza alcun compenso in denaro. / Per scelta personale dal 1°settembre 2000, / continua a modulare la sua vita / sugli orari della sua Scuola, / i suoi impegni domestici / – messa di sabato, stiraggio e lavaggio solo di domenica-, / le malattie e i bisogni dei figli / del marito del padre delle sorelle / del cane e dell’amica / -assistenza in orario extrascolastico / e solo per brevi permessi autorizzati / esattamente come prima-. / Per scelta personale dal 1°settembre 2000, / ogni mattina allo stesso orario / Angelina varca la soglia di quella Scuola / campionessa di ingratitudine e di sfruttamento, / oggi come ieri, / tra incompetenti e vagabondi / privi di senso del dovere / e di disponibilità a lavorare e imparare. / Nel momento del bisogno / -come recentemente sperimentato- / Angelina continuerà a trovare accanto / per comprensione e umanità / solo e solamente / i figli le sorelle / i nipoti e i cognati / tutti sempre da lei trascurati / e continuamente bistrattati (2003).

Alle porte dei 75 anni, nessuna variazione di rilievo: / Angelina continua con fedeltà schiavista / come prima e come sempre / a lavorare a scuola con lo stesso orario / e con le stesse modalità, / l’unica cosa che riesce a dare un senso alla sua vita. / Il modello di vita extrascolastico sempre lo stesso: / messa al sabato pomeriggio, / bagno ufficiale del cane, dei figli / e del marito di domenica / con relativi lavori domestici, / e poi sempre e solo scuola / presenti sempre alla sua attenzione / tutti i problemi e le attività passati presenti e futuri / della sua scuola, / le insufficienze e le indisponibilità al lavoro / del segretario e del personale in servizio, / le esigenze dei dipendenti ormai in pensione della stessa scuola / mentre il marito e i figli / abbandonati a se stessi e alle loro frustrazioni / ogni giorno sono in attesa che lei rientri / rinsavisca (2016).

Il racconto di questa strana patologia potrebbe finire qui, con l’aggiunta di una semplice riflessione: in un paese, come il nostro, di furbi, arrivisti, profittatori e prenditori, dove chi non ha un lavoro si industria in tutti i modi illeciti per ottenerlo e chi lo ha si attiva per aggirarlo o farlo fare agli altri (i casi di dipendenti, che timbrano o fanno timbrare agli altri il proprio tesserino, per poi andare a fare altro, si sono moltiplicati negli ultimi anni in maniera esponenziale), il comportamento di Angelina può veramente essere destabilizzante, sia per l’ordine pubblico che per gli equilibri sociali raggiunti da un popolo ormai non più avvezzo al senso del dovere, al rispetto delle leggi e delle regole.

Però non posso al racconto mettere ancora la parola fine, in quanto l’età avanzata e la chiusura forzata della scuola per alcuni giorni, ha costretto Angelina a risvegliare le sue esili capacità critiche, da anni dormienti e coperte da pregiudizi frustrazioni e complessi, e a porla dinnanzi ad una realtà nuova, mai da lei considerata.

In poche parole Angelina, un giorno, all’improvviso prese coscienza che si stava avvicinando all’appuntamento finale e,sgomenta e angosciata, capì che presto avrebbe dovuto lasciare il suo ufficio, la sua adorata scrivania, la sua penna, la sua foto-copiatrice, le sue pratiche, i suoi insegnanti presenti passati e futuri (per i computer presenti nell’ufficio, al contrario, non riusciva a provare nè affetto nè amore, per cui mai aveva provato ad imparare l’uso delle nuove tecnologie)..

Entrò in crisi, il sorriso scomparve dalle sue labbra, dai suoi occhi cominciò a spegnersi la luce, che solitamente irradiava il suo piccolo studiolo…

Il pensiero di congedarsi dal suo ufficio, e lasciare le sue carte ad altri, cominciò a diventare un’ossessione… E contemporaneamente cominciò a pensare anche a qualche soluzione -lei in genere era brava in questo-; un rimedio si trova a tutto, un’alternativa l’avrebbe trovata anche per questa situazione…

Eureka! Ricordate l’esultante esclamazione di Archimede… Qualcosa di analogo uscì dalle labbra di Angelina, una mattina mentre, mogia e triste, ma col solito impegno lavorativo, era alle prese con il bilancio di previsione… Ecco la soluzione! E il sorriso tornò sulle sue labbra, e gli occhi cominciarono a brillare come non mai..

Le soluzioni più semplici spesso sfuggono alla ragione e all’intelletto, mai all’ intuizione che le presenta a volte su un vassoio d’argento. Nel caso specifico il progetto di Angelina ruotava attorno ad un solo punto essenziale, anche se articolato e decisamente motivato, la richiesta all’Ufficio tecnico comunale dell’assegnazione di una piccola area del cimitero, sulla quale costruire un piccolo rustico locale, riproducente l’ufficio di segreteria della sua Scuola. corredato spartanamente degli arredi necessari: scrivania adeguata, ma di materiale povero; oggetti di cancelleria ridotti all’essenziale, solo penne e fogli di basso costo; sedia rigida ed economica; mensole di truciolato, ma capienti e ben fissate al muro, per contenere le numerose pratiche da trasferire dall’Istituto di provenienza. Unico privilegio richiesto: la possibilità di accompagnare il lavoro con l’aria musicale Vissi di scuola sulle note di quella più famosa di Verdi (Vissi d’arte); in cambio la promessa di un sostanziale aiuto a San Pietro, per le incombenze burocratiche dell’aldilà del solo personale della sua Scuola. Le spese sarebbero state chiaramente tutte a suo carico, comprese quelle relative all’allaccio e all’uso (canone) sia dell’impianto elettrico che del telefono, necessario per comunicare con la Scuola, e del bidello addetto a fare la spola, tra la Scuola e il cimitero, per portare nuove pratiche e ritirare le pronte per la firma del dirigente e da evadere…

L’originale rich

iesta, come si può intuire, provocò tra il personale degli uffici competenti sorpresa, perplessità, curiosità, seguite da imbarazzante impotenza a dare risposte convincenti, non essendoci in merito normativa specifica.

Per l’occasione fu nominato un esperto esterno all’Ufficio, incaricato di approfondire la normativa dall’Editto francese di Saint-Cloud del 1806 ai giorni nostri. La risposta del tecnico fu categorica: nessuna norma consolidata nel tempo prevede attività lavo-rativa dei morti nei cimiteri, luoghi notoriamente destinati al riposo eterno; qualsiasi altra condizione si configura discriminatoria e contraria ai principi di uguaglianza.

Confuso e imbarazzato, il sindaco, preoccupato soprattutto di fare brutta figura con l’elettorato, chiese l’autorevole parere del Parlamento italiano, dopo aver ricevuto, in merito, anche dal Governo e dalla Presidenza della Repubblica, risposta negativa.

Come è facile intuire, pure il Parlamento si arrese, dichiarando ufficialmente l’impossibilità e l’impotenza a risolvere il quesito, dinnanzi al quale gli enigmi che la Sfinge poneva ai passanti si configuravano come facili giochini da ragazzi.

Come è noto a tutti, l’Editto di Sant-Cloud prevedeva -rispose il Presidente della Camera- che le tumulazioni avvenissero, per motivi igienici, in luoghi lontani dagli abitati, fuori le mura, in luoghi soleggiati ed arieggiati, con tombe tutte uguali, per evitare discriminazioni tra i morti; unica eccezione ammissibile, la possibilità di scolpire un epitaffio sulla tomba dei personaggi illustri, previa autorizzazione di una apposita commissione di magistrati.

Anche la Costituzione Italiana d’altra parte prevede per i defunti la posizione orizzontale e in casse ermeticamente sigillate, e uguali per tutti.

Tappa successiva fu la richiesta di un parere all’autorevole Presidenza dell’Unione Europea. Impossibilitata anche l’autorevole assise di Bruxelles a dare una risposta logica, o almeno di buon senso, gli Uffici coinvolsero di seguito la Nato, il Papa, l’Onu. Tutti d’accordo a dire ed evidenziare che, in merito, esisteva un vuoto legislativo, difficile da colmare, in quanto i tempi non sono maturi culturalmente ad accettare soluzioni diverse, rivoluzionarie e fortemente destabilizzanti per la mentalità corrente, pur avendo fatto le società più avanzate passi da gigante in altri delicati settori della vita e in problematiche spinose sul piano etico, morale e religioso. Solo la Chiesa, guidata da un papa aperto al dialogo, si impegnò che in tempi brevi avrebbe convocato in merito un Concilio, previo lavoro preparatorio a livello di sinodi diocesani.

Ad ogni risposta negativa, Angelina opponeva ricorso al Tar, le cui sospensive, che non si negano a nessuno, miravano solamente ad allungare la vita alla disperata applicata di segreteria. La motivazione principale addotta dalla ricorrente era l’avvici-namento ai parenti, attraverso la presentazione di un’articolata documentazione, con la quale dichiarava, sotto giuramento e responsabilità:

1) che i suoi genitori naturali ed adottivi erano stati tutti i presidi della scuola;

2) che sulla carta di identità aveva chiesto (e ottenuto) l’iscrizione a caratteri cubitali della sua mansione e il nome della scuola di appartenenza (con la quale si sentiva assolutamente e completamente identificata);

3) che gli unici parenti riconosciuti erano i lavoratori della sua scuola, i soli figli accettati e riconosciuti quelli partoriti dalle colleghe e dalle insegnanti della Scuola;

4) che tutti gli altri, non considerati nei punti 1 e 3, per lei erano solo ombre filtrate dalla luce del suo ufficio, come la confusa realtà osservata dagli schiavi del platonico mito della caverna;

5) che anche i Faraoni si facevano seppellire in comodi locali con il corredo dei vivi, per continuare le attività iniziate durante il soggiorno terreno…

6) che anche Pitagora, infine, supportava la sua richiesta con la teoria della metem-psicosi…In lei la trasmigrazione purificatoria dell’anima sarebbe stata semplice e indolore, per continuità di desideri, anzi dell’unico eterno desiderio: lavorare sempre e solo per la sua scuola.

Ad ogni ricorso, nuove attese e rinnovate speranze, che Angelina vive con ansia e terrore per l’eventuale e possibile definitiva risposta negativa.

Intanto la sua vita è diventata un incubo; piange continuamente, prega, si dispera e medita finanche un forte ed eclatante gesto di protesta…

da “I Racconti della sera” di Carlo Ripolo

 

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